di
Luca Panaro
Nei
tuoi quadri sembri fare "zapping" nel mondo della moda, del cinema,
della televisione, della pubblicità, della musica, della religione
e della scienza, impossessandoti della storia e degli usi e costumi
dell'umanità?
Il mio lavoro viene associato generalmente a quella che oggi molti chiamano
"pittura d'immagine", questo aldilà delle definizioni non è
del tutto esatto; in quanto andrebbe più correttamente considerato
un lavoro concettuale a tutti gli effetti, dove la pittura rappresenta
soltanto una (forse la principale) delle tante tecniche da me utilizzate.
La differenza sostanziale ad esempio tra l'orinatoio di Duchamp e il
mio lavoro è che anzichè prendere direttamente l'oggetto
"orinatoio" per ricontestualizzarlo in ambito artistico, io compio la
stessa azione impossessandomi della "immagine mediatica" dell'orinatoio
stesso. Questo perchè oramai viviamo in un mondo in cui l'immagine
si è gradualmente sostituita alla realtà; viviamo immersi
nel variegato mondo della comunicazione, le nostre finestre sono sempre
più sostituite da schermi di Tv e computers, i modelli estetici
imposti da campagne pubblicitarie ci impongono di riconsiderare il rapporto
con il nostro corpo, internet ha dato una forte accelerazione alla realizzazione
del cosidetto "villaggio globale", mentre (forse per reazione)
in tutto il mondo rifioriscono i fantasmi di un nazionalismo che si
credeva legato a tempi ormai lontani. In altre parole le nostre conoscenze
ed i nostri attuali valori si fondano essenzialmente su osservazioni
e contaminazioni virtuali piuttosto che dall'esperienza della vita reale,
e siccome un artista è comunque un testimone diretto della propria
epoca e della propria cultura, credo che oggi più che mai il
suo lavoro non possa prescindere da queste considerazioni indipendentemente
dal fatto che le condivida o meno. In questo contesto ognuno in base
alla propria sensibilità, esperienza e preparazione culturale
può assumere la posizione che ritiene più opportuna, può
ad esempio assumere una posizione di resistenza, oppure sfruttare in
termini creativi l'immenso universo di possibilità offerto dai
mezzi di comunicazione e diffusione di informazione visiva e non. Per
quello che mi riguarda personalmente mi piace scorrazzare in lungo e
in largo in questo oceano di stimoli plasmando di volta in volta quello
che mi colpisce o mi emoziona alle mie esigenze, ai miei interessi generali
o a quelli del momento, tenendo comunque presente che il fulcro della
mia ricerca è comunque l'uomo, le sue origini, la sua storia
e il suo destino. Se si considera poi che la mia formazione culturale
è di tipo prevalentemente scientifico e tecnologico, che lavoro
anche nel campo della pubblicità e del design, che lavoro sempre
con la TV o lo stereo accesi, che mi servo di computer e mi appassionano
tutte le diavolerie elettroniche, ed inoltre che uno dei miei interessi
principali è il cinema (tanto che la mia massima aspirazione
è la regia) e che inoltre credo alla commistione tra tutte le
varie esperienze creative, è facilmente intuibile da dove e come
nascono i miei lavori.
Qualche tempo fa nei tuoi lavori compariva una sorta di marchio di
fabbrica indicato con l'avverbio inglese "where" cosa significava?
I miei primi lavori ai quali ti riferisci in effetti risalgono ai
primi anni novanta. Quello era un periodo socialmente molto particolare
che risentiva ancora del crollo del muro di Berlino, e con esso del
fallimento di intere ideologie, molti paesi erano in ebollizione (alcuni
in verità anche oggi) la guerra del golfo e quella dei balcani
riempivano le cronache dei mezzi di informazione, rivoluzionando la
percezione che noi abbiamo sempre avuto nei confronti di questi fatti
vivendoli per la prima volta in diretta, in italia in particolare una
intera classe politica che era rimasta in sella per 50 anni veniva trovata
con le mani nella marmellata e quindi annientata dalla magistratura...
erano in altre parole anni di grande fermento e cambiamento dove avveniva
un passaggio epocale da situazioni e valori certi ad una situazione
di totale incertezza (un pò come quando un bambino entra nell'età
adolescenziale). La parola "where" (dove) non a caso in inglese la lingua
internazionale, e usata graficamente come fosse un marchio aziendale
esprimeva questa perdita di direzioni certe per altre incerte, e nell'ottica
del mio linguaggio estetico-concettuale legata ad immagini che ne rafforzavano
il senso, rappresentava un mezzo efficace per raccogliere insieme immagini
e concetti apparentemente diversi.
