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L'EVENTO SEGNALATO

Massimo Bubola

Milano - Casa 139, 7 gennaio 2003

Visto da fuori il “Teatro” è solo una casa. Al n°139 di viale Ripamonti a Milano. Una volta dentro ci troviamo invece in un club sfizioso, con tende, tappeti, un letto e alcune opere d’arte contemporanea sparse qua e là; le pareti dei bagni sono dipinte d’oro. Massimo Bubola appare subito molto carico (in tutti i sensi!), a proprio agio tra i centocinquanta presenti nei 12 x 5 metri della sala. La serata è importante: è l’occasione per presentare il nuovo disco “Niente passa invano”, riassunto (più l’inedita Cinque monete d’oro) della saga de “Il Cavaliere elettrico”, tre volumi dal vivo in attesa del quarto, e per ascoltare la nuova band con cui Massimo va in giro, dopo anni di proficua collaborazione con la Eccher. Il suono che ora cavalca Bubola è acustico, con il violino di Michele Gazich (un grandissimo) a fare la parte del solista e le corde di Enrico Mantovani a lavorare di cesello, tra dobro, mandolino e chitarra, tre strumenti con diverse accordature, tanto per semplificare le cose. La batteria di Maurizio Fogazzi rulla che è un piacere, mentre Carmelo Leotta se ne sta defilato (ma si sente!) con il suo contrabbasso. E Massimo? Massimo non delude mai. Da grande cerimoniere riesce a catturare fin dalle prime note l’attenzione, senza alzare la voce ma misurando le parole e spargendo nella sala i profumi di un repertorio che pochi possono vantare al giorno d’oggi. Apre la solenne ballata Dostoevskij, e poi via con la strepitosa Maria che ci consola, Coda di lupo e la nuova versione bagnata nel country blues di Fiume Sand Creek. A questo punto potremmo ritenerci già soddisfatti. Invece è solo l’inizio: la tenebrosa Corvi precede la classica Eurialo e Niso, quindi Camicie Rosse e l’intensa Rosso su verde. Poi è la volta di una “delle poche canzoni d’amore che ho scritto. Una canzone personale nella quale ognuno può riconoscersi”: la splendida Niente passa invano, con la voce di Massimo che si scioglie per la commozione. Una serata che non dimenticheremo facilmente, un concerto che ha permesso di ascoltare il più grande rocker d’autore italiano di sempre, un artista che faceva rock nel ’76, oltre un decennio prima di un tale - rispettabilissimo - di Correggio. Finale da brividi con Volta la carta dedicata a De Andrè, l’inedita Cinque monete d’oro, la tanto attesa ed amata Il cielo d’Irlanda e, ciliegina finale, una sorprendente Ruby Tuesday, omaggio agli immortali Rolling Stones.

Ricky Barone

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