HOME

ARCHIVIO

ABBONAMENTI

CHI SIAMO

DOVE TROVARCI

CONTATTACI

LINK

CD SHOP

 

Intervista con Eugenio Finardi, dal n. 28, febbraio 2003

 

ARCHIVIO INTERVISTE

 

LA FORZA (E LA VOGLIA) DI ESSERCI

di Rosario Pantaleo

L’incedere calmo e sicuro lo fanno apparire come un “vecchio saggio”, come una persona che ha già preso la vita per il bavero, che ha saputo affrontare ogni tempesta rimanendo ben saldo sulle sue radici, avvinghiato a quel grande desiderio di conoscere che lo divora. È un artista e non avrebbe potuto essere altro che un musicista. Magari, non fosse stato una sorta di predestinato per questo “mestiere”, avrebbe potuto essere un grande esploratore: uno capace di osservare, con stupore, ciò che prima non era noto e lo racconta con stile, arguzia, fascino e maestria. Questo è Eugenio Finardi, l’esploratore un istante prima che inizi a parlare…

Il tuo nuovo album è una sorta di viaggio nel passato in cui torni a rivestire pezzi “nascosti” della tua produzione. Dopo due raccolte come “La forza dell’amore” e il suo successore “La forza dell’amore 2”, come si pone questo nuovo progetto “Cinquant’anni”?

La verità è che questo disco è stato pensato fortemente da Angelo Carrara, dal titolo fino alla copertina. Avevo seri dubbi sul fare questo lavoro, perché dopo il pessimo assemblaggio de “La forza dell’amore 2” imposto dalla mia precedente casa discografica, non sapevo come avrebbe reagito il pubblico. Sai, quella raccolta è stata partorita dal marketing: dopo la serata finale del Festival di Sanremo 1999, in cui presentavo Amami Lara, mi aspettavo un rilancio (tra l’altro, anche questa, operazione discutibile) di “Accadueo”. Invece si è cominciato a parlare di compilation, di raccolta... inizialmente pensavo a una serie di rifacimenti, come nel primo volume, anche perché amo reinterpretare me stesso visto che mi permette di diventare un po’ più interprete e un po’ meno cantautore (che soffoca un po’ questa mia indole di cantante allo stato puro). Ben presto, però, capisco che lo scopo di quella compilation era puramente commerciale: inedito coi pezzi rimasterizzati e stop. Tutto questo fa scattare litigi col manager e solo richiamando Carrara - con cui ho lavorato per anni -  siamo riusciti a trovare dei compromessi accettabili. Non avevo inediti radiofonici in quel momento e non avevo nessuna intenzione di scrivere a comando qualcosa che non mi sentivo addosso, così abbiamo messo toppe qua e là sulla questione e infine me ne sono andato... e sono approdato alla Edel, con Angelo Carrara di nuovo al mio fianco. Abbiamo parlato moltissimo di questo nuovo lavoro, ci siamo detti che sarebbe stato bello rifare sì dei pezzi come Scuola, che tra l’altro calza a pennello con l’attuale situazione italiana, o Cuba o Diesel, ma un’altro disco legato a vecchie canzoni mi faceva paura. Alla fine mi sono convinto che il progetto era valido, non pensato sul possibile acquirente, ma terapeutico per noi, soprattutto per noi. E la cosa particolare è che ho affidato il lavoro proprio ad Angelo, lasciandogli campo libero. Ci siamo rinchiusi nello studiolo di Vittorio Cosma e abbiamo fatto tutto con uno spirito vicino a quello dei primi dischi, in cui si ragionava al contrario: Come un animale potrebbe essere un singolo? Bene, allora facciamolo durare sei minuti!

Guardando al mondo della discografia, si nota come lo spazio per nuovi autori sia sempre meno. Come dicevi prima, a te piacerebbe dare spazio al tuo animo di interprete e cantante, quindi mi chiedevo se una via percorribile per risvegliare la canzone d’autore, può essere quello di farti portavoce (tu e tanti altri cantautori sugli anta) di nuove proposte, cantando pezzi di giovani artisti, o magari semplicemente collaborando con loro a quattro o più mani...

Effettivamente la creatività a cinquant’anni… non è più come prima, già oltre i trenta acquista una consapevolezza diversa e lo scrivere canzoni diventa meno impulsivo più ragionato. Arrivati a un certo punto diventa anche più difficile esprimersi, perché uno si aspetta sempre di più. Di questo ne parlavo anche con Fabrizio (De André, n.d.I.), ed eravamo d’accordo proprio sul fatto che col passare degli anni un autore affina di più la capacità di interpretare ciò che scrive. Poi entra però in gioco anche un altro percorso che, secondo me, ha intrapreso uno come Fossati, ovvero il discorso del musicista che si affina sul versante prettamente musicale. Personalmente credo che anche a cinquant’anni bisogna aver la voglia di crescere ancora, e guardando la mia carriera sento di voler trovare strade nuove per nuovi testi, nuove idee, nuovi stimoli... ma quando ti viene dimostrato con dati e numeri che un disco di inediti di Finardi può non interessare più in una logica promozionale, nonostante gli stimoli e le idee, puoi viverla male.