L'uomo e il suo ambiente sembrano essere il fulcro della tua ricerca
artistica. Pensi che il compito dell'arte sia quello di risolvere i
problemi dell'umanità?
Assolutamente no! Non è compito dell'arte e tantomeno dell'artista
risolvere i problemi dell'umanità, questo compete all'umanità
stessa di cui però anche un'artista fa parte, e come tale credo
non abbia senso oggi pi che mai un'artista che viva isolato in una
soffitta. Personalmente credo che l'arte debba suscitare delle emozioni
e sensazioni, se poi queste aiutano a trovare spunti di riflessione
per problematiche che ci riguardano tutti non è certo un difetto,
compete per solo al singolo individuo la personale riflessione al riguardo
e credo che un artista debba limitarsi a questo (che non è certo
poco) senza pretendere di indirizzare opinioni o prese di posizione,
come fanno molti artisti che operano ad esempio nel campo della musica
piuttosto che nel cinema.
Quali artisti hanno contribuito alla maturazione del tuo pensiero artistico?
Credo molto nella sratificazione della memoria in tutti i campi,
vale a dire ogni esperienza presente è possibile solo in virtù
di ciò che stato fatto fino all'attimo prima, questo è
evidente nella ricerca scientifica ma lo è anche nell'arte; è
naturale quindi che la formazione di un'artista poggi su basi composte
da una serie di strati di esperienze comunemente chiamata "storia dell'arte".
Ma oggi in particolare la velocità di trsmissione e quindi di
assimilazione di esperienze, unite ad una sempre crescente permeabilità
e conseguente fusione tra diversi campi creativi ha portato ad una maggiore
possibilità di contaminazione e influenza nella ricerca di un
artista contemporaneo. Per quello che mi riguarda sono debitore a tutta
l'arte classica per quanto concerne la pulizia del lavoro, mi sento
molto legato alla lezione di Leonardo specie per quello che riguarda
il rapporto con la scienza e per l'ideologia copernichiana dell'uomo
al centro dell'universo, adoro i volumi e i contrasti di luce della
pittura di Caravaggio e delle opere di Michelangelo, ma più recentemente
è la lezione di Duchamp e di molti suoi epigoni hanno influenzato
il mio lavoro unitamente a gran parte della pop art americana da Wharol
in poi; non ho mai amato particolarmente invece ne l'arte povera ne
la transavanguardia mentre mi ritrovo maggiormente nel lavoro di artisti
americani contemporanei quali J. Koons, R. longo, B. krugher, M.Barney,
D. loeb... Ma nel mio lavoro c'è anche molto altro, il taglio
di molte immagini è chiaramente di derivazione fotografica, mentre
la luce, i montaggi e gli accostamenti sono di chiara derivazione cinematografica,
credo ad esempio che S. Spilberg o R. Scott (tra tanti) non abbiano
influenzato il mio lavoro in misura inferiore a Leonardo o Duchamp,
come molti dei miei video risentono del ritmo e delle atmosfere di gruppi
quali Pink Floyd, U2, Radiohead... Credo infine che anche concetti e
teorie di A. Einstein, piuttosto che di C.G.Jung abbiano avuto un ruolo
nello sviluppo del mio lavoro.
19 Maggio 2002
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Giorgio Lupattelli è nato e vive a Magione (Perugia) e si occupa
anche di grafica pubblicitaria, web designer, scenografia, design...
............tutto questo e ............molto di più su: http://digilander.iol.it/giorgiolupattelli