di Luca
Panaro
Prevalentemente qual'è il tuo ambito
di interesse artistico?
Mi occupo di pittura tradizionale, la mia opera è legata
al fare manuale dell'artista. Amo il rapporto diretto con il materiale,
con il colore, con la plastica, il ferro, il legno. E li assemblo non
tanto come elementi visivi, ma come strumenti concettuali. Se uso un
materiale plastico è perchè lo uso in maniera fredda,
poi casomai lo abbino a dei colori caldi, combino insieme i vari linguaggi,
una specie di iper-significazione. Nel mio lavoro, il titolo dell'opera
non rispecchia mai l'immagine visiva, perchè quest'ultima tende
ad analizzare elementi periferici, sui quali spesso non ci si sofferma.
Per esempio, se io parlo del "viandante" mi interesso a tutto
quello che stà intorno al "viandante", dove lui passa,
dove lui guarda, non alla figura del "viandante" in sè.
Il tuo lavoro è condizionato dal materiale di cui disponi,
oppure la scelta del materia artistica è secondaria rispetto
al lavoro concettuale che cerchi di sviluppare?
Il fatto di essere condizionati non vuole dire niente, perchè
tutti siamo condizionati. Tu oggi sei condizionato dal fatto che ti
trovi qui a fare una intervista, perchè la tua idea è
quella di portare avanti un certo discoso. Ma non è una condizione
che ti condiziona. Se per esempio ti sono antipatico nessuno ti impedisce
di andartene. Tu sei condizionato, ma libero. Lo stesso vale per l'artista,
è condizionato dal materiale che utilizza in quel momento, ma
se poi quel materiale non lo interessa più, lo cambia, non deve
essere obbligato a mantenere uno stile, una continuità visiva.
I materiali li scelgo, li scarto e a volte faccio dei ready-made
del mio stesso lavoro. Prendo dei lavori vecchi e li metto insieme
con dei lavori nuovi. Recentemente ho lavorato sul tema del "Diario"
(2000/2001), recuperando esperienze fatte nei vecchi casolari abbandonati
delle campagne venete, assemblate poi su fogli ondulati di plexiglas
assieme ad esperienze recenti. Ho utilizzato la fotografia come strumento
di trasporto nel tempo di esperienze fatte dieci anni fà, che
grazie al mezzo fotografico hanno potuto rivivere nel presente, assieme
a stimoli contemporanei.
Mi sembra di capire che le esperienze personali sono molto importanti
nella tua visione artistica, vero?
Mi piace raccontare la mia vita, le mie esperienze, i momenti più
difficili, anche dal punto di vista artistico. Infatti nel mio passato
di artista c'è stato uno stop di qualche anno, che ho dedicato
alla musica, facevo il bluesman...
Questo è molto interessante. Sei riuscito quindi ad approfondire
due forme d'arte?
Se guardi questo mio lavoro (Cimici
del cotone -
2001), non è altro che la trascrizione visiva di un pezzo blues...il
pezzo parla di pidocchi, ed io ho cercato di rendere l'idea del movimento
ritmico. Le Cimici
del cotone sono i pidocchi, cioè quelle bestie con le quali
i raccoglitori di cotone dovevano convivere tutto il giorno, per un
misero compenso.
Ti senti escluso o partecipe dell'attuale società artistica?
Mi sento tagliato
fuori, perchè i giochi sono già fatti. Per quanto bravo
tu sia, se non fai parte di quella schiera, di quella èlite,
di quei movimenti che i galleristi hanno deciso di esporre,
rimani tagliato fuori. Qui a Bologna poi i galleristi espongono quadri
che hanno in cantina da trent'anni. E quando si impegnano a ricercare
nuove tendenze vanno all'estero, e ci ripropinano artisti stranieri
che nel giro di qualche mese spariscono dalla circolazione. Il comune
inoltre non offre molti spazi adatti all'arte contemporanea. Gli ambienti
a disposizione sono più adatti a quadretti poco ingonbranti che
ad installazioni ambientali. Questo perchè il quadretto viene
venduto, l'installazione no.
Il
mondo dell'arte è quindi molto legato all'economia, al commercio?
Certo,
daltronde è sempre stato così. Non è una novità
degli ultimi anni.
E'
difficile mantenersi facendo l'artista?
Per
quanto mi riguarda riesco a mantenermi solo facendo un altro lavoro,
non con la pittura o la scultura.
Quindi
fai l'artista per hobby?
No, è un fatto esistenziale. Forse è una malattia...
...un virus sano però?
Sì,
una malattia buona...ma sempre una malattia.
Meglio
il figurativo o l'astratto?
Tanti
hanno abbandonato l'astratto perchè non si vende. D'altronde
perchè riempire il proprio atelier di tanti materiali
che non interessano a nessuno? Nella mia vita ho distrutto moltissime
opere.
Perchè?
Perchè
procedendo nella mia ricerca, quelle opere non mi rappresentavano più.
Anche questo è un modo di fare arte.
Il
precursore di questo atteggiamento è sicuramente Michelangelo.
Anche lui infieriva fisicamente sulle sculture che non lo gratificavano.
Però così facendo hai cancellato il tuo percorso artistico
precedente?
E' vero, adesso prima di darti l'opportunità di esporre, voglio
vedere il curriculum, vogliono sapere se hai fatto altre mostre, con
chi e come. Se ne hai fatte tante, sei bravo, se ne hai fatte poche,
non vali niente. E' sempre un discorso di quantità, mai di qualità.
