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Toni Baldi, liberazione, 9.5.2002 Quei gladiatori sulle tracce di Moro A ventiquattro anni dal sequestro e dall’assassinio di Aldo Moro, la vicenda legata alla tragica scomparsa dell’ex presidente della Dc si arricchisce di nuovi quanto inquietanti particolari. In un documento (numero di repertorio 122627), autenticato dal notaio Pietro Angozzi, di Oristano, si legge che il 2 marzo 1978 e cioé 14 giorni prima del rapimento dell’onorevole Aldo Moro e dell’uccisione della scorta, la X divisione S. B. (Stay Behind) della direzione del personale del ministero della Marina, a firma del capitano di Vascello, capo della divisione stessa, inviava un “gladiatore” (G-71) - ed effettivamente partito da La Spezia il 6 marzo sulla motonave Jumbo M - a Beirut. Oggetto: consegnare documenti all’agente G-219 (presumibilmente identificabile nel colonnello Ferraro, rimasto vittima nel 1995 di uno strano suicidio), lì dislocato e dipendente dal capocentro G-216 (il colonnello Stefano Giovannone), affinché prendesse contatti con i movimenti di liberazione del Medio Oriente, perché questi intervenissero sulle Brigate Rosse, ai fini della liberazione di Aldo Moro. A
portare materialmente il plico a Beirut è Antonino Arconte (sigla G-71)
ed è grazie a questo “gladiatore” che tutti i documenti a «distruzione
immediata» sono invece rimasti arrivati ai nostri giorni. Se a tutto ciò
si aggiunge poi il fatto che Aldo Moro sarebbe stato colui il quale
impartiva gli ordini al comandante di Gladio, i contorni della vicenda
acquistano una connotazione ancora più sconvolgente. Arconte riferisce
questi fatti in un memoriale dal titolo “La vera storia di Gladio” (htpp:
//www. geocities. com/pentagon/4031), spiegando che questo rappresenta
una sorta di assicurazione sulla vita: alcuni suoi commilitoni sono
rimasti uccisi in missione o sono stati successivamente “suicidati”
ed egli stesso è riuscito a sfuggire ad un “tentato suicidio” nel
’93. Accanto
alla cosiddetta Gladio “civile”, infatti, sarebbe stata istituita
nel nostro Paese una struttura armata dei servizi segreti militari,
tenuta per 50 anni nascosta, che avrebbe operato al di là dei confini
italiani attraverso un attività regolata da direttive nazionali e non
dalla Nato. ___________________
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