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ARCHIVIO RECENSIONI

ANDREA MIRO'

Andrea Mirò

Anyway / Columbia, 2003

 

Non il solito live-riempitivo. Piuttosto un cd propedeutico. Farebbero bene a mandarlo a memoria i poveri di spirito cantautorale che popolano le consorterie televisive del nostro scontento. Andrea Mirò è in stato di grazia e nel disco si vede e si sente. Ispirata, eclettica, una e trina - voce, chitarra e tastiere -, capace di coniugare refrain dall'aria pop e incisi che rimandano alla sua estrazione classica. Azzardare il rock, quindi stemperarlo in toni più morbidi, sorretti da una tecnica che basta a se stessa. E a volte riesce persino a fare a meno dell'orchestra (ascoltare, per credere, le splendide versioni acustiche di Notte di Praga e La scelta di Silvia). Il disco si apre sotto l'egida doc di Enrico Ruggeri, chiamato al duetto in Nessuno tocchi Caino (qualcuno ne confronti il peso specifico con il dittico vincente di Sanremo e poi ci faccia sapere se il Festival è o no una cosa seria). La musicista piemontese procede in scioltezza con gambe e voce proprie, attraversando tre brani inediti, interamente scritti da lei (L'uomo di metallo, Io cambio, Le ali del soldato) e i restanti undici, testimonianza dell'aria che tira ai suoi concerti. Il supporto dei ruggeriani Luigi Schiavone (chitarre) e Davide Brambilla (fisarmonica) concorre alla resa degli ottimi arrangiamenti, che si misurano con gli originali senza stravolgere. La scaletta rende giustizia a quanto fin qui espresso dalla Mirò. Con un sentito omaggio alla deandreiana Un giudice. Troppo zucchero per una recensione? Troppa grazia, invece, per un disco solo. Visti i tempi che corrono, poi.

Mario Bonanno

 

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