Quello che dici è curioso; siamo partiti dal presupposto che i giovani non riescono a trovare i canali giusti per uscire allo scoperto e troviamo un cantautore con una lunga carriera alle spalle che ha gli stessi problemi del giovane autore...

Già, tutto questo tu lo chiami 'curioso'. Io direi piuttosto che è pazzesco. Non ho però ricette segrete per i “giovani”, mentre nel mio caso sono convinto di aver sempre cantato la mia esperienza. Ora ho cinquant’anni e devo cantare l’esperienza di un cinquantenne... piaccia o non piaccia questo è quello che sono oggi io.

Sul CD c’è anche un pezzo che si intitola A mio padre che in origine aveva un titolo diverso; nella tua interpretazione si nota una consapevolezza che riporta alle parole che dicevi. In questo momento tu sei tutt’altro rispetto a più di vent’anni fa, quindi la visione della musica e della poetica è altra rispetto a ciò che la gente si aspetta da te, e questo è un segno di come tu non voglia omologarti...

Sì, ma questa può essere anche una condanna... io non riesco a fare il solito prodotto medio italiano che porta determinati riscontri commerciali. In questi giorni, ad esempio, coi miei fidi musicisti (Vittorio Cosma, Saverio Porciello, e Giancarlo Parisi) abbiamo montato un concerto di musica sacra, che spazia in tante direzioni, da Bach a Battiato fino ad Halleluja di Cohen nella versione di Jeff Buckley. Costruire questa cosa mi ha fatto capire che è quella una delle direzioni musicali che vorrei prendere... e magari documentarla con un disco, così come ho fatto con l’esperienza del Fado, che mi ha permesso di prendere una “vacanza da Finardi” sperimentando la mia vocalità su territori diversi dai soliti. Tutto questo non è nell’ottica del mercato discografico, che quando fa uscire un disco di musica pop lo carica di troppe aspettative e investe troppi soldi in un unico senso. Gente come me, Branduardi, Fossati eccetera, dovrebbero documentare molto più spesso quelle situazioni particolari che si creano nel corso dei concerti, piuttosto che nelle collaborazioni occasionali... insomma, bisogna far diventare il disco un documento e non un prodotto.

Ritengo che personaggi come te dovrebbero essere il segnale chiaro che si può vendere facendo quello in cui si crede; cioè se Eugenio Finardi sente di fare un disco in una certa maniera deve farlo, magari appoggiandosi ad una realtà indipendente. Qualche tempo fa non avresti potuto perché eri in una major che controllava una grossa percentuale di mercato e che si aspettava da te determinate cose...

... ma infatti è proprio quello che sto cercando di mettere in pratica. Come dicevo prima l’esperienza del Fado ha venduto le sue  7 – 8mila copie, e tanto basta. Forse avrebbe potuto vendere di più, ma qui entra in gioco la distribuzione che sui dischi di nicchia non funziona come sul disco pop. Per questo io credo e spero in un’evoluzione di internet.

Nella tua carriera sei sempre stato tra i primi a cogliere i cambiamenti, per esempio a livello di sonorità, rispetto a quello che tirava in quel momento. Vedo che anche sulle nuove tecnologie ragioni a medio e lungo termine. Quali potrebbero essere i nuovi modi per intervenire sul mercato discografico?

Mah, la logica è semplice: da una parte si sta sviluppando un mercato simile a tutti gli altri, con un meccanismo abbastanza artificioso... la musica pop sta diventando come un rasoio elettrico che ogni anno cercano di propinare a tutti quelli che non sanno mai cosa regalare a Natale ad un uomo. Come dicevamo prima, è un prodotto; è la Nestlè della discografia.

Dall’altra parte c’è il prodotto biologico: musicisti che suonano, senza tutta la macchina del video, del bel culo, dell’immagine che colpisce eccetera. Ora, anche se sembra predicatorio, c’è da ragionare su cosa si sta facendo: musica? Allora bisogna mettere al centro la musica. Punto. Troppe volte ci si dimentica dell’aspetto principale e si bada a tutto il contorno, e la cosa grave è che questo discorso travolge a volte anche diversi musicisti che assumono atteggiamenti distanti dal cuore della questione musicale. E la cosa sconcertante è che se anche negli anni ’70 avessero ragionato come oggi, non conosceremmo tutti i musicisti storici che sono venuti a galla nel corso degli anni. In questo era fondamentale anche il supporto della radio che, quasi con spirito missionario, cercava di scoprire cose nuove e interessanti e le mandava in onda senza vincoli di alcun tipo; solo per il gusto di far ascoltare alla gente della bella musica.

Non pensi che questa sia una situazione in cui la soluzione non può partire dal basso? Cioè se un cantautore con un certo seguito decidesse di promuovere la sua musica attraverso certi canali, che non sono quelli convenzionali, avrebbe un senso, ma un giovane indipendente per farsi conoscere non ha canali per raggiungere velocemente una copertura nazionale...

