di
Luca Panaro
Le tue immagini suggeriscono un allontanamento
dall'antropocentrismo dilagante, dando vita a futuribili ibridi
zoomorfi che si aggirano nei luoghi che frequentiamo
abitualmente.
Perchè?
Mi interessa uscire dalla logica antropocentrica e in maniera "creativa":
cerco di immaginare queste forme di vita peculiari, teriomorfe e/o vicine
all'idea dell'alieno. L'idea della contaminazione e dell'ibiridazione per me
è una sorta di esercizio mentale per aprire nuovi orizzonti: il modo di
percepire/concepire il mondo di noi umani e solo uno fra tanti modi
possibili.
Per quale motivo decidi spesso di dare il tuo volto agli insettoidi
che raffiguri?
Ma davvero sembro io? sarà una coincidenza....
Le tue opere sembrano un compromesso tra l'amore per la
pittura e le potenzialità offerte dalla stampa fotografica digitale.
Come prende forma il quadro finito che noi osserviamo in galleria?
Molti dei miei quadri nascono in questo modo: fotografo gli ambienti (a
volte li fotografo spontaneamente mentre sono in giro, senza
un'intenzionalità precisa, altre volte faccio vere e proprie ricerche
fotografiche in luoghi particolari, specialmente quando ho già in mente un
progetto su cui lavorare). Successivamente mi occupo delle figure da
inserire negli ambienti: creo un set di posa nel mio studio, fotografo i
miei modelli (umani), elaboro le foto con un software di digital imaging al
computer. Poi comincia la fase più difficile ma anche più interessante:
abbinare figure e ambientazioni. Comincio con una serie di bozzetti
digitali, dopo elaboro la variante più convincente. Il file di questa
immagine viene stampato (o stampa plotter su tela, oppure stampa lambda
montata su alluminio). A questo punto c'è l'intervento pittorico
direttamente sulla stampa. Anche se questo è un procedimento che ho collaudato e usato in tantissime
opere, non è mai automatico: in alcuni lavori l'intervento pittorico finale
non è necessario e quindi non c'è, mentre in altri la pittura prevale sul
digitale. C'è anche da dire che l'elaborazione digitale delle figure
assomiglia a un procedimento pittorico: manca solo il pennello e il colore
nel senso fisico.
Pensi ai tuoi quadri come visioni onirico-fantascientifiche oppure
come ad una realtà prossima futura?
Non sono intesi come previsioni pseudoscientifiche per una realtà futura.
Non credo che al momento si possano ipotizzare ibridi uomo
animale come quelli che immagino nei miei lavori, anche se la scienza fa passi da
gigante. Il mio immaginario è invece vicino (e spesso ispirato) alle visioni un po'
ingenue della fantascienza anni 60 e 70, tipo Star Trek: massima libertà
all'immaginazione, contrapposta a effetti speciali modesti al limite del
casalingo. L'idea della fantascienza mi serve inoltre per chiarire che la
mutazione teriomorfa nei miei lavori non è regressiva: non vorrei parlare di
presunti residui animali negli umani (il tanto citato "animale dentro di
noi"), ma della mutazione come condizione decisamente "moderna", proiettata
verso un dialogo con il mondo circostante in maniera inedita. L'alieno
fantascientifico per me è un simbolo dell'inquietudine, del disagio di
fronte ai confini troppo stretti dell'universo antropomorfo.
Le tue creature meticce vogliono soppiantare l'uomo o
semplicemente convivere?
Ovviamente vogliono soppiantare l'uomo, prendere possesso della terra e poi
colonizzare l'intera galassia.... no, scherzo... temo che la questione sia
proprio un'altra: per "loro" la convivenza con l'uomo andrebbe benissimo, ma
penso che sarebbe proprio l'uomo ad avere dei problemi a condividere il suo
habitat con creature animaloidi come le mie...
7
marzo 2003
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Karin Andersen è nata a Burghausen, Germania, nel 1966.
Vive
e lavora a Bologna.
Web
site:www.karinandersen.com