"Televisore triste", 1999
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di Luca Panaro



Prevalentemente qual'è il tuo ambito di interesse artistico?

Mi occupo di pittura tradizionale, la mia opera è legata al fare manuale dell'artista. Amo il rapporto diretto con il materiale, con il colore, con la plastica, il ferro, il legno. E li assemblo non tanto come elementi visivi, ma come strumenti concettuali. Se uso un materiale plastico è perchè lo uso in maniera fredda, poi casomai lo abbino a dei colori caldi, combino insieme i vari linguaggi, una specie di iper-significazione. Nel mio lavoro, il titolo dell'opera non rispecchia mai l'immagine visiva, perchè quest'ultima tende ad analizzare elementi periferici, sui quali spesso non ci si sofferma. Per esempio, se io parlo del "viandante" mi interesso a tutto quello che stà intorno al "viandante", dove lui passa, dove lui guarda, non alla figura del "viandante" in sè.

Il tuo lavoro è condizionato dal materiale di cui disponi, oppure la scelta del materia artistica è secondaria rispetto al lavoro concettuale che cerchi di sviluppare?
Il fatto di essere condizionati non vuole dire niente, perchè tutti siamo condizionati. Tu oggi sei condizionato dal fatto che ti trovi qui a fare una intervista, perchè la tua idea è quella di portare avanti un certo discoso. Ma non è una condizione che ti condiziona. Se per esempio ti sono antipatico nessuno ti impedisce di andartene. Tu sei condizionato, ma libero. Lo stesso vale per l'artista, è condizionato dal materiale che utilizza in quel momento, ma se poi quel materiale non lo interessa più, lo cambia, non deve essere obbligato a mantenere uno stile, una continuità visiva.
I materiali li scelgo, li scarto e a volte faccio dei ready-made del mio stesso lavoro. Prendo dei lavori vecchi e li metto insieme con dei lavori nuovi. Recentemente ho lavorato sul tema del "Diario" (2000/2001), recuperando esperienze fatte nei vecchi casolari abbandonati delle campagne venete, assemblate poi su fogli ondulati di plexiglas assieme ad esperienze recenti. Ho utilizzato la fotografia come strumento di trasporto nel tempo di esperienze fatte dieci anni fà, che grazie al mezzo fotografico hanno potuto rivivere nel presente, assieme a stimoli contemporanei.

Mi sembra di capire che le esperienze personali sono molto importanti nella tua visione artistica, vero?
Mi piace raccontare la mia vita, le mie esperienze, i momenti più difficili, anche dal punto di vista artistico. Infatti nel mio passato di artista c'è stato uno stop di qualche anno, che ho dedicato alla musica, facevo il bluesman...

Questo è molto interessante. Sei riuscito quindi ad approfondire due forme d'arte?
Se guardi questo mio lavoro (
Cimici del cotone - 2001), non è altro che la trascrizione visiva di un pezzo blues...il pezzo parla di pidocchi, ed io ho cercato di rendere l'idea del movimento ritmico. Le Cimici del cotone sono i pidocchi, cioè quelle bestie con le quali i raccoglitori di cotone dovevano convivere tutto il giorno, per un misero compenso.

Ti senti escluso o partecipe dell'attuale società artistica?

Mi sento tagliato fuori, perchè i giochi sono già fatti. Per quanto bravo tu sia, se non fai parte di quella schiera, di quella èlite, di quei movimenti che i galleristi hanno deciso di esporre
, rimani tagliato fuori. Qui a Bologna poi i galleristi espongono quadri che hanno in cantina da trent'anni. E quando si impegnano a ricercare nuove tendenze vanno all'estero, e ci ripropinano artisti stranieri che nel giro di qualche mese spariscono dalla circolazione. Il comune inoltre non offre molti spazi adatti all'arte contemporanea. Gli ambienti a disposizione sono più adatti a quadretti poco ingonbranti che ad installazioni ambientali. Questo perchè il quadretto viene venduto, l'installazione no.

Il mondo dell'arte è quindi molto legato all'economia, al commercio?
Certo, daltronde è sempre stato così. Non è una novità degli ultimi anni.

E' difficile mantenersi facendo l'artista?
Per quanto mi riguarda riesco a mantenermi solo facendo un altro lavoro, non con la pittura o la scultura.

Quindi fai l'artista per hobby?
No, è un fatto esistenziale. Forse è una malattia...

...un virus sano però
?
Sì, una malattia buona...ma sempre una malattia.

Meglio il figurativo o l'astratto?
Tanti hanno abbandonato l'astratto perchè non si vende. D'altronde perchè riempire il proprio atelier di tanti materiali che non interessano a nessuno? Nella mia vita ho distrutto moltissime opere.

Perchè?
Perchè procedendo nella mia ricerca, quelle opere non mi rappresentavano più. Anche questo è un modo di fare arte.

