Conferenza tenuta dal prof. Luigi Martino

1994

San Nicola: la Grande Avventura

(storia di un Uomo e delle Sue Spoglie)

Storia delle ricognizioni anatomiche delle Reliquie scheletriche di San Nicola di Myra

 

Illustri Signori, Autorità, carissimi colleghi - a molti dei quali io so di stare a ricordare la loro età bella dei grandi entusiasmi - è con vivo piacere che ho accolto l'invito del Prof. Pannacciulli, esimio Presidente del Circolo della Sanità di Bari, a portare a vostra conoscenza tutto quanto, per mia ventura, ho potuto di persona rivelare sulle spoglie corporee del nostro Santo Patrono di Bari, di San Nicola che fu Arcivescovo di Myra nell'Asia Minore nel IV secolo dopo Cristo.

Parlare di Santi è già parlare di Dio, dell'invisibile Creatore che ama le sue creature. Il pensiero di Dio e l'opera di Dio si preferisce indicarli con il termine semplicistico di Natura, che spesso non possiamo non riconoscerla come sapiente, provvida, previdente, medicatrice, riequilibratrice, innovatrice, cioè sempre come una misteriosa suprema intelligenza, operante nell'Universo intero.

Parlare di Santi é anche già parlar del Verbo, che ci ha indicato, per tutti e per sempre, quel che, nella Vera Realtà delle cose, sia il Bene e quel che sia i Male per l'Umanità intera, per questo speciale Corpo Sociale vivente, la più alta delle Creazioni, perché può sempre più perfezionarsi, ma soltanto mercé la volontaria buona collaborazione degli Uomini stessi che lo compongono.

I Santi sono i Punti luminosi di riferimento, del come si possa dedicare con gioia, anche tutta la vita, ad essere collaboratori di Dio, ad essere la mano amorosa del Dio confortatore degli ammalati, dei poveri, dei bisognosi sulla terra, e sono gli Esempi del come - superando il materialismo pervicace della stessa Ragione - si possa già sentire, dal profondo del nostro Istinto, la voce che rivela le realtà invisibili e misteriose dell'Ultraterreno.

S. Nicola fin da giovinetto si dedicò, con entusiasmo estremo e pur sempre con semplicità ed umiltà, a manifestare la presenza del Dio confortatore tra la sua gente. Egli si fece pronto, spontaneo, soccorritore dei giovani e dei deboli, dei poveri; Egli si fece generoso e veemente paladino degli sventurati e dei perseguitati, affrontò impetuosamente senza paura i violenti ed i superbi, si presentò autorevolmente ai potenti, si sottopose rassegnatamente a fatiche, a sofferenze, a sacrifici, fu modello di amministratore onesto e sagace dei beni della comunità. La sua inalterabile rettitudine e grandissima bontà gli dettero carisma, le sue parole appassionate lo resero un trascinatore di coscienze. Spesso manifestò addirittura poteri spirituali soprannaturali, prodigiosi, miracolosi, taumaturgici. Fu ritenuto un Domo-Santo già in vita, talché tutti ardevano di ricorrere a Lui nei frangenti e lo invocavano nei pericoli.

Nacque a Patàra, nella Licia dell'Anatolia meridionale, presumibilmente tra il 250 e il 260 dopo Cristo. Fu figlio unico di genitori facoltosi, di grande pietà cristiana, e nipote, (dal lato paterno), dell'Arcivescovo di Myra, di nome Nicola, I'avuncolo che, ammirato dal giovanetto, si interessò alla sua educazione.

Myra era una città portuale dell'Anatolia, con vivace attività mercantile, sita nella Licia stessa, a relativamente breve distanza da Rodi e da Cipro per via mare, e dalla Palestina e dall'Egitto per via terra.

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Ciò che rimane a Myra (oggi Demrè) dell'antica Basilica di S. Nicola
Ricevette i Sacri ordini forse all'età di 27 anni, dedicandosi completamente alla cura della comunità religiosa della Diocesi, già messa in pericolo dalla spaventosa persecuzione dei cristiani, iniziata nel 278 dall'lmperatore Diocleziano. Alla morte dello zio Nicola (il santo suo avuncolo Arcivescovo, detto il Sionita) Nicola volle ritirarsi in eremitaggio, e poi partire pellegrino per la Terra Santa. Si recò prima in Egitto ad Alessandria, a venerare la tomba dell'evangelista S. Marco, poi, presso Said, ad incontrare gli anacoreti della Tebaide. Infine salì a Gerusalemme a venerare i Luoghi Santi. Ritornò a Myra, alla sua generosa missione di servo di Dio e dei perseguitati. Grande fu la gioia all'annunzio della proclamazione dell'Editto di Milano del 313, che finalmente riconosceva la religione cristiana quale religione di Stato. L'Editto era stato firmato sia da Costantino, Imperatore di Occidente, sia dal cognato Licinio, Imperatore di Oriente. Nel 314, per la morte di Giovanni, Arcivescovo di Myra, si manifestò - per il misericordioso ed intrepido Nicola- un grande evento, del tutto inatteso. I vescovi, che si erano riuniti per la nomina del successore, si trovarono costretti a decidere, seguendo un segno augurale previsto come divina designazione, e quindi nominarono il pio Nicola nuovo Arcivescovo di Myra.

