di
Luca Panaro
Il
tuo ultimo lavoro consiste nel riprodurre - ingrandendoli su antenne
paraboliche - i frame provenienti dalle web-cam situate in ogni luogo
del pianeta e disponibili su siti internet ad accesso limitato. Con
quale criterio selezioni le immagini utili alla tua ricerca fra le tante
disponibili sul web?
E' dal '97 che ho iniziato a raccogliere, con web-shot, il flusso
continuo ed ininterotto di immagini in diretta dalla rete. Ciò
che connota ed accomuna a tutt'oggi questo oceano di ottiche (aldilà
delle discusse problematiche legali) è l'aspetto intrusivo e
specchiante, unito alla progresssiva trasparenza che il mondo fisico,
nel quale quotidianamente ci muoviamo, sta assumendo. Una trasparenza
che ricostruisce nell'infosfera telematica una visione globale del mondo
che passa dalla stanza da bagno della signorina X residente chissà
dove alla panchina sulla 5a strada di New York; dalla diretta del primo
parto online alla soggettiva di una bomba intelligente in picchiata
sul bersaglio. Il criterio essenziale al quale le mie immagini devono
rispondere è quello di esporre la tendenza che la percezione
collettiva sta delineando, ovvero verso un'immersione totale nelle cose
e nelle situazioni, abbattendo di fatto la distinzione tra pubblico
e privato e contribuendo alla rifondazione di concetti basilari nella
storia della rappresentazione della realtà, quali: dentro/fuori,
vicino/lontano, qui/l“.
In questa tua operazione voyeristica, ti poni criticamente nei confronti
di chi entra ogni giorno nella nostra privacy oppure ti limiti a documentare
l'esistenza di questa dipologia di spionaggio collettivo?
La storia della tecnologia occidentale è la storia del perfezionamento
della visione fisica, più che metafisica, come accade in altre
culture. Vedere che corrisponde ad un guardare che è già
voyeurismo. E così dal telescopio al microscopio, alla possibilità
di conservare l'immagine ottenuta, scorre la storia dell' immagine come
feticcio, quello stesso feticcio che - guarda caso - è proibito
nella maggioranza delle cuture religiose non cristiane, che hanno visto
nella confusione fra voyeurismo e conoscenza un pericolo di sviamento
spirituale.
Ci puoi parlare del lavoro che hai realizzato poco dopo l'11 settembre
2001: "Marlboro Country". Come pensi che debba reagire il
mondo dell'arte in occasione di eventi tragici che riguardano l'intera
umanità?
Il valore che possiamo attribuire dopo una lettura più alta,
al lavoro "Marlboro Country", è legato alla possibilità
di risveglio, della presa di coscienza, che l'immagine artistica può
e deve provocare in chi la guarda. Oramai da tempo l'arte, oltre a proporre
nuovi linguaggi ed inedite sublimazioni, porta il carico della coscienza.
Si fa carico - come il mitico magnus dei - dei peccata mundi. E' in
questo processo l'arte trova la propria funzione giornalistica, nel
senso alto. E-ancora-catartica.
Modena, 4 Ottobre 2002
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Damiano Colacito è nato nel 1973 ad Atri (Te). Vive e lavora
tra Bologna e Pescara.
Frequenta il Liceo artistico di Pescara - sezione Architettura - e consegue
la Maturità nel 1991.
Nel 1993 consegue da parte della F.I.A.F. l'Attestato europeo di qualifica
professionale come fotografo pubblicitario.
Dallo stesso anno inizia la collaborazione con la prestigiosa agenzia
pubblicitaria Studio Luce di Pescara.
Nel marzo 1995 inizia l'attività di assistente scenografo presso
il maggiore centro teatrale di Pescara, il Florean Espace , mettendo
in scena Nadja a fianco di Giulio Ceraldi.
Nel giugno - per il medesimo centro - è assistente alla scenografia
dello spettacolo Kazak.
Nell'estate dello stesso anno firma infine la scenografia dello spettacolo
Senza cuore del più importante gruppo abruzzese di teatro danza,
l'Alhena di Pescara.
