Cenni Storici

Home
Precedente

 

 

 

 

PREISTORIA

Le isole Eolie furono popolate fin dall'inizio del IV millennio a.C. (neolitico) da genti provenienti dalla Sicilia, che erano attratte dalla enorme risorsa economica offerta dall'ossidiana, che era stata eruttata dal Monte Pelato e dal vucano di Forgia Vecchia.

L'ossidiana, tagliente vetro vulcanico di colore nero, era molto ricercata quando ancora non era diffusa la lavorazione dei metalli, giacchè era impiegata negli utensili da taglio. L'ossidiana costituì quindi la base della straordinaria prosperità di cui le isole godettero per oltre un millennio; infatti l'ossidiana di Lipari è stata trovata nei villaggi neolitici della penisola italiana ed anche lungo la costa della Francia meridionale e della Dalmazia ; sin dall'inizio la civiltà eoliana si presenta come una civiltà marittima.

6k.JPG (31142 byte)

La diffusione della tecnica della lavorazione dei metalli portò un periodo di grande decadenza a partire dal 2500 a.C., che si protrasse sino XVII secolo a.C., quando si ebbe un risveglio civile ed economico poichè le Eolie, grazie alla loro posizione geografica e alla abilità delle propria marineria, divennero una delle principali stazioni di commercio fra il mondo miceneo ed il Mediterraneo occidentale; ciò è ampiamente testimoniato dalla ricchezze di reperti ceramici micenei trovati nelle varie campagne di scavi e conservati nel museo di Lipari.

Gli stretti rapporti con il mondo miceneo si protaggono sino al 1400 a.C., quando, per motivi incogniti, si instaurano dei contatti con la Sicilia, che si protraggono per due secoli; ciò è suffragato dal cambiamento delle forme e delle decorazioni delle ceramiche portate alla luce dagli scavi archeologici.

Il secondo periodo di grande prosperità ha fine verso il 1250 a.C. con tracce evidenti di incendi e distruzioni violente; di tali azioni di guerra non vi è alcuna notizia storica.

Nel corso del XIII secolo a.C. si insediarono nelle isole genti ausonie provenienti dall Campania, guidate da Liparo, che trovarono l'arcipelago deserto; in questo periodo le Eolie intrattengono scambi commerciali non più con la Sicilia, ma con la penisola italica.

Diodoro Siculo riferisce che, all'epoca della guerra di Troia (1193-1184 a.C.), giunsero dei coloni greci venuti da Metaponto, guidati da Eolo, che venne benevolmente accolto dall'anziano re Liparo, di cui sposò la figlia. Eolo ed i suoi figli regnarono saggiamente sulle Eolie portando un periodo di benessere, che si protrasse sino al 850 a.C..

 

Alla fine del IX secolo a.C. sopraggiunse una violenta distruzione dell'unico insediamento dell'epoca, in località Castello di Lipari, che venne incendiato; i pochi superstiti si dispersero sugli altipiani dell'isola e non ricostruirono l'antico villaggio.

 

COLONIZZAZIONE GRECA

Con l'arrivo dei coloni Cnidii e Rodii (580 a.C.) si conclude l'era della preistoria delle Isole Eolie. I coloni di stirpe dorica, guidati dall'Eraclide Pentatlo, approdarono alle Eolie dopo un infruttuoso tentativo di fondare una colonia sul sito della attuale Marsala; l'accoglienza affettuosa dei pochi discendenti di Eolo (circa cinquecento) e la salubrità del clima convinsero i coloni a stabilirsi a Lipari, ove ricostruirono l'antico castello cingendolo di poderose mura, per difenderlo dall'incursioni dei pirati etruschi.

Allestirono una potente flotta con la quale riportarono grandi vittorie contro i pirati, assicurandosi la supremazia sul mare. Col bottino conquistato eressero, nel Santuario di Apollo, a Delfi, splendidi monumenti votivi (in complesso oltre quaranta statue di bronzo ), dei cui basamenti restano ancora testimonianze.

Nel 427 a.C., in occasione della prima spedizione ateniese contro Siracusa, Lipari fu alleata di Siracusa probabilmente a causa dei forti legami commerciali che intratteneva con le altre colonie greche. Ripetuti ma vani furono gli attacchi della flotta ateniese contro il Castello di Lipari, cinto da insormontabili bastioni.

La potenza di Siracusa in Sicilia suscitò la gelosia di Cartagine, che la attaccò nel 408-406 a.C.; durante la spedizione cartaginese Lipari fu ancora a fianco del vecchio alleato e subì un attacco del generale Imilcone, che la conquistò dopo una strenua resistenza; a causa di ciò fu imposta agli abitanti di Lipari una indennità di 30 talenti. Partiti i cartaginesi, Lipari si schierò nuovamente con Siracusa nel proseguio della guerra.

