il futuro del belgio in gioco

L'estrema destra alla conquista di Bruxelles


Il 1998 sarà decisivo per l'avvenire dello stato belga. L'opinione fiamminga non trova abbastanza federale il regime stabilito dal testo costituzionale del 7 febbraio 1994. Il governo della regione fiamminga esige in particolare la separazione dei regimi di sicurezza sociale, in particolare dell'assicurazione per malattia e invalidità, degli assegni familiari e delle indennità di disoccupazione. All'estrema destra, il Vlaams Blok auspica a sua volta la dissoluzione del Belgio e l'unificazione delle Fiandre con i Paesi bassi. E con Bruxelles, che esso intende conquistare.

di Serge Govaert*

Nel lessico politico internazionale Bruxelles evoca il luogo ove si prendono le decisioni che riguardano l'Unione europea. In Belgio, Bruxelles è da più di trent'anni il pomo della discordia tra politici fiamminghi e francofoni del paese. Ma, di colpo, Bruxelles suscita le bramosie del Vlaams Blok, un partito fiammingo di estrema destra che, salvo il suo rifiuto di riconoscere lo stato-nazione (il Belgio, in questo caso) non ha nulla da invidiare al Fronte nazionale di Jean Marie Le Pen.
Dal 1993 (1) il Belgio è uno stato federale che si compone di tre comunità e di tre regioni: la comunità fiamminga, la comunità francese (cioè francofona) e la comunità germanofona; la regione fiamminga, la regione vallona, e la regione (bilingue) di Bruxelles-Capitale. Ciascuna dispone della propria assemblea legislativa e del proprio governo fermo restando che in Fiandra il parlamento della regione fiamminga e quello della comunità fiamminga sono tutt'uno, come previsto dalla costituzione del paese.
Se nulla vieta teoricamente a un partito fiammingo di brigare per ottenere i voti degli elettori che risiedono in Vallonia, e viceversa, una tale eventualità è abbastanza remota. La forza dei partiti va valutata quindi in rapporto al loro elettorato "naturale" e non al complesso degli elettori belgi. Misurato con questo metro il partito dell'estrema destra fiamminga, il Vlaams Blok, risulta vincente: riesce a raggranellare il 12,2% dei voti.
Viceversa, l'estrema destra francofona, in Belgio, è spaccata tra una potente corrente belga (Front national e il gruppo dissidente del Front nouveau de Belgique) e una tendenza minoritaria nazionalista vallona (il partito Agir) che ottiene complessivamente il 6% dei voti dell'elettorato francofono. Gli uomini politici francofoni sostengono, dati elettorali alla mano, che Bruxelles è prima di tutto una città francofona. Alle elezioni per il parlamento di Bruxelles, la legge non consente la presentazione di liste bilingui i candidati devono anzi fare una dichiarazione di appartenenza linguistica, che non possono più modificare in seguito. Anche se un francofono può votare per una lista fiamminga, e viceversa, i risultati riportati dai partiti fiamminghi danno un'idea presumibilmente veritiera del numero di elettori fiamminghi a Bruxelles. Gli abitanti di Bruxelles di nazionalità straniera che costituiscono più del 30% della popolazione sono concentrati nei comuni del centro, e rappresentano un'incognita. Nel giugno 1989, durante le prime elezioni per il parlamento di Bruxelles, le liste francofone hanno ottenuto complessivamente 84,7% dei voti, tutte le liste fiamminghe hanno totalizzato il 15,3%. Il Vlaams Blok allora ha ottenuto il 13,4% dei voti accordati alle liste fiamminghe, diventando così il quinto partito, dopo i cristiano democratici del Christelijke Volkspartij (Cvp), i liberali del Vlaamse Liberalen en Democraten (Vld, ex Pvv) , i socialisti del Socialistische Partij (Sp) e i nazionalisti fiamminghi (democratici) della Volksunie. Su 75 deputati al parlamento di Bruxelles, suddivisi tra 64 francofoni e 11 