Se vuoi stare ai giochi devi prostituirti nel vero senso della parola.
Solo se te ne freghi, sei libero. Io ho il mio piccolo studio, ho i
miei collezionisti e questo mi consente di continuare liberamente nella
mia ricerca, senza nessuno ostacolo.
Quali
soluzioni proponi per migliorare l'attuale situazione?
Ci
vorrebbe una costituzione dell'arte. Ci vorrebbero delle regole da rispettare.
Molti artisti scrivono di avere fatto opere in un determinato periodo
per dimostrare che sono dentro ad una certa corrente artistica. E' sempre
meglio diffidare dalle date che compaiono sui quadri. Anche Michelangelo
- dice il Vasari - seppelliva le sculture per invecchiarle e farle poi
passare per sue opere giovanili.
Parlami delle tue opere che ritieni maggiormente significative.
Significativo è sempre l'ultimo lavoro che fai.
Qual'è?
"Cavallo, Cavallina, Cavalletta".
Vedo che utilizzi molto spesso le lettere nelle tue opere, perchè?
Le lettere mi piacciono perchè ti permettono di lasciare
in sospeso un discorso, di renderlo non-finito. Ognuno può combinare
le lettere ed ottenere parole nuove. Le parole che suggerisco nelle
mie opere sono spesso inventate, storpiate, come accadeva nelle ricerche
della Poesia Visiva. La mia "Nuvola in cravatta" è
poesia visiva.
Cosa rappresenta questa tua opera?
Sono delle nuvole - in plexiglas trasparente dipinte di bianco -
accostate ad una cravatta vera, che dipingendo mi ero sporcato. La
"Nuvola in cravatta" non è altro che una persona
che passeggia per strada, sovrappensiero al tal punto da fondersi con
le nuvole. E' anche una riflessione sulla scarsa importanza che solitamente
attribuiamo ai gesti di vita quotidiana.
In questo modo prendi coscienza della realtà che ti circonda?
E' un modo di rimanere agganciati ad una esistenza che non è
legata solo alle esigenze primarie come mangiare, bere... ma a qualcosa
che ti fa riflettere su esperienze che legano il tuo passato al presente
che stai vivendo.
Il tema dell'insetto è una costante nel tuo lavoro. Perchè?
L'insetto perchè è un animale che vive negli ambienti
più squallidi, torbidi, putrefatti. E' un elemento di continuità
con il mondo del blues.
C'è quindi una fusione fra la tua pittura e l'esperienza musicale
che mi hai raccontato prima?
Sì, il blues come la mia pittura è un arte
povera. E' una musica istintiva che non rispetta delle tecniche,
dei passaggi, dei progessi. Anche la mia pittura è così,
abbastanza primitiva.
Cosa ti piace del blues?
Mi piace il suono emesso dall'armonica ritmica; mi ha subito suggerito
il movimento e la musicalità della pittura di Kandinskij. Anche
in pittura sono molto musicale, cerco il ritmo, cerco degli elementi
compositivi che suggeriscano una dimensione sonora.
Hai mai pensato di utilizzare la pittura e la musica insieme?
Certamente, ma non sono mai riuscito a trovare i giusti collaboratori
che mi permettessero un lavoro di questo tipo.
Qual'è oggi il compito dell'artista?
L'artista deve saper sintetizzare, deve filtrare le varie correnti artistiche
che ci sono state nel secolo precedente.
Non pensi che dovrebbe invece creare qualche cosa di nuovo?
Non ha senso, è impossibile. L'importante è comunicare.
Alla fine quello che vale è riconoscersi in quello che si è
fatto. Se poi questo risultato lo si ottiene elaborando il materiale
altrui, non c'è nulla di male.
Come giudichi l'apertura all'arte europea ed a quella mondiale, attuata
dalla critica contemporanea?
Oggi devi essere globale, devi essere inserito nel mondo e in questo
modo non puoi essere te stesso. Guarda cosa è successo l'11 settembre
(attentato alle Twin Towers di New York). In quei giorni stavo
lavorando a questo quadro (Materia
+ corpi dispersi),
il titolo si rifà alla notizia - data fin dai primi giorni -
che ci informava della scomparsa nelle Twin Towers di più
di 2000 corpi. Ho raffigurato una materia-corpo, che richiama alla mente
il discorso della non-esistenza. I corpi dispersi nella realtà
della cronaca, lo sono anche nella pittura.
Bologna, 12 Dicembre 2001
--------------------------------------------
Andreino Cocco è nato a Cassola (Vicenza) nel 1956.
Ha studiato all'Accademia di Belle Arti di Venezia, dove è stato
allievo e collaboratore di Emilio Vedova.
Attualmente, vive e lavora a Bologna, con atelier in via Saragozza
18/A.
Esposizioni
1977
- Modigliana (Forlì), Didattica 2, Laboratorio
- Bassano del Grappa, Galleria Il Fiore, Personale
1978
- Roma, Foro Traiano, Didattica 2 itinerante, laboratorio
1979
- Castelfranco Veneto, Gruppo concettuale, Accademia, Sale Arci
- Venezia, Bevilacqua la Masa, Ricerca/Laboratorio
1981
- Bassano del Grappa, Sale, 800 Ensamble