L'EVENTO SEGNALATO
Vinicio Capossela a Città Globale
Pomigliano d’Arco, 14 - 19
dicembre 2002
Un circense, un saltimbanco musicale sempre attento
all’aspetto ludico e poco lucido dei suoi concerti. Anzi delle sue
rappresentazioni teatrali. Freddo e vuoto il capannone in cemento di Pomigliano
d’Arco si gonfia di gente e di calore per chiudere l’anno con Vinicio
Capossela. L’occasione è la seconda edizione di Città Globale, di scena
a Pomigliano dal 14 dicembre al 19 gennaio. Prima di Vinicio, la prima
attrazione a salire sul palco è Maurizio Capone, accompagnato da sei
elementi: percussioni povere a go go capaci di creare un mix tra tribale e
metropolitano, dove la città si fa jungle e due tribù si combattono.
Oppressione ed espressione, crisi e sviluppo, catena di montaggio e sala di
montaggio le immagini caratterizzanti il suo spettacolo.
E’ la volta di Vinicio che sale acclamato sul palco con
cilindro e spezzato, sta per ultimare la sua metamorfosi tzigana. Il suo gruppo
comincia a suonare vestito a metà tra i ladri di bicicletta e dei carbonari. Si
parte con “Accolita dei rancorosi”, per proseguire con la rugginosa storia
di periferia de “La notte se ne andata” e “Scatafascio”, sigla finale
dell’omonimo vecchio programma di Paolo Rossi, col particolare concetto
dell’imbuto (“per cadere nell’imbuto c’è bisogno di un aiuto”).
Approfittando delle feste, qualcuno ha raggiunto la provincia di Napoli da
Foggia, Roma, addirittura da Padova. Vinicio intona l’acido e malinconico
“Pongo Sbronzo”, la storica “Scivola vai via”, che riporta alla mente
“la Canzone delle domande consuete” di Guccini (“scivola vai via, non te
ne andare” la prima, “non andare vai, non restare stai” la seconda),
“Tango del Murazzo”, storia di un ragazzo che muore nella pozzanghera della
sua esistenza.Una grande festa rovinata dalla pessima acustica che deturpa al
pubblico anche il reading del cantautore. La scaletta propone la malinconia
balcanica di “Corre il soldato”, “Con una rosa” (e tra il pubblico
spunta una rosa), mentre lo show-man fa un tango col microfono. Dopo le maschere
di Pulcinella, da gufo e da saldatore, Vinicio si traveste da Babbo Natale. Per
finire, i botti finali: “Al veglione”, “Che cossè l’amor”,
“All’una e 35 circa”, “Il ballo di San Vito”. Una serata di sogni e di
canti organizzata (come dice il sottotitolo della manifestazione) “per chi
viaggia in direzione ostinata e contraria”.
Mario V. Barbati, Vittorio Di R