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La locomotiva   (F. Guccini)

Il nostro Circolo si chiama così...

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Non so che viso avesse, neppure come si
chiamava, con che voce parlasse, con quale voce poi
cantava, quanti anni avesse visto allora,
di che colore i suoi capelli,
ma nella fantasia ho l'immagine sua:
gli eroi son tutti giovani e belli.

Conosco invece l'epoca dei fatti, qual era il
suo mestiere: i primi anni del secolo, macchinista
ferroviere; i tempi in cui si cominciava
la guerra santa dei pezzenti;
sembrava il treno, anch'esso, un mito
di progresso lanciato sopra ai continenti.

E la locomotiva sembrava fosse un
mostro strano che l'uomo dominava con il pensiero
e con la mano; ruggendo si lasciava indietro
distanze che sembravano infinite,
sembrava avesse dentro un potere tremendo,
la stessa forza della dinamite.

Ma un'altra grande forza spiegava allora
le sue ali, parole che dicevano gli uomini son
tutti uguali; e contro ai re ai tiranni
scoppiava nelle vie
la bomba proletaria e illuminava l'aria
la fiaccola dell'anarchia.

Un treno tutti i giorni passava dalla sua
stazione, un treno di lusso, lontana
destinazione, vedeva gente riverita,
pensava a quei velluti e agli ori,
pensava al magro giorno della sua gente
attorno, pensava a un treno pieno di signori.

Non so che cosa accadde, perché prese
la decisione; forse una rabbia antica, generazioni
senza nome che urlarono vendetta,
gli accecarono il cuore,
dimenticò pietà, scordò la sua bontà,
la bomba sua la macchina a vapore.

E sul binario stava la locomotiva,
la macchina pulsante sembrava fosse cosa
viva, sembrava un giovane puledro
che, appena liberato il freno,
mordesse la rotaia con muscoli d'acciaio,
con forza cieca di baleno.

E un giorno come gli altri, ma forse con
più rabbia in corpo, pensò che aveva il modo
di riparare a qualche torto; salì sul mostro
che dormiva, cercò di mandar via la sua paura
e prima di pensare
a quel che stava a fare,
il mostro divorava la pianura.

Correva l'altro treno ignaro e quasi senza fretta;
nessuno immaginava di andare verso la vendetta,
ma alla stazione di Bologna
arrivò la notizia in un baleno:
notizia d'emergenza,
agite con urgenza,
un pazzo si è lanciato contro il treno.

Ma, intanto, corre corre corre la locomotiva
e sibila il vapore, e sembra quasi cosa viva
e sembra dire ai contadini curvi
il fischio che si spande in aria:
fratello non temere,
che corro al mio dovere,
trionfi la giustizia proletaria.

E corre corre corre corre sempre più forte
e corre corre corre corre verso la morte,
e niente ormai può trattenere
immensa forza distruttrice,
aspetta sol lo schianto
e poi che giunga il manto
della grande consolatrice.

La storia ci racconta come finì la corsa:
la macchina deviata lungo una linea morta;
con l'ultimo suo grido d'animale
la macchina eruttò lapilli e lava
esplose contro il cielo, poi il fumo sparse
il velo; lo raccolsero che ancora respirava.

Ma a noi piace pensarlo ancora dietro
al motore mentre fa correr via la macchina
a vapore, e che ci giunga un giorno
ancora la notizia
di una locomotiva, come una cosa viva,
lanciata a bomba contro l'ingiustizia.

 

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