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L'EVENTO SEGNALATO

Per non dimenticare l’Olocausto Rom, Alexian Group in concerto

di Paola Piacitelli

“Humanas actiones, non ludere, non detestari nec deprecari, sed intelligere” (Spinoza)

Il 27 gennaio, giorno della Shoah, ormai non si riduce più  a una mera celebrazione; è giornata ufficiale di una memoria che vuole essere anche “leggera”, un momento di conoscenza e confronto su tutti i crimini del Novecento. La memoria (collettiva) non è affatto il risultato di un ricordo ma di un patto (Susan Sontag) ogni volta ridefinito dalla politica per cui ci si accorda su ciò che è importante trasmettere alle generazioni future, per questo motivo le memorie private e quelle dei singoli filoni politico-culturali possono essere lasciate libere di competere e confrontarsi.

Tra le poche voci che hanno ricordato i cinquecentomila “figli del vento” morti nei campi di sterminio nazisti, c’è quella di Fabrizio De Andrè  che in “Khorakhanè” canta “I figli cadevano dal calendario/Yugoslavia Polonia Ungheria/I soldati prendevano tutti/ E tutti buttavano via”. L’Alexian Group (fondato da Santino Spinelli), nella “settimana della memoria”, è testimone per l’Olocausto dei Rom e delle altre vittime ignorate nelle celebrazioni ufficiali con un concerto di musica Rom; prima tappa Pescara (21 gennaio) con un doppio appuntamento all’Auditorium Flaiano. In duo con la danzatrice Arduina è presente a Piacenza (25 gennaio) e a Venezia (26 gennaio) al Teatro Goldoni. Di nuovo con il gruppo, Alexian è a  Salerno il 27 gennaio. Per maggiori informazioni consigliamo di visitare il sito www.alexian.it

Il Gran Recital Romanò è un viaggio nell’anima e nel cuore dei Rom, con un’originalissima e autentica interpretazione di musiche, canti, danze e poesie in lingua romanì (zingara). Un percorso artistico-culturale narrato in cui vengono rievocate attraverso i suoni, i movimenti, le parole e i colori, le radici profonde di un popolo millenario. Le musiche proposte sono quelle dell’ambito familiare che i Rom suonano per tramandarsi, per comunicare e per restare uniti. I canti sono memorie mai scritte in cui si custodivano valori etici, filosofici e linguistici di un popolo dalle  molteplici espressioni. Le poesie sono la drammatizzazione del vivere quotidiano dove, attraverso la lingua, espressione autentica della romanipé (identità zingara), riescono a sublimare l’intimità degli stato d’animo. La danza è visione cerimoniale e catartica del movimento che passa dalle viscere ai luoghi periferici del corpo.

L’Arte è uno strumento della storia e, come riteneva Gerge L. Mosse, “deve demistificare la realtà, indagare e penetrare i miti di cui gli esseri umani vivono”.                                                       

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