Fu piena la dedizione di Nicola al pesante compito. Questo però fu subito aggravato dalla coincidente ultima persecuzione dei cristiani, voluta colà dallo spergiuro Licinio. Vi furono minacce, poi impedimenti, violenze, prigionie ed infine un esilio forzato, movimentato, tormentato, che lo fece molto soffrire fino a quando, nel 324, Costantino non venne a sconfiggere in armi Licinio e lo mandò a morte. Nel 325 Nicola si recò a Bisanzio per rendere quindi omaggio a Costantino, il quale intanto aveva anche indetto un Concilio, a Nicea, per giudicare pure l'eretico Ario. Nicola vi partecipò ed anzi affrontò Ario con grande energia, contribuendo al restauro della nostra religione minacciata. Subito dopo Egli volle recarsi a Roma per portare il suo ossequio pure al papa Silvestro I, che aveva presidiato il Concilio. In questa occasione, passò per Bari, ove ebbe a lasciare una delle sue profezie: "Qui riposeranno le mie Ossa". Alla morte, avvenuta presso gli 80 anni il 6 Dicembre del 335 (secondo il canonico barese Putignani), Nicola fu deposto nella tomba marmorea, interrata dietro l'altare maggiore della Chiesa cattedrale di Myra.

La sua fama di grande Santo, fu diffusa ovunque, dai navigatori di tutta l'Europa civile, nelle epoche successive, in Oriente e in Occidente. Santa Klaus, Babbo Natale è il S. Nicola ricordato ancora oggi ai bimbi come dispensatore di doni e di gioiosità.

Il tempo trascorse, secolo dopo secolo, attraverso rivolgimenti vari. Ma dopo circa 700 anni dalla morte del Santo ecco che giunsero nell'Asia Minore, quindi nell'Anatolia, fin sotto Bisanzio, le orde sanguinarie di turchi di stirpe mongolica, provenienti in grandi masse dall'Asia centrale, invasati paurosamente dell'estremismo mussulmano, minacciante la civiltà cristiana: essi distruggevano tutto quanto costituisse segno della nostra religione. Quindi anche i Resti corporei di S. Nicola a Myra nella Licia si trovarono in estremo pericolo: lo intravidero, tra i primi, i marinai veneziani ed i marinai baresi, che frequentavano i porti mercantili del Mediterraneo orientale.
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Il viaggio dei marinai baresi

Ecco che sorse allora una nascosta gara, tra i più coraggiosi delle due marinerie adriatiche cristiane, a chi giungessero per primi a mettere in salvo le reliquie del Santo. Furono i baresi ad organizzarsi, da soli, per primi, in sordina, per tentare l'avventurosa operazione, la quale ebbe fortunatamente esito felice: si era nell'anno 1087, nell'epoca in cui già fermentavano le iniziative dei popoli cristiani per fronteggiare, ancora una volta, il pericolo dell'invasione mussulmana premente, questa volta, dall'Europa Orientale.

Ed ecco che a questo punto dobbiamo passare al racconto del trafugamento delle Ossa del Santo da parte dei baresi.

