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LETTURE
Tra i libri recensiti nel n. 32 vi proponiamo....
LA
TRADOTTA
STORIE
DI CANZONI
AMATE
E TRADITE
A
cura di Enrico de Angelis e
Sergio
Secondiano Sacchi
Editrice
Zona 2003
Pagine
160 - Euro 16,00
Quando
si traduce una canzone bisogna rispettarne la lettera e la metrica o è più
opportuno considerarne il contenuto conferendole una nuova veste, anche a costo
di tradirla palesemente? Bisogna tradurne il testo ovvero l’intenzione che lo
sottende, o piuttosto privilegiarne il significante a scapito del significato e
praticare nei confronti dell’ascoltatore sottili tecniche di seduzione? Le
scuole e le opinioni sul tradurre, come è noto, sono tanto antiche quanto
sterminate, ma tutte hanno ragioni da argomentare e un fondo di verità. Il Club
Tenco di Sanremo, nell’ottobre del 2002, sulla vexata questio ha organizzato
un convegno, i cui interventi, efficacemente trascritti da Annino La Posta, sono
ora raccolti in questo pregevole volume (che ha in appendice un catalogo
ragionato dei traduttori italiani di canzoni) curato, come allora il convegno,
da Enrico De Angelis e Sergio Secondiano Sacchi. “Tradurre e traduzione sono
parole ambigue. Tradurre significa trasportare da una lingua all’altra, ma si
traducono anche i delinquenti dal tribunale agli stabilimenti di pena”,
esordisce Giorgio Calabrese, traduttore storico di Aznavour e di molti grandi
autori, che ricorda, insieme a Sergio Bardotti (“ambasciatore” in Italia
della canzone brasiliana), come partì la corsa - per lo più frenetica e
scomposta - alla traduzione di brani stranieri negli anni Sessanta. E se Nanni
Svampa, Andrea Satta, Giuseppe Gennari ed Enrico Medail parlano dei francesi,
Tito Schipa, Ricky Gianco e Mimmo Locasciulli degli angloamericani e Meri Lao e
Vinicio Capossela dei sudamericani, Bruno Lauzi e Gino Paoli fanno
simpaticamente salotto, mentre Riccardo Bertoncelli e Roberto Vecchioni si
confrontano sulle difficoltà del tradurre e sui risvolti linguistici che ne
derivano. E del resto, come scrive Sacchi nella premessa, “la traduzione non
costruisce muri, ma getta ponti. E offre occasioni, oltre che di conoscenza
approfondita, di inventiva linguistica. Ci arricchisce come studiosi e come
persone, la molla della curiosità ci rende un po’ meno pigri e, in fondo,
anche più umili”. Ben venga, dunque, la tradotta.
Pierluigi
Barberio
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