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IFIGONIA IN CULIDE

TERZO ATTO

SCENA:
La camera nuziale. Nei quattro angoli, quattro bidè dove bruciano profumi. Nelle pareti bracieri accesi. Pezze di marchese sparse. A destra una porta che da' nell'appartamento del re; in fondo a sinistra, si nota un elegante water-closed con catena d’oro pendente. Ifigonia e Spiro Kito giacciono sul talamo.

Ifigonia
O amato Spiro Kito, Prence e Samurai,
il tempo passa e non mi chiavi mai!

Spiro Kiro
Desisti, o Principessa, dal chieder spiegazioni,
non vedi che cominci a rompermi i coglioni?

Ifigonia
Fammi vedere le palle di solido granito,
fammi toccar l'uccello almeno con un dito;
che brami, Spiro Kito, dalla tua dolce amica,
vuoi farmi prima il culo, o ripulir la fica?

Spiro Kito
C'è una cosa, Ifigonia, che ancora non ti ho detto,
un segreto terribile che brucia nel mio petto.

Ifigonia
Oh parla Spiro Kito, mio divino,
t'ascolto col canal di Bartolino!

Spiro Kito
Un giorno, or son quattr'anni, soffrendo per un callo,
stavo prendendo un bagno nel Grande Fiume Giallo
e, come è sempre in uso tra i nobili Signori,
stavo rompendo il culo a paggi e valvassori.
Quand'ecco passa altero un bonzo di Visnù
(allor mio caro amico, ci davam del tu)
il quale mi propose, con sordido cinismo,
di fare nel suo culo un giro di turismo.
Di meglio non bramavo, e come un folle toro,
soffiando a testa bassa glielo ficcai nel foro.
Ma quell’infame avea, nel nero tafanario
lungo, rapace e impavido, un verme solitario,
che mentre io mi godevo il morbido budello,
pian piano mi sbafava la fava dell'uccello.
Eccoti ormai svelato alfin tutto l'arcano:
il bruno Spiro Kito è privo di banano;
ed ora, mia diletta, quando vuol godere,
non ha altra risorsa che il buco del sedere.
Vedi, mi fai pentire d’esserti vicino,
per placar le smanie fatti un ditalino.
Or non è il momento di fare una chiavata,
il cane pechinese provveda alla leccata.
Passata da tempo è la mala avventura,
che tolsemi il membro di madre natura!
Ed or per il tuo bel sesso gentile
Io dunque t’ho fatto un Pesce d’Aprile.
Io sono imponente, in caso sì bello,
ma in modo assoluto mi manca l’uccello.
Io godo di dietro a modo di prete.
E’ noto che il prete modello e perfetto,
privato dell’uso di maschio uccelletto,
se preso da brama di ibrida voglia
qualunque desìo nel culo convoglia.

Ifigonia
E’ vero che i preti, a quanto mi dici,
prendendolo a tergo si rendon felici,
ma molti son quelli, lo provano i fatti,
che in barba alle leggi si chiavan da matti.
D’esempio sia al mondo, per detto Egiziano,
di Cesare invitto l’uccello sovrano.
Ignobil fellone, o vil traditore,
la nobile Ifigonia getti nel disonore.
Fui vittima innocente di un infame tranello;
potea mangiarti, il verme, il cuore, non l'uccello!
Crudele e perverso mi è stato il destino,
scegliendo a consorte per me un culattino.

Spiro Kito
Trascorsi tristi giorni col resto del mio uccello,
mi chiusi in una torre sovrastante il mio castello,
tristi notti, solo, mesto, avvolto in neri veli,
strappavo singhiozzando i miei lucenti peli.
Dieci giorni e dieci notti, solo, muto come un reo,
mi pelai tutto lo scroto con l’accluso perineo.
Quando alfine più non ebbi manco un pelo sul coglione,
senza l’ombra di un conforto mi buttai giù dal balcone.
Fu un istante… giunto al suolo dileguossi il mio tormento,
per dar luogo ad uno strano, novello godimento.
Volle il cielo, assai benigno, che nel rapido mio giro
io cadessi con il culo sull’uccello di un fachiro,
che da circa quarant'anni meditava sotto il muro
scarno, muto ed impassibile, ma col cazzo sempre duro.
Benedetto sia per sempre quell’uccello e quel momento
che la porta disserrommi al soave godimento.
Da quattr’anni sempre in viaggio per città, paesi e corti,
io di uccelli assai ne ho presi, lunghi, dritti e grossi e storti,
bianchi, neri, rossi, gialli, prepotenti e timorosi
profumati e puzzolenti, anche rigidi e flessuosi,
oleanti di formaggio, stranamente tatuati
malmenati orribilmente, un pochino scorticati.