Un gruppo di 62 marinai di Bari, e paesi costieri vicini, che erano giunti ad Antiochia a trasportare grano, con tre caravelle poste sotto il comando del nocchiero Giannoccaro e accompagnate dai sacerdoti cristiani Lupo e Grimoaldo, decise di tentare - con una operazione a sorpresa, da vero commando - la violazione del sepolcro nicolaiano della Chiesa di Myra, la quale distava dalla costa appena tre miglia. Infatti un pattuglione di 47 di essi, armati e provvisti di mezzi di scasso, dappoicchè il sito era solitario e deserto di gente, entrarono nella Chiesa come pellegrini salmodianti. Però passarono subito a minacce di morte sui 4 monaci-custodi, che bloccati, imbavagliati, terrorizzati, dovettero indicare la sede precisa della tomba lapidea di S. Nicola. Senza perdere più tempo il marinaio più esaltato ed esagitato, di nome Matteo, spaccò a forti martellate le 2 lastre di pietra che la coprivano, e così aprì il loculo tombale che era retrostante all'Altare maggiore. Questo mostrò le Ossa ambite immerse in un liquido abbondante. In gran fretta essi presero il più delle ossa delle mani e dei piedi, quindi le ossa più voluminose e più robuste, quale quelle del rachide inferiore, bacino, arti inferiori, a strappi, ed in ultimo, dopo qualche difficoltà, il cranio. Dopo aver tutto avvolto nei mantelli dei sacerdoti, scapparono di carriera per evitare le ire dei monaci furenti, I'incontro con le genti richiamate, e, peggio ancora, con i gendarmi turchi allertati. Le tre caravelle, già approntate, levarono immediatamente le ancore per portarsi in Adriatico; dopo un viaggio di circa 20 giorni, entrarono alla fine nella cala di S. Giorgio, presso Mola, con canti e suoni festosi. Il giorno dopo, la domenica del 9 Maggio, una vera fiumana di gente e di barche si riversò tra S. Giorgio e Bari. Grandiosi ed in immenso tripudio furono i festeggiamenti successivi della città intera e dei paesi vicini.

In quel tempo Bari aveva bisogno di un Protettore! Di un Protettore carismatico! Ed ora finalmente lo aveva! I baresi ricordavano ancora con terrore la paurosa soggezione ai sanguinari Saraceni mussulmani, dall'842 all'866, e, con gratitudine somma, la liberazione, fatta dalla flotta navale del Doge veneziano Orseolo, contro il tentativo saraceno di riconquista della nostra città nel 1002.

Però ricordavano pure la ulteriore dura soggezione ai Bizantini ed il vano tentativo di insurrezione da essi, fatto, nel 1018, da Melo di Bari, che aveva chiamato, in inutile soccorso, i primi Normanni attratti in ItaIia.

Nel 1035 calarono in Italia, provenienti dalla Normandia, anche i Normanni della famiglia numerosa del guerriero Tancredi di Altavilla, che riuscirono a cacciare definitivamente i Greci, dall'ltalia meridionale, sostituendosi però ad essi nei varii territori.

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Bari (Barium) nel 1087 (domin. normanna sotto Ruggiero I)
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La basilica di S. Nicola in Bari

In Puglia fu Roberto detto il Guiscardo a prendere il potere regio che gli fu riconosciuto dal Papa Niccolò II, il quale nel 1057 dovette incoronarlo - Prence della Puglia e della Calabria - Bari gli fu sottomessa definitivamente nel 1071.

Nel 1085 Bari si trovò poi sottoposta al Prence successore del Guiscardo, al figlio Ruggero I, che si contrastava però nel potere con il fratello maggiore Boemondo. Nel 1087 era Arcivescovo di Bari Ursone. Era Abate del Convento di S.Benedetto padre Elia. Era Papa a Roma Vittore III. In quell'epoca Bari, si faceva inoltre già vanto delle erigende nuove costruzioni, la rocca del Guiscardo che si ingrandiva in Castello e la Cattedrale. Si vantava anche di figli illustri, di vasta fama, i giureconsulti Andrea da Bari e Sparano da Bari, compilatori delle ovunque apprezzate "Consuetudines barenses".

Il racconto dell'evento straordinario marinaro ebbe due trascrittori nell'anno successivo, 1088: l'Arcidiacono Giovanni della Cattedrale, per incarico delle massime autorità cittadine, ed il Chierico fra Niceforo, per invito della borghesia mercantile. Bari divenne subito città importante e meta di pellegrinaggi. L'Abate Elia ricevette l'incombenza di costruire la grandiosa Basilica attuale nell'area del fu Catapanato greco, a ciò donata da Ruggero I . Quando, dopo 2 anni, fu pronta la Cripta, il nuovo Papa, Urbano II, nel 1089, venne solennemente da Roma a Bari per deporvi le Ossa del Santo, entro il suo definitivo sacello tombale. Anzi, dopo altri nove anni, nel 1098, lo stesso Papa Urbano II volle tenere, nella Basilica di Bari, un Concilio ecumenico per l'esame dei rapporti tra le due Chiese, I'Orientale di Bisanzio e l'Occidentale di Roma. Alla Prima Crociata, del 1100, (voluta dal Papa Urbano II, da Pietro l'Eremita, e guidata da Goffredo di Buglione) partecipò, da valoroso guerriero, Boemondo (che poi diventò Re di Antiochia) e l'eroico suo cugino Tancredi, (dal Tasso ricordati nella Gerusalemme liberata). Ban divenne importante città di transito per i viaggi in terra Santa.