fiamminghi, il Vlaams Blok ha conquistato un seggio. Niente di eccezionale. L'equilibrio istituzionale in Belgio è stato raggiunto solo a prezzo di concessioni reciproche. Benché la popolazione della Fiandra superi di gran lunga quella della Vallonia e di Bruxelles, i politici fiamminghi hanno accettato la parità linguistica a livello di governo federale: il principio è sancito dalla Costituzione (2). A questa parità linguistica concessa dalla Fiandra al governo del paese corrisponde la parità linguistica in seno al governo di Bruxelles: in questo caso sono i politici francofoni a fare la concessione. Alcuni in verità la trovano eccessiva, alla luce dei numeri i fiamminghi costituiscono circa il 15% della popolazione di Bruxelles, mentre i francofoni sono il 40% in Belgio. A Bruxelles tuttavia, dove non ci sono frontiere tra gruppi linguistici, il calcolo è prettamente elettorale; tutto sommato, se è vero che la minoranza fiamminga a Bruxelles è una delle meglio tutelate al mondo, non è forse questo uno dei segni della pienezza della democrazia? Comunque sia, i calcoli son presto fatti: nel governo di Bruxelles vi sono cinque ministri di cui due fiamminghi, e questo governo deve essere appoggiato dalla maggioranza di ogni gruppo linguistico al parlamento di Bruxelles. Dalle elezioni del 1995, il parlamento locale conta 65 rappresentanti francofoni e 10 deputati fiamminghi (3). Il governo poi, dopo lunghe e complesse trattative riunisce diversi partner a seconda dei gruppi linguistici: sul versante francofono socialisti e liberali (associati al Fronte democratico dei francofoni di Bruxelles, Fdf), sul versante fiammingo i cristiano-democratici, i socialisti e Volksunie. In questo caso però il Vlaams Blok ha fatto progressi: è diventato il secondo partito fiammingo di Bruxelles, superato solo dal Cvp. Risultato finale: fino a queste ultime settimane il governo di Bruxelles era appoggiato, da parte fiamminga, da sei deputati su 10. L'opposizione vede schierati tanto il Vlaams Blok (2 deputati) che i liberali (altri 2 deputati). Una crisi, recentemente apertasi nella maggioranza, si è conclusa il 21 novembre 1997 con le dimissioni del rappresentante della Volksunie; pertanto oggi solo 5 deputati fiamminghi su 10 appoggiano l'attuale governo. Il Vlaams Blok, da quando è stato fondato, ha sempre avuto come parola d'ordine la scomparsa del Belgio in quanto stato sostenendo che tale paese costituisce un "errore della storia".
Sul lungo periodo il programma del partito prevede la riunificazione della Fiandra con i Paesi Bassi, appartenenti alla stessa comunità linguistica. In questa ottica, Bruxelles dovrebbe ridiventare una città fiamminga, come era una volta (perfino gli storici francofoni riconoscono questa realtà storica). Per ottenere questo risultato, una volta scomparso il Belgio, occorrerebbe convincere gli abitanti di Bruxelles che il loro avvenire sarebbe più propizio in una Fiandra indipendente che non in una improbabile alleanza con la Vallonia. Certo che con l'appoggio di poco più del 12% dell' elettorato fiammingo, il Vlaams Blok difficilmente riuscirà ad imporre sia a livello federale che nei circoli politici fiamminghi il programma di cancellare il Belgio. Ma gli strateghi del partito hanno fatto i loro calcoli...