L'esperienza di quelle guerre permisero ai Liparesi di perfezionarsi nell'arte della marineria; si costruì una vera forza navale in difesa dell'arcipelago e dei suoi commerci (allume e ossidiana). Le navi liparesi dominavano il basso Tirreno e nel 393 a.C. intercettarono una nave romana che portava a Delfi un grande vaso d'oro rappresentate la decima parte del bottino della conquista di Veio, espugnata da Furio Camillo; ma il supremo magistrato di Lipari Timasiteo lo fece restituire, trattandosi di un'offerta sacra al dio Apollo, che i Liparesi veneravano.

Il benessere economico di Lipari e la sua egemonia sul mar Tirreno indispettirono Agatocle, tiranno di Siracusa, che , pur essendo in buoni rapporti, assalì proditoriamente l'isola nel 304 a.C. pretendendo un riscatto di 50 talenti. Non essendo i Liparesi in grado di pagare non esitò a violare e spogliare i templi di Eolo ed Efesto, col cui bottino caricò ben 11 navi; durante il viaggio di ritorno una violenta tempesta colpì le navi del tiranno, che si inabissarono con il prezioso carico.

 

GUERRE PUNICHE

Nel corso del III secolo a.C. Lipari intrattenne rapporti amichevoli con Cartagine, che aveva affermato la sua influenza in Sicilia; i Cartaginesi apprezzarono così tanto la fedeltà dei Liparesi che il loro Pretore, Annibale, elesse l'isola come residenza, vista anche la posizione strategica dell'arcipelago.

I Romani capirono l'importanza strategica delle Eolie e tentarono, durante la prima guerra punica, di conquistarle più volte: nel 262 a.C. il Console Cornelio Scipione, illudendosi di poter impadronirsi agevolmente di Lipari, venne ivi bloccato e catturato da Annibale con tutta la sua squadra.

Nel 260 a.C. nelle acque di Lipari ci fu uno scontro tra la flotta cartaginese, capitanata da Annibale, e la flotta romana agli ordini di Caio Duilio, che riportò una grande vittoria grazie all'uso dei corvi, i ponti volanti d'abbordaggio, che, bloccando la nave nemica, consentì ai Romani di trasformare la battaglia navale in battaglia terrestre.

Successivamente i Romani puntarono alla conquista delle Isole Eolie per togliere agli avversari un'importante base navale;

Lipari fu pertanto soggetta ad una seria di attacchi da parte della flotta romana nel 258 e nel 257 a.C. , cui i Liparesi si opposero con ardore; furono però costretti a capitolare dopo un lungo assedio nel 252 a.C.

I Romani rasero al suolo la città e ne abbatterono le mura per punire gli isolani della resistenza tenace ; iniziò così per le Eolie un periodo di gravedecadenza a seguito della perdita della indipendenza, difesa strenuamente. Lipari conservò comunque i caratteri puri della grecità, pur sotto il dominio romano.

 

 Dalle guerre civili al dominio dei Mussulmani 

Sotto il domino di Roma, Lipari ebbe il monopolio dell'allume che si estraeva dalle cave di Vulcano. Durante la guerra civile tra Ottaviano, padrone dell'Italia, e Sesto Pompeo , padrone della Sicilia, Lipari fu conquistata dalla flotta di Agrippa nel 36 a.C.: Le isole furono usate come base navale per la successiva battaglia di Milazzo e lo sbarco in Sicilia .

Sotto l'età imperiale le condizioni economiche delle Isole Eolie furono difficili, sottoposte al giogo dei pretori romani, che le vessarono così tanto da farne parlare da M.T. Cicerone nella sue orazioni, dette Verrine dal nome dello spietato pretore Verre .

La caduta dell'impero romano d'occidente espose la Sicilia e le Eolie alle scorrerie dei Vandali e dei Goti che la occuparono stabilmente sotto Teodorico; i Bizantini tentarono di riconquistare la Sicilia dando inizio ad una guerra, che devastò la Sicilia e che si concluse nel 551 d.C.

Dalla metà del 600 cominciarono le incursioni costiere dei Musulmani, che via via cominciarono ad espugnare le guarnigioni bizantine sino a conquistare la Sicilia intera soltanto nel 965 d.C. con la caduta di Rometta, ultima piazzaforte bizantina.

In età cristiana Lipari fu sede vescovile , forse dal IV secolo , e erano venerate le spoglie di San Bartolomeo, che , secondo i primi aggiografi della Chiesa , erano approdate miracolosamente all'isola; per tale motivo Lipari era meta di pellegrinaggi durante l'alto medioevo. Le reliquie del Santo erano custodite nella attuale Cappella di San Bartolomeo extra moenia da un ordine di monaci bizantini.