Per seguire tutti gli eventi dell'epoca bisogna tener conto che nel 1060 il Guiscardo aveva fatto scendere in lalia il fratello Ruggiero, il quale riuscì in 6 anni, entro il 1066, a liberare la Sicilia dagli Arabi, ottenendo il titolo di Ruggiero I Re di Sicilia. Alla sua morte era succeduto il figlio Ruggiero, che prese il titolo di Ruggiero II Re di Sicilia. Questi poi, alla morte di Boemondo avvenuta nel 1111, pretese il riconoscimento in Italia di Sovrano di tutti i Normanni con il titolo di Ruggiero II, Re di Sicilia, di Calabria e di Puglia. La incoronazione avvenne a Palermo nel 1130, e fu ripetuta a Bari, nel 1132, per sottoporla all'egida di S. Nicola.

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Bari (Barium) nel 1150 (domin. normanna sotto Ruggiero II)
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Centro storico di Bari

Fu nel 1100 che, tredici anni dopo l'episodio dei marinai baresi, durante la prima Crociata, i Veneziani - i quali avevano già provveduto, nell'828, a trafugare i Resti corporei dell'evangelista S. Marco da Alessandria di Egitto - vollero raccogliere anche i resti scheletrici di S. Nicola, lasciati a Myra dai marinai baresi. Essi ripetettero, di sorpresa, la stessa operazione di commando dei baresi, ed ottennero dai monaci-custodi mirensi, minacciandoli di morte, quelle reliquie ossee che colà i baresi avevano lasciato del Santo, e che erano state raccolte e riposte in luogo nascosto. Si appurò subito che erano state celate in una Cassetta di legno sigillata, collocata dietro l'Altare Maggiore. I Veneziani, oltre alla Cassetta-ossario intestata a S. Nicola, presero anche altre due Cassette lignee vicine, intestate a Santi, e le trasportarono alle navi. Rapidamente raggiunsero l'Adriatico, e, il 6 Dicembre del 1100, si fermarono all'ingresso del Porto inviolabile di Venezia, alla punta settentrionale dell'isola-barriera del Lido. Qui depositarono le 3 Cassette nella Chiesetta di S. Nicolò, da anni già esistente in loco, e già da tempo dedicata al Santo.

Nel mondo civile di allora si venne a sapere pertanto, immantinente, che a Bari si trovavano le ossa maggiori del Santo, cranio compreso, e a Venezia le ossa residue. Di questo avvenimento veneziano, abbiamo una Cronistoria del 1300, scritta dal frate Giordano dei Curti.

Il tempo trascorse ancora, secolo dopo secolo, finchè non giunse, nella Storia, un fatto nuovo. In Bari nel 1952, quarantadue anni fa, l'Architetto Franco Schettini, nostro Sovrintendente alle Belle Arti, fece sapere alla cittadinanza che infiltrazioni di acque da falde freatiche stavano invadendo minacciosamente le fondamenta della Basilica, e che urgevano imponenti lavori murarii di riparazione e di protezione dei basamenti. Il che era come dire che la Cripta di S. Nicola doveva essere sgomberata rapidamente. Per le Autorità responsabili si rese necessario, di conseguenza, intervenire con immediatezza, aprire la Tomba lapidea di S. Nicola, coperta da enormi lastroni di pietra, e trasferire temporaneamente le reliquie corporee in loco protetto. Il Santo Padre, Papa Pio XII, dette l'incombenza delle operazioni ad una Commissione speciale sotto il controllo dell'Arcivescovo di Bari Mons. Enrico Nicodemo e del Priore della Basilica, il padre domenicano Girolamo De Vito. Alla mia persona fu affidato l'incarico della Ricognizione anatomica dei Resti scheletrici esistenti, con l'ausilio del valente dott. Alfredo Ruggieri di Bari. Infatti, nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1953, dopo che furono lentamente sollevati dagli argani i 3 pesantissimi lastroni lapidei di copertura ( dei quali il superiore pesava ben 32 quintali), vennero finalmente rimessi allo scoperto, dopo 864 anni, i Resti ossei del Santo, in un immenso silenzio, vibrante di commozione generale. Il loculo monolitico conteneva acqua che copriva le ossa sparse, la cosiddetta Manna. Questa era stata analizzata già da alcuni anni, da 2 Professori dell'Università adriatica di Bari, il Prof. Riccardo Ciusa della Chimica, che l'aveva dichiarata libera da sali, insapore e trasparente come acqua di rocca, ed il Prof. Filippo Neri, igienista, che l'aveva riconosciuta sterile. Il loculo (monolite accuratamente scavato) si rivelò indenne da qualsiasi incrinatura sia nella parete che nel fondo.