"Contro il declino e l'islamizzazione" Se è poco probabile che il Vlaams Blok aumenti in modo sensibile la percentuale di voti fra l'elettorato fiammingo, Bruxelles è l'unico luogo ove potrebbe guadagnarsi le simpatie di elettori francofoni. A condizione di far passare in secondo piano il suo programma nazionalista fiammingo, potrà riprendere tematiche care alla destra conservatrice e guadagnare consensi fra certi strati della popolazione di Bruxelles colpiti più di altri dalla crisi. Dato che il Front national ha riportato nel 1995 circa 31.000 voti e altre formazioni della destra radicale 10.000, uno spostamento (di una certa rilevanza evidentemente) basterebbe a rendere il Vlaams Blok indispensabile perché il governo regionale ottenga a Bruxelles il sostegno dei deputati fiamminghi. Se gli altri partiti mantenessero immutata la propria posizione rispetto al 1995, per ottenere questo risultato il Vlaams Blok dovrebbe avere 25.000 voti di più (4) e quindi triplicare l'attuale numero di voti. Ma se, come è del tutto plausibile, i partiti fiamminghi della coalizione uscente dovessero perdere terreno, al Vlaams Blok "basterebbero" 10.000 voti nelle liste francofone e 5.000 provenienti dal Cvp, dal Sp e/o la Volksunie per disporre della metà dei seggi fiamminghi al parlamento di Bruxelles. Potrebbe paralizzare così la formazione di un governo, non riconoscendo l'esistenza di una regione di Bruxelles e negando qualunque legittimità all'istanza chiamata a rappresentarla. Da ciò l'iniziativa presa a Bruxelles nel febbraio del 1996.
Fino ad allora, il Vlaams Blok si rivolgeva ai suoi potenziali elettori solo in fiammingo. Questa volta aveva preparato un volantino bilingue,"Open brief aan de Brusselaars/Lettre ouverte aux Bruxellois" (lettera aperta agli abitanti di Bruxelles), in cui si leggeva: "Solo con la Fiandra sarà possibile dare soluzione ai grandi problemi che affliggono la capitale le casbah, il senso d'insicurezza, la pressione fiscale. Unicamente con la Fiandra Bruxelles potrà diventare una città prospera dove è bello vivere".
Il volantino poi si soffermava sul perché gli abitanti di Bruxelles, anche se francofoni, dovrebbero optare per il campo fiammingo quando il Belgio cesserà di esistere ("non sopravviverà a lungo, vi si afferma, all'Unione monetaria europea del 2002"): l'economia di Bruxelles è per tre quarti incentrata sul Brabante fiammingo; geograficamente Bruxelles è nella Fiandra, come peraltro l'aeroporto nazionale di Zaventem (chiamato ufficialmente "Bruxelles-National", con gran dispetto dei nazionalisti fiamminghi); ogni giorno 300.000 "pendolari fiamminghi" vengono a lavorare a Bruxelles; la mentalità di Bruxelles è più vicina al dinamismo fiammingo che allo statalismo vallone; molti abitanti di Bruxelles hanno legami familiari con la Fiandra; solo una Fiandra prospera può salvare Bruxelles dall'asfissia finanziaria. Per rassicurare i brussellesi, il partito nazionalista proponeva loro un "contratto" la cui clausola più sorprendente era il mantenimento dei diritti dei francofoni in materia di cultura, occupazione, impiego delle lingue e insegnamento.
Nel giugno 1996 il presidente del Vlaams Blok (testé eletto) Frank Van Hecke, già deputato europeo, scopre le sue carte: il suo partito può compiere l'ultimo passo verso l'indipendenza della Fiandra, eliminando l'ultimo ostacolo, e cioè Bruxelles.
La capitale deve diventare, per riprendere la metafora audace di Van Hecke, "la leva che farà letteralmente esplodere lo stato belga (5)". A tal fine il partito intende lanciare una campagna spettacolare sui media e presentarsi alle elezioni con candidati di primissimo piano (di cui si rifiuta di svelare i nomi).
Pochi mesi dopo, nel novembre 1996, un nuovo volantino veniva diffuso fra gli abitanti di Bruxelles. Questa seconda Lettera aperta alla gente di Bruxelles riprendeva i temi già sollevati a febbraio. Questa volta si sottolineavano soprattutto gli effetti nefasti su Bruxelles della concessione del diritto di voto agli stranieri extracomunitari; il Vlaams Blok stimava a 362 694 il numero di "abitanti di origine straniera", la popolazione di Bruxelles considerata "non autoctona" ("compresi i nuovi belgi", precisa) e (in base all'andamento annuale di questi due gruppi dal 1989) dava delle proiezioni fino al 2010 che prevedevano un totale di 525.654 stranieri contro 413.648 autoctoni. Il che spiega lo slogan conclusivo del programma, alquanto sorprendente sul piano semantico: "Unitevi alla resistenza, lottate con il Vlaams Blok contro il declino e l'islamizzazione di Bruxelles".