Nel 1997, espletati gli obblighi di leva, firma per lo stesso gruppo
-a fianco dello scenografo Walter Belli- lo spettacolo Medea. Si trasferisce
quindi a Bologna, dove si iscrive alla Accademia di Belle Arti nel corso
di Scenografia di Enrico Manelli e dove inizia l'attività espositiva.
Nel 1998 partecipa alla esposizione in commemorazione della strage del
2 agosto intitolata Accademia in stazione-Sotto il segno della solidarietà,
patrocinata dalle Ferrovie dello stato e curata dal critico Roberto
Daolio, distinguendosi con l'installazione dal titolo Non toccate i
fili.
Nel 1999, con uno spazio espositivo privilegiato all'interno della medesima
iniziativa, allestisce l'opera 320x240 con la sostanziosa sponsorizzazione
della 3M Italia, che gli fornisce tutto il materiale necessario per
la copertura dell'intera pavimentazione dell'atrio centrale della Stazione
di Bologna. L'installazione rimane esposta per l'intera estate. La presentazione
e il comunicato stampa sono di Antonio Cioffi, il catalogo di Roberto
Daolio e Mili Romano.
Nel marzo 2000 vince il concorso Zucchelli svoltosi nei locali dell'Accademia
di belle Arti di Bologna. L'artista recupera da un sottotetto dell'edificio
l'ambiente de Il Funzionario, utilizzando una delle security-cam dell'edificio
stesso.
Nell'aprile viene chiamato da Guido Molinari a partecipare alla mostra
3nds: bologna tenutasi presso lo spazio espositivo Salara, dove riprende
la pratica della copertura, impiegando l'acquisita tecnica 3M sull'intera
volta a crociera dell'edificio nell'"affresco" Infinity Sat.
07-03-1999 05.25.13 EST, work in progress che durerà il tempo
dell'esposizione. Mostra e catalogo a cura di Dede Auregli, Guido Molinari
e Silvia Grandi.
Nell'agosto dello stesso anno, torna a far parte dell'organico dell'iniziativa
Accademia in Stazione, dove nel medesimo luogo dell'anno precedente
- nelle stesse dimensioni e con lo stesso materiale - allestisce, in
occasione del ventennale della strage del 2 agosto, l'opera Urlo.
A dicembre è a Milano dove partecipa alla mostra collettiva Emporio
organizzata in contemporanea dalle gallerie Care of e Viafarini curata
da Guido Molinari, Luca Beatrice e Alessandra Galletta. Presenta un'installazione
dal titolo Apollo composta da un video e una stampa digitale dislocati
in punti diversi della galleria Viafarini.
Nel febbraio del 2001 prende parte ad INTERCITY da Bologna presso l'associazione
culturale Futuro, Roma. L'installazione W.W.W. è composta da
un oggetto da lui appositamente costruito in legno tamburato (un "inginocchiatoio-mouse")
che mediante il suo utilizzo, attiva un video digitale (la registrazione
di una funzione religiosa diffusa su internet) su un computer ad esso
interfacciato.
Nel luglio 2001, applicando per il terzo anno consecutivo un foglio
adesivo 3Mfloorgraphics sulla pavimentazione dell'atrio centrale della
stazione di Bologna, conclude con l'opera Messiah la serie delle sue
grandi stampe in occasione di Accademia in stazione. L'area fisica dell'atrio
diventa la dimensione concettuale del desktop e Messiah riproduce in
scala il cursore a forma di clessidra del puntatore del mouse. La presentazione,
Antonio Cioffi e catalogo Roberto Daolio e Mili Romano.
Nel dicembre 2001 partecipa nuovamente al premio Zucchelli vincendolo
con l'opera Malboro country ispirata agli eventi del 11 settembre a
N.Y.
Nel febbraio 2002 consegue il diploma di scenografia a pieni voti presso
l'Accademia di Belle Arti di Bologna. Tesi: IL MASTER E LA COPIA- Analogico
e digitale nella fenomenologia estetica Relatori: Roberto Daolio, Carlo
Branzaglia.
L'8 giugno 2002 prende parte alla mostra collettiva Beyond the edge
installando Parabole all'interno delle antiche sale della Rocca Malatestiana
di Montefiore Conca. Mostra e catalogo a cura di Silvia Evangelisti,
Cristina Marabini e Laura Safred.