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S. Nicola - Loculo tombale in Bari
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Resti scheletrici nicolaiani in Bari
Quindi cominciò la Ricognizione anatomica. Le Ossa - che si erano lentamente fragilizzate per i 1628 anni circa trascorsi dalla morte del Santo - furono estratte gocciolanti, asciugate con immmensa delicatezza, ed ordinatamente sistemate su tavoli: si presentarono in parte sotto forma di segmenti scheletrici ben riconoscibili, in parte come pezzi segmentarii, in parte come frantumi da distacco, in parte come frammentini (da dover addirittura essere distinti da pietruzze ivi presenti). Fu steso un catalogo delle Ossa esistenti ed uno delle Ossa mancanti (utilizzati successivamente per la rappresentazione, su grande tavola murale, dello scheletro intero). Il cranio fu trovato ben conservato, pulito, mancante soltanto della branca montante sinistra della mandibola. Denti numerosi, molari molto sgualivati nelle corone, agenesico il gruppo degli ultimi. Presenti le ossa più voluminose e più robuste (quelle degli arti inferiori, il rachide lombo-sacrale, gran parte del bacino sinistro) oltre alle ossa delle mani e dei piedi. Poco rappresentate invece le ossa sottili degli arti superiori, e quasi assenti quelle del torace e del collo. Tutte le ossa erano di colore terreo. Di aspetto patologico alcune vertebre dorsali per ponti osteofitosici da spondiloartrosi cronica deformante. Di questa Prima Ricognizione anatomica, descrittiva, fu fatta una relazione scritta, che fu consegnata al Vaticano.

I lavori murari della Basilica perdurarono per 4 anni, durante i quali i Resti ossei del Santo, composti in una Cassa lignea fenestrata, furono esposti alla visione dei fedeli nella Cappella del Sacramento della Basilica. Nel 1957 quindi le Sacre Ossa potettero tornare nel loro loculo lapideo, sottostante all'altare maggiore della Cripta ricostruita della Basilica. Prima che tornassero però alla nuova oscurità secolare si volle che fossero ulteriormente studiate, allo scopo di tentare di ottenere una Ricostruzione generale, di tutta intiera la figura corporea del Santo, entro la sua visione proporzionalistica, antropometrica. Tale studio fu da me condotto nella notte tra il 5 e il 6 maggio del 1957, alla presenza del priore padre Girolamo; fui a ciò egregiamente coadiuvato anche dal medico, dott. Luigi Venezia di Bari, e dal fotografo comm. Michele Ficarelli di Bari. Grande il silenzio nella Basilica, vivide le nostre ansie. Avevo allo scopo predisposte varie attrezzature operative, tra cui un Apparecchio radiologico, un Proiettore epidiascopico carrellato di contro ad uno schermo murale, e gli adeguati comuni strumenti di misurazione metrica. Sul muro fu fissato, come Schermo, un grande foglio bianco da disegno, un quadrato di 2 metri di lato. Furono misurate sui tre piani spaziali, l'una dopo l'altra, tutte le ossa, e fotografate accanto ad un decimetro.
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Cranio di S. Nicola
(nella trivisione coordinata)
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Tentativo di identikit
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Basilica di S. Marco.
Catino dell'abside con il mosaico di S. Nicolò

