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IMMIGRAZIONE: UNA OPPORTUNITÀ

di Emilio Di Biase - Segretario DS Torano Nuovo

  Dai molti uno: questo il motto che campeggia sullo stemma degli Stati Uniti. Stati diversi uniti per formare un unico stato; ma anche razze diverse con storie, culture, religioni differenti per formare un’unica nazione. Unione difficile fra bianchi, neri, Indiani, resa ancora più delicata dall’immigrazione proveniente dalle zone povere del mondo. Quel motto indica un obiettivo, un divenire, delinea una vocazione ad una società multietnica, traccia una strada che, pur tra conflitti sociali, misure discriminatorie e proibizionistiche, ha condotto ad un livello sempre più alto d’integrazione.
Tiene conto della necessità delle economie forti di manodopera, anche a basso costo, ma soprattutto di uno stato di inevitabilità dell’immigrazione, perché quando non esistono gli elementi minimi di sopravvivenza e non ci sono prospettive alcune per sé ed i propri figli, di fronte alle guerre, è ineluttabile cercare condizioni migliori.
Nell’ultimo decennio questo fenomeno in precedenza sconosciuto ha interessato anche l’Italia e pure i paesi della Val Vibrata compreso Torano Nuovo.
Dopo che 25 milioni di Italiani dalla fine dell’’800, spinti dalla miseria, dall’assenza di orizzonti, dalla persecuzione politica durante il ventennio fascista, avevano preso la strada per altri paesi, il processo si è invertito. E un popolo di emigranti che avrebbe dovuto assimilare gli insegnamenti della storia e comprendere la disperazione di chi è costretto ad abbandonare la propria terra, si è scoperto impreparato. Così, dopo una prima fase di sorpresa, abbiamo avuto paura, non solo per i problemi di ordine pubblico che il fenomeno indubbiamente comporta, ma soprattutto per il timore del nuovo, del diverso, per la minaccia alla nostra cultura, ai nostri posti di lavoro, al nostro benessere.
E abbiamo costruito delle barriere, delle fortificazioni mentali, molto più solide dei veri confini, delle vere frontiere.
L’immigrato impersona l’altro, l’agente esterno che turba la nostra comunità e si rende protagonista dei suoi mali, molto al di là delle proprie reali responsabilità. E una volontà di allontanare il peccato, di addossare le colpe agli altri, a chi è lontano culturalmente da noi.
Dopo i tragici fatti di Novi Ligure è venuto spontaneo pensare allo straniero perché ciò era convincente, plausibile, ma il “mostro” era tra noi, prodotto dalla nostra società, dal suo sistema formativo e quel sospetto era frutto di un pregiudizio.
“No al cus-cus, si alla polenta”era scritto su un cartello al recente congresso della Lega Nord.
“Una bella cannonata ci vuole. Pum e affondarli tutti” diceva una signora dalla voce stranamente gentile a Radio Padania, all’indomani del recente sbarco dei Curdi in Sicilia.
Sono esempi dell’ondata di odio verso “l’orda” selvaggia che invade il nostro paese; sicuramente spontanea, ma anche fomentata da un’operazione di propaganda politica orchestrata da mezzi di informazione asserviti alla coalizione del Centro Destra.
La quale, una volta al governo ha promosso una legge sull’immigrazione già approvata alla Camera, più attenta ad assecondare le paure dei cittadini che a definire strumenti incisivi che disciplinino il fenomeno.
Perché, prevedere l’impiego della Marina Militare per funzioni di polizia, cioè intercettare le imbarcazioni, arrestare i proprietari, riconsegnare i clandestini al porto di provenienza è facile a dirsi, non altrettanto a farsi. Così come il permettere l’ingresso in Italia solo a chi ha un contratto di lavoro, anche se auspicabile, è riduttivo rispetto alla complessità del fenomeno e non considera l’esigenza dell’imprenditore di conoscere gli extracomunitari da assumere.
Infine presentano caratteri di vera inciviltà l’obbligatorietà a lasciare l’Italia alla scadenza del contratto di lavoro e le limitazioni al ricongiungimento con i famigliari.
Per questi motivi, tutto il complesso legislativo è stato oggetto di severe critiche, non solo da parte dell’opposizione parlamentare, ma anche dalla Comunità Europea, di varie associazioni umanitarie, della stessa Chiesa Cattolica normalmente benevola verso la Casa delle Libertà.
Al di là dei singoli punti è la filosofia che pervade la legge che appare inaccettabile, incongrua. E’ frutto di un’idea dell’Italia e dell’Europa come territorio di molti popoli, di piccole nazioni che per coabitare devono resistere all’invasione, marcare netti i loro confini.
E’ la vittoria di Bossi che nel tentativo di arginare la caduta di consenso, torna a cavalcare con forza il suo tema preferito, quello dell’identità, delle etnie.
Partendo da temi quali il federalismo, la questione fiscale, nella prima fase della sua storia la Lega Nord ha dato voce agli interessi del Settentrione minacciati dalle politiche assistenzialiste e clientelari, dagli sprechi, dalla corruzione.
Già allora la sua ideologia presentava contenuti etnici fondati sul mito della “razza padana”, delle sue presunte discendenze celtiche, di indole e cultura diverse rispetto al popolo del Meridione, giudicato spesso con disprezzo fino a toni di stampo razzista.Ma il confronto con la realtà non è più rinviabile e le contraddizioni cominciano ad emergere. E’ bastata una modesta manifestazione di proteste di anziani davanti al Parlamento per imporre una sanatoria per gli immigrati irregolari impegnati nell’assistenza.
 
