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PARCO DEI NEBRODI

I LUOGHI E I RITUALI DELLA FESTA

di Nuccio Lo Castro pubblicato su "Nebrodi - Il Parco tra cultura e natura"

supplemento al n° 44 di Ambiente duemila

I Giudei di S. Fratello durante la Settimana SantaNon immuni agli urti di cultura che rifiuta la memoria e i valori dei ceti popolari ancora fortemente legati alla tradizione, e quindi dissacrante e omologante, i paesi dei Nebrodi conservano tuttavia spiccati i tratti caratteristici di una realtà culturale di tipo "arcaico", in quanto fondata su un modello di società con forti connotati pastorali e agrari, fortemente cristianizzata ma sorprendentemente contaminata da elementi rituali afferenti ad un sedimentato sincretismo religioso. Per molti versi chiuso e isolato, quasi sempre interessato per riflesso dai più significativi eventi, dalle politiche e dai risolutivi fenomeni economici, questo territorio ha potuto più a lungo conservare vere e proprie "reliquie" di comportamenti e rituali addirittura pre-cristiani, rappresentando un'area conservativa di straordinario interesse. Nel diversificato panorama di costumi, manipolazioni di oggetti simbolici, azioni, rituali - per fermarsi cioè solo agli aspetti più appariscenti di certe manifestazioni - esistono nei centri di più antica origine le testimonianze di consuetudini ingeneratesi tra i ceti popolari e trasmesse per contagio, ovvero di origine più colta e mutuate attraverso lo scambio con i maggiori centri culturali dell'Isola. Peraltro si possono leggere molti fenomeni all'interno di alcune importanti coordinate, quali la massiccia diffusione in quest'area della cultura bizantina, la persistenza di culti e ritualità di origine medievale, l'influenza spagnola resa forte dalla presenza di nobili famiglie feudali aragonesi, raffermarsi di un gusto incline al ricorso a grandi macchine festive e alle rievocazioni drammatiche, incoraggiate e proliferate nel secolo della Controriforma.

Cantori delle "chjanote" presso il "muzzuni" ad Alcara li FusiIl più lungo viaggio nel tempo è stato certamente compiuto dalla singolare festa del Muzzuni, che ha luogo ad Alcara Li Fusi il 24 giugno, data interessata un tempo dalle cerimonie solstiziali o dai riti di ringraziamento e propiziatori della fertilità, cristianizzati dalla chiesa Cattolica con la celebrazione del martirio del Battista. Ma ad Alcara, dopo la chiusura delle funzioni religiose, si passa nel vivo di una festa popolare profana, preparata dagli abitanti in vari quartieri in cui è allestita una colorata scenografia di "pizzare" (coperte tessute col telaio domestico), piante, spighe di grano e lavanda, al centro della quale troneggia il muzzuni, simbolo di procreazione adorno di germogli e ori. Attorno a questo si balla, si eseguono antichi canti polifonici, si beve, si intreccia il comparatico, ci si scambia promesse d'amore fino a notte fonda. Gli studiosi hanno individuato nella festa una mescolanza di elementi originali delle feste primaverili tributate un tempo a divinità ctonie e della fertilità terrestre, ad Afrodite e Dionisio, giunte per ininterrotta iterazione da parte di pastori e contadini fino alle soglie del terzo millennio.

Altro rimando ai culti delle divinità infere può farsi probabilmente considerando le pratiche che i devoti effettuano nel pellegrinaggio al Santuario delle Tre Verginelle nel comune di Tortorici (prima domenica di agosto), tendenti ad ottenere pronostici dal gorgoglìo di una sorgente sulfurea che sgorga da sotto l’altare, scrutata e propiziata attraverso una candela accesa. Un rapporto profondo con la natura, e per esse con tutto un universo di valori simbolici legati all'albero o ad alcune specifiche essenze, alle selvaticità (male) salvata all'atto rituale (vita), al sacrificio (il taglio dei rami) a cui consegue la sacralizzazione dell'oggetto capace quindi di poteri taumaturgici, si legge ad esempio nelle occasioni in cui i fedeli recano fronde di alloro (i rami), come a S. Marco d'Alunzio, Militello Rosmarino, Tortorici, Cerami, Troina. Proprio in quest'ultima cittadina ha svolgimento ogni anno (penultima e ultima domenica di maggio) un pellegrinaggio in onore di S. Silvestre fin nei boschi di S. Fratello; al rientro gli uomini percorrono l'estenuante tragitto quasi completamente rivestiti di fogliame, portando alti e addobbatissimi rami di alloro, eseguendo antichi canti polivocali e sparando talvolta delle salve di fucile.