Il cranio fu fotografato sui tre piani spaziali (tenendo, come Asse cranico primario e come Parametro fisso di riferimento proporzionale, il Diametro giabello-iniaco orizzontalizzato), ma anche sui piani obliqui più importanti. Fu radiografato, oltrecché misurato metricamente. Si passò poi alla Ricostruzione totale dello scheletro depezzato, che, per buona ventura, mi fu resa possibile per la adeguatezza delle ossa esistenti. A questo scopo utilizzai il Proiettore episcopico, adoperando figure normali ossee tratte da Atianti anatomici. Fissata, sulla tavola murale, la linea verticale mediana corporea iniziai la ricostruzione scheletrica, salendo di basso in alto, gradatamente, a cominciare dai retropiedi, disegnando sulla tavola murale i contorni delle ossa esistenti proiettate, e utilizzando le corrispondenze di simmetria tra i 2 lati. Quando il pezzo osseo era incompleto, cercavo il suo preciso incastro entro la corrispettiva figura della tavola anatomica proiettata, variando opportunamente distanza e affocamento. Ottenevo in tal modo subito, sullo schermo murale, tutta la rappresentazione dell'osso intero in esame, sia nella parte esistente sia nella parte mancante proporzionata. In definitiva, seguendo tutti gli accorgimenti dettati dalla Medicina Legale ricostruttiva, l'altezza totale dello scheletro del Santo risultò di metri 1,67. Il cranio risultò, dell'altezza totale facciale, di cm. 22,7, dell'altezza frontale di cm. 10,5, del diametro longitudinale massimo di cm. 18,5, del diametro trasverso biparietale di cm. 13,6, del diam. giabello-iniaco osseo di cm. 17,5. Indice craniano 77,6 (al passaggio tra sub-dolicocefalo e mesaticefalo). Per quanto riguarda lo studio del cranio, utilizzai ovviamente anche miei precedenti studi anatomici, che, già dal 1950, avevano messo in evidenza che il cranio (rigido, indeformabile e proporzionato intrinsecamente con l'encefalo stesso) è geometrizzabile. Pertanto usando come Parametro fisso, orizzontalizzato, il Diametro sagittale mediano giabello-iniaco esterno, (centesimato a Metro proprio intrinseco, detto ecatimerico da écaton cento), ottenni i 3 Piani spaziali fissi, (laterale, frontale, assiale), e le relative Mappe metrizzate e coordinate; queste mi permisero di costruire, di San Nicola, una Icona cranica, a grandezza naturale, in trivisione contemporanea stereologica. Tutti i punti encefalici venivano ad acquistare le 3 proprie coordinate cartesiane fisse, reali, rispetto al punto giabellare fisso.

Non mancai poi di tentare, dopo la Ricostruzione scheletrica, I'Identikit di tutta la figura fisica, corporea del Santo. Questo mi ha portato a cercare immagini pittoriche del Santo che fossero le più vicine alle mie Ricostruzioni figurali: ho trovato che una è quella visibile nel Mosaico del Catino absidale della Basilica di S. Marco a Venezia, ed un'altra è quella che si trova in un Dipinto conservato nella Pinacoteca provinciale di Bari. Ho tentato in ultimo anche svariati Identikit del Volto del Santo, disegnando, intorno alla sagoma ossea dello scheletro cranio-facciale, le rispettive parti molli cutanee, sotto varie angolature, ottenendo sempre visi che si rassomigliavano tra loro. Tutte le particolarità delle operazioni, tutte le figure, e le Tabelle metriche sono riportate nella mia pubblicazione sulle Reliquie di San Nicola, data alle stampe nel 1988 sotto l'egida del padre domenicano Gerardo Ciòffari, I'erudito direttore del Centro Studii Nicolaiani di Bari.

 
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Pinacoteca Provinciale di Bari
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Venezia
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S. Nicolò di Lido:
sagra de "la Sensa"

Questa pubblicazione pervenne anche alle Autorità ecclesiastiche di Venezia, per cui subentrò in esse la necessità di fare chiarezza pure sui Resti ossei ivi riferiti a S. Nicolò. Grande solennità era stata data da secoli alla Chiesa di S. Nicolò al Lido. Infatti quivi veniva tenuta, ogni anno, la campestre Sagra della Sensa (cioè dell'Ascensione) per festeggiare la famosa cerimonia dello Sposalizio di Venezia col Mare, culminante con la caduta dell'anello prezioso del Doge, dalla sfarzosa nave, detta Bucintoro, nelle acque dell'Adriatico, all'ingresso del Porto lidense. In effetti non si era mai saputo niente di preciso sul contenuto delle Cassette. Non che non fossero state effettuate ricognizioni; ma giammai anatomiche! Pertanto erano subentrati lentamente dubbi sulla reale appartenenza, delle ossa ivi presenti, al Santo! Le Ricognizioni, già eseguite prima della mia pubblicazione del 1988, erano state sei: la prima nel 1134, la seconda nel 1282, la terza nel 1347, la quarta nel 1399, la quinta nel 1449, la sesta nel 1634. Tutte ricognizioni cerimoniali, canoniche, esteriori: venivano controllati i sigilli, le placche plumbee esterne di riconoscimento, il vasetto interno contenente Manna nella Cassetta grande riferita al nostro Santo. Delle tre Cassette era riferita infatti a S. Nicola magno la grande; a S. Nicola avuncolo (cioè omonimo zio) e a S. Teodoro martire, le due più piccole. Tutto restava sempre avvolto di mistero; questo diventò addirittura allucinante quando avvenne che nella seconda, terza e quarta Ricognizione, l'indagine fu sempre stranamente seguita dalla morte improvvisa degli Abati del Convento di S. Nicolò. Il mistero si infittì ancor di più, poi quando alla quinta Ricognizione - stando alla descrizione lasciata dal cronista dell'epoca Zorzi Dolfin - nella Cassetta grande, intestata a S. Nicola Magno, fu trovato addirittura un cranio! Incredibile in assoluto!