Che ci sia un disagio diffuso è incontestabile. Un tempo la città più prospera del paese, poi la più ricca delle tre regioni belghe, oggi Bruxelles è più povera della Vallonia, a lungo in posizione di retroguardia in questa classifica. Il tasso di disoccupazione, rapportato agli abitanti, è più alto a Bruxelles che nelle altre regioni del paese. La città conta anche un numero maggiore di beneficiari del sussidio minimo ma la società di Bruxelles è una società duale, dove i più ricchi convivono con i più poveri. Questa dualità la si percepisce tra l'altro anche nel tessuto urbano; alcuni comuni di Bruxelles sono fra i più ricchi del Belgio (sul piano contributivo naturalmente), altri (in particolare quelli di Saint-Josse e di Saint-Gilles) sono fra i più poveri. I quartieri più svantaggiati sono quelli della prima cintura intorno alla zona centrale della città di Bruxelles, che presentano una serie di fattori di degrado, popolazione povera e/o anziana, basso tasso d'occupazione, abbandono scolastico, immobili fatiscenti. Tali handicap costituiscono una sorta di circolo vizioso: più il quartiere è povero minore è il suo gettito fiscale e minori sono le probabilità che riesca ad attirare una popolazione in grado di contribuire a ripianare il suo bilancio. E' quello che alcuni economisti , riprendendo la teoria del professor Herman Deleeck di Anversa, chiamano "effetto Matteo" (6). Il Vlaams Blok, riprendendo una strategia sperimentata in altri paesi europei, accusa di una tale situazione quella che definisce la società "multikul" (in fiammingo il termine suona in modo altrettanto volgare), da un lato, e il cosiddetto "collettivismo" vallone dall'altra.
Ma l'edificio poggia su fondamenta rappresentate da una società che è ormai scomparsa (7); i rapporti tra fiamminghi e francofoni, tra gente di Bruxelles, valloni e fiamminghi, e perfino tra abitanti di Bruxelles che appartengono a una o l'altra comunità, non sono più gli stessi di trenta anni fa, quando si è avviata una politica di compromessi sul piano istituzionale. Spesso si parla della enorme distanza che separa il cittadino dalla politica, gli uomini politici belgi a volte sembrano dimenticare che le soluzioni da loro date a problemi concreti poggiano su una realtà instabile. Che poi sia l'estrema destra fiamminga a strumentalizzare a propri fini tale divario, dovrebbe insegnarci qualcosa sul piano delle costruzioni identitarie in Belgio e sull'identità "assente" degli abitanti di Bruxelles che vivono in una delle capitali dell'Europa, senza peraltro coglierne la portata...


note:

torna al testo (1) Leggasi Florence Beaugé, "La Belgique en ses habits fédéraux", le Monde diplomatique, febbraio 1994.

torna al testo (2) Tuttavia, da circa venti anni i primi ministri che si sono succeduti sono stati tutti fiamminghi.

torna al testo (3) Le liste fiamminghe hanno riportato complessivamente il 13,7% dei voti.

torna al testo (4) Calcolo effettuato da La Libre Belgique, Bruxelles, 19 febbraio 1996.

torna al testo (5) Colloquio con Frank Van Hecke pubblicato nel giornale finanziario di Anversa De Financieel en Ekonomische Tijd, 15 giugno 1996.

torna al testo (6) "Perché a chiunque ha sarà dato, e sarà nell'abbondanza, ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha" (Matteo, 25:29).

torna al testo (7) Leggasi Jean-Marie Chauvier, "En Belgique, l'année blanche vire au gris", le Monde diplomatique, ottobre 1997. (Traduzione di C.M.)