di Luca
Panaro
La
presenza dell'uomo nei tuoi lavori si intuisce solo dai non-luoghi che
esso ha costruito e che caratterizzano il paesaggio postmoderno. Tu,
"l'occhio del pedone" - metafora dell'occhio dell'artista
secondo una felice definizione di Ivana Mulatero - ti aggiri nelle aree
urbane dell'hinterland di città italiane ed europee, a caccia
di particolari tanto banali quanto rappresentativi della società
contemporanea. Quale messaggio si nasconde dietro la tua lucida e fredda
testimonianza visiva?
Il messaggio spero e credo non si nasconda. Essenzialmente, vuol
essere un suggerimento a cogliere della poesia in ciò che sembra
negarla. Le persone che hanno visto il mio lavoro e che a distanza di
tempo ho rincontrato, con mia grande soddisfazione, mi hanno confermato
di aver prestato maggiore attenzione a certi dettagli della città
e di aver colto tra lampioni, semafori, nude facciate di palazzi, balconi
e ringhiere, un valore che non è solo quello dell'utilizzo quasi
distratto. Il paesaggio, e in particolare quello urbano, è un
luogo da abitare e da strutturare, ma è anche un terreno di confronto,
un luogo da guardare, e da contemplare, con cui entrare in rapporto
estetico.
Fra la realtà urbana - vissuta con curiosità e attenzione
per il particolare - e la sintesi della tradizionale pittura ad olio,
interponi una serie di filtri tecnologici che ti aiutano a rielaborare
il dato visivo percepito sul campo. In quale modo gli strumenti di documentazione
(fotografia e video) e rielaborazione (computer graphics) meccanica
ti portano all'eliminazione di tutto ciò che è di disturbo?
Raggiunta un'area urbana, passeggio munito di videocamera o macchina
foto. Cammino e guardo i giochi formali che la città mi propone.
Ad esempio, spostando leggermente lo sguardo vengono a crearsi delle
singolari coincidenze tra un semaforo e un palazzo, oppure un balcone
si trasforma in un modulo di una ricca tessitura, e così via.
Mi guardo attorno con una visione attenta e ciò mi fa scoprire
molte cose che altrimenti non vedrei passando in auto e con la sola
preoccupazione di raggiungere una meta prestabilita. Dopo aver raccolto
materiale fotografico e video, in studio, con l'ausilio di programmi
di grafica, lavoro essenzialmente ad una operazione di sottrazione,
selezionando le immagini più convincenti, e da ciascuna immagine
selezionata, eliminando parti che possano sviare dalla sensazione che
una certa visione mi ha procurato. A volte, intervengo con delle leggere
deformazioni, adattando l'immagine "ripulita" ad un particolare
formato di quadro che possa meglio sottolineare quel tipo di sensazione
che ho provato e che desidero comunicare.
L'aspetto modulare, freddo e ripetitivo che caratterizza gli elementi
architettonici dei tuoi quadri, si ripercuote anche sul titolo seriale
che li contraddistingue ormai da diversi anni: ABiCittà.
Cosa vuoi suggerire con questo nome comune, sequenzialmente numerato?
"AbiCittà" rimanda chiaramente all'alfabeto e quindi
all'idea di linguaggio, come strumento di conoscenza e confronto. Il
tentativo che io faccio con il mio lavoro è quello di prendere
coscienza piuttosto che soccombere di fronte al forte disagio che si
avverte in certe aree della città, dove peraltro io sono cresciuto.
Il dedalo urbano è di per se già un linguaggio e terreno
di confronto, si tratta di estrapolare gli elementi minimi (come le
lettere dell'alfabeto) da cui esso è costituito, operare per
così dire una sorta di vocabolarizzazione, un ordine mentale
col quale poter riconoscere una storia e raccontarne altre. "AbiCittà"
rimanda quindi anche all'universo dell'infanzia, quando si imparavano
le cose elementari e si giocava per poter apprendere. La mia pittura
può dare suggerimenti per comprendere la città, viverla,
uscirne fuori ma sempre dall'interno. Non mi allontano per rappresentare
la città. E' una visione dall'interno. Le immagini che ottengo
assomigliano a quelle immagini create nell'infanzia, quando da bambini
si giocava con lo sguardo a misurare le cose. Per quanto riguarda la
numerazione dei quadri, invece, essa segue un ordine cronologico e introduce
l'idea di collocazione spazio-temporale, relegata semplicemente a delle
cifre come i numeri civici che in una via della città dovrebbero
individuare esattamente un luogo rispetto ad un altro.
Cupra Marittima, 16 settembre 2002
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Marco Memeo è nato nel 1967 a Torino, dove vive e lavora
Studi
2000 - Diploma Accademia Albertina di Belle Arti di Torino
1986 - Maturità tecnica specializzazione in Informatica
Principali mostre personali
2002 - Franco Marconi, a cura di Mauro Bianchini, Cupra Marittima (AP)
1999 - Maze Art Gallery, a cura di Ivana Mulatero, Torino
1998 - Reddocks, Torino 1995 - Green Club, a cura di Marco Seveso, Torino
1994 - Associazione Borgo Po, Torino
Principali mostre collettive
2002
- Visura Aperta, a cura di Davorka Peric, Centro culturale Italiano,
Momiano - Croazia
- By Pass, a cura di Stefano Verri, Monte Prandone (AP)
2001
- Godart, a cura di Renato Bianchini ,Museolaboratorio arte contemporanea,
Città Sant'Angelo, Pescara
- Rexistenz, a cura di Gianfranco Mossa, Ecomuseo, Colle del Lys (TO)
- Bianco e azzurro, a cura di Patrizia Fischer, Fondazione italiana
per la fotografia, Torino
2000
- Diciottoperventiquattro, a cura di Federica Rosso, 41artecontemporanea,
Torino
- Quotidiana¡¡, a cura di Virginia Baradel, Guido Bartorelli, Stefania
Schiavon, Galleria Civica Cavour, Padova
- Na.To., a cura di Ombretta Agrò, GAle GAtes et al., New York
- The Family, Galleria Maria Cilena, Milano
- She is not alone, a cura di Chiara Guidi, Galleria Maria Cilena, Milano
- Arte al muro, a cura di BIG, RAI, Torino
- Ways Out, Maze Art Gallery, Torino
1999
- Premio "Piero Borzino", Galleria Arte Club, Torino
- Ways Out, Ausstellung Zeitgenossischer Kunst, Berlino - D Buckenham
Galleries, Southwold (Suffolk) - GB Asociacion Cultural Cruce, Madrid
- E
- Fuori Campo, in occasione della 48a Biennale Internazionale d'Arte,
Venezia
- Artissima 1999, Maze Art Gallery, Torino
1998
- Particolari esposti, Nuovo Teatro delle Commedie, Livorno
- Primaparete, Galleria San Fedele, Milano
- Premio "Lions Bollate", Bollate (MI)
- Nuovi Arrivi, Galleria di San Filippo, Torino
1997
- Biennale off, Spazio Hyperion, Torino
- Premio "Felice Casorati a Pavarolo", Pavarolo (TO)
- Patchwork 1, Accademia Albertina, Torino
1996
- Terre d'Acqua, Livorno Ferraris (VC)
1995
- Chiamata alle Arti '95, Arcate dei Murazzi, Torino
- P'Arte, segni per la valle, Avigliana (TO)
1994
- Il Treno, Studio Recalcati, Torino
1993
- Libri d'Artista, Libreria Borgopo, Torino