Le incursioni musulmane colpirono anche Lipari , che fu saccheggiata pesantemente nel 838 d.C. dai pirati musulmani, i quali devastarono la città ed i campi, uccisero buona parte dei difensori del Castello, deportarono come schiavi i sopravissuti; i pirati profanarono le reliquie del Santo Apostolo e quelle del vescovo Agatone, confondendole con quelle dei defunti seppelliti nella cattedrale e abbandonandole nella campagna vicina.

Narra la tradizione che San Bartolomeo apparve in sogni ad uno degli anziani monaci che erano sopravvissuti all'attacco dei musulmani, invitandolo a raccogliere le sue ossa le quali sarebbero state più lucenti delle altre, con cui erano state confuse. Dopo la pietosa opera di raccolta dei vascelli longobardi del principe Sicardo di Benevento approdarono a Lipari, evitando il contatto con la flotta musulmana; il corpo dell'Apostolo fu così trasportato a Sorrento per sottrarlo ai Musulmani e poi a Benevento, dove attualmente riposa.

L'incursione musulmana del 838 d.C.lasciò Lipari desolata e con un esiguo numero di abitanti, che si ritirarono sulle balze più interne dell'isola e in particolare nella conca di Vulcanello, ove all'ombra della antica chiesa di S. Andrea, l'attuale Annunziata, sopravvissero con un minimo di autosufficienza alimentare per circa due secoli e mezzo, sotto il domino arabo della Sicilia ed in presenza di una guanigione araba accampata tra le macerie del Castello, a guardia dei porti sottostanti, che erano basi navali importanti per le incursioni verso le coste dell'Italia meridionale.

Qusto piccolo nucleo di Liparesi, scampati al massacro musulmano, mantenne nel tempo la continuità della religione cristiana assieme alla parlata greco-bizantina e preservò integri taluni valori etnici e di tradizioni dei padri; sarà per via di codesti greci di Lipari che nel secolo XI sarà dato alla conca di Vulcanello l'attuale nome di Piana dei Greci dalle nuove genti latine.

 

La rinascenza eoliana ad opera dei Normanni

Con l'arrivo dei Normanni, condotti dal Granconte Ruggiero, iniziò per la Sicilia un'epoca di pace e di ricostruzione, che coinvolse anche le isole Eolie. L'abate Ambrogio ricevette l'incarico di costituire nell'isola di Lipari , liberata nel 1080, un centro ecclesiastico e colonico: sorse così nel 1083 un monastero benedettino e nell'anno successivo la cattedrale normanna di San Bartolomeo, nella zona del Castello, al di sopra dei resti della Lipari greca e romana.

Il tentativo di ripopolamento dell'abate Ambrogio non ebbe immediato succcesso, pertanto nel 1095 egli promulgò il Constitutum liparitano, primo esempio di contratto sotto forma di carta partita (contratto scritto in due copie sulle facciate interne della pergamena, firmato dagli interessati sul margine centrale e poi diviso in due parti; il titolare del contratto, per dimostrarne la autenticità doveva accostarlo alla parte custodita dall'abate per ricomporre le firme ), che concedeva in proprietà le terre coltivate per almeno tre anni, allo scopo di richiamare dalla terra ferma un numero crescente di persone, che desse un impulso demografico ed economico alle isole.

Il monastero bedettino di Lipari fu particolarmente prediletto dal Granconte Ruggiero e da tutti i suoi successori, che gli gli fecero particolari concessioni ed agevolazioni; infatti sotto Ruggiero II, primo re di Sicilia e duca delle Puglie, la chiesa di Lipari fu eletta a vescovato nel 1131.

 

Dagli Svevi alla distruzione ad opera dei Turchi

 La dinastia sveva confermò i privilegi concessi dai Normanni. Sotto il duro dominio di Carlo D'Angiò Lipari ebbe una parte importante nella ribellione al tiranno francese; infatti il parlamento ed i vescovo siciliani decisero di inviare al papa Martino IV e allo stesso Carlo D'Angiò il vescovo di Lipari fra' Bartolomeo Varelli, un domenicano dotato di una eloquenza trascinante, al fine di perorare la causa dei Siciliani. Il Varelli ebbe parole di protesta così roventi per i soprusi perpretrati dal sovrano francese , che fu messo ai ferri dallo stesso Carlo D'Angiò; il vescovo morì poco prima che scoppiassero i moti del Vespro siciliano, nel 1282, che portarono all'avvento degli Aragonesi in Sicilia.

