Al Presidente  del Consiglio dei Ministri  

On. Silvio Berlusconi 

Al Ministro  delle Politiche agricole e forestali 

On . Giovanni Alemanno 

Al Ministro dell’ambiente e tutela del territorio 

On. Altero Matteoli 

 

 

Oggetto :Trasferimento  del Corpo Forestale dello Stato alle regioni .

 

 On.le Presidente,  On.li Ministri,

 com’è noto, nell’ambito del decentramento di funzioni e compiti statali alle regioni, avviato con la L. 59/97, è stata  prevista anche la riorganizzazione del Corpo Forestale dello Stato. L’art. 7 della L. 59/97 ed il  decreto legislativo 4.6.1997, n. 143 (art. 4 “Trasferimento di risorse alle regioni”), hanno  stabilito le procedure ed i tempi del trasferimento del personale   del  C.F.S. alle regioni, “non necessario all’esercizio delle funzioni di competenza statale “: Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri “sentiti i ministri interessati” , pareri della Commissione  parlamentare bicamerale (istituita dall’art. 5 della L. 59/97) e della Conferenza Stato-Regioni, nonché la consultazione delle ”organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative” (art. 7, L. 59/97). 

  

L’11 maggio 2001  sarebbe stato  firmato il   D.p.c.m che attua il trasferimento  del 70% del Corpo Forestale dello Stato alle Regioni.  Il rimanente 30%  che rimarrebbe in capo allo Stato, sarebbe trasferito al   Ministero dell’ambiente.

Il WWF Italia rinnova la richiesta anche al nuovo Governo  di  bloccare l’approvazione del   Decreto o, ove fosse già ufficializzato, con la pubblicazione in G.U., di revocarlo, nelle  parti relative al trasferimento del C.F.S. 

 

Le  ragioni della richiesta sono di ordine sostanziale e formale. 

Quanto alle prime,  lo smembramento del CFS - che, ricordiamo,  non è solo uno dei cinque Corpi di Polizia dello Stato, ma anche uno dei più antichi con i suoi 180 anni di vita, e l’unico specializzato nella vigilanza ambientale e nella repressione dei reati ambientali - rappresenta  un grave atto di indebolimento e, in alcuni casi, totale annullamento delle rilevanti funzioni che lo  Stato svolge  attraverso il C.F.S . Queste , in sintesi,  le principali funzioni svolte dal Corpo Forestale dello Stato: 

-          Funzioni di polizia giudiziaria e di concorso nell'ordine e sicurezza pubblica: dalla Legge 1.1. 1981, n.121, art. 16, comma 2,  discende lo status di Agenti di Pubblica sicurezza ed Agenti - o Ufficiali - di polizia giudiziaria rivestito dagli appartenenti al Corpo, status non modificabile in via amministrativa, previsto esplicitamente dall'articolo 57 del Codice di Procedura Penale, e peraltro recentemente rafforzato dall'approvazione della legge n. 78/2000 recante la “Delega al Governo in materia di riordino dell'Arma dei Carabinieri, del Corpo forestale dello Stato, del Corpo della Guardia di finanza e della Polizia di Stato.  Norme in materia di coordinamento delle Forze di polizia”.

-          Funzioni statali di polizia amministrativa (art. 160 Decreto Legislativo n. 112/98);

-          Funzioni di sorveglianza e gestione delle aree protette: articoli 21 e 31 della legge quadro in materia di aree protette n. 394/91. Si tratta di competenza statali , ai sensi dell'articolo  77  del Decreto Legislativo n. 112/98 . 

-          Attuazione di Convenzioni internazionali,   di competenza statale e ratificate con legge dall’Italia. Tali funzioni si svolgono  attraverso:   il controllo del commercio internazionale e della detenzione degli esemplari di fauna e flora minacciati di estinzione (Convenzione di Washington - Cites, Legge n. 150/1992 );  controllo sull’applicazione della normativa per l'importazione, l'esportazione ed il commercio di materiale forestale di propagazione; controllo sull'applicazione delle Convenzioni internazionali in materia di biodiversità, flora e fauna ( adempimenti affidati al Corpo forestale dello Stato dal D.P.R. 15.9. 1997,  n. 357 , di  recepimento della Direttiva Habitat). Oltre alla vigilanza ed al controllo sull’applicazione di tali norme internazionali , il C.F.S.   svolge le relative funzioni di prevenzione e repressione dei reati previsti dalle  leggi  italiane di recepimento in tali materie.  

