di
Paolo
Ciuchini
"Riflettere sui riflessi". Sembra che tu abbia deciso di
lavorare molto seriamente su di un tema che ai più potrebbe suonare
come un semplice gioco di parole...
Per me é un effettivo riflettere su tutto quello che ci circonda.
Un riflesso é un'immagine che cattura più di quanto un
occhio umano riesca a percepire, é l'ambiente reale che ci circonda
anche aldilà del nostro spazio visivo. Quello che vediamo assume
un sapore grottesco: il riflesso ci propone uno scorcio ben definito
di realtà...le superfici riflettenti che io prediligo sono quelle
curve, concave e convesse, poiché la realtà che in esse
si svela risulta deformata.
Già, ma qual'é agli occhi dell'osservatore l'esito ultimo
di questa deformazione?
Straordinariamente il luogo si colora davanti ai nostri occhi: gli
edifici, le persone, gli elementi naturali che viviamo quotidianamente
vengono "interpretati" da queste superfici; il riflesso è,
quindi, l'ambiente che critica se stesso.
D'accordo, ma da parte tua quale valore aggiunto dai al riflesso fissandolo
in un fotogramma?
Io lo porto in contatto visivo con le persone, che comunemente nel loro
trascorso non lo subiscono, non lo considerano, non lo percepiscono;
io induco lo spettatore a meditare su una realtà che nei fatti
è sfuggente, transitoria ed in molti casi pericolosa.
In che modo realizzi materialmente le tue opere e le inserisci nello
spazio?
Posso parlare del processo di realizzazione?
Certo.
Ho ancora impresso nella mente quello che ho fotografato; ora sopra
il tavolo una busta contenente 36 fotografie a colori aspetta di essere
aperta...appena comincio a sfogliare queste immagini mi accorgo che
ciò che vi é ritratto ha acquisito un potere evocativo
che prima non possedeva. E' come se il lavoro non fosse compiuto, come
se fossi chiamata a concepire un pensiero...da questo inizia la ricerca
dei materiali.
A partire dagli scatti di New York...
Si, proprio dagli scatti di New York ha preso forma la mia ricerca artistica;
il lavoro delle "7 colonne capitali" , tutt'ora un work-in-progress
é nato da un riflesso catturato nella Madison Square. Quell'immagine
fotografica é stata l'incipit dell'effettiva ricerca formale
per l'installazione. L'intento era quello di ricostruire la colonna
così come l'avevo esperita...e subito dopo ho pensato di costruire
un ambiente per poter vivere quel riflesso: una colonna cilindrica di
lexan alta due metri contenente la mia immagine, un cilindro più
grande aperto, all'esterno, rivestito di carta specchio capace di raccogliere
il riflesso della colonna stessa, mantenendo uno spazio tra i due cilindri
che consenta al fruitore di camminare all'interno dell'opera. Da allora
non ho più abbandonato questo tipo di approccio alla realtà
fotografata ed ai materiali, finalizzato alla realizzazione di un ambiente
il più vicino possibile allo spettatore...Mi ritengo una costruttrice
di mondi...
Qual'è il miglior augurio che fai a te stessa ed alle tue opere?
Vorrei che i miei lavori potessero realmente essere vissuti, non solo
emotivamente e mentalmente, ma anche fisicamente dallo spettatore...