Torna al PRIMO ATTO

IFIGONIA IN CULIDE

SECONDO ATTO

SCENA: La stessa sala. Sono presenti i principi pretendenti di Ifigonia con il loro seguito, in esecuzione della profezia di Enter O’Clisma. I pretendenti si presentano..

Allah Ben Dur
Superando monte e valle
V’ho portato le mie palle,
e riempio un gran mastello
con la broda del mio uccello.

Don Peder Asta
Sarete delusa di tutti 'sti doni,
guardando d’Oriente i gloriosi coglioni:
ho riempito quattro stalle
col sudor delle mie palle!

Uccellone
O fulgida stella, o figlia di Re,
deh, guarda il dono portato per te!
Ho riempito una caserma
Solamente col mio sperma!

Spiro Kito
Io sono Spiro Kito,
dalle palle di granito.
Ho creato un nuovo lago
Col prodotto del mio mago!

Re
A voi che della terra siete i miglior coglioni,
rivolgo il mio saluto, o Principi e Baroni.
Sarete già al corrente di quel che ho decretato,
con il provvedimento che ho steso e poi firmato.
Ad ogni modo ci tengo a farvi noto
che quello che più conta è solo aver lo scroto
potente, blasonato, di nessun male affetto,
noto per le chiavate in piedi oppur sul letto.
Ma ad ogni modo mettetevi a sedere,
ve ne darà lettura il Gran Cerimoniere.

Gran Cerimoniere
L’anno sessantanove, il dì del due di agosto,
dalla Maestà Reale con animo disposto,
bandito fu il concorso con un indovinello
fra i Principi di sangue dal ben tornito augello;
Premio raro e nobile, ben chiaro lo si dica,
Sarà d’Ifigonia più che il cul la fica,
della vergine purissima che nulla ha di finto;
Firmato: Banano Primo, Sire di Corinto.

Gran Sacerdote (imponendo il silenzio)
S'avanzino separatamente i pretendenti;
(rivolto al popolo)
fate largo, e al culo state attenti.

Allah Ben Dur
Io sono Allah Ben Dur dal poderoso uccello,
e dall'Arabia vengo a dorso di un cammello.
Il viaggio fu assai lungo, percorso senza tappe
che per lo strofinio mi bruciano le chiappe.
Raggiunta in fin la meta di sì tremendo viaggio
ho piedi, fava e culo che puzzan di formaggio.
Rinunciai in Bagdad a un favoloso ingaggio
spronato dal desìo di misurarti il raggio,
il raggio della fica, o dolce Principessa,
ché ardo dal desìo di romperti la fessa.
Sul dorso di un cammello so far mille esercizi,
infransi più d’un culo all'ombra dei palmizi.
Le mie palle lucenti, senza badare al puzzo,
sembrano pel volume le uova di uno struzzo.
Son bruno, ardito e forte, devoto mussulmano,
e dell'Arabia tutta certo il miglior banano.
Con l’aiuto d’Allah sciorrò l’indovinello
E deporrò ai tuoi piedi il mio abbronzato uccello.

Ifigonia (leggendo)
Avvenne un dì che un nobile prelato
lo mise dentro il culo ad un capriolo;
un figlio dal connubio essendo nato,
si domanda: com'era tal figliolo?

(Allah Ben Dur dà segni di incertezza)

Gran Cerimoniere
Se non mi rispondi nella settimana
farò dello tuo scroto una sottana.

Allah Ben Dur (sempre più confuso)
Ehm, non saprei… quell’alto prelato…
Se il capriolo ha chiavato…
non so dire ... avrà pigliato ...
perlomeno un po' di scolo ...
;

Popolo (furente, facendo scongiuri)
Noi siamo infelici, noi siamo scontenti,
ti secchino il cazzo i nostri accidenti!
S’affloscin gli uccelli in segno di duolo,
quel testa di cazzo ci parla di scolo!
(Il principe è trascinato via a viva forza)

Gran Cerimoniere
Il primo pretendente è bello e fritto,
venga il secondo con l’uccello dritto.

Don Peder Asta (al Re)
Io son Don Peder Asta, gran nobile spagnolo,
astuto oltre ogni dire, viaggio col protargolo,
e sei preservativi per non subire l'onta
di prendermi lo scolo all'atto della monta.

(Ifigonia, provocatissima, scopre le anche, porgendo la fica alle labbra del Grande di Spagna)

Ifigonia
O Principe sapiente, venuto ai miei piè,
da quanto tempo pensi non uso più il bidè?

Don Peder Asta
Se il fiuto non mi inganna,
o mia adorata fata,
io debbo dirti che
non ti sei mai lavata!