Ifigonia
Furie d'Averno, o voi che anguicrinite
chiavar vi fate in pose pervertite
da quei ciclopi che hanno un occhio solo,
perché non vi pigliate mai lo scolo?
E tu, Giunone, che sull'Elicona
ti fai dal Can leccar sulla poltrona,
perché non ti mangia un pezzo di grilletto
il cucciol tuo fetente e prediletto?

Spiro Kito
Frena i tuoi detti alteri, o Ifigonia, basta!
Rispetta, se non altro, l'arte pederasta.
Vedo che tu le gioie non sai dell’intestino,
te lo dice un esperto e vecchio culattino.

Re (entrando con una scatoletta in mano)
Ho sentito rumore dalla stanza vicina;
state cercando forse un po' di vaselina?

(Ifigonia, furiosa per la delusione subìta, si avventa sui coglioni paterni)

Ifigonia
Anche la vaselina, nuovo scherno!
O padre snaturato, va’ all'inferno!
Ora ti mangio il destro e poi il sinistro,
e sta certo che neanche il dio Calisto
se pietà si prendesse del tuo guaio,
ridar te ne potrebbe un altro paio.
Castrato sei, e se vorrai godere,
godrai anche tu col buco del sedere!

Re
Ahimè ahimè, o qual vista orrenda!
Mia figlia fe' dei miei coglion merenda!

(si accascia piangendo)

Gran Cerimoniere (entrando di corsa)
Accorrete Cortigiani, Duchi, Principi, Baroni,
Nobiluomini, Visconti dai bei nobili coglioni,
voi, pulzelle e maritate, Nobil Dame, Castellane,
che battete di gran lunga le più celebri puttane,
tralasciate le chiavate, i rasponi ed i pompini,
sospendete un sol momento i consueti ditalini!
Ifigonia, la sovrana, accecata dal dolore,
si mangiò le grosse palle dell'augusto genitore!

(entrano i cortigiani e le cortigiane in costume adamitico)

Re

Addio vergini belle, che lasciaste l'imene
sopra la forte punta del mio robusto pene,
addio peli rosati di donne e di bambini,
addio lingue sapienti, maestre di pompini,
Addio mio prode cazzo, piega da questa sera,
la rossa, audace testa un giorno tanto fiera!
Finite son purtroppo le giostre e le tenzoni:
non val robusta fava se priva di coglioni.
Addio nobile uccello, un giorno tanto grande
Da giungere alle stelle col poderoso glande,
signore della vulva, terror dello sfintere,
facevi ognor tremare il buco del sedere,
che mille e mille volte, furente come un toro,
dilaniasti le ceste giungendo nel piloro;
che mille e mille volte, con mosse agili e strane,
metteste a repentaglio le trombe falloppiane.
Tu, che mai cedesti a seghe ed a pompini,
stavolta fosti vittima di due denti canini,
dormi! Da questa sera sarà tuo cimitero,
in segno di cordoglio, un sospensorio nero.
Da oggi tu, negletto, starai nelle mutande,
né più le tingerai con il possente glande!
Meglio sarebbe stato di perder anche il cazzo,
ma perderlo da prode nel gioco del rampazzo.
Perir tu ben dovevi, ma in nobile tenzone
invece, ahimè, peristi da povero coglione!

(il Re si apparta piangendo)

Gran Cerimoniere (rivolgendosi ad Ifigonia)
Ti sarà dato il tormento duro
d'esser legata colla fica al muro:
il popolo sfilerà, e tu con l'ano
farai da monumento vespasiano.

Ifigonia (avanzandosi alla ribalta come in estasi)
Sognavo un cazzo forte, da bambina,
perciò pregavo Giove ogni mattina,
ché, come un giorno avvenne per Enrica,
potesse capitarmi nella fica
Un poderoso e ben tornito cazzo
Per farmene per sempre il mio sollazzo.
Così non fu! E la Giustizia grande,
che gioia e pur dolore in terra spande,
volle che fossi, per crudel destino,
moglie di un detestato culattino!!!
Da prode morirò, come Raniere
Che non poté inculare lo sparviere.
Addio per sempre, Spiro Kito sposo,
mi butto pel dolor nel water closo.
Tu porrai fin, ti prego, alla mia pena,
tirando lentamente la catena.

(Prima che qualcuno possa trattenerla, Ifigonia si getta a capofitto nel water-closed. Spiro Kito, impassibile, ubbidendo ai suoi ultimi voleri, tira lentamente la catena. Tutti si inginocchiano pregando, mentre una salva di lugubri scorregge saluta la moritura.)

(cala definitivamente la tela)

FINE

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