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PARCO DEI NEBRODI

Il rapporto storico tra l’uomo e il territorio

di Nuccio Lo Castro pubblicato su "Nebrodi - Il Parco tra cultura e natura"

supplemento al n° 44 di Ambiente duemila

Balcone Barocco a MistrettaL’accidentata ortografia, e per certi versi la relativa perifericità rispetto ai centri del potere ed economici e ai principali itinerari di comunicazione terrestre all’interno del triangolo siciliano, sono stati i principali fattori che hanno condizionato l’insediamento e le attività umane nel territorio dei Nebrodi. Legata soprattutto alle attività silvopastorali, contadine ed artigiane, con una capacità produttiva talvolta utile appena al fabbisogno interno, l’economia "storica" del territorio ha visto le popolazioni locali solo marginalmente interessate ai traffici del prodotto granario che dalle aree centroisolane transitava alla volta dei caricatoi costieri, o forse maggiormente a quelli del legno e del carbone, ricavati dalle foreste che ne coprono i rilievi.

Pertanto, in antico i centri abitati hanno occupato quei siti relazionati con le zone produttive o più vicine alle vie di comunicazione, comunque garantiti per le posizioni forti e sicure da attacchi e insidie. Dopo il lento processo che portò alla definizione di piccoli centri di popolazione durati sino a tutta l’età classica, furono le "terre i castelli" del periodo feudale (così come vengono descritte in un documento ruggeriano del XII secolo), a rappresentare una rete strutturata di centri urbani, tuttora esistenti, e da cui derivò infine - con inevitabili sacrifici demografici a carico di quelli antichi - la formazione dei centri costieri (le "marine"), sorti a partire dal XVII secolo lì dove nuove sorti politiche ed economiche favorivano sicurezza, comunicazioni, sviluppo.Maniace: Castello dei Nelson

La prima documentata presenza dell’uomo nei Nebrodi risale all’età paleolitica. Comunità che conoscevano avanzate tecniche di lavorazione della pietra, abitarono grotte e ripari, assai diffusi in un territorio aspro ma ricco di risorse e selvaggina. La frequentazione della montagna è attestata dai rinvenimenti litici presso la Rocca S. Marco, tra Ucria e Floresta, ovvero presso Piano Crocetta in prossimità di Longi. All’età neolitica è da riferire l’insediamento in villaggi capannicoli che molto spesso sembrano essere rimasti in stretta relazione con i vecchi siti ingrottati dove ancora nell’età dei metalli si trova traccia di presenza umana. È il caso della Grotta del Lauro (Alcara), dove si rinvengono frammenti di ceramica con anse appuntite del tipo di Piano Quartara a Lipari; si tratta della testimonianza del rapporto, divenuto più tardi strettissimo, tra i centri del tratto di costa con le fiorenti comunità dell’arcipelago eoliano, soprattutto nel periodo ricordato come "ausonico". Le comunità dei siti più internati dovettero rimanere collegati commercialmente tanto con navigatori transmarini (vasetto miceneo a Mistretta) che con popolazioni insediate nelle aree centroisolane (ceramica dello stile di Vallelunga ritrovato a Cerami). Un tipico villaggio dell’età dei metalli (bronzo/ferro) con capanne rettangolari costruite con muri in pietra a secco è stato individuato sulla montagnola di Scurzi presso Militello Rosmarino; il materiale rinvenuto è in genere anteriore al V sec. a.C.. È probabilmente a partire da questo secolo che alcuni centri si consolidano e appaiono ampiamente ellenizzati: su alture che dominano il litorale sorgono Agatirno, Alontion, Apollonia, Kale Aktè che poterono prosperare grazie alle attività agricole, pastorali e commerciali. Nella zona interna si trovano centri di non sicura identificazione, come dimostrano rinvenimenti casuali nei comuni di Capizzi, Cerami, Troina, Bronte e Randazzo. Gli stessi sono fiorenti in epoca romana: in questo periodo l’intenso sfruttamento del territorio, è contraddistinto dalla maggiore presenza nelle campagne di piccole e medie aziende agricole, le cosiddette fattorie o "ville romane" molto prossime a caricato! costieri, di cui si sono rinvenute testimonianze presso il litorale. La situazione politica e sociale altomedievale rimane confusa e priva di sicure testimonianze. Le vecchie realtà urbane risultano impoverite e quasi abbandonate; la popolazione dovette certamente rifugiarsi in luoghi più aspri ma sicuri abitando piccoli e serrati "casali" il più delle volte privi di difese presso i quali si attestarono in età bizantina i cenobi e gli eremi basiliani, fondati dai monaci provenienti in particolar modo dalla Calabria e divenuti importanti punti di riferimento.

