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"L'erba del vicino è sempre più verde", 2003, n.7 stampe lambda cm. 13x18
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"L'erba del vicino è sempre più verde", 2003, n.7 stampe lambda cm. 13x18"Bond-dream-colours vending machine", 2002, installazione: distributoreautomatico, n.10 cartoline bond-colour"Bond-dream-colours vending machine", 2002, installazione: distributoreautomatico, n.10 cartoline bond-colour
"You are here", 2003, n.6 stampe plotter cm. 80x120"Resina", 2001, n.6 stampe a colore, cm. 50x70
"Private houses", 2000, n.3 dittici, stampe lambda, cm. 50x140 ciascuno


di Serena Goldoni

Anna Lisa, il progetto che viene presentato in mostra, “L’erba del vicino è sempre più verde", riporta con sottile ironia una indagine su un fenomeno, come quello del gioco del golf, che rimane irraggiungibile per la maggior parte delle persone, una disciplina che non è altro che lo specchio di una determinata classe sociale, una, come la chiami tu, “icona del privilegio”. Come è nato questo interesse e qual è il significato di questa rappresentazione?
Come la maggior parte dei miei progetti, “L’erba del vicino è sempre più verde”, nasce dall’esigenza di indagare i differenti “contenitori” in cui si muove la nostra società.
Un campo da golf, in realtà, è un luogo frequentato da una nicchia di persone che in esso si identificano: è sì “un’icona del privilegio”, un puro status symbol. Varcando l’ingresso del campo da golf, ci si rende persino conto che è un meraviglioso parco naturale, abitato da scoiattoli e lepri, delimitato però da un’altissima rete metallica che impedisce qualsiasi contatto fisico e visivo.
Un altro aspetto interessante, è verificare come il fenomeno sportivo può assumere diversi significati a seconda dei contesti. In questo caso, in un campo da golf, si ha l’impressione che la ragione dello sport (fatica, gara e tattica) sia da cercare altrove.
Per me, il golf, è la visione più vicina al sogno di una società sterilizzata dai conflitti, come se le naturali pulsioni umane di sopraffazione dell’essere sull’essere fossero contenute in provetta. Fotografare da notevole distanza i giocatori, mi ha ricordato l’operazione di inscrizione nelle tavole dei naturalisti di “nuove specie di farfalle” molto eleganti e molto “a la page”. Prima o poi, questi golfisti, solitamente ben vestiti e trasportati da una buca all’altra da quei strani veicoli elettrici, usciranno da codesta icona del privilegio, ritrovandosi improvvisamente tra i gomiti della nostra meravigliosa, unica e complessa società contemporanea.
“L’erba del vicino è sempre più verde”: fotografie monocrome per uno spettacolo che mette in scena la problematica dell’identità e della relazione.

Come in altri lavori, mi riferisco per esempio a “You are here”, presentato all’XI Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo (Atene, 2003), ti sei spinta ad esplorare quei luoghi che diventano una sorta di messa in scena della realtà, luoghi costruiti per puro divertimento, per divenire imitazioni e abbellimenti del reale. Che cosa ti ha portato verso questo tipo di indagine? Che cosa ti ha affascinato di più di questi mondi artificiali?
Credo che alla fine si tratti di un percorso, o, ancor meglio, penso che ogni indagine sulla società apra e presenti aspetti molto interessanti sui quali riflettere. “You are here” o “Resina” è nato in seguito alla mia precedente ricerca relativa alle abitazioni nella bassa pianura padana. In “Private Houses”, il fattore più evidente, consisteva nel tentativo da parte dei proprietari, di avvicinarsi ad uno stereotipo di abitazione americana/hollywoodiana, o allo stile più contemporaneo nord europeo. Molto affascinante rimane invece lo “stile” fine anni ‘60/’70 identificato in quelle case-cubo dai colori molto insoliti (verdone, marrone, ocra, rosso mattone) che si differenziano l’una dall’altra per la ringhiera di un balcone, per una scala esterna, per un pilastro rivestito di piastrelle ecc.
Da “Private Houses” che comunque rivela ancora un legame di identità attraverso un oggetto, ad un luogo (Gardaland) dove non esiste né l’identità dell’individuo e né quella dell’ambiente circostante.
Come tutti i parchi divertimento così concepiti, Gardaland è un concentrato di luoghi, un piccolo cosmo del cosmo. E’ paradossale vedere come le Imprese di Fiction siano riuscite a creare in aperta campagna degli universi nuovi in miniatura, o meglio, delle cattedrali della finzione dove lo spettatore viene messo a proprio agio. In ciascuno di questi land, (Disneyland, Frontierland, Fantasyland, ecc.) una via di un paese americano finta, un finto saloon, un finto Mississipi, una finta piramide d’Egitto, una finta giungla indiana e dei personaggi di Disney, compongono la scena di uno spazio che non appartiene alla realtà. Sicuramente l’aspetto che più mi ha colpito (non proprio affascinato) è stato constatare come questi luoghi deserti, privi di spettatori, si presentino realmente per quello che sono: resina, null’altro che resina. “You are here” o “Resina” è una panoramica intorno al mondo di plastica, all’impresa più riuscita di “messa in finzione” del nostro Pianeta.

Con quali altri mezzi, oltre la fotografia pensi di confrontarti in futuro?
Penso con il video, utilizzando Super8 e camera digitale.


4 agosto 2003

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Anna Lisa Bondioli è nata nel 1975 a Mirandola.
Vive e lavora a San Felice sul Panaro.