Tutti questi dati sconcertanti indussero quindi, nel 1991, i veneziani e lo stesso Patriarca di Venezia, il Cardinale Marco Cè, a chiarire i fatti una volta per sempre, e ad indire una nuova Ricognizione che fosse definitiva, esplicitamente anatomica, da affidarsi ad esperti di grande competenza, e docenti universitari.

Questa settima Ricognizione lidense fu effettuata precisamente il 17 settembre del 1992, su tutte e tre le Cassette trasportate dai marinai veneziani al Lido. I suoi risultati sono i seguenti:

La Cassetta piccola, intestata a S. Teodoro martire, conteneva, come Reliquie, semplicemente pochi frantumi e frustoli ossei, brunastri. La Cassetta piccola, intestata a S.Nicola avuncolo (a S. Nicola non Magno), conteneva uno scheletro brunastro intero, ben conservato, di soggetto umano maschile, di età avanzata, con cranio di buona capacità. Presenza anche dello scheletro laringeo. Assenza di frammenti ossei. La Cassetta grande, era intestata (a mezzo di placca piumbea esterna) a S. Nicola Manno, Arcivescovo di Myra, con la sottoiscrizione di Tapino. Secondo l'erudito padre Gerardo Cioffari tale denominazione era usata, in effetti, in quei tempi, come segno di grande umiltà del personaggio. Nell'interno era presente un altro particolare significativo contrassegno: un vasetto pregiato, contenente Manna densificata. Il contenuto anatomico si rivelò costituito: a) da due Scheletri depezzati di soggetti adulti, subtotali (uno maschile, con cranio, ed uno femminile), brunastri, insieme ad una emimandibola di fanciullo di 5 anni; b) un cumulo, cospicuo, di frammenti ossei, informi, biancastri. Di fronte a questo inatteso reperto il mistero aumentò talmente da indurre i ricognitori a dichiarare la non corrispondenza, tra l'Anatomia e la Storia, ed a chiudere i lavori con una Dichiarazione di "Inesistenza a Venezia di Reliquie nicolaiane". Il responso autorevole lasciò interdetti e sgomenti i veneziani ed il Patriarca stesso. Tale Autorità però ebbe la intuizione che sarebbe stato doveroso chiedere, se ancora possibile, la collaborazione del ricognitore barese del lontano 1957, prima di dover inevitabilmente rinunziare ai precisi riferimenti storici, che generalmente sono di grande affidabilità. Fu così che, il 6 ottobre del 1992 stesso, fui raggiunto dall'invito a collaborare alla risoluzione del problema. Richiesta ovviamente seguita dalla mia pronta accettazione, talché potetti, l'11 e 12 novembre del 1992, effettuare l'ottava delle Ricognizioni lidensi. Questa fu condotta nel Convento alla presenza di Mons. Renato Volo, del superiore del Convento, il padre Giambattista Grassato, ed ebbe l'ausilio di padre Ludovico Secco e di un fotografo attrezzato. Mi risultò che i riscontri anatomici corrispondevano in effetti a quelli già dichiarati. Tuttavia la mia attenzione fu fortemente attratta da quello "strano" gran cumulo di frantumi, di colorito anch'esso "strano", non brunastro bensì biancastro, tutti allo stesso modo. Questi "Bianchi ossei frammenti " erano sfugniti alla considerazione dei precedenti studiosi e sottratti alla interpretazione del loro significato, che pur era esistente e che pur doveva, per completezza di indagine, essere definito. Nel contempo ebbi l'intuizione che i ricognitori fossero stati tratti in inganno, per ben due volte: una prima, perché essi si attendevano di trovare soltanto pezzi ossei brunastri, ben conservati e riconoscibili, corrispondenti a quelli assenti a Bari, una seconda, perché la presenza di scheletri estranei, non indicati dall'esterno, aveva fatto loro escludere, da sola, ogni attendibilità ai sigilli ed alle indicazioni trasmesse dalla Storia. Volli pertanto primieramente approfondirmi sulle notizie storiche più particolareggiate, ritrovabili nei racconti di Niceforo e dell'Arcidiacono Giovanni. Infatti queste mi modificarono subito le attendibilità sullo stato di quelle ossa in attuali rinvenimenti. Le ossa del Santo, presenti a Venezia Lido, non potevano essere che soltanto sotto l'aspetto di un grande ammasso di frammenti informi! E non altrimenti! Dice infatti Niceforo in un punto del suo racconto sulla penetrazione nella tomba del Santo: "Dopo di ciò, quel temerario (Matteo) si pose con audacia interamente dinanzi al Santo e non ebbe (come si è detto) alcuna titubanza: con tutti i calzari discese focosamente nella sacra tomba. Entratovi, egli immerse le sue mani nel liquido e trovò le sante reliquie che galleggiavano". Dice l'Arcidiacono Giovanni a sua volta: "Quando tutte le membra furono deposte per terra in modo confuso e a caso, la testa ancora mancava. Poiché non riuscivano a trovarla si rattristarono un poco. Per la qual cosa quel giovane (Matteo), inclinandosi non la ricercò come prima, immergendo solo le mani nel liquido abbondante ma si mise a cercare di qua e di là il santo capo, mettendo dentro addirittura i piedi (così come era necessario fare) con temeraria audacia. Alla fine trovatolo se ne uscl con le vesti e tutto il corpo bagnati". L'irruenza dell'esagitato marinaio, di nome Matteo, era andata purtroppo a scontrarsi con un povero scheletro infragilito da più di 700 anni! Le ossa delicate del torace, (vertebre, coste e cingolo), le ossa del collo e di parte degli arti superiori erano ormai rimaste irrimediabilmente schiacciate dai calzari e cadute nella tomba in un informe cumulo di frammenti.

