La
finanziaria presentata dal governo delle destre è estremamente pericolosa. Lo
è per i suoi contenuti, ed anche per la maniera attraverso la quale questi
vengono presentati. Insieme al "libro bianco" sul lavoro, disegna in
maniera organica un’idea di società che si contrappone radicalmente, punto
per punto, non solo a quella di cui si fa portatrice Rifondazione Comunista,
ma anche – per molti versi – a quegli scampoli di società solidale, dallo
Stato Sociale alla tutela del lavoro e dei lavoratori, ancora presenti nel
nostro Paese. Di questo, purtroppo, il centrosinistra porta grandi
responsabilità. Aggiungiamo questo non per fare della sterile ed inutile
polemica, ma perché è vero, in molti casi, che le destre possono agire con
spietata precisione proprio perché hanno trovato già le porte spalancate e
grandi autostrade sulle quali passare. L’attuale esecutivo, per molti versi,
non deve fare altro che portare alle estreme conseguenze, in maniera
gravissima, ciò che i precedenti governi avevano già iniziato. Insomma,
siamo di fronte ad una operazione politica e culturale di grande portata, che
non va assolutamente sottovalutata. Un’operazione che stringe
definitivamente la morsa attorno ai soggetti più deboli, penalizzandoli
sempre a tutto vantaggio dei ceti più abbienti. Il tutto ovattato, da una
parte, in una abilissima campagna propagandistica e, dall’altra, con l’uso
strumentale e mistificato di alcune scelte economiche, come l’aumento delle
pensioni minime e sociali. "Il governo Berlusconi mantiene le promesse, e
aiuta i più deboli", dicono. Avremo modo di dimostrare invece come sia
vero assolutamente il contrario, visto che per l’uno concesso, viene tolto
dieci. Vogliamo dimostrare che ci troviamo di fronte ad un capace e
preoccupante "gioco delle tre carte". E’ per questo che speriamo
che questo opuscoletto, mentre stiamo per addentrarci nella materia viva di
cui la finanziaria tratta, possa essere di una qualche utilità per tutte le
compagne e i compagni e per chiunque volesse cercare informazioni che
generalmente si possono rintracciare con grandi difficoltà. Difficoltà
ovviamente aumentate dal fuoco della guerra, attorno alla quale si focalizza
ogni attenzione, permettendo che il resto dell’azione politica passi
sostanzialmente inosservata. In realtà il conflitto sociale è assolutamente
vivo, dalla scuola ai metalmeccanici, dai trasporti al movimento no-global.
Questa guerra, la guerra della globalizzazione, avviene sullo sfondo di una
crisi economica incipiente tale da poter parlare già di recessione.
Bisognerebbe cambiare del tutto politica, a partire dalla rottura del patto di
stabilità europeo che comporta ulteriori e insostenibili conseguenze sulle
condizioni sociali. Serve più salario, più occupazione, più investimenti
per realizzare un nuovo corso sociale e ambientale. Le modalità Partiamo con
una osservazione persino pittoresca, che possa però dare il segno del lavoro
del quale stiamo per dire: lo stesso ministro Tremonti ha asserito che, mentre
discutiamo di questa proposta di finanziaria, non possiamo avere alcuna
certezza che sarà proprio essa la vera legge di bilancio dello Stato, in
quanto è altamente probabile che sarà soggetta a cambiamenti anche radicali
fino alla sua ultima stesura. Discutiamo, dunque, di ciò che è il progetto
iniziale, quello presentato al Senato. Possiamo verificare subito un segno
gravissimo su questioni campali, come pensioni e lavoro, riforma fiscale,
pubblica amministrazione, dove i veri contenuti, da come verranno spese o
distribuite le risorse, a come verranno cambiate le regole, vengono demandati
a collegati: sarà il governo, tramite deleghe, senza che il Parlamento possa
intervenire, a decidere ogni cosa. Nessun emendamento, nessuna discussione
possibile. Ed infatti, nella finanziaria non compaiono materie come la sanità,
la previdenza, lo sviluppo, il lavoro.
Le
cifre
A
seguire, vediamo invece le cifre: si parla di 33.000 miliardi di lire, divisi
tra 15.000 derivanti dalla privatizzazione selvaggia e senza regole del
patrimonio pubblico, 8.000 dal condono del cosiddetto "sommerso" e
dalla tassa sul rientro dei capitali illegalmente trasferiti all’estero,
10.000 da tagli e minori spese. Le prime due voci, però, sono già attive,
attraverso la "Tremonti-bis", già legge dello Stato, e attraverso i
decreti legge sulle privatizzazioni e sul rientro dei capitali dall’estero:
un vero e proprio condono che permetterà anche a capitali "sporchi"
di tornare in Italia con il solo aggravio di una "penale" pari al
2.5%. Noi controproponiamo di alzare questa percentuale al 25%, perché non
vogliamo separare le politiche economiche e finanziarie dalla battaglia per la
trasparenza e la legalità.
