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Guido Viale, il manifesto 9.10.2001 Se il traffico fosse flessibile? L'automobile - come strumento di mobilità, e non come status simbol, feticcio o ricettacolo di morbosità - è un sistema e non una "cosa". Fanno parte dell'automobile come sistema sia il combustibile (carburante; e la filiera della relativa produzione) che il comburente (ossigeno succhiato dall'aria) e i residui della combustione emessi in atmosfera (CO2, e inquinanti, comprese le polveri sottili - Pm10 - che oggi stressano i nostri amministratori: non perché si preoccupano della nostra salute, ma perché l'ormai dubbia permanenza dell'Italia in Europa è legata non solo all'euro e ai parametri di Maastricht, ma anche al rispetto di alcune elementari norme igieniche, finalizzate a non trasformare i centri abitati in camere a gas. Sono norme che non riguardano solo il Pm10, ma anche sostanze come benzene e ozono: con limiti che, quando verranno adottati e rispettati, porteranno i giorni di blocco più o meno totale del traffico nella maggior parte delle città italiane a più di cento all'anno. Ma per far funzionare l'automobile non bastano aria, combustibile e inquinanti; ci vogliono anche strade, viadotti, gallerie e aree per la sosta, cioè spazio: molto spazio; tanto che il 60% della superficie di una città è ormai riservata non all'uomo ma all'auto. Lo spazio è un bene sempre più prezioso perché il traffico lo rende sempre più scarso. Lunedì 21.1. la Stampa (il giornale della Fiat) ha pubblicato la ricetta di un tal Cox, un famoso (??!) urbanista, per combattere l'inquinamento da traffico: più strade, più autostrade urbane dove poter correre, più urban sprawl, cioè dispersione dell'abitato. Diluite le abitazioni e le funzioni urbane sul territorio e vedrete che si diluirà anche l'inquinamento. Bella idea. Sembrava di sentire il ministro Lunardi! Questa "ricetta", che è all'origine della maggiore catastrofe, non solo urbanistica ma soprattutto sociale, culturale e razziale (le villette sono strumento fondamentale di discriminazione e isolamento) negli Stati Uniti, oggi viene giustamente contrastata non solo da quasi tutti gli urbanisti, ma soprattutto da molti abitanti dei suburbi, che hanno capito a loro spese i vantaggi di un abitato denso rispetto all'isolamento umano e sociale a cui li condanna l'urbanistica delle villette e delle case a schiera.
Troppe le false soluzioni Provate
ora a immaginare la trasposizione di questa ricetta in Italia, dove la
densità di veicoli per abitante è più elevata che negli Usa, ma dove
la superficie del paese è 30 volte inferiore. E dove solo un quarto
della superficie dell'Italia, paese collinare e montuoso, è
"abitabile" dall'automobile; con un rapporto di oltre 400
automobili per km quadrato; due volte la densità del paese calcolata in
esseri umani. Di fatto l'inquinamento da traffico peggiore - perché più
nocivo, sia per il corpo (stress e immobilità forzata) che per l'anima
o la psiche (irritabilità, aggressività, isolamento e conseguente
idiotismo) - e più pericoloso (se lo misurasse; o se l'Unione Europea
fissasse anche qui dei parametri da non superare) è costituito non
dalle polveri sottili, ma dalla congestione: urbana ed extraurbana:
basta pensare a un'autostrada, o a un posto di villeggiatura al mare o
ai monti. Per questo sono false soluzioni, non meno delle targhe alterne
o degli inviti a non prendere l'auto per comperare le sigarette, sia la
ricetta di Rubbia, cioè il motore a idrogeno (ben venga, naturalmente;
ma l'energia primaria ce la daranno il petrolio e il carbone, o magari
il nucleare; oppure nel frattempo Lunardi e Marzano avranno installato
abbastanza pannelli solari da alimentare 30 milioni e passa di
veicoli?), sia la ricetta di Agnelli, cioè una nuova rottamazione di
auto vecchie a spese della collettività, a pochi anni da quella -
disastrosa - a suo tempo promossa da un ministro ambientalista di
centro-sinistra.