Ifigonia
Villanzone, infame traditore,
tu offendi il mio pudore!

Popolo (incazzatisimo)
Lo sanno le troie, lo sanno i lenoni
lo sanno gli Svizzeri dei Quattro Cantoni,
Fu il dì di Giunone, con mossa pudica
che madonna Ifigonia lavossi la fica!
Coi suoi venti chili di augusto formaggio
fu fatta una palla di un metro di raggio.
Al prence sia data la pena infamante
di prenderlo in culo dal Sacro Elefante!

Re
Del Popolo sian tosto esauditi i voleri:
venga Bel Pistolino coi suoi venti staffieri!
Quaranta archibugieri intanto, piano piano,
l’aiuteranno un poco col palmo della mano.
E nel caso imprevisto che non gli venga duro,
gli sfreghino con garbo la punta contro il muro.

(Entra Bel Pistolino, dando evidenti segni di giubilo: la scena si svolge alla presenza del popolo.)

Popolo (in delirio)
Pompa, pompa come un mulo,
fagli tremare le chiappe del culo!
Daglielo molle, daglielo duro,
fagli tremare quel buco oscuro;
daglielo duro, daglielo mollo,
fagli scoppiare le vene del collo!

Gran Cerimoniere
Il secondo campione è liquidato,
sia almeno il terzo Prence il fortunato.

Uccellone
Sono il nobile Uccellone,
sono Conte e son Barone,
chiavo donne a buon mercato
col mio cazzo fortunato.
La mattina appena desto
me lo meno lesto lesto,
poi mi sparo, a colazione,
qualche rapido raspone.
Prima ancor di mezzogiorno,
nobil donne del dintorno
fanno a gara, porco zio,
per provare il cazzo mio.
Quattro seghe a mezzogiorno
non fan male per contorno.
Verso sera, per divario,
rompo qualche tafanario,
alternando col pompino
la chiavata a pecorino.
Se son stanco, verso sera,
chiavo sol la cameriera.
Sulla punta del mio pene
Non si contan le flittene.
Vedi, bando come un mulo
alla vista del tuo culo!

Ifigonia
Sai tu dirmi il mistero della sfinge
la quale prima caca e poi spinge?

Uccellone
Mi colma, oh Ifigonia, la tua parola oscura
i corpi cavernosi di gelida paura!
Il Ciel mi fu avverso, ignoro il mistero;
mi mette terrore un nero pensiero!
Già vedo il mio culo sfondato all’istante
Dal cazzo tremendo del Sacro Elefante!
Già sento roteare in rotto e alterno moto
i possenti testicoli entro il peloso scroto.
Ho nel fondo del cuore una puntura sorda,
come una dozzina di piattole che morda.
Oh nobile fanciulla, alle parole altere
sento che si rilascia persino lo sfintere.

Re (sdegnato)
Tu che fra tanti brami la mano di mia figlia,
col culo pieno d'aglio farai la Mille Miglia!

Gran Cerimoniere
Tosto venga eseguito del Sovrano il volere:
Si porti senza indugio d'aglio un gran paniere.

(Uccellone di Belmanico scoppia in una fragorosa risata)

Re
Tu ridi, o sconsigliato, davanti al gran travaglio
di far la Mille Miglia col culo pieno d'aglio?!

Uccellone
Mi fate solo pena, oh poveri coglioni,
ché per riempirmi il culo ne occorron tre vagoni!
Col culo pieno d'aglio, novello errante ebreo,
io batterò in volata la rossa Alfa Romeo!
(Si allontana baldanzoso)

Gran Cerimoniere
Sian tosto eseguiti i comandi del Sire,
col culo pieno d’aglio ei deve finire.

Ifigonia (piangendo nostalgica)
Addio mio Bel Manico, nobile Signore,
a perder il tuo cazzo non si rassegna il cuore.
Non hai colpa veruna, se con l'uccello dritto,
giammai non scandagliasti la Sfinge dell'Egitto,
se solo mille fiate alla tua chioma fulva
s'intrecciaron tenaci i peli della vulva.

Re
Non piangere Ifigonia, lustro dei peli miei,
sii paziente e devota ai detti degli Dei.

Gran Cerimoniere
Il terzo, a quanto pare, è bello e fritto,
s’avanzi il quarto, col banano dritto.

(Il principe Spiro Kito, figlio del Sol Levante, si avanza nei paludamenti di Gran Samurai.)

