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"Interno - stampa su ceramica", 2003
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di Patrizia Silingardi


Quali sono i presupposti dai quali nasce il tuo progetto?
Non è possibile parlare di questo progetto individuando un’unica suggestione, o un unico ambito d’argomenti. Potrei dire che nasce da una prima fascinazione; il ritrovamento dei cocci di una vecchia fruttiera decorata con roselline di ceramica a sbalzo. A ciò, segue quella che si potrebbe definire una ricerca d’archivio famigliare, per svelare la storia di quell’oggetto inatteso. Com’era entrato in casa, era un regalo, faceva parte di un intero servizio di porcellane? Il suo valore -almeno per mia madre- è stato grande, dato che ne ha conservato i frammenti per oltre quarant’anni, ma poi non ha deciso di aggiustare e sistemare nuovamente quel suo oggetto nella credenza - bacheca domestica o teca museale?

Archivio, museo, conservazione; i tuoi “reperti” evocano dunque quest’atmosfera...
I miei cocci, paragonabili per amusement alle ceramiche della Grecia antica, o in secoli più vicini alle ceramiche rococò, agli interni borghesi del XIX sec. dove non poteva mancare il servizio di posate in argento, i calici in vetro soffiato provenienti dalle vetrerie della laguna ed i piatti e le fruttiere in fine ceramica bavarese. Mi sono tornate alla mente l’antiquaria ed il piacere della falsa ricostruzione archeologica, le incisioni del Piranesi e del Winckelmann, ma, nel mio lavoro, queste suggestioni dialogano con una contemporaneità serrata, che ha la consapevolezza d’essere parte di un sapere che nell’ultimo secolo ha subito un’accelerazione prima sconosciuta. L’archeologia è scienza giovanissima, -poco più di cento anni-. D’altro canto, non si sono mai scritti tanti libri, tante storie, come negli ultimi centocinquanta anni, insomma, penso che anche quest’ambito della mia contemporaneità possa essere preso a motivo di creazione artistica, o per lo meno per me, ne è motivo.

E la fotografia?

Avrei potuto lasciare i cocci così come li ho trovati mettendoli all’interno di bacheche presentandoli come semplici ready-made, ma ho voluto aggiungere qualcosa, una traccia che rendesse più evidente il mio agire. Per spiegarti il perché di queste tracce fotografiche, devo per forza palesarti un fatto. Sono circa due anni che penso alla possibilità di usare la fotografia su supporti non convenzionali e non bidimensionali, - per convenzionali intendo le carte fotosensibili, le tele emulsionate, la stampa in jet.

Ne consegue il curioso binomio tra ceramica e fotografia...
Nella nostra contemporaneità la fotografia su ceramica è quasi esclusivamente usata in ambito funerario, ma nel caso, mi incuriosiva sperimentare soluzioni diverse abbinate a questo materiale. Trovo, infatti, che il supporto ceramico possa regalare all’immagine fotografica una luminosità ed una matericità unica. Le prime stampe ad emulsione liquida le ho eseguite su tazzine da caffè e piatti da cucina che avevo in casa o che ho trovato sulle bancarelle di qualche mercatino, poi, quasi naturalmente, sono approdata a questo lavoro attraverso la storia che ti ho appena raccontato.

4 agosto 2003

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Claudia Collina è nata nel 1974 a Castelfranco Emilia.
Vive e lavora a Piumazzo.