Sono bastati gli ultimi sbarchi in Sicilia, conditi da incidenti per risvegliare sensibilità solidaristiche e compassionevoli.
Sono sentimenti che si rivelano in infinite manifestazioni di solidarietà, accoglienza, aiuti concreti; in maniera discreta, riservata, tanto da far apparire minoritaria la parte di società di cui sono espressione rispetto all’altra che esprime con eclatanza, clamore, chiasso i propri impulsi di intolleranza.
Hanno alla base la consapevolezza degli egoismi, delle ingiustizie, delle sofferenze di cui è pieno il mondo.
In un contesto di “villaggio globale” è un coinvolgimento emotivo che non si arresta alla dimensione locale, nazionale, ma va oltre: è la globalizzazione delle emotività, della compassione.
Se vogliamo che i nostri principi morali o religiosi raggiungano una qualche armonia, bisogna estendere questi sentimenti alla umanità nella sua interezza; se vogliamo che la nostra esistenza sia guidata da ideali di giustizia e da una propensione per la solidarietà verso chi non ha di che vivere, sono questi i valori che devono prevalere.
E dal momento che la compassione, la solidarietà non solo sono istintivi ma hanno una componente legata alla riflessione, esse possono essere educate, per cui sarebbe opportuno che i mezzi di divulgazione, i sistemi informativi e di istruzione dessero informazioni riguardo la vita fuori dai nostri confini.
Quindi da una parte educazione verso il rispetto degli altri, a cominciare dagli ultimi, dall’altra strumenti legislativi efficaci che regolamentino l’immigrazione, evitino situazioni di “scompenso” sociale, definiscano un quadro di diritti e doveri rispettosi della dignità umana e delle regole di una convivenza civile.
Ma poi anche aiuti economici concordati e strutturali dei paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo, sostegno alle associazioni umanitarie, accordi con le nazioni del bacino del Mediterraneo per limitare, disciplinare, comunque controllare i flussi migratori.
Quindi interventi statali, ma anche provvedimenti degli enti locali che tengano conto delle specificità del fenomeno nei singoli ambiti territoriali.
Per quanto riguarda la Val Vibrata può assumere un ruolo importante l’Unione dei Comuni che, partendo da un’ operazione di censimento e monitoraggio del fenomeno, di analisi delle problematiche che comporta, metta in campo strumenti di soluzione per un processo di integrazione sempre più elevato. Bisogna promuovere una politica di comprensorio dell’immigrazione che fornisca soluzioni ai problemi del lavoro, della formazione, della casa, dell’assistenza socio-sanitaria, della criminalità. E’ necessario definire interventi che permettano di caratterizzare l’immigrazione come opportunità per il nostro sistema economico e nel contempo favorire l’integrazione di valori, culture, costumi diversi per una convivenza che rispetti i canoni della civiltà.
Decisivo, in tal senso, il ruolo dell’istruzione scolastica come strumento di formazione della coscienza dei cittadini del futuro.
Rispetto a ciò, ci piace ricordare la situazione di Torano caratterizzata da un sereno inserimento nell’ambito scolastico di bambini extracomunitari, frutto della sensibilità in primo luogo degli insegnanti e degli altri operatori scolastici, ma anche dei genitori e dell’intera comunità. E’ questa condizione, ma anche esempi di aiuti concreti che si sono succeduti in questi anni che ci fanno dire che Torano si pone di fronte al problema dell’immigrazione in maniera giusta, facendo nel complesso prevalere atteggiamenti di comprensione, solidarietà ad altri di rifiuto ed intolleranza. Ma l’alleanza organica nell’ambito della Casa delle Libertà ha costretto Bossi a spostare il tiro, a rivolgere le sue pulsioni xenofobe completamente verso l’immigrazione. In essa la Lega non scorge ciò che effettivamente è, cioè un fenomeno spontaneo prodotto da mutamenti economici e sociali, bensì il risultato di forze minoritarie numericamente ma egemoni culturalmente ed economicamente come il “mondialismo finanziario” e la “sinistra internazionale”.
Così, mentre gli imprenditori del Nord, in gran parte elettori leghisti, chiedono manodopera che solo l’immigrazione può garantire, si predispongono strumenti legislativi che non favoriscono questa richiesta e rischiano di mettere a repentaglio la competizione delle aziende, la loro stessa sopravvivenza.
E’ quest’atteggiamento contrastante, schizofrenico che non fa intravedere un futuro, un progetto da costruire.
Il nostro è un paese che invecchia, in deciso declino demografico che presenterà entro il 2020 il 20% della popolazione con più di 65 anni.
Con questa tendenza chi saranno i futuri operai, gli artigiani? Chi assisterà i nostri anziani e noi stessi quando lo saremo? Chi garantirà l’attuale livello di sviluppo, la competizione economica?
E’ il contrasto tra questo scenario e il tipo di politica socioeconomica prospettata che lascia perplessi. Stupisce che l’immigrazione, invece che una necessità, una opportunità e una realtà sociale da integrare sul piano dei diritti e dei doveri, delle regole e dei controlli, continui ad essere un luogo comune, un pregiudizio. E meraviglia e per certi aspetti indigna che una parte politica abbia speculato su un atteggiamento di insicurezza, su una comprensibile paura verso un fenomeno nuovo con argomenti demagogici, proposte irrealizzabili che allontanano prospettive di sviluppo economico della nostra società e ci discostano dagli altri paesi industrializzati.