LA SALINA
Salina Ungra
kish salinin e
shumë gjindë shurbijin, me
hilneltë shurbijin e
kripin ka dheu nxirijin. Dirsjin
këmishë shtatë po
Ungrin bëjin të bëgat. Nani
pa fëtig jemi e
trimrat a spasu kemi. Salina
u bë një skarac e mitë zunë rac.
|
La
Salina Lungro
aveva una salina che
dava lavoro a tanta gente, lavoravano
con la luce dei lumi e
il sale estraevano dal sottosuolo. Sudavano
sette camicie e
Lungro facevano ricca. Adesso
non c’è più lavoro e
i giovani sono disoccupati. La
salina é diventata un rudere e i topi vi hanno trovato asilo |
(Poesia
scritta da un alunno di classe quinta della scuola Elementare di Lungro) |
La
millenaria storia della salina di Lungro si conclude nel 1976 allorché i
Monopoli di Stato ne decretano la chiusura.
Quando
sia incominciata l’estrazione del sale non è possibile risalire per
mancanza di fonti. Il primo a scrivere sulla presenza del sale nella zona
è Plinio il Vecchio (23-79), scrittore e naturalista latino, che
nell’opera “Naturalis Historia” parla di cristalli balbini (da
Balbia, antico nome di Altomonte).
L’estrazione
del sale, per molti secoli avvenne in superficie o
a giorno. Per l’Ing. Bellavite,
direttore della Salina alla fine dell’800: “Tale sarebbe quello
di aver trovato in molti punti nell'interno degli scavi recenti, e ad una
certa profondità dalla soglia attuale del portone d'ingresso, il masso
salifero, con l'impronta delle picconate insieme a masse di creta e terreno
vegetale con radici, ricoprenti avanzi di utensili Come manichi di attrezzi,
scale, recipienti, ecc., seppelliti dalle materie che dovevano trovarsi
all'orlo superiore della frana prima che se ne determinasse il movimento.
L'altro fatto è l’avvallamento che si riscontra fra il Cozzo delle Belle
Donne e la collina di San Leonardo; quel vuoto in antico non doveva esistere,
e doveva essere la parte superiore del giacimento che lo riempiva, poiché a
qualche metro d'escavo nel recente allargamento del Pozzo Galli in un punto
elevato di metri 20, sulla soglia del portone d' ingresso, si è trovato il
masso salifero,…. “
L’estrazione
mediante cunicoli e gallerie, con molta probabilità
inizia intorno all’anno
mille. Infatti scrive il Bellavite: “Del secondo stadio, ossia della
lavorazione mercé gallerie sotterranee vi sono tracce nelle antiche
puntellate, che si riscontrano in parecchi luoghi, e ciò rimonterebbe appunto
al 1145.
La
salina in quel periodo apparteneva ad un unico proprietario. Pare che uno dei
più potenti sarebbe stato il Conte di Bragalla (anno 1145) come si desume da
quanto riferisce l’Ughelli nel tomo nono della sua Italia Sacra, parlando di
una certa quantità di sale che il detto conte assegnava sulla propria salina
al monastero di Acquaformosa.”
L’Ughelli,
nella stessa opera, riferisce, inoltre che nel 1156, il Conte faceva la stessa
concessione ai monaci brasiliani di Lungro.
Nel
corso degli anni la miniera cambiò spesso proprietario. G. Sole: “..il
più famoso di esso fu sicuramente Federico II, il quale. una volta
impossessatosi di essa, fissò perla prima volta un prezzo del sale e sfruttò
maggiormente la miniera senza apportarvi però miglioramento alcuno. Dopo la
morte di Federico II, avvenuta nel 1250, la miniera fu data a Gullelmo
Pallotta. poi ad Uberto De Aurelianis e successivamente ad Adelisia d'Artus.
figlia di Gerardo, uno dei primi signori che vennero dalla Francia con Carlo I
d. Angiò per la conquista del Regno. Re Roberto, poi, nell’anno 1308 investì
Filippo Sangineto come conte della contea di Altifiume (Altomonte), nome che
fu cambiato in Altomonte poco tempo dopo dalla regina Giