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Incontro sull'Isola n. 1

 

 

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GINEVRA DI MARCO, OCCHI LIMPIDI

 

di Alessia Pistolini

 

Ginevra Di Marco ha gli occhi limpidi di chi è sempre se stesso anche nel proprio lavoro. Di passaggio a Roma per promuovere il suo ultimo lavoro "Concerto numero 1 - Smodato temperante", si presenta a noi con un grande sorriso, nonostante siano ore che rilascia interviste, nonostante non rimangano che pochi minuti all’inizio del concerto, e non c’è neanche più il tempo di provare; e nonostante il pancione, ormai davvero ingombrante, che però l’accende di felicità quando ne parla. Una gradevolissima chiacchierata con una donna dalle straordinarie qualità vocali, interpretative e compositive, che ha saputo gestire il successo senza perdere di vista i valori più profondi della vita. Neanche per un istante.

 

 

Sembri aver raggiunto un equilibrio perfetto tra vita lavorativa e affettiva...

 

Sì, è un tutt’uno. Ad esempio nel mio ultimo disco c’è Cristiano Della Monica, una persona che ha vissuto con me tutti i miei sogni da quando eravamo bambini: facevamo i concerti in casa, lui suonava la batteria e io cantavo. Poi c’è Francesco Magnelli, mio marito e compagno di viaggio da sempre... Trovo fondamentale circondarmi delle persone che credono in quello che faccio, o nel messaggio che voglio dare. Io credo nella musica come terapia, faccio musica per salvarmi la vita. È una necessità grande e quindi la rispetto, cerco di farla crescere con il massimo di onestà di cuore possibile.

 

Eppure hai dato al tuo disco il titolo di "Smodato temperante", due termini in contraddizione tra loro: il contrasto è solo uno stimolo o in realtà c'è uno sbilanciamento anche in questo apparentemente perfetto equilibrio?

 

"Concerto n. 1 - Smodato temperante" è un modo scherzoso di usare dei termini musicali classici come "moderato", "presto", "andante”. Dopo l’uscita di "Trama tenue" io ho fatto una tournée intensa, sia come quantità di date che come lasso di tempo. E mi è successo, specialmente nell'ultima fase, di sentire che ero maturata, cambiata, che stavo crescendo, la mia voce stava cambiando, le mie esperienze erano triplicate. Invece le canzoni rimanevano lì, come io le avevo fatte. E io mi annoio facilmente della musica stantia, quella che per farla attacchi solo la spina, e ti succede di fare i concerti col pilota automatico. Francesco stava cominciando a sentire anche lui le stesse cose. Era necessario che la mia musica mi assomigliasse di nuovo, e così abbiamo riarrangiato tutto.

 

Quindi due termini che stanno più ad indicare un passaggio che una compresenza contrastante.

 

Esatto, un passaggio, questo vuole essere; ferma il momento che va dalla fine di un disco all'inizio di un altro. È un passaggio dalla parte più smodata di me, quella elettrica, fragorosa, a una più temperante. Però non perde di forza, di passionalità dal punto di vista sonoro. L'idea è quella di fare un live dopo ogni disco. Questo si chiama "Concerto n. 1" perché "Trama tenue" era il primo disco; dopo il secondo farò il "Concerto n. 2", e così via.

 

Tu scrivi i testi, ma anche le melodie. Fino a che punto la tua attitudine vocale e l’attenzione alle parole incidono sull'andamento melodico di quello che scrivi?

 

Ma è totalizzante! Però questo l'ho capito col tempo. Quando ho scritto "Trama tenue", ho voluto costruire le melodie sul testo, che era per me fondamentale venendo dai CSI, da quello che Ferretti mi aveva sempre insegnato. Ho sempre dato un valore grandissimo alle parole. Perché le parole, ragazzi, te le porti dietro una vita, tu le hai dette, e bisogna che ti tornino sempre, non solo quel mese che le hai scritte. Con l'andare del tempo ho capito però quanto è importante che una parola abbia un suo suono, una sua melodia per esprimersi al massimo. Spesso sono caduta nell'errore di non voler fare un testo banale, di andare a ricercare una parola piuttosto che un'altra, però difettando in musicalità. Invece è importantissimo che le cose siano assolutamente fuse insieme. Infatti il gioco che sto cercando di fare adesso è di partire prima da un'idea di sensazione e di emozione e poi trovarci il testo dopo, perché no? Non mi era mai successo di farlo.

 

Per la stesura dei testi segui un metodo di lavoro?

 

Non è sempre lo stesso. Per anni ho girato con un taccuino su cui fermavo le idee come succede a tanti, scrivendo intere paginate, da cui poi veniva fuori un testo. Ora mi capita di scrivere molto meno rispetto a prima, però quando scrivo quasi mi viene già più la forma canzone.

 

È l'esperienza che offre i suoi frutti.

 

Infatti, è quella che porta già a sintetizzarti in testa le cose. Però non è facile scrivere. Lo faccio con molta passione ma anche con difficoltà. Voglio essere straconvinta prima di dire qualcosa, di crederlo, come ti dicevo, non solo adesso ma anche più in là. Mi piace l'idea di scrivere dei testi che mi varranno sempre, anche quando mi renderò conto che sono stati scritti in un determinato momento della mia vita, che poi è passato e magari posso non sentire più. Però mai pentirmene.

 

In proposito, nell'unica composizione inedita di "Smodato temperante", Luce appare, parli della ragione come di qualcosa che ostacola la chiarezza delle idee. L'intuito ha quindi per te un valore fondamentale...

 

Assolutamente!! Anche perché raramente mi tradisce. Io mi ci affido. Questo ha anche i suoi lati negativi, perché ti porta a innamorarti delle cose eccessivamente, e poi devi ridimensionarle. Ha i suoi lati pericolosi il fatto di seguire l'istinto. Però, sì, caratterialmente sono una persona assolutamente istintiva. E Luce appare esprime quel sentire.

 

Tra le canzoni che riproponi c'è Terraluna, che è una ninna nanna, uno dei generi più radicati della cultura popolare. Ma questo è un caso atipico per la particolarità del testo, tutto al femminile...

 

Sì, mi piaceva proprio il fatto che non era la solita ninna nanna, dolce e basta, ma dice: "Dormi ora perché poi, quando avrai marito e figli...". Una volta il CPI (Consorzio Produttori Indipendenti) organizzò un progetto di ninna nanne con numerosi gruppi, ognuno ne cantava una. Io presi un libro di ninna nanne della mia nonna, vecchissimo, e c'era un testo in dialetto veneto. Era un canto tradizionale ma un po' alternativo, proprio perché metteva in luce anche la sofferenza di una mamma. Ho riadattato il testo mettendoci un po' del mio, un po' di quello che c'era. Francesco ha scritto la musica.

 

Hai affiancato Max Gazzè nella sua tournée teatrale, una cosa di cui fino a pochissimo tempo fa non si parlava...

 

Sì, era una vaga intenzione che ha preso forma fra dicembre e gennaio.

 

Qual è il filo che ti lega a Max Gazzè?

 

È un filo forse apparentemente invisibile, ma in realtà non siamo così lontani. È stata la curiosità, l'istinto di cui dicevi tu prima. Io ho visto anni fa il video di Cara Valentina, e ho detto: ma questo qui che tipo è?! L'ho guardato e ho detto: ma questo qui è una meraviglia! Solo la faccia che aveva parlava da sé. Faceva una canzone che era strutturalmente qualcosa di fuori rispetto alla musica italiana, non si era mai sentito. Un musicista incredibile. L'ho voluto conoscere a tutti i costi. Con Francesco l'abbiamo cercato, l'abbiamo conosciuto. Proprio perché mi dava l'idea che i nostri mondi, apparentemente così lontani - lui veniva dal pop, noi da una dimensione più underground, più rock - non fossero poi così lontani. E così poi si è dimostrato, perché l'approccio musicale che abbiamo e il modo di sentire è molto simile. Lui ha partecipato al mio disco, io al suo; da lì è iniziata una serie di collaborazioni e adesso che lui ha voluto affrontare un tour teatrale "con le palle" ha chiesto a me e a Francesco di unirci a lui.