...ma infatti è quello che si sta cercando di fare, il problema è che non ci sono i veicoli. In America ci sono le radio alternative, in Italia no.

Questo è vero, ma negli anni ’70 c’era una vera volontà di fare controcultura. Oggi qui non abbiamo una cultura, ma tante culture frammentarie, di conseguenza intervenire in questa maniera risulta essere contro una solo di queste...

... come tante altre cose. L’ha detta benissimo Manuel Agnelli in Non si esce vivi dagli anni ’80: “cos’è che non mi piace in questo baraccone? Sarà che dentro e triste e starne fuori è una prigione”. Comunque una rivoluzione sta avvenendo: oggi le major non hanno più interesse nei giovani cantautori e neanche per quelli d’annata. Devono presentare continuamente una crescita annuale del 10%, quindi devono badare solo a questo. Dalle major non ci si può aspettare più niente. Anche perché il supporto CD sta andando a morire. Io ho usato Napster fino al suo fallimento, ed era bellissimo. Il problema è che giustamente qualcosa andrebbe pagato, magari direttamente attraverso la linea telefonica. Questo è un periodo di stallo. Per ora l’unica via d’uscita è indubbiamente quella di lasciar distribuire alle grandi etichette ciò che producono le indipendenti. Le realtà alternative non verranno mai  prese direttamente tra le braccia delle major, perché rischiano, hanno paura.

Il supporto CD sta morendo, dici, ma non è un peccato perdere il gusto dell’oggetto musicale?

Sì, certo, comunque si continuerà ad avere il supporto da collezione, però se la rete funzionasse perfettamente dal punto di vista dello “scaricare canzoni”, si uscirebbe finalmente dall’idea del singolo che traina un disco che è una fregatura, dalle uscite natalizie, autunnali... io, per esempio, sono stufo di essere considerato un prodotto autunnale! E poi questo sistema discografico odierno chiude completamente le porte a tutto quello che accade musicalmente nel mondo: quanti sanno chi è il più conosciuto cantautore francese? Greco? Danese? Scaricando musica uno può anche trovare il gusto di scoprire cose che i soliti canali d’informazione non propongono.

E’ la penetrazione mediatica, che rende tutti uguali; invece il bello è la differenza. Sentire suoni diversi è bello perché fa scattare interessi e sensazioni diverse dalle solite. Oggi siamo abituati al Mc Donald e non riusciamo più a scoprire cos’è la pasta e fagioli o il Barolo. A questo punto a cosa serve creare una cultura alternativa? Oggi quelli omologati sono il doppio degli anni ’70, anni in cui la maggioranza dei ragazzi andava alla ricerca di suoni e culture nuove. Adesso c’è una minoranza che cerca di ritagliarsi dei pezzetti di controculture... Lo spirito è continuare a crederci, non credi?

Ma certo, lo spirito è di rimettere la musica al centro. Anche nel live succedono cose assurde. Siamo in un’epoca in cui se non ci sono 10.000 persone non se ne fa nulla. Ma come si fa ad ascoltare musica con tutta questa gente? Quando mi dicono che suonerò in un teatro con poche persone io sono contento, è proprio la dimensione che cerco! Io mi sto anche annoiando del concerto con la scaletta. Io voglio avere un repertorio, guardare i musicisti e partire coi pezzi...

Oltre ad avere musicisti affiatati, e tu li hai, questo presuppone anche che un artista non può essere “standardizzato”. E’ molto più comodo avere un’immagine tipica e una serie di pezzi ben rivestiti dalla A alla Z come su disco, ben più difficile e affascinante al tempo stesso reinventarsi ogni sera i brani del repertorio…

La mia rovina, in un certo senso, è stata quella di non dare una sorta di “sicurezza” musicale agli ascoltatori. Se decidi di andare ad ascoltare certi artisti, entri in una sorta di garanzia, sai benissimo cosa e come suoneranno. Se uno viene a un concerto di Finardi, non è detto che ascolterà sempre le solite atmosfere. Magari capita la serata in cui mi sento molto più blues e oltre al mio repertorio inserisco quelle tre – quattro cover blues, oppure addirittura c’è chi si è sorpreso di trovarmi su un palco in cui si suona il fado... Uno può trovarsi spiazzato e questo è successo anche a livello discografico; in venti album credo di aver cambiato più volte generi e atmosfere, e il pubblico a volte può rimanere disorientato.

A livello di ascolti, cosa ti piace della musica italiana?

Confesso di ascoltare poco la musica italiana: ultimamente mi hanno colpito Bersani, Afterhours, Carmen Consoli, Daniele Silvestri e non mi dispiace Zucchero. Ammetto che la musica italiana ha avuto delle evoluzioni notevoli, ma quando entro in una fase di ricerca sonora, come quella che sto vivendo adesso, mi accorgo che nuovi stimoli mi arrivano da atmosfere oltre confine…

 

ACQUISTO E ABBONAMENTI | ARCHIVIO INTERVISTE