Mulino presso S.Marco d'AlunzioRealtà abitativa, peraltro non del tutto identificata, è la Rocca di Demenna che i cronisti vogliono più volte assediata e quindi espugnata dagli arabi. Le comunità greco-bizantine sopravvissute alla dominazione musulmana, all’arrivo degli Altavilla poterono contare sulla riorganizzazione abitativa, in particolare attorno ai castelli restaurati o di nuovo impianto. Ciò rappresenta il risorgere tra l’XI e il XII secolo dei centri di Alcara Li Fusi, Capizzi, Caronia, Cerami, Cesarò, Mistretta, Galati Mamertino e Longi, Militello Rosmarino, Randazzo, San Fratello, Tortorici e San Marco D’Alunzio con i suoi casali, come è documentato dalla stessa diplomatica normanna. Alcuni centri vennero rifondati con l’immissione di nuclei di popolazione latina proveniente da regioni del nord-ovest della penisola (San Fratello, Randazzo). I Normanni favorirono inoltre la ricostruzione degli antichi cenobi (Fragalà) e la costruzione di nuovi (Maniace) con l’introduzione di ordini religioni di culto latino, e promossero la vita economica. Edrisi descrive i centri della costa e il territorio intorno come plaghe fertilissime ricche di coltivi, tra cui sono vivaci attività, come quelle ad esempio portuali e cantieristiche.

Quasi tutti i centri furono sottoposti al giogo feudale. Le attività umane furono dunque in gran parte condizionate dalla servitù e dagli obblighi nei confronti dei signori e da quegli "usi civici" in cui si condensavano i pochi diritti all’utilizzazione di gran parte dei feudi. Acquedotto medievale del torrente RosmarinoA partire dal XV sec. i centri medievali, normalmente arroccati alle pendici di un colle su cui era la residenza nobiliare, trovano spazi di espansione sulle alture e sui pendii adiacenti, con operazioni che in alcuni casi configurano autentiche "addizioni" rinascimentali pensate dalle famiglie nobili ed avviate con la costruzione di un nuovo "palazzo" di abitazione o di una chiesa (Galati Mamertino, Militello Rosmarino), attorno a cui iniziò a svilupparsi un nucleo moderno. Il progressivo accrescimento nei secoli successivi (XVI - XVII) finiva col raggiungere e abbracciare gli edifici conventuali sorti all’origine in aree poco distanti dagli abitati. I "Riveli di beni e anime" di quel tempo, informano di una decisa conversione di colture; mentre nel ‘500 le campagne vengono generalmente coltivate a oliveti, vigneti, frutteti e seminativi, a seguito della crisi granaria che travagliò risola nel XVII secolo, si ricorse diffusamente all’allevamento del baco da seta, quindi alla piantumazione di gelseti e di vari alberi da frutto. In un periodo di grandi trasformazioni, movimenti demografici e creazione di nuove realtà insediative, anche in questo territorio si ebbe la fondazione di "città nuove" promosse dalla classe nobiliare sempre più arricchita dai proventi dell’agricoltura e decisa a guadagnare nuove aree alle attività produttive. S.Agata Militello e S.Stefano di Camastra vennero costruite sulla costa, Floresta, S.Domenica Vittoria e S.Teodoro sorsero a presidio di fertili plaghe interne. Segno di un ritorno alla campagna fu la costruzione sparsa di case, fattorie e chiesette rurali. Nel secolo XIX iniziarono a determinarsi situazioni di sostanziali cambiamenti, soprattutto dopo l’abolizione della feudalità, cui seguirono cessioni, vendite, usurpazioni, acquisizioni di terre alle realtà comunali ed una riorganizzazione della compagine sociale.

La creazione di strade e della ferrovia, l’attivazioneFormazioni carsiche nella Grotta del Lauro (Alcara Li Fusi) di servizi postali e di trasporti commerciali via mare ebbero l’effetto di far crescere l’importanza dei centri della costa. Nelle campagne una nuova classe borghese, impiantava nuovi coltivi (agrumeti nella costa) o dirigeva la conduzione aziendale da ricchi edifici d’abitazione dotati di magazzini, palmenti, frantoi e stalle (Sant’Agata Militello, Mistretta, Tortorici, feudo dei Nelson a Maniace).

L’emigrazione a partire dagli ultimi anni dell’800 fu motivo di un drastico crollo demografico, recuperato in parte nel periodo delle due grandi guerre. In età fascista la promozione di insediamenti nei tenitori a vocazione agricola abbandonati, con la costruzione di centri rurali dotati di servizi (chiesa, scuola, serbatoi idrici) come quelli di Borgo Giuliano a San Teodoro e nelle zone di Maniace, favorì un certo movimento di popolazione interno.

La costruzione di strade per il collegamento dei piccoli centri e l’introduzione di servizi di trasporto ha risolto in parte il problema dell’isolamento anche se l’abbandono delle campagne, la crisi del settore artigianale e la tendenza all’impiego nel terziario hanno mantenuto costante il problema della disoccupazione e una tendenza all’esodo emigratorio fino agli anni ‘70.

Il Castello normanno di Caronia Torre di guardia costiera presso la marina di S.Marco d'AlunzioNella seconda metà del secolo presente i più consistenti investimenti nel territorio non sono stati orientali verso una reale promozione dell’economia; alcune realizzazioni hanno piuttosto fatto pagare un grande prezzo al paesaggio e all’ambiente mentre molte opere infrastrutturali di fondamentale importanza non sono ancora state ultimate. Gli stessi centri abitati hanno subito pesanti manomissioni negli ultimi venti anni per l’inclinazione a investire nell’edilizia, senza che esista una conveniente coscienza dei valori storico-urbanistici né tantomeno in molti casi la volontà di arginare il fenomeno dell’abusivismo.

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