Il precursore di questo atteggiamento è sicuramente Michelangelo. Anche lui infieriva fisicamente sulle sculture che non lo gratificavano. Però così facendo hai cancellato il tuo percorso artistico precedente?
E' vero, adesso prima di darti l'opportunità di esporre, voglio vedere il curriculum, vogliono sapere se hai fatto altre mostre, con chi e come. Se ne hai fatte tante, sei bravo, se ne hai fatte poche, non vali niente. E' sempre un discorso di quantità, mai di qualità. Se vuoi stare ai giochi devi prostituirti nel vero senso della parola. Solo se te ne freghi, sei libero. Io ho il mio piccolo studio, ho i miei collezionisti e questo mi consente di continuare liberamente nella mia ricerca, senza nessuno ostacolo.

Quali soluzioni proponi per migliorare l'attuale situazione?

Ci vorrebbe una costituzione dell'arte. Ci vorrebbero delle regole da rispettare. Molti artisti scrivono di avere fatto opere in un determinato periodo per dimostrare che sono dentro ad una certa corrente artistica. E' sempre meglio diffidare dalle date che compaiono sui quadri. Anche Michelangelo - dice il Vasari - seppelliva le sculture per invecchiarle e farle poi passare per sue opere giovanili.

Parlami delle tue opere che ritieni maggiormente significative.
Significativo è sempre l'ultimo lavoro che fai.

Qual'è?
"Cavallo, Cavallina, Cavalletta".

Vedo che utilizzi molto spesso le lettere nelle tue opere, perchè?

Le lettere mi piacciono perchè ti permettono di lasciare in sospeso un discorso, di renderlo non-finito. Ognuno può combinare le lettere ed ottenere parole nuove. Le parole che suggerisco nelle mie opere sono spesso inventate, storpiate, come accadeva nelle ricerche della Poesia Visiva. La mia "Nuvola in cravatta" è poesia visiva.

Cosa rappresenta questa tua opera?

Sono delle nuvole - in plexiglas trasparente dipinte di bianco - accostate ad una cravatta vera, che dipingendo mi ero sporcato. La "Nuvola in cravatta" non è altro che una persona che passeggia per strada, sovrappensiero al tal punto da fondersi con le nuvole. E' anche una riflessione sulla scarsa importanza che solitamente attribuiamo ai gesti di vita quotidiana.

In questo modo prendi coscienza della realtà che ti circonda?
E' un modo di rimanere agganciati ad una esistenza che non è legata solo alle esigenze primarie come mangiare, bere... ma a qualcosa che ti fa riflettere su esperienze che legano il tuo passato al presente che stai vivendo.

Il tema dell'insetto è una costante nel tuo lavoro. Perchè?

L'insetto perchè è un animale che vive negli ambienti più squallidi, torbidi, putrefatti. E' un elemento di continuità con il mondo del blues.

C'è quindi una fusione fra la tua pittura e l'esperienza musicale che mi hai raccontato prima?

Sì, il blues come la mia pittura è un arte povera. E' una musica istintiva che non rispetta delle tecniche, dei passaggi, dei progessi. Anche la mia pittura è così, abbastanza primitiva.

Cosa ti piace del blues?
Mi piace il suono emesso dall'armonica ritmica; mi ha subito suggerito il movimento e la musicalità della pittura di Kandinskij. Anche in pittura sono molto musicale, cerco il ritmo, cerco degli elementi compositivi che suggeriscano una dimensione sonora.

Hai mai pensato di utilizzare la pittura e la musica insieme?
Certamente, ma non sono mai riuscito a trovare i giusti collaboratori che mi permettessero un lavoro di questo tipo.

Qual'è oggi il compito dell'artista?
L'artista deve saper sintetizzare, deve filtrare le varie correnti artistiche che ci sono state nel secolo precedente.

Non pensi che dovrebbe invece creare qualche cosa di nuovo?

Non ha senso, è impossibile. L'importante è comunicare. Alla fine quello che vale è riconoscersi in quello che si è fatto. Se poi questo risultato lo si ottiene elaborando il materiale altrui, non c'è nulla di male.

Come giudichi l'apertura all'arte europea ed a quella mondiale, attuata dalla critica contemporanea?
Oggi devi essere globale, devi essere inserito nel mondo e in questo modo non puoi essere te stesso. Guarda cosa è successo l'11 settembre (attentato alle Twin Towers di New York). In quei giorni stavo lavorando a questo quadro (
Materia + corpi dispersi), il titolo si rifà alla notizia - data fin dai primi giorni - che ci informava della scomparsa nelle Twin Towers di più di 2000 corpi. Ho raffigurato una materia-corpo, che richiama alla mente il discorso della non-esistenza. I corpi dispersi nella realtà della cronaca, lo sono anche nella pittura.


Bologna, 12 Dicembre 2001

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Andreino Cocco è nato a Cassola (Vicenza) nel 1956.
Ha studiato all'Accademia di Belle Arti di Venezia, dove è stato allievo e collaboratore di Emilio Vedova.
Attualmente, vive e lavora a Bologna, con atelier in via Saragozza 18/A.

Esposizioni
1977
- Modigliana (Forlì), Didattica 2, Laboratorio
- Bassano del Grappa, Galleria Il Fiore, Personale
1978
- Roma, Foro Traiano, Didattica 2 itinerante, laboratorio
1979
- Castelfranco Veneto, Gruppo concettuale, Accademia, Sale Arci
- Venezia, Bevilacqua la Masa, Ricerca/Laboratorio
1981
- Bassano del Grappa, Sale, 800 Ensamble