Gli
sgravi fiscali per le famiglie
Il
Governo prevede, e ne sta dando ampia pubblicità, sgravi fiscali fino a 1
milione l’anno, per le famiglie con figli a carico e con reddito fino a 70
milioni lordi. Ma per recuperare queste risorse si blocca e si rinvia la
riduzione delle aliquote IRPEF prevista per quest’anno e che avrebbe
favorito le fasce di reddito basse e medio-basse. Questo vuol dire che basterà
avere un reddito superiore ai 70 milioni, o non avere figli, o essere soli,
magari perché anziani, per pagare più tasse di quanto previsto. Ovviamente
la nostra proposta, oltre a richiedere che non si blocchi la riduzione di
quelle aliquote, è basata su principi completamente diversi, su un’idea di
fisco come fattore di equità. E quindi si tratta di ridurre ulteriormente i
prelievi sui redditi medio bassi e da lavoro, spostare sulla fiscalità
generale le spese sociali che gravano tutte sui redditi da lavoro, tassare le
rendite finanziarie e colpire gli evasori, aumentare l’IRAP relativa alle
banche, alle assicurazioni e alle grandi imprese, ripristinare la tassa di
successione e donazione per le grandi e grandissime proprietà mobiliari e
immobiliari, istituire un prelievo, sull’esempio della Tobin Tax, (pensiamo
allo 0.05%) su tutte le transazioni finanziarie con i Paesi extracomunitari,
oltre che ad aumentare – come già scritto – la "penale" sul
rientro dei capitali illegalmente detenuti all’estero.
Le
pensioni
Sulle
pensioni la macchina propagandistica delle destre è impressionante. Nella
nostra valutazione, siccome le dichiarazioni rimangono parole, non possiamo
che rifarci a quanto dice il testo scritto. Secondo l’articolo 26,
l’aumento previsto è "fino a" un milione, legato ad un
"successivo decreto" che dovrà essere poi varato. In quella sede
sarà anche specificato chi e secondo quali criteri potrà usufruirne. La sola
certezza è che la spesa complessiva non potrà superare i 4.200 miliardi di
lire. Questo, però, consegna a noi altre certezze: con questa cifra non sarà
mai possibile aumentare a un milione (lordo) di lire la pensione di tutti gli
ultra-sessantacinquenni che stanno sotto i 13 milioni lordi annui, come il
ministro Maroni aveva dichiarato. Al massimo si potrà parlare, e solo per
meno della metà dei pensionati al minimo e sociali, di una qualche misura di
sostegno al reddito di natura assistenziale, ma non certamente di adeguamento
dei minimi pensionistici al milione di lire. Intendiamoci: questo sarebbe
comunque meglio di niente, ma non ha nulla a che vedere con la nostra
proposta, già presentata anche nella passata legislatura, di un aumento di
200.000 lire per tutte le pensioni minime e sociali, e della garanzia di un
rendimento minimo adeguato per ogni anno di contributi. Contemporaneamente,
prende sempre maggiore forza l’ipotesi di un sostanziale innalzamento
dell’età pensionabile (come chiedono in molti: dal Ragioniere dello Stato,
al Governatore della Banca d’Italia, alla Confindustria), questione per noi
assolutamente inaccettabile e contro la quale ci siamo battuti e ci batteremo.
L’istruzione
Uno
dei temi centrali della finanziaria è quello relativo alla scuola, con il
chiaro intento politico di portare un ulteriore attacco alla struttura
pubblica a tutto vantaggio di quella privata. Purtroppo, le iniziative ad essa
dedicate sono molteplici, e tutte estremamente negative. Se un insegnante
dovesse assentarsi per meno di 15 giorni, non potrà più essere sostituito da
un supplente esterno, ma solo da un professore (non necessariamente
dell’identica materia) della stessa scuola; si vogliono aumentare le ore di
lavoro in classe; la dotazione del personale viene costituita in base al
numero di alunni, e non di classi; si sopprimono le cattedre composte dagli
spezzoni orari (oltre 40.000!); vengono eliminate le figure degli insegnanti
specialisti (coloro i quali insegnano una lingua straniera) dalla scuola
elementare, togliendo così lavoro a circa 7.000 mila insegnanti. Tutto
questo, ovviamente, comporterà un immediato peggioramento per la qualità
dell’insegnamento. Per favorire poi, ulteriormente, le scuole private, si
prevede che le commissioni di esame siano composte per la loro interezza meno
uno da professori "interni". Noi, invece, chiediamo che questa norma
valga solo per le strutture pubbliche. Ma, più in generale, la nostra
opposizione è a questa idea di scuola, sempre più in contrasto con la nostra
Costituzione.