-          Compiti di rilievo nazionale nel sistema di protezione civile e per la difesa del suolo. Il  C.F.S è struttura nazionale del sistema statale di protezione civile,  ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 225/1992,  con particolare riferimento agli interventi di protezione e lotta agli incendi boschivi, con organizzazione del servizio aereo di spegnimento. Le funzioni in materia di prevenzione degli incendi boschivi e repressione dei reati ad essi connessi (art. 423 bis codice penale), sono ribadite anche dalla recente legge 353/2000 “Legge quadro in materia di incendi boschivi” . Il C.F.S., inoltre, svolge importanti  funzioni anche in materia di difesa del suolo, quale servizio tecnico nazionale  (art.  9 Legge n. 183/1989 ). 

 

Tutte le suddette funzioni  vengono indicate  dalla stessa legislazione “Bassanini”   come funzioni  di competenza dello Stato, per il cui esercizio non si può semplicisticamente indicare come necessario solo un 30% dell’attuale organico del C.F.S. 

E’ evidente che la decisione di individuare una percentuale di risorse umane e strumentali da trasferire alle regioni,  deve prendere spunto da un’accurata  analisi delle funzioni statali, verificando le reali esigenze e pertinenze di competenza statale in relazione alla oggettiva esigenza di tutela del nostro patrimonio ambientale, prevedendo comunque il trasferimento alle regioni di quella parte del Corpo non impegnato e funzionale ai compiti di Polizia che il C.F.S. è chiamato a svolgere sul territorio.

 

Quanto alle ragioni formali , le procedure stabilite dalle leggi richiamate non sono state rispettate: 

-          la Commissione bicamerale non si è espressa, perché scaduto il termine dei trenta giorni previsti  dalla L. 59/97. E vero che  l’art. 7, comma 2,  della L. 59/97 stabilisce che “decorso inutilmente  tale termine i decreti possono comunque essere emanati”, ma è altrettanto vero che un atto che prevede un cambiamento così sostanziale, non possa politicamente  essere  considerato  legittimo senza un parere del Parlamento.  

-          Il Dicastero interessato, Il Ministero  del politiche agricole e forestali, non solo non è stato “sentito”, ma ha espresso formalmente e pubblicamente il proprio dissenso all’emanazione del decreto di regionalizzazione  del CFS. 

-           Fatto ancor più grave, lo stesso  Corpo Forestale, da sempre contrario ad ipotesi di  regionalizzazione  massicce,   non è stato ascoltato, tanto che le maggiori e più rappresentative organizzazioni  sindacali   hanno annunciato ricorsi e proteste anche clamorose . 

 

Per questi motivi chiediamo un chiarimento formale del Governo circa la suddetta annosa questione del trasferimento del Corpo Forestale dello Stato alle Regioni e la rielaborazione   del provvedimento di regionalizzazione, attraverso un tavolo tecnico di studio e di interlocuzione, del quale lo stesso W.W.F. Italia  chiede ufficialmente di essere chiamato a far parte con propri rappresentanti specializzati in questo settore. 

 

 

Alleghiamo una scheda con le proposte del WWF Italia .

 

Distinti Saluti  

 

Dr. Maurizio  Santoloci

                                                                                                           (vice presidente nazionale)

 

 ALCUNE RIFLESSIONI SULLA REGIONALIZZAZIONE  DEL CORPO  FORESTALE DELLO STATO 

 

Il provvedimento che dispone  la quasi totale regionalizzazione del Corpo Forestale dello Stato avrebbe  conseguenze gravissime, sia a livello di principio istituzionale, sia  a livello pratico operativo per la vigilanza ambientale. 

A livello istituzionale appare  sorprendente come si possa giungere   a far scomparire dal tessuto statale un intero corpo di Polizia, polverizzandolo in tanti micro-corpi regionali 

A livello pratico,  le conseguenze sono altrettanto gravi, perché non vi è dubbio che il Corpo Forestale dello Stato rappresenta   una forza di Polizia dello Stato finalizzata praticamente in modo esclusivo e totale alla vigilanza ambientale. 

