Colonialismo :Territori acquisiti con la conquista o l’insediamento di popolazioni da parte di uno stato straniero.

Il colonialismo europeo

Il moderno colonialismo europeo inizia nel XV secolo e può essere suddiviso in due fasi: dal 1415 al 1800; dal 1800 alla seconda guerra mondiale.
Nella prima fase, l’Europa occidentale, guidata da Spagna e Portogallo, attuò una politica espansionistica nelle Indie Orientali e nelle Americhe. Nella seconda la Gran Bretagna guidò l’espansione europea in Asia, Africa e nel Pacifico.


La seconda fase del colonialismo europeo

La seconda fase coloniale può essere divisa in due periodi: il primo, dal 1815 al 1880; il secondo, dal 1880 al 1914. Nel primo periodo la spinta all’espansione venne dagli interessi europei già radicati nelle periferie degli imperi, come in Australia, dove i coloni erano penetrati sempre più profondamente nell’entroterra alla ricerca di terre coltivabili e di nuove risorse.
I francesi colonizzarono tutta l’Algeria quando l’instabilità politica del territorio sembrò minacciare le loro acquisizioni iniziali. Anche la conquista russa dell’Asia centrale fu condotta in larga misura per ragioni di sicurezza su iniziativa di mercanti, coloni e amministratori locali. Vedi Guerra d’Algeria.
La potenze coloniali agirono con maggior risolutezza nel 1880-1914, periodo in cui fu completata la colonizzazione dell’Africa (con l’eccezione dell’Etiopia, che resistette alla conquista italiana), di parte dell’Asia e del Pacifico. Nel 1914 la rete coloniale racchiudeva tutto il globo. L’impero britannico era di gran lunga il più vasto e diversificato, ma anche Francia, Belgio, Germania, Stati Uniti d’America e Giappone erano diventate ragguardevoli potenze coloniali (vedi Imperi coloniali).
Le ragioni di questa corsa alle colonie restano controverse. Alcuni politici, come ad esempio Lenin, lo spiegarono con la dinamica del tardo capitalismo, sottolineando le esigenze europee di materie prime e di sbocchi per il proprio capitale eccedente. Altri hanno invece insistito su motivazioni strategiche o diplomatiche. Il crollo degli equilibri di potere in Europa e le due guerre mondiali nel XX secolo segnarono comunque la fine del colonialismo moderno. La crescita della coscienza nazionale nelle colonie, il declino dell’influenza politica e militare europea, l’erosione delle giustificazioni morali degli imperi contribuirono infine a una rapida decolonizzazione dopo il 1945.


Valutazione ed effetti del colonialismo

Qualsiasi valutazione del colonialismo deve tenere conto del mutare delle circostanze storiche. Al giorno d’oggi esso è inaccettabile in quanto contrasta con i diritti dei popoli all’autodeterminazione. Questi diritti, tuttavia, solo di recente sono stati riconosciuti come universalmente applicabili. I costruttori di imperi del XIX secolo, infatti, erano spesso convinti che i popoli "civilizzati" avessero la responsabilità morale di guidare i popoli "arretrati" e di recare loro i frutti della cultura occidentale.
Gli effetti del colonialismo non sono invece univoci, sia per i colonizzatori sia per i colonizzati. È evidente che il possesso di un impero arrecò alle potenze coloniali numerosi benefici, tra cui opportunità di emigrazione, espansione del commercio e dei profitti, risorse strategiche. Allo stesso tempo però la conquista si accompagnò a costi significativi. I colonizzatori dovettero provvedere all’amministrazione, alla difesa, all’assistenza economica delle colonie e furono spesso coinvolti in conflitti indesiderati. Per chi lo subì, il colonialismo ebbe da una parte indiscutibili effetti negativi: i modi di vita tradizionali furono cancellati, le culture distrutte e interi popoli soggiogati o sterminati; dall’altra, il contatto con la cultura europea ha portato ai popoli colonizzati qualche beneficio nel campo della sanità, dell’istruzione, dell’accesso alle nuove tecnologie.