di
Piergiorgio
Viti
La
mostra di Monteprandone potrebbe significare per te un "ritorno
alle origini" visto che sei marchigiano... Che legame hai con la
tua terra?
Direi che il legame che ho con le Marche è essenzialmente
di amore/odio, senza mezze misure. In quanto gay mi è sempre
stato difficile rapportarmi con la realtà marchigiana (sostanzialmente
ancora fortemente connotata da una cultura cattolico-rurale) che tuttavia
riconosco come una parte fondamentale della mia identità di persona
ma anche di artista. Per qualche ragione, come quasi sempre accade,
riesco a sentire di più il legame con le Marche quando ne sono
lontano... forse perché spesso tendiamo ad idealizzare le cose...
e le persone!
I temi iniziali della tua attività artistica sono stati l'attenzione
al corpo, alla fisicità... Come mai questa attenzione all'anatomia?
Quello per me voleva essere un discorso essenzialmente politico,
per certi versi di denuncia
Ho sempre creduto nellattualità
del vecchio slogan il personale è politico. In quei
lavori intendevo il corpo come contenitore svuotato dei suoi valori
e della sua funzione di strumento espressivo, a favore di una sua esibizione
quanto mai asettica ed anonima. Quasi una resa alla totale superficialità
dilagante secondo la quale ormai lindividuo può ricoprire
soltanto lunico ruolo possibile rimastogli: quello di consumatore
ansioso ma anche di consumato.
In "Metamorfosi" il centro di gravità si sposta
al dato ambientale...
Direi piuttosto che il centro di gravità passa dalla fredda
oggettività da obitorio ad una soggettività sentita e
partecipe. La visione delle cose in soggettiva, appunto,
(o esistenzialista) prende il posto del cinico sguardo clinico (o sociologico).
L'idea di introdurre nella tua casa londinese dei topi che hanno
iniziato a rosicchiare sedie, tavoli, mobili e quindi fotografare le
"tracce" di questa invasione, come ti è venuta? Hai
voluto ribaltare il punto di vista, con quali risultati?
Questidea non è venuta a me bensì ai topi stessi
che hanno deciso di farci visita (con nostro mio e di Vincenzo,
il mio ragazzo - profondo disappunto). Mi sono in qualche modo voluto
appropriare del loro sguardo sulle cose, sulle NOSTRE cose. Ho provato
ad imitare la loro visione in quanto presumibilmente nuova
e non contaminata. Una visione che probabilmente può risultare
più penetrante e incisiva di quanto non lo faccia spesso la nostra
E un po come rosicchiare e mordere ciò che ci circonda
attraverso lo sguardo fotografico.
L'oggettività dei tuoi lavori è voyeurismo, igiene
mentale o introspezione? Quanto c'è di ognuna di queste componenti
nei tuoi lavori?
Loggettività, ma anche come dicevo la soggettività
è per mio conto prima di tutto uno strumento politico che mi
consente di rapportarmi con la realtà che vivo ma anche con me
stesso allinterno di questa realtà. Certamente in passato
ci possono essere state componenti narcisistiche nel modo in cui ho
usato il mio corpo (non parlerei di voyeurismo) ma queste le ho sempre
viste come effetti collaterali di un discorso che mi ha poi portato
a sviluppare gli stessi temi in modi completamente differenti. L'introspezione
è per me ormai un'attività vitale senza la quale si rischia
di annegare nel caos assoluto che ci circonda. E infatti credo sia forse
la componente principale del mio lavoro, quasi una sorta di analisi/confessione
con me stesso, un tentativo costante di raggiungere quella cosa chiamata
verità che non appena la si nomina, come diceva Pasolini, scompare.
24
luglio 2003
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Gianluca Cosci è nato nel 1970 a Sant'Elpidio a Mare (Ascoli
Piceno).
Vive e lavora a Londra.