La sirena della libertà di movimento La "grande promessa" dell'automobile all'inizio e fino alla metà del secolo scorso, quando era un privilegio di pochi, si chiamava libertà; libertà di andare dove si vuole quando si vuole, senza tracciati e orari fissi, attese, coincidenze, e "promiscuità sociale" negli scompartimenti; e si chiamava comodità, cioè un percorso porta-a-porta in cui si parte e si arriva dove si vuole. Oggi basta uno sguardo al traffico per capire che non c'è peggiore nemico della nostra libertà dell'auto. E basta ricordare i nostri ultimi 10 spostamenti in auto, per appurare che di percorsi porta-a-porta non ne facciamo e non ne faremo mai più: nessuno riesce più a posteggiare sotto casa, né tanto meno sotto l'ufficio o vicino al posto verso cui è diretto. In
compenso, prima di posare l'auto da qualche parte, si deve girare a
vuoto per parecchio tempo - mediamente da 10 a 20 minuti, ma anche più
- moltiplicando così la congestione. Che fare? Non è vero che non c'è
soluzione. E' vero invece che nessuno - governanti e governati - intende
più assumersi la responsabilità di formularla e di perseguirla. Per
questo la nostra società non è affatto dinamica e innovativa come
appare nei discorsi ufficiali; ma è invece statica, conservatrice e
paralizzata (pensate al traffico!). Il conto della serva Pochi "conti della serva" (quelli che i governanti non sanno fare, perché l'avvenire, come diceva anche Lenin, non è loro, ma delle cuoche). Durante il blocco del traffico a Milano ho chiesto a un ispettore dell'Atm di quanto variava il tempo di percorrenza del 94 (un autobus che viaggia su corsia protetta!) rispetto a un giorno normale. Risposta: 20 minuti invece di un'ora e più. Risultato: con le strade sgombre, lo stesso numero di autobus e di autisti - senza investire nemmeno un euro - potrebbero trasportare tre volte più passeggeri (oppure raddoppiare il carico, evitando di farli viaggiare come in un carro bestiame) e ridurre di tre volte i tempi di attesa. Dunque, il biglietto che noi paghiamo - un euro - e che non copre neppure l'80% del costo del viaggio, è in realtà una tassa che l'utente del servizio pubblico sborsa per permettere a chi va in automobile di occupare gratuitamente la strada (che è pubblica, e pagata da tutti). Non parliamo dei costi della metropolitana (anche 300 e più milioni di euro al km): altra tassa pagata per lasciare gli automobilisti "liberi" di occupare la superficie strada. Si stima che a Milano ogni giorno "circoli" (per usare un eufemismo) circa un milione di auto: metà di residenti, metà di passeggeri che vengono da fuori, con una media di 1,2 passeggeri per vettura. Tra gli abitanti di Milano, il trasporto privato assorbe circa la metà degli spostamenti (gli altri usano il trasporto pubblico); tra coloro che vengono da fuori, ben il 70%. La media degli spostamenti giornalieri pro-capite è 2,7. Dunque, ragionando a spanne - ma i dati disponibili, anche se non li conosco tutti, non lasciano molto spazio a calcoli più raffinati - abbiamo 3,2 milioni di spostamenti giornalieri in auto. Con un servizio di trasporto pubblico più efficiente, reso possibile da strade sgombre, gli utenti potrebbero raddoppiare (in realtà la metropolitana, che smaltisce larga parte di questo traffico, è ai limiti di carico); cautelativamente si può immaginare che si potrebbe riversare sul trasporto pubblico di linea un altro milione di spostamenti. Resterebbe
da soddisfare la domanda di poco più di 2 milioni di spostamenti
giornalieri per quegli utenti che non vogliono o non possono utilizzare
il servizio di linea. Con un servizio a chiamata di taxi collettivo o di
taxi-bus - sono ormai disponibili tecnologie informatiche e telematiche