Le
privatizzazioni…..
Il
nostro lettore si prepari: il capitolo sulle privatizzazioni è davvero
impressionante. Quando si arriva a chiedere la privatizzazione dell’ISTAT,
vuol dire che la svendita del patrimonio pubblico è arrivata ad un tratto
finale del suo percorso. Si privatizzano, direttamente o indirettamente,
servizi della pubblica amministrazione, il CNR, l’Istituto Superiore della
Sanità, l’INAIL, fondazioni di diritto privato, musei, e così via dicendo.
Ma al peggio non c’è fine: si accentua e accelera la privatizzazione dei
servizi pubblici locali (acqua, luce, trasporti, gas, rifiuti) con conseguenze
drammatiche per la qualità, per i costi, per i livelli occupazionali. Oltre a
tutte queste preoccupazioni, esiste il pericolo degli interessi malavitosi su
alcuni dei capitoli citati (a partire dai rifiuti, che ormai rappresentano uno
dei maggiori business dell’eco-mafia). D’altronde, come dice la
Confindustria, il business di tutta questa operazione è stimabile in circa
100.000 miliardi di lire. Su ognuna di queste ipotesi la nostra opposizione
sarà totale.
…..e
i tagli agli Enti locali
Senza
addentrarci nei particolari delle misure adottate in questo capitolo di spesa,
possiamo dire che la conseguenza delle singole prescrizioni sarà che verranno
diminuiti, in vari modi, i trasferimenti finanziari ai Comuni (tra l’altro,
in maniera progressiva: da qui al 2004 ogni anno sarà peggio). Il che
comporterà per questi la scelta tra due drastiche alternative: diminuire le
prestazioni sociali o aumentarne i prezzi. In più, si ipotizza che i
finanziamenti saranno distribuiti in rapporto alla capacità contributiva e
fiscale degli abitanti dei comuni e degli enti stessi. Quindi, comuni più
ricchi avranno dallo Stato più soldi di quelli più poveri, creando un
ulteriore squilibrio tra aree deboli e aree forti, tra Nord e Sud del Paese.
La politica relativa al personale, poi, prevede tagli e blocco del turn-over,
che significa, ad esempio, che non ci sarà ricambio nemmeno rispetto ai posti
lasciati vuoti da chi è andato in pensione. Ancora: si ipotizza la "esternalizzazione"
(una maniera diversa per chiamare altra privatizzazione) dei servizi della
pubblica amministrazione: ipotesi che si trasformerà in una certezza, visti i
tagli a cui essa è sottoposta. Insomma, una idea di massacro degli Enti
locali, sia dal punto di vista del rapporto cittadini/amministratori, sia dal
punto di vista dei livelli occupazionali.
La
sanità
Dal
prossimo gennaio non si sarebbe più dovuto pagare il ticket sulla
diagnostica, ed invece il governo Berlusconi rinvia questa data: una proroga
che somiglia tanto ad una cancellazione. Nel frattempo, però, privatizza
servizi e strutture ospedaliere e sanitarie, taglia posti letto negli ospedali
e, ponendo un tetto alla spesa farmaceutica delle Regioni, apre la strada a
nuovi ticket. Tutto questo, di nuovo, andrà a pesare sulle spalle dei
cittadini a reddito medio e medio basso. Invece noi crediamo che, anche qui,
si debba agire in senso contrario, abolendo i ticket e assicurando cure
odontoiatriche gratuite per tutti, garantendo assistenza a costo zero agli
anziani non autosufficienti, riducendo le liste d’attesa: bisogna destinare
finanziamenti pubblici a strutture pubbliche, e non finanziare la sanità
privata.
Le
politiche del lavoro…
In
questo quadro già di per sé devastante, l’idea di lavoro subisce un
attacco senza pari, reso possibile dagli innumerevoli colpi già portati dai
precedenti governi di centrosinistra. Qui dobbiamo riallacciarci all’
accurato progetto previsto dal "libro bianco" sul mercato del lavoro
che, insieme alla finanziaria, restituisce tutto il senso di quello che un
tempo (e ancora oggi) si sarebbe chiamato "il segno di classe" di
questo governo. Ed infatti, da una parte vengono profusi a piene mani regali
per gli imprenditori e il capitale: proroghe, condoni, sgravi contributivi
totali, Tremonti-bis e nuovi incentivi, rientro di soldi dall’estero.