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Lido di Venezia
Chiesa di S. Nicolò
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Le ossa di S. Nicolò
In nero: a Bari
In bianco: a Venezia-Lido (frantumate)
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Le ossa di S. Nicolò
a Venezia-Lido
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Resti presenti in Venezia-Lido
Ricostruzione ideale
dei frammenti bianchi
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I frammenti bianchi
Ma a Venezia-Lido finalmente avevano potuto ricevere il loro giusto riconoscimento! Un brivido mi attraversa ora il petto a ripensare all'immenso pericolo a cui sono state esposte, della loro perdita inesorabile, eterna, qualora fosse stato accettato il loro affrettato disconoscimento . Storia e Anatomia potevano invece nuovamente ben riconciliarsi! L'uniforme particoiare biancore dei frammenti era da attribuirsi allo speciale uniforme trattamento, a noi sconosciuto, a cui i pii monaci-custodi, dopo averli tutti pazientemente raccolti, li avevano sottoposti per un decennio e più.

A me non restava ora che giungere ad una convincente finale interpretazione della coesistenza di scheletri estranei nella Cassa intestata al Santo. Non mi fu però difficile intuire che l'estraneità era da attribuirsi in realtà ai Bianchi frammenti nicolaiani, i quali furono nascosti dai monaci-custodi, in una Cassa lignea che era appartenente ad una famiglia, con figlio giovanetto. Personaggi ospitanti, che a noi rimarranno anonimi. I monaci mirensi furono furbi a nascondere le Sante Reliquie frantumate dentro una Cassa anonima, ma non tanto furbi però da evitare di riporre la Cassa, diventata preziosa, proprio dietro l'altare maggiore della Chiesa cattedrale di Myra, ove, ovviamente si diressero subito i veneziani al loro arrivo nella città.
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Venezia, 15-7-93
Patriarca card. Marco Cè
Prof. Luigi Martino
Padre Giambattista Grassato

La mia relazione al Patriarca fu datata al 6 maggio 1993, e presentata al Presule il 15 luglio successivo. Non mi rimane ormai che augurarmi che le Reliquie ossee di San Nicola, finalmente discoperte, pur se in frantumi, a Venezia Lido, vengano al più presto rimosse dall'antica Cassa lignea che da secoli le ha ospitate e quindi riposte oggi in una Urna preziosa, a sé stante.

Ciò affinché i fedeli possano rivedere, proprio tra quei residui ossei tormentati ed umiliati, un grande cuore che puisò di amore, e delle mani generose che sempre tanto donarono a tutti quei bisognosi che al Santo si rivolsero.

E' mio auspicio che il nostro San Nicola mantenga gemellate tra di loro per sempre, con il suo sacro sigillo di Amore, le due più belle città dell'Adriatico, Bari e Venezia, che lo ospitano. Ed è anche mio auspicio che, da questa splendida giuntura, che unisce l'Oriente all'Occidente, Egli continui a sospingere le genti cercare l'incontro vicendevole, la comprensione sincera, la tolleranza reciproca, e infine l'affratellamento, che porta all'unico sentimento che è foriero della vera Pace tra i popoli.


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