 

L'armonizzare a due voci è una costante della tua carriera: Battiato, CSI, Gazzè, e con Cristiano Della Monica nel tuo disco. Questa forma è parte del tuo modo di esprimerti?

 

È una cosa che ho scoperto con il tempo, ed è un valore della mia voce che mi hanno fatto capire anche gli altri che hanno lavorato con me. È come se la mia voce riuscisse a plasmarsi a seconda di con chi è. È difficile credere... canto con Ferretti, che è tutta un'altra cosa da Max; eppure canto con Max e va bene anche con lui, canto con Battiato e ci sta bene. Allora dici: è proprio una caratteristica di timbro, c'ho questa voce tonda, s'attacca bene... Forse anche perché ho passato la mia infanzia a cantare sui dischi; con Cristiano si passavano le giornate a cantare, ad armonizzarci l’uno con l'altro, a sentire quel disco, capire perché avevano fatto in quella maniera gli arrangiamenti, e le voci, e canta, canta, canta... Son cresciuta così, è una cosa che mi riesce spontaneamente.

 

Perché Ederlezi?

 

Ederlezi è arrivata qualche anno fa in un concerto organizzato da Francesco Magnelli per l'Unicef a Firenze. Venne a suonare una gruppo di ottoni macedone, e ogni artista faceva o una propria canzone con loro, che loro riarrangiavano, o una canzone di quel gruppo. In quell'occasione mi arrivò una cassetta con una serie di canzoni balcaniche. Scelsi Ederlezi, che ho sentito nella versione di Bregovic. Questo pezzo mi ha incantato perché è di una bellezza incredibile. Da allora me lo sono sempre portato dietro facendone prima una versione con i CSI, poi ne ho fatta una versione mia, e adesso con Max. È una canzone che si plasma, e trova varie forme a seconda delle situazioni. E poi ha una melodia così grande, e la mia voce anche lì si è adattata bene. Era nelle mie corde, insomma.

 

E Khorakhanè, perché? Anche in questo caso è quella melodia straordinaria che ti ha attratto? Certo, viene da un disco che nel suo insieme è straordinario tutto...

 

Tutto, tutto. È il disco di De Andrè che mi ha affascinato di più. È arrivato in un momento della mia vita in cui non avevo voglia di sentire altro che quelle cose. Sai quei dischi che sono una botta in testa? E non ho sentito altro per due anni! Sai, quando i dischi ti prendono, che non te ne stacchi più, che c'hai bisogno. Mi succede così quando mi avvicino a una canzone da reinterpretare, quando mi arriva a scorrere nel sangue, e allora la sento così tanto che dico: ce l'ho anch'io, ce n'ho una mia versione... Arrivano a far parte di te, le senti così tanto addosso che è come se fossero un po' tue.

 

 

Tanti progetti, e un figlio. Sei una persona che pensa in positivo!

 

Sì, ho un bellissimo rapporto con la vita. Ho imparato a ricevere dalla vita quello che ho con gratitudine, questo è il mio motto, svegliarmi la mattina e considerarmi una privilegiata. Perché lo sono, di fatto. Vivo così. Sono una positiva, ma non senza rendermi conto del negativo che c'è. Proprio perché mi rendo tanto conto di tutto il resto, cerco di valorizzare quello che ho. Ora finisco la tournée con Max e partorisco, mi vivo un po' di mesi con il mio bambino e poi se ne riparlerà. Questo è il primo dei miei pensieri. Mi prendo un po' di tempo.

 

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