che permettono di governare una flotta dal genere - lo stesso numero di
spostamenti, questa volta effettivamente porta-a-porta, potrebbe essere
svolto, calcolando un tasso di saturazione medio di tre passeggeri per
vettura e una media di 50 utenti al giorno serviti per ogni mezzo (6
utenti, cioè due ricambi completi di equipaggi ogni ora), il traffico
privato di Milano potrebbe essere smaltito con circa 40.000 taxi
collettivi o taxi-bus. Verosimilmente meno, perché molti spostamenti
casa-lavoro, casa-scuola, e molti servizi personalizzati presso
ospedali, stazioni, aeroporti e altri poli di attrazione potrebbero
essere svolti con livelli di saturazione e carichi molto maggiori; e
anche con mezzi più capienti. Il servizio porta-a-porta Un
ultimo calcolo a spanne. In Italia l'utilizzo dell'auto è di circa due
ore al giorno (media tra chi la usa anche 3-4 e più ore e chi non la
muove mai; ma la lascia comunque per strada, a ingombrare il suolo
pubblico e a rallentare chi è in marcia). Di queste due ore medie,
almeno 25-30 minuti sono impegnati a cercare un parcheggio (10 minuti
per spostamento). Il tempo di spostamento effettivo è dunque limitato a
un'ora e mezza al giorno, con una velocità media, in città, tra i 9 (e
anche meno) e i 16-18 km/ora, contro una velocità teorica, in mancanza
di ingombri stradali (altre macchine posteggiate o in moto) di 30-40
km/ora (semafori inclusi). Che è esattamente la velocità - cioè da
due a tre volte maggiore - che potrebbe essere tenuta da una flotta di
35-40.000 vetture di trasporto collettivo personalizzato. Cinquanta passeggeri al giorno, a una tariffa media di 4 euro a viaggio produrrebbero un incasso per il conducente di 200 euro al giorno, più che sufficienti a coprire i costi di esercizio e a garantire un reddito di tutto rispetto. 4 euro a spostamento sono tanti! Certo, ma quanto costa mantenere un'auto? Un minimo di 4 e una media di 6-8mila euro (e anche più) all'anno, senza contare garage o parcheggio. Con due auto per famiglia (ma a Milano siamo sopra questa media), il costo annuale e di 8-12mila euro all'anno, pari a 22-33 euro al giorno. Immaginando - in via cautelativa, che due terzi di questo costo sia destinato a trasferimenti urbani e l'altro terzo a quelli extraurbani (vacanze incluse), con questo budget ogni famiglia di tre persone potrebbe permettersi da 3,5 a 5 spostamenti al giorno in taxi! Utilizzando,
per altre necessità e per le gite "fuori porta" - ma non per
i viaggi interurbani - il car-sharing. Il "comma 22" delle strade L'unico ostacolo che ci separa da questo obiettivo è il fatto che non si possono far correre i mezzi pubblici - bus o taxi collettivi - aumentando la loro capacità di carico e riducendo i tempi di attesa, se non si hanno le strade sgombre; e non si possono avere le strade sgombre se il trasporto collettivo non è in grado di soddisfare la domanda di mobilità liberata dal trasporto privato. Ma il trasporto pubblico flessibile - taxi-bus e taxi collettivo, insieme al car-sharing e, temporaneamente, al car-pooling - è proprio la chiave di volta per affrontare in modo graduale la transizione. E, in questo caso, ben vengano il motore a idrogeno e la rottamazione delle vecchie auto! Altra obiezione: ma l'industria automobilistica, con il suo indotto, è ancora uno dei settori portanti dell'economia: non si possono mettere sul lastrico così tanti lavoratori. Obiezione respinta: è come chiedere di continuare a fare guerre per sostenere l'occupazione nell'industria degli armamenti. E' vero che questo è di fatto quello che succede. Ma, per entrambi i settori, dobbiamo e possiamo individuare e rivendicare alternative più sensate e respirabili. ___________________
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