di
Patrizia
Silingardi
Il tuo
è un lavoro nel quale le finitezze del disegno accademico si
prestano a descrivere il rapimento infantile per le piccole cose. Il
ricordo e le sconosciute meraviglie del prato. E questo limmaginario
che ha inspirato il tuo progetto installativo?
Abito
in campagna da sempre. E il mio mondo privato e accogliente. Divento
insetto ogni volta che in religioso silenzio mi fermo a guardarne uno.
Divento formica quando ne vedo una fagocitante e frettolosa nel far
provviste e vorrei essere coccinella quando le vedo scivolare sulle
rotondità di una mela come minute macchine da corsa, sono mosca
quando mincanto dei loro cerimoniali di pulizia sul vetro di una
porta, ape quando mimmagino ricoperta di polline a buttarmi sui
fiori di campo, vespa se intendo pungere, maggiolino rovesciato se mi
sento incapace, farfalla se ho voglia di librarmi sulle note di una
canzone.
Quello che più mi colpisce di tali presupposti è che
sembra avvenuta una sorta di complicata e infantile empatia...
Credo che questo sia un mondo meraviglioso che da sempre ci sta
accanto e che per colpa della caotica quotidianità molto spesso
lo si trascura. E un universo parallelo e vicino, così
vicino che nemmeno lo si riesce a vedere. Il mio è uno sguardo
affettuoso, un tentativo di rendere i dovuti omaggi alle meraviglie
del prato attraverso una catalogazione ufficiosa e fiabesca
di piccoli ritratti svolazzanti.
Decretare limportanza del proprio background recuperando
il perduto senso di meraviglia mirabilia, per intenderci
meglio - significa discostarsi dallattualità. Il
passato e lemozionalismo a ritroso sono dunque elementi fondamentali
della tua opera?
In soffitta cè una buona parte della mia infanzia e
dunque della mia vita: i libri delle elementari dello zio, i vecchi
blocchetti di ricevute di mio padre, le scatole dimenticate, i libri
di filastrocche, i disegni, i polverosi Topolino del 1968. Poi
ci sono i vividi ricordi dei giochi sullerba e il campo che ancora
frequento assidua. Tutto questo è per me molto importante. Disegnare
insetti su cartigli - astrarsi in questo modo dal presente - è
solo un piccolo esempio di come sia possibile registrare nei modi dellarte
sempre enfatici e rivelatori le piccole emozioni e lo
stupore della meraviglia. Il prato e la sua intima conservazione
emozionale è lo spunto da cui nasce questo lavoro. Ogni insetto
è una mostruosa meraviglia. Se ci si sofferma ad osservare è
impossibile rimanere indifferenti alle sublimi minuzie di quei piccoli
corpi: ali iridescenti e vellutate, zampette seghettate, protesi e antenne
articolate come minuscole colonne vertebrali. Oltre a questa fascinazione
e al personale diletto per il disegno, molta importanza hanno avuto
le illustrazioni delle fiabe, le tavole didattiche e la presentazione
museale del mondo dellentomologia. Mi piacerebbe che ogni disegno
da considerarsi come frammento compositivo di uno spazio incantato
sembrasse una ragnatela di segni complicati. Prima
dogni altra cosa.
26 agosto 2003
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Francesca Cavani è nata nel 1973 a Modena dove vive e lavora.