Spiro Kito
Il regno di Budda manda il mio cuore,
io vengo dal Regno del mandorlo in fiore.
Son Duca d’Oriente, nomato Spiro Kito,
ho il cazzo sì duro che par di granito.
Ancora bambino, giostrando da pazzo,
sembravo potente nell’uso del cazzo;
potente a tal punto, sebbene maschietto,
da farmi pensare a tenzoni da letto.
Poi vinsi il primato persin nei casini,
campione invitto di fiche e pompini;
tal che le ragazze, godendoci anch’esse,
m’offrivan per nulla le povere fesse.
Un’unica volta, una donna di rango
negommi convegno nel giro di un tango:
l’attesi, e quando s’offrì l'occasione
le ruppi il culo con uno spuntone.
Così la mia fama varcando le mura
Di questa, diciamo, casa di cura,
giungea alle bimbe di buona famiglia
dove la madre, più bon della figlia,
cullava l’uccello con docile mano
per fare alla figlia rompere l’ano.
Or passo all’azione, domanda Signora,
qualsiasi indugio va a danno dell’ora.

Popolo
Noi siamo felici e non siamo sciocchi,
questo senz’altro è un cazzo coi fiocchi.

Spiro Kito
Io vengo dal paese dei mandrilli
Dove si va nel culo pure ai grilli.
Son figlio del Giappone, Spiro Kito,
ed ho un paio di coglioni di granito.
Facciamo presto con le spiegazioni,
ché è tempo di sbrodar nei pantaloni.

Ifigonia
Vi era un eremita in Poggibonsi
che non cacava, e non faceva stronzi;
or dimmi: quando un rutto egli tirava,
ai suoi fedeli che impressione dava?

Spiro Kito
A simile domanda una risposta sola:
avea quell'eremita il culo nella gola!
La storia già ci narra del Principe Gargiulo,
il quale nella faccia rassomigliava a un culo.
Ne sono più che certo, e dirlo posso lieto,
dell'eremita il rutto puzzava più di un peto!

(Il Gran Cerimoniere apre una pergamena e dà segni di approvazione. Il Re s’avanza, congiunge le mani dei due giovani Principi sanzionando l’unione, mentre il popolo e gli astanti si inginocchiano in religioso e muto ringraziamento agli Dei e le vergini innalzano al cielo il loro tenue canto.)

Vergini
O Venere buona, o Venere bella,
provvedi noi pure di dura cappella,
e come a lei, Principessa ed amica,
ci capiti in dono l’uccel nella fica.

Re
Un uomo siffatto che ha tanto di cervello
ragiona certamente con l'uccello.
Per Ifigonia mia, devota e grata,
ecco la fava tanto sospirata!
Sii degna dell'uccel che ti ho donato,
non obliando i fasti del Casato:
la grande Filiberta, illustre e saggia,
il culo si incendiò con l’acqua ragia,
preferendo la morte al nero duolo
di curarsi lo scol col protargolo;
Vulvina Bartolino, sua germana,
che arrossiva sbucciando una banana,
in un momento di furor demente
cacciossi nella fica un ferro ardente.
E la nobil Filiconia, tua bisava,
sempre in lizza nel giuoco della fava,
morì, vetusta d’anni, in un bordello
col cuore trapassato da un uccello.

Ifigonia
Il sorriso della fica
la mia gioia alfin vi dica.
Son contenta, son beata
ché alla fin sarò chiavata.
Ma vi giuro sugli Dei
di pensare ancor ai miei:
tanto al Re che alla Regina
quando m’alzo ogni mattina.
a lui dono un sospensorio
con il segno del littorio
ed a lei l'originale
di un bel cazzo artificiale.

Popolo
Noi siamo felici, noi siamo contenti,
s’innalzino i cazzi di gioia frementi;
porgiamoci tosto il culo di sponda,
l’uccello del Prence di gioia c’inonda.

Vergini
Noi siamo le vergini dai candidi manti,
s'intreccino i cazzi, s'innalzino i canti:
il grande fattaccio ci dona gaiezza,
e per la gioia tagliamo la pezza.
S’intreccin le danze, si innalzino i canti,
per farci chiavare useremo i guanti.
lasciamo le seghe, lasciamo i pompini,
lasciamo un istante i bei ditalini;
E' giorno di festa, l'azzurra pervinca
mettiamo all'occhiello del muso di tinca;
seguendo l’esempio del popolo intero,
un grosso banano ci laceri il velo.

Gran Cerimoniere
E risuoni nella reggia,
perlomeno una scoreggia!
(esegue)

(cala rapida la tela sul secondo atto)

FINE SECONDO ATTO

Vai al TERZO ED ULTIMO ATTO