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No Lego, 2002
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No Lego, 2002
No Lego, 2002No Lego, 2002
No Lego, 2002


di Serena Goldoni

Luca, nel lavoro “No Lego”, vi è una rappresentazione della realtà estremamente amara, apparentemente disillusa. Perché hai deciso di utilizzare i Lego come mezzo per interpretare il nostro mondo?
La prima e più banale motivazione è che i Lego nascono già come rappresentazione della società. Quando tu acquisti una scatola di mattoncini colorati ti porti a casa una stazione di polizia o una pompa di benzina, una riproduzione in miniatura del mondo che ti circonda ogni giorno. Poi credo che sia abbastanza grottesco e spiazzante vedere l’immagine di un giocattolo che protesta o viene ucciso. Inoltre mi piaceva l’idea di scegliere un prodotto di mercato conosciuto, un marchio, Lego, per creare messaggi contro il consumismo sfrenato e il capitalismo cieco.

Parlaci del video “Set the world on fire” .
Il video “Set the world on fire” nasce dall’esigenza di produrre un video low budget ma con un buon impatto visivo così da essere trasmesso sicuramente dalle emittenti televisive. Volevo creare qualcosa di non visto, che si distaccasse dalla logica del solito video musicale nato come semplice spot pubblicitario. Il video, girato completamente in stop motion, é una parabola no global interpretata da Lego attori, il suo intento sarebbe far riflettere sull'uso della violenza contro la violenza e circa la profonda differenza fra resistenza e terrorismo. I giocattoli diventano il tramite per rappresentare una società in cui una parte di individui impongono il loro modello di vita a tutti gli altri, così nel video i Lego di colore nero inseguono, imprigionano e fanno diventare neri i Lego colorati. Questa situazione porta alla ribellione di un Lego colorato che, sfuggito alla cattura, decide di fare esplodere la centrale dei Lego neri.

I temi presenti in “no Lego” e nei tuoi video, sono di chiara denuncia e apertamente scomodi, riportati con una schiettezza allarmante. La tua opera diviene quindi mezzo che offre interpretazioni del quotidiano, dando facoltà al fruitore di scontrarsi con argomenti di attualità di cui non possono rimanere indifferenti. L’arte allora può divenire un tramite efficace per comunicare denuncie sociali?
Credo che fondamentalmente l’arte abbia avuto nell’ultimo secolo sempre più questa funzione. Basti pensare a Guernica di Picasso o al testo di Piggies dei Beatles, due esempi presi a caso da epoche e campi artistici differenti, per rendersi conto che l’artista moderno in quanto uomo del suo tempo, non solo ritrae ciò che lo circonda filtrandolo con i meccanismi della creatività, ma vuole interagire con il mondo esterno attivamente. Penso inoltre che nei nostri tempi le persone siano bombardate da immagini, la televisione desensibilizza e ci porta ad accorgerci sempre meno di ciò che realmente accade intorno a noi. Perciò decido di portare le problematiche e contraddizioni della società in cui vivo nelle mie opere, per elevarle, per distaccarle dal resto, creare una sorta di promemoria, un’affermazione da cui parta una discussione o riflessione.

16 aprile 2003


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Luca Lumaca è nato a Modena nel 1978, dove vive e lavora.