Dall’altra si colpiscono i lavoratori e il lavoro: si cerca di rompere il
Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro; nelle cause di lavoro vengono
favoriti gli arbitrati, a discapito della riassunzione, così da rendere
inefficace, indirettamente, l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori; si
elimina ogni paletto posto alle agenzie interinali, trasformandole così in
nuovi uffici, privati, che trattano ciò che prima era del collocamento
pubblico; si permette al datore di lavoro di estendere a suo piacimento il
contratto a termine; si ipotizza il passaggio all’orario massimo lavorativo
su base settimanale, se non mensile, con la possibilità di estendere quello
giornaliero fino alle 13 ore. E citiamo a parte l’ipotesi odiosa,
antidemocratica, mortificante i diritti di ogni cittadino, di prevedere gli
extracomunitari come sola forza-lavoro: con diritti (pochi) mentre si lavora,
e con nessuno se si è disoccupati, prevedendo l’espulsione dopo sei mesi in
questa condizione. Un vero e proprio colonialismo in casa propria. Se
aggiungiamo che le risorse per i rinnovi contrattuali sono insufficienti per
adeguare i salari all’inflazione, che l’inflazione a cui si fa riferimento
è quella programmata, evidentemente fasulla, piuttosto che quella reale (è
così che i lavoratori dipendenti hanno perso in dieci anni il 15% del potere
di acquisto delle loro retribuzioni), il quadro è pressoché completo. Manca
solo di sottolineare il fatto che il Mezzogiorno, in tutta la finanziaria, non
è praticamente mai menzionato.
…e
la fine della concertazione
Dopo
averla ampiamente utilizzata a favore dei profitti e a discapito dei
lavoratori, si scarica, "da destra", anche la concertazione, e il
governo decide di procedere anche senza l’assenso di uno o più sindacati.
Invece, come diciamo da sempre, criticando la concertazione, per il sindacato
e il movimento dei lavoratori occorre ricostruire un’autonomia di
piattaforma e di iniziativa conflittuale e di classe. Più in generale, ad una
riforma così globale in senso reazionario bisogna contrapporre tutto un altro
mondo di riferimento. In questa direzione vanno le nostre proposte, sia in
sede parlamentare che nel Paese, aggiungendo ad alcuni temi noti, nuove
battaglie. Ancora, parliamo di salario sociale come di riduzione dell’orario
di lavoro a 35 ore, di ridisegno delle fasce di reddito e delle relative
aliquote fiscali come di adeguamento automatico dell’inflazione programmata
a quella reale, del taglio delle retribuzioni d’oro come di una forbice
massima per legge tra quelle minime e quelle massime, di un salario minimo
intercategoriale sotto il quale non si possa mai scendere. E, ancora,
insistiamo nell’individuare nell’ambiente, oltre che una priorità dal
punto di vista della qualità della vita, anche una occasione di lavoro,
soprattutto (ma non solo) nel Mezzogiorno. Ci battiamo contro il
fondamentalismo privatistico, per garantire il carattere pubblico, qualificato
e accessibile a tutti dei beni comuni: l’acqua, l’ambiente, il cibo,
l’energia.
La
nostra opposizione
Come
sarà ormai abbondantemente chiaro, la direzione verso la quale noi guardiamo
ha una prospettiva radicalmente alternativa a quella dell’attuale governo.
Uno dei rarissimi casi nel quale si decidono stanziamenti aggiuntivi, in
questa finanziaria, è quello dedicato al Ministero della Difesa e questa la
dice lunga sul legame tra le scelte economiche e scelte di guerra. Il resto è
tutto un tagliare, ridurre, e a farne le spese sono i soggetti più deboli.
Sgravi e condoni sono regali per i più ricchi. Si gioca con il fuoco dicendo
che i pensionati al minimo e le famiglie disagiate (con figli) vedranno dei
soldi in più, e mentre si dà uno, si toglie dieci, come abbiamo cercato di
illustrare molto sinteticamente in queste pagine. Ma a questo tentativo delle
destre, veemente e arrogante, noi ci opponiamo e ci opporremo con la nostra
lotta nelle istituzioni e nella società. Un’altra finanziaria non solo è
possibile, e qui lo abbiamo dimostrato, ma è davvero dovuta. Stiamo lottando
contro la guerra e il terrorismo, ci battiamo con il Social Forum italiano
contro questa globalizzazione: con la stessa nettezza, poniamo al centro della
nostra battaglia di opposizione politica la ripresa del conflitto e la
questione sociale.