Il
riferimento della logoterapia alla religiosità ci porta a esaminare
necessariamente, seppure in breve, il rapporto tra logoterapia e
religione.
"Per la logoterapia la religione resta
solo un oggetto, e non invece una posizione in cui ci si attesti"
(Frankl 1992, p. 95). La logoterapia considera la religione come
un fenomeno umano e non deve andare oltre.
Nonostante l'apparente compatibilità
della logoterapia con la religione, secondo Frankl, essa "non è
una psicoterapia protestante, o cattolica, o ebraica. Una psicoterapia
religiosa in senso stretto è inconcepibile, a motivo della differenza
essenziale esistente tra psicoterapia e religione" (Frankl 1998b,
p. 152).
Innanzi tutto, mentre lo scopo della psicoterapia consiste nella
guarigione psichica, quello della religione consiste nella salvezza
dell'anima umana.
Frankl riconosce che la religione
può avere una qualche efficacia psicoterapeutica, ma precisa che
questo non è 'per intentionem', ma 'per effectum'. Egli stesso
parla del "contributo inestimabile che la religione può portare
alla guarigione psichica. Dopo tutto, la religione fornisce all'uomo
un'ancora spirituale, un senso di sicurezza introvabile altrove"
(ibidem, p. 153).
D'altra parte, la psicoterapia, anche se non è interessata alla
vita religiosa del paziente, in quanto assume un atteggiamento neutrale
nei confronti della sua vita religiosa, può contribuire al suo chiarimento,
ma non intenzionalmente (Frankl 2000a, pp. 89-91; 1992, pp. 95;
1998b, pp. 152-153; Frankl-Kreuzer 1995, pp. 56-58).
Da ciò risulta ovvio che la psicoterapia
e la religione non si trovano sullo stesso piano, né hanno lo stesso
livello di valore. "L'uomo religioso, infatti - scrive Frankl -
si introduce in una dimensione più alta, cioè più comprensiva, più
ampia di quella della sola psicoterapia" (Frankl 1992, p. 96). Però,
secondo Frankl, il passaggio in tale dimensione superiore avviene
nella fede, non nella conoscenza.
Perciò la psicoterapia deve muoversi al di qua della fede nella
rivelazione e trovare la risposta alla domanda di senso, prescindendo
da una Weltanschauung teistica o atea. "Se essa intende il fenomeno
della credenza non come fede in Dio, ma come una fede più comprensiva
del significato, è del tutto legittimata a rivolgervi l'interesse"
(ibidem, p. 98). In questo contesto, sono significative le affermazioni
di Albert Einstein e quella di Paul Tillich, riportate da Frankl:
"trovare una risposta alla domanda sul senso della vita vuol dire
essere religioso" (cit. in ibidem); "Essere religioso vuol dire
porre appassionatamente la domanda sul senso della nostra esistenza"
(cit. in ibidem, p. 100).
In quanto tale, la logoterapia legittima il suo interesse non solo
alla volontà di significato, ma anche alla volontà in un significato
ultimo o sovrasignificato. Frankl afferma: "La fede religiosa, nella
sua essenza, è fede in un significato superiore, un atto di fiducia
radicale nel sovrasignificato" (ibidem, p. 100).
Per
i riferimenti bibliografici fare riferimento alla pagina Fondamenti
di questa sezione.
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