Roberrto I d'Angio si impadronì di Lipari nel 1340, dando inizio ad un periodo di circa due secoli, durante cui le isole Eolie saranno contese tra il regno di Sicilia, sotto gli Aragonesi, ed il regno di Napoli, sotto gli Angioini. Tale periodo di tempo venne trascorso essenzialmente sotto il dominio del regno di Napoli, verso i cui regnanti Liparesi daranno ripetute prove di fedeltà, che consentirono di accrescere i privilegi e le esenzioni della città,  la quale venne da allora nominata fedelissima ed ebbe l'onore, sotto Ferdinando I d'Aragona re di Napoli , di sormontare il proprio stemma con una corona e con il motto per troppa fedeltà porto corona. Le condizioni economiche erano fiorenti e l'antica capacità marinara della Lipari greca era stata rinnovata.

Sotto Ferdinando II d'Aragona, in lotta con i francesi di Carlo VIII per riconquistare il proprio regno, i Liparesi compirono un'azione audace espugnando via mare e di notte il Castello dell'Ovo a Napoli nel 1495.

Nel 1518 Lipari si trovò sotto Carlo V, re di Spagna e delle due Sicilie, il quale confermò le grazie ed i privilegi che i precedenti regnanti le avevano concesso.

Nel corso della guerra che Francesco I, re di Francia, condusse contro Carlo V, divenuto anche imperatore d'Asburgo, per rompere l'accerchiamento della Francia, si ebbe un'alleanza anomala tra i Francesi e Solimano il Grande, re dei Turchi, che inviò a Marsiglia una potente flotta di 150 triremi, capitanata da Ariadeno (Khair ad-din) detto il Barbarossa, a causa della sua barba folta e rossiccia. Dopo un anno circa la flotta tornò indietro e durante il viaggio di ritorno Ariadeno pensò di compiere delle scorrerie per arricchire il proprio bottino.

Fu così che decise di attaccare Lipari , che si trovava lungo la rotta della flotta turca . Lipari fu avvisata del pericolo incombente e i Liparesi decisero di prepararsi a sostenere un duro assedio, rafforzando le difese e acquistando vettovaglie. I Liparesi sapevano di poter contare solo su sè stessi, poichè nessuno li avrebbe aiutati a causa della forza della flotta turca.

A fine giugno 1544 la flotta saracena attaccò il Castello di Lipari, ove gli isolani si erano asserragliati , ma fu costretta a ripiegare a causa della inattesa reazione dell'artiglieria liparese , la quale affondò due galee nemiche. Barbarossa fece sbarcare uomini e cannoni nella baia di Portinente, che furono sistemati nella vecchia cattedrale di San Bartolomeo e riprese ad attaccare con rabbia il Castello, che resistette eroicamente a dieci giorni assedio e bombardamento continui.

I Liparesi raggiunsero, non senza contrasti interni tra chi voleve continuare a combattere e chi voleve invece arrendersi, un accordo per la resa con il pirata Aradieno, che accettò di risparmiare dal saccheggio ventisei famiglie facoltose e di ricevere venti scudi come riscatto da ciascun difensore del Castello. Barbarossa si comportò da spergiuro, non rispettò i patti stipulati, saccheggiò l'acropoli, bruciando la Cattedrale normanna ed il monastero contiguo, e deportò tutti i difensori del Castello, uccidendendo coloro i quali si ribellavano. Così Barbarossa partì da Lipari con un ingente bottino ed ottomila prigionieri, una buona parte dei quali furono riscattati dai Messinesi, durante una sosta della flotta turca vicino Reggio Calabria.

 

 La riedificazione della città di Lipari 

Carlo V decise di riedificare la città di Lipari e inviò pertanto una colonia di Spagnoli per restaurare il Castello, cingendolo di mura ancora più poderose delle precedenti; i Liparesi, scampati alla deportazione dei Turchi o per essersi calati di notte dalle mura del Castello o per essere stati riscattati dai Messinesi, tornarono nell'arcipelago e si prodogarono con ardore per far tornare all'antico splendore Lipari, coadiuvati dalla benevolenza del Vicerè di Napoli e del Papa Paolo III, il quale fece erigere le chiese di S. Giuseppe, S. Pietro e delle Anime Purganti e fece inizare i lavori per la riedificazione della Cattedrale.

La flotta eoliana tornò a solcare i mari alla caccia dei pirati Berberi e Turchi, che ben presto evitarono il mare dell'arcipelago per non scontrarsi con la marineria liparese.

Nel 1610 Lipari, dopo continue richieste degli isolani, fu staccata dal regno di Napoli ed annessa al regno di Sicilia sotto Filippo III; da allora in poi seguì le sorti del regno delle due Sicilie e dell'Italia, riunificata sotto la dinastia sabauda.

Nel periodo storico tra le due guerre mondiali, Lipari fu sede, sotto la dittatura fascista, di confino coatto per gli oppositori politici; molti combattenti per la libertà furono inviati al confino nell'isola di Lipari, ove furono alloggiati nell'acropoli.

Famosa fu la fuga da Lipari di Rosselli, Nitti e Lussu nel luglio del 1929.