Intevista a Fausto Bertinotti, corriere della sera 14.5.2002

Rifondazione, pronta a far parte di nuovo soggetto politico

E' difficile definire Fausto Bertinotti un ingeneroso oligarca. Ma, se il vestito cucito da Sergio Cofferati mal gli si attaglia, a quali leader della sinistra va a pennello? «Per prima cosa - risponde il segretario di Rifondazione Comunista - bisogna precisare che di sinistre ce ne sono almeno due. Altrimenti si fa una gran confusione e tutti i gatti sono grigi».


Qual è la differenza di fondo?

La divaricazione radicale si è prodotta rispetto alla nuova scena post novecento, successiva al crollo dei regimi dell'Est, occupata da quella fase del capitalismo che chiamiamo globalizzazione. Le scelte sono state profondamente diverse. Da una parte c'è stata la terza via, da Clinton a Blair passando per il centrosinistra italiano, dall'altra una sinistra critica che non non ha ritenuto che si dovesse essere più moderati ma anzi più radicali e alternativi.

 

Torniamo agli oligarchi...

E' un problema che esiste, come si vede dalla formazione, priva di qualsiasi procedura democratica e partecipativa, delle candidature alle amministrative e delle leadership. Ma è un effetto, non una causa della crisi del centrosinistra».

 

In che senso?

E' l'effetto combinato di due fattori. Il primo, e più importante, riguarda l'alienazione da parte del centrosinistra dell'idea, secondo la quale la politica nasce nella società, nel rapporto con i movimenti e con la dinamica del conflitto di classe, per nulla scomparso, ma che si declina su un terreno nuovo e persino inedito. Il centrosinistra è stata l'idea ultima, sfibrata, dell'autonomia della politica.

 

I politici chiusi in una torre d'avorio?

I politici chiusi nelle loro istituzioni, separate dalle società che diventano sempre meno democratiche perché divorate dalla globalizzazione che alloca diversamente i centri decisionali portandoli nelle segrete stanze del Wto o del G8. E' la rinuncia a un punto di vista critico della società e della rivoluzione capitalistica.

Sei divorato da quest'ultima e ridotto a un'appendice della stessa che è a-democratica e produttrice della morte della politica. Sei oligarchico perché aderisci a una rivoluzione regressiva che trasforma tutte le democrazie in oligarchie e quindi ne subisci la sorte.

 

Questo è il primo dei due fattori di crisi cui accennava. L'altro?

Il centrosinistra ha accettato la tesi politicistica dello sblocco del sistema politico. Ha creduto alla fine del fattore K. Non si è reso conto che era una bufala. Hanno pensato che, se si faceva il maggioritario e si costruiva l'alternanza, siccome il centrosinistra era il maggiore interprete di questa modernizzazione, sarebbe stato il candidato vincente. In questa logica ha accettato fino in fondo la spettacolarizzazione della politica, il leaderismo, la personalizzazione dell'alternanza, il carattere prevalentemente televisivo del confronto, questo contro quello, non programma contro programma, blocco sociale contro blocco sociale. Pasolini diceva del Pci che era un Paese nel Paese. Il centrosinistra, al contrario, non è vissuto nel Paese. Ecco l'oligarchia.

 

I girotondi hanno dato la sveglia?

Sono stati una manifestazione interessante, anche se criticabile per la cultura politica prevalente. Ma non si possono vedere come fenomeno separato, come un fungo nato all'improvviso. L'humus è un lungo disgelo sociale nel quale c'è stata una semina. Il pacifismo, il femminismo, lo zapatismo, il nuovo ambientalismo, il risveglio del conflitto sociale. Nuove generazioni che cercano nuove strade per fare politica. E tutti questi semi hanno dato vita a una pianta straordinaria, il movimento dei movimenti, da Seattle a Porto Alegre, passando per Genova. E' incredibile quanto questo fatto sia stato nuovo e importante, tanto che segnerà tutto il nostro futuro, e quanto invece il centrosinistra non l'abbia capito e l'abbia incontrato solo tardivamente: a Genova i Ds non c'erano e non c'era nemmeno la Cgil di Cofferati.

 

Ora pensa che Cofferati diventi un interlocutore privilegiato?

L'unico interlocutore privilegiato è il movimento. Non contano le persone, contano le collocazioni di ognuno rispetto a questi movimenti emergenti e alla rifondazione della politica. Todos caballeros.

Propugna un ritorno a Rosa Luxemburg, allo spontaneismo, al rifiuto della forma partito?

Non nego un'ascendenza culturale. Ma il problema, come dimostrano anche le elezioni francesi, non è quello di un maquillage, di un correttivo della politica esistente ma di una rifondazione della politica. Non basta spostare l'asse a sinistra. Vanno ricostruite le forme di organizzazione, di vita, di cultura politica.

 

Ma intanto vince il centrodestra.

Per trovare il bandolo della matassa è fondamentale il nesso tra la quotidianità e la prospettiva.

Un tempo l'appartenenza al partito o al sindacato svolgeva un ruolo forte. Anche se non eri soddisfatto dei risultati della lotta, l'appartenenza e la prospettiva globale te li facevano accettare e anche valorizzare. Era la tappa di un lungo cammino. Oggi bisogna ritrovare quel nesso. E allora è essenziale vincere nella difesa dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

 

Ecco di nuovo il ruolo di Cofferati. E gli altri leader del centrosinistra? Li giudica irrimediabilmente oligarchi?

Irrimediabilmente non vale mai per niente e per nessuno. La politica comprende sempre la possibilità di redimersi dai propri peccati.

E non c'è nemmeno bisogno della confessione, basta il cambiamento. Purtroppo, anche nelle ultime dichiarazioni di Massimo D'Alema, vedo la conferma di una politica neocentrista».

 

Quindi non spera in una redenzione?

La provvidenza rossa non ha limiti. In ogni caso non mi affido alla speranza, ma alla creazione di un nuovo soggetto politico in Italia e in Europa.

 

E come dovrebbe chiamarsi?

Mi piacerebbe "sinistra alternativa", con dentro, a pieno titolo, Rifondazione Comunista.

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