 Il Corpo Forestale dello Stato, infatti,  ha  vissuto negli ultimi anni una forte e penetrante evoluzione sia istituzionale, sia culturale ed operativa, uscendo  dall’iniziale ristretto campo connesso   alla vigilanza   forestale, ed ha esteso la propria operatività in ordine a tutti i reati in materia ambientale (ivi compresi gli inquinamenti a tutti i livelli fino ai traffici nazionali caratterizzati dalle infiltrazioni della criminalità organizzata). 

Lo sforzo eseguito per determinare questa evoluzione ha visto in prima fila la scuola nazionale di Cittàducale, ove negli ultimi anni si è svolto un lavoro duro e sistematico sia di riqualificazione professionale ed aggiornamento culturale e operativo del personale già in servizio, sia anche e soprattutto di preparazione professionale totalmente nuova per le migliaia di nuovi agenti e sottufficiali che sono entrati a far parte del corpo dopo gli ultimi concorsi. 

Il processo evolutivo così innescato ha già dato  i suoi frutti, dato che in parte l’ingresso ponderoso di nuovo personale ha creato una base operativa totalmente rinnovata, in grado di far evolvere, anche con nuove forze ideologicamente adeguate ai tempi, tutta la struttura del Corpo e dall’altro le attrezzature, i sistemi investigativi e le operatività sul territorio sono state adeguate ai nuovi grandi illeciti in materia ambientale intesi in senso trasversale. Ad esempio, il campo del trasporto dei rifiuti pericolosi ha visto spesso la Forestale in prima linea con importanti successi avallati da convalide della Magistratura inquirente e giudicante. 

Tutto questo sforzo verrebbe vanificato in un sol colpo, dal D.P.C.M. in questione, che praticamente manda alla “rottamazione” il Corpo, la sua storia e di conseguenza tutto il potenziale operativo che è ormai vitale sul territorio nazionale. Ritenere che le forze e le competenze acquisite vengano semplicemente spostate dal livello statale a livello regionale è pura e semplice demagogia.  Infatti la particolare struttura dei reati ambientali, soprattutto quelli più gravi, non impone una attività di accertamento e di indagine legata agli ambiti stretti territoriali, ma comporta una visione nazionale o addirittura internazionale. 

Mentre tutta l’Europa si evolve verso una versione internazionale delle attività investigative sui traffici dei rifiuti - che ormai assumono un carattere praticamente mondiale - il nostro Paese si comporta in modo esattamente opposto e asciuga, chiudendolo in confini regionali, un potenziale investigativo che viene così estinto di fatto sulla scena degli accertamenti a livello nazionale. Il   trasferimento  alle Regioni del 70 % del personale del Corpo Forestale dello Stato, praticamente esaurisce totalmente ogni potenzialità operativa a livello nazionale di tale forza di Polizia. Il restante 30 %, peraltro, non viene neppure lasciato operante sul territorio, magari come forza specializzata, ma viene riservato ai    parchi nazionali. Il  territorio dei parchi nazionali   assume un’importanza vitale nell’organigramma della tutela dell’ambiente del nostro Paese, ma certamente costringere il restante 30 % esclusivamente nelle aree dei parchi (dove peraltro già sussistono forze istituzionali del parco stesso che operano in materia di vigilanza),  e quindi estraniandoli da tutto il meccanismo di verifica sul territorio, significa infliggere il colpo di grazia ad ogni tipo di investigazione in materia urbanistico/edilizia, scempio paesaggistico, inquinamenti e traffico di rifiuti al di fuori del territorio dei parchi nazionali. E cioè nella gran parte del territorio del nostro Paese. 

 Oltretutto,  il danno di natura strutturale è immane, perché la riorganizzazione a livello locale di personale e strutture che fino ad oggi hanno vissuto in un contesto operativo e investigativo unitario, mal si potrà ricomporre a livello regionale con un frazionamento, anche ideologico, che contrasta con l’esperienza fino a questo momento vissuta. 

Va sottolineato che nel nostro sistema giuridico non esiste una polizia  giudiziaria ambientale "ufficiale".  L'ordinamento, infatti, non prevede tale ipotesi e i reati in materia ambientale sono di competenza trasversale di tutte le forze di polizia. Il che significa che ogni organo di polizia statale o locale ha la competenza e la possibilità, anzi il dovere, di intervenire su tutti i reati ambientali. Ma dobbiamo essere realisti e chiederci in effetti quante e quali forze di polizia  statali e locali tutti i giorni in modo sistematico e capillare sul territorio operano verso tutti i reati ambientali. 

In realtà ogni forza di polizia ha un proprio gruppo di eccellenza specializzato che catalizza in qualche modo l’operatività di quella struttura verso i reati ambientali. Ma in realtà gran parte del restante personale resta sostanzialmente estraneo all’applicazione quotidiana e sistematica delle attività di vigilanza in questo campo, ritenendo che o essa appartiene alla competenza dell’organo di eccellenza (e così esonerandosi dall’intervenire) oppure che addirittura appartiene a qualche altro organo specializzato al quale sostanzialmente si demanda la competenza. Il risultato pratico e concreto sotto gli occhi di tutti è che sul nostro territorio, nonostante gli sforzi di tutte le scuole di polizia  dello Stato e locali, manca ancora una vigilanza capillare, sistematica ma soprattutto condivisa ideologicamente da parte di ogni singolo appartenente alle forze di polizia, fino alle estreme periferie territoriali. 

Il processo ideologico, culturale  ed operativo di adeguamento di tutte le forze di Polizia  è ancora lungo. Il Corpo Forestale dello Stato, invece, proprio perché annovera  tra i propri compiti di istituto, praticamente in via quasi esclusiva, i reati ambientali, ed essendo presente capillarmente sul territorio con una rete di stazioni molto diffusa, è l’elemento portante di quella polizia ambientale di fatto che nel nostro ordinamento giuridico non esiste ufficialmente. 

Eliminare dunque di punto in bianco tutta la struttura del Corpo Forestale dello Stato per polverizzarla   e disperderla a livello regionale, significa distruggere sul territorio l’unica presenza capillare e sistematica di vigilanza preventiva e repressiva sul territorio in ordine a tutti i piccoli e grandi reati ambientali. Resterebbe la vigilanza generica, cioè affidata a tutte le altre forze di polizia, che comunque dovrebbero annoverarla tra i propri doveri istituzionali. 

Vi è il forte rischio che il risultato realistico e sconcertante è che si creerebbe un vuoto di fatto nella vigilanza ambientale,  che non potrebbe  non favorire le attività illegali e criminali, piccole e grandi , che sul mancato controllo trovano la linfa vitale sulla quale prosperare ed evolversi in modo metastatico. 

Occorre prendere atto che l’attuale momento imporrebbe l’incremento delle forze di vigilanza nazionali anziché la deregulation operativa attraverso le regionalizzazioni.

 

PROPOSTE PER UN NUOVO ASSETTO DEL C.F.S.

 

 Il WWF Italia ritiene che il D.P.C.M. sia un provvedimento modificabile, nel senso che l’attuale governo potrebbe rivedere gli estremi di tale decreto adeguandoli in una evoluzione più realistica e responsabile

Non vi è dubbio che anche il Corpo Forestale dello Stato ha alcuni lati che sono stati oggetto di critiche e dissapori operativi. Non va sottaciuto, per chiarezza dell’esame, che la Forestale ha una genesi nella quale sono convissute - spesso forzatamente -  due componenti sostanzialmente diverse: da una parte il numero (preponderante) di personale dipendente che vuole svolgere puramente ed esclusivamente le funzioni di polizia, e dall’altra una presenza di personale    che proviene da altre esperienze territoriali e che è proiettato più a compiti amministrativi e gestionali che non a compiti di polizia in senso stretto. 

Va infatti ricordato che in passato il Corpo Forestale dello Stato aveva diverse funzioni rispetto alla situazione attuale, e in particolare  - ad esempio -  svolgeva attraverso le aziende di Stato per le foreste demaniali anche i compiti amministrativi e “aziendali” e “commerciali” in senso stretto. Ricordiamo che alcune aziende gestite dal Corpo Forestale erano vere e proprie attività con sfondo commerciale sia nel campo forestale, che agricolo, che di allevamento in senso lato. Eppure il personale che gestiva tali aziende apparteneva ufficialmente al Corpo. Ma trattasi di personale dedito alle attività estranee alle investigazioni in senso stretto e che certamente nel corso di questi anni non è mai riuscito ad integrarsi con le nuove ed emergenti necessità di operatività di polizia giudiziaria in senso stretto. 

L’ultimo retaggio delle funzioni amministrative della Forestale è stata ed è la cosiddetta “martellata”.  Si tratta  di quella coda delle funzioni amministrative ed autorizzatorie preventive che hanno sempre visto il Corpo Forestale dello Stato (seppure in divisa) competente per un regime autorizzatorio prima del taglio del bosco, attraverso il “martello forestale” con il quale viene rilasciato praticamente l’ "imprimatur" per il taglio sugli alberi da esbosco prima delle attività di taglio in senso stretto. E'  un’attività squisitamente tecnica, preventiva ed amministrativa. 

Molti dipendenti del Corpo Forestale hanno vissuto in passato fortemente tale ruolo e mal si sono sempre adeguati al rinnovato ruolo di "poliziotti" in senso stretto. Anche perché un paradosso è stato sempre quello del dualismo di ruoli. Infatti da un lato il personale in divisa prima doveva (e deve) andare a svolgere le funzioni autorizzatorie  amministrative nel bosco in compagnia con le aziende del taglio ed imporre la “martellata” per identificata gli alberi da tagliare, e il giorno dopo deve tornare sullo stesso posto e con la stessa divisa, ma questa volta come organo di polizia giudiziaria, per verificare eventuali illegalità e sequestrare l’area  oggetto di illecito penale e denunciare al Pubblico Ministero gli autori del fatto. Una situazione di sinergia di attività che ha sempre creato enormi problemi sia ideologici che operativi.

 Quindi, non vi è dubbio che contribuire a dividere nel sistema di vita del Corpo Forestale la componente puramente e semplicemente di polizia giudiziaria (caratterizzata peraltro da tutte le nuove generazioni entrate a far parte del Corpo) da quella percentuale di personale che tendenzialmente è più portata verso funzioni amministrative, commerciali e gestionali, sarebbe stato e sarebbe ancora tutt’oggi un’operazione leale e proficua anche per un rilancio istituzionale del Corpo stesso. 

Il  W.W.F. Italia  propone e chiede al nuovo Governo di rivedere il provvedimento  in questione e di creare un gruppo di lavoro che riesamini  la situazione in generale attraverso un processo che, pur nel rispetto delle esigenze di regionalizzazione da cui trae origine il decreto stesso,   possa giungere ad una soluzione che salvi comunque almeno gran parte delle operatività investigative nazionali del C.F.S. 

Come ipotesi minimale, chiediamo dunque che venga modificata la quota di percentuale del personale da trasferire alle Regioni e che questa venga fortemente ridotta e sostanzialmente identificata esclusivamente con quella parte del personale che sostanzialmente non è interessato o comunque professionalmente preparato per svolgere un ruolo di polizia in senso stretto. E che quindi opportunamente e ragionevolmente potrebbe essere demandato alle Regioni, anche e soprattutto unitamente ai ruoli amministrativi connessi (in primo luogo la famosa martellata, che sarebbe così finalmente estrapolata dal C.F.S. in generale). 

La restante parte del Corpo  - inalterata a livello nazionale - non dovrebbe essere a nostro avviso limitata esclusivamente al territorio dei parchi nazionali, ma pur destinando una sensibile  quota di personale verso queste aree che sono certamente tra i primi obiettivi di tutela ambientale, venga lasciata una sostanziale presenza sia di persone che di mezzi destinata a svolgere ancora le attività di vigilanza sul territorio. 

Potrebbe anzi questa essere una ottima occasione per favorire una ulteriore qualificazione del personale restante a svolgere le funzioni a livello territoriale per favorire la creazione di gruppi specializzati nei vari settori emergenti (abusivismo edilizio, grandi inquinamenti e traffico nazionale e internazionale dei rifiuti) con un’evoluzione generale delle funzioni di polizia che dovrebbero continuare comunque a caratterizzare la vita di questo Corpo. 

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