Ancora intrinsecamente connesse alla caratteristica dimensione silvo-pastorale della zona, sono le "cavalcate", cortei processionali votivi e celebrativi che si svolgono a Cerami (S. Sebastiano), S. Fratello (10 maggio), Capizzi (S. Antonio). I cavalieri capitini, ovvero decine di uomini di ogni età su animali riccamente bardati, si recano in località Cannedda, dove ha luogo il raduno per la Messa e si consuma un rustico pranzo, quindi rientrano solennemente in paese terminando la sfilata con esibizioni di destrezza ed equilibrio. Prova di abilità è a Floresta il tiro col fucile alle provole legate all'albero della cuccagna innalzato per la festa di S. Anna, o la conquista della bandierina sull’asta cosparsa di grasso che si allunga sulla prua di un barcone pavesato ('ntinna a 'mmari) nella festa dell’Ausiliatrice a S. Agata Militello. Ed ancora grande prova di fede, devozione e forza sono le processioni in onore dei Santi Patroni dei diversi paesi nebroidei, i cui simulacri sono portati a spalla sulle pesantissime Vare da decine di persone, di corsa o al ritmo di allegre marcette (S. Biagio a Militello Rosmarino, S. Sebastiano a Mistretta e Tortorici) o a passi lentissimi (S. Calogero a Cesarò, il Signore della Pietà a Ucria, i Tre Santi a Galati Mamertino), ridondanti di spighe, piante aromatiche e addirittura grandi dolci alla mandorla (S.Basilio a S. Marcò d'Alunzio, S. Biagio a Caronia) o adorni con decine di trecce votive colorate (S.Nicolo ad Alcara li Fusi, S. Leone a Longi, S. Sebastiano a Cerami). La vara di S. Giacomo a Capizzi durante i "miracoli".A Capizzi la festa di S. Giacomo raggiunge il massimo dell'ardimento: al suono della campanella la Vara corre per i vicoli, si precipita per le gradinate, si avventa contro il muro di una casetta fino a sfondarlo con colpi successivi (miracoli) che si leggono come segnali di grazie concesse e di auspicio per l'anno agricolo che seguirà. Momento di enorme coinvolgimento popolare sono le manifestazioni della Settimana Santa, ricche in ogni centro delle usanze più disparate. Apre la rassegna la Processione del crocifisso a S. Marco d'Alunzio con i trentatre "Babbaluti"processione del Cristo Morto a S. Marco d'Alunzio, accompagnato da 33 penitenti incappucciati (i Babbaluti) che ondeggiano e avanzano lenti ripetendo esasperatamente l'invocazione "Signuri, misiricordia e pietà". Poi nella settimana le azioni liturgiche rievocano come su immensi palcoscenici cittadini - con attori che sono i devoti, i figuranti, le confraternite - i vari momenti della Passione. Ne rappresentano complete drammatizzazioni le processioni di Longi, Brente, Randazzo: qui compaiono personaggi singolari come i "Nicodemi", giovinetti rivestiti di gioielli, o angioletti e piccole figure che impersonano Maria, Giovanni, Maddalena. Il Venerdì Santo a Militello Rosmarino, col Crocifisso e la Desolata portati dai Giudei e dalle Maddalene chiuse in un riservatissimo lutto, è simile ad uno straziante funerale, accompagnato da marce e canti di contrizione. A S. Stefano di Camastra la bara staziona in sette punti della cittadina, dove si intonano le lamentanze, mentre ad Alcara li Fusi presenta una suggestione incredibile il vigoroso conto del "Martoriu". A S. Fratello la Festa dei Giudei diventa un tripudio di colori, una chiassosa kermesse, un pullulare di personaggi dal fantasioso costume.

Residuo di una collettiva sacra rappresentazione, o se si vuole degenerazione di questa con esiti che appaiono di eccezionale interesse demopsicologico, centinaia di uomini passeggiano per le vie del centro suonando la tromba, bevendo, disturbando con fare trasgressivo le funzioni religiose. Il massimo della "gazzarra" si registra durante la processione del venerdì; rientrato però il Crocifisso in chiesa, questi diavoli sono come annientati e senza indugio rientrano nelle rispettive case in attesa della Pasqua.

La Resurrezione a Mistretta è segnata dalla "caruta du tiluni "; in altri centri il momento è quello in cui dopo la cerca i simulacri processionali della Madonna e del Cristo si incontrano festosamente (Alcara li Fusi, Longi, S. Teodoro) e tutti si scambiano, con gli auguri, i fantasiosissimi dolci pasquali. Altro ciclo di feste è quello dedicato alla Vergine. A Cerami la Madonna della Lavina è raggiunta da un imponente pellegrinaggio e portata in processione tra suoni, invocazioni, fuochi d'artificio.

Il momento dell'Annunciazione è ricordato a Bronte con la rappresentazione della "volata" dell'Angelo messaggero. La macchina processionale dell'Assunta di RandazzoA Randazzo, il giorno di Ferragosto, la festa dell'Assunzione viene solennizzata con la processione della Vara, ardita macchina processionale costruita su modello di quella messinese, alta circa 20 metri e animata con personaggi viventi. Il momento più emozionante è la partenza, quando la folla applaude, i bambini intonano un canto tradizionale, suonano le campane e volano migliaia di foglietti con osanna e preghiere. A Mistretta, invece, la Madonna della Luce viene accompagnata da due giganti in cartapesta, Cronos e Mitia, figure di guerrieri ritenuti i fondatori della città. I due colossi nella prima giornata raccolgono offerte e simpatie dalla gente attraverso i balli realizzati al suono di allegre marce. Il giorno successivo scortano solennemente il fercolo fino al vicino Santuario, dove effettuano l'ultima esibizione vicino ad un enorme falò prima di essere riposti, inanimati, in chiesa.

Non meno suggestivo è il periodo natalizio, quando nei piccoli paesi montani è riconoscibile la sera il suono dei "ciaramiddari" o dei gruppi di giovani che eseguono la "nannareddà" questuando anche per tutta la notte (Longi, Alcara li Fusi). In altri paesi è viva la tradizione di eseguire canti dialettali durante la celebrazione della Novena (Ucria); suggestiva è la "Cantata di li pasturi" eseguita a S. Marco d'Alunzio da un coro di anziani nella messa mattutina.

La tradizione dei fuochi, di origine antichissima, si conserva bene ancora a S. Agata Militello; nella notte di Natale le campagne si accendono di enormi falò (i zucchi), ma ancor più la notte di Capodanno con un incredibile crepitio di spari a salve che annunciano il nuovo anno in cui nell'immaginario collettivo si ripongono sempre le migliori speranze.

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