Corte di cassazione, sez. I, 26 giugno 2001, n. 25935
(c.c. 30 aprile 2001).
Pres. D’Urso Est. Canzio – P.G. (conf.)

Integra il reato di cui all’art. 423 bis, introdotto all’art 1 comma 1, del D.L. 4 agosto 2000 n. 220, conv. in legge 6 ottobre 2000 n. 275, l’incendio di «boscaglia» tale intendendosi il bosco incolto, fitto, intricato e folto costituito anche da alberi di diversa specie. Tale ricostruzione esegetica della lettera della norma, da un lato corrisponde alla volontà del legislatore di tutelare mediante aggravamento sanzionatorio, il bene primario ed insostituibile costituito dal patrimonio boschivo nazionale, dall’altro lato risulta coerente su di un piano sistematico con la previsione di cui alla successiva L. 21 novembre 2000 n. 353 che all’art. 2 qualifica come incendio boschivo «un fuoco con suscettività ad espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste all’interno delle predette aree oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a dette aree». Il reato di incendio boschivo può concorrere con quello di danneggiamento non sussistendo fra le due ipotesi nessun rapporto di specialità.

 

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. Con sentenza in data 22 agosto 2000 il Tribunale di Rossano, su richiesta delle parti, applicava a C. P. la pena di anni uno mesi dieci di reclusione per i reati di incendio boschivo (art. 423 bis c.p. introdotto dal DL. n. 220 del 2000 conv. in L. n. 275 del 2000) e di danneggiamento. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell’imputato deducendo la violazione del disposto di cui all’art. 129 c.p.p.. sia per l’erronea qualificazione dell’incendio come boschivo ai sensi del novellato art. 423 bis c.p.. che per il ritenuto concorso formale tra i delitti di incendio e di danneggiamento. unificati nel vincolo della continuazione.

2. Le censure del ricorrente sono destituite di ogni fondamento giuridico e perciò colpite dalla sanzione d’inammissibilità.

2.1. Il primo motivo di gravame coinvolge la corretta qualificazione giuridica di «incendio boschivo» della vicenda, che risulta cristallizzata nell'imputazione nei seguenti termini: “perché cagionava un incendio di una superficie collinare di circa trenta ettari, costituita da campi coltivati ad oliveto e da frutteti di varie specie [circa .5-6 ettari] nonché da boscaglia, sterpaglia e macchia mediterranea comprendente diverse essenze arboree, tra le quali delle querce”. Il riferimento fattuale ad un incendio di circa 24 ettari di "boscaglia" , "sterpaglia" e “macchia mediterranea” consente di ritenere corretto l’inquadramento dell’episodio nella fattispecie astratta disciplinata dall’art. 423 bis c.p. inserito dall’art. 1 comma 1 D.L. 4 agosto 2000 n. 220. conv. in L. 6 ottobre 2000 n. 275, che punisce più severamente chiunque cagiona un “incendio su boschi, selve o foreste”: s'intende infatti per “boscaglia”, nell’uso corrente, il bosco incolto, fitto, intricato, folto e costituito anche da alberi di specie diversa.

Siffatta ricostruzione esegetica della lettera della norma incriminatrice, oltre ad essere rispettosa della ratio legis posta dal legislatore a fondamento dell'aggravamento sanzionatorio “l'esigenza di tutela del patrimonio boschivo nazionale, quale bene primario e insostituibile per la qualità della vita, mediante la repressione degli incendi boschivi” risulta altresì coerente, sul piano logico-sistematico, con l'invero ampia definizione di “incendio boschivo” racchiusa nell’art. 2 della successiva legge quadro in materia, L. 21 novembre 2000 n. 353, della quale non può negarsi la rilevanza penalistica atteso che l'art. 11 comma 1 della stessa riproduce nuovamente il medesimo testo dell’art. 423 bis c.p., già introdotto con le misure emergenziali del citato decreto legge n. 220 del 2000 per la repressione degli incendi boschivi.

Orbene, ai sensi del citato art. 2 L. :353 del 2000, “per incendio boschivo si intende un fuoco con suscettività a espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste all’interno delle predette aree, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a dette aree”.

1.2. Anche la seconda censura si palesa infondata, poiché può ravvisarsi un rapporto di specialità soltanto tra la figura del danneggiamento seguito da incendio ex art. 424 c.p. e quella del danneggiamento comune ex art. 635 c.p., non anche tra i delitti di incendio e di danneggiamento. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con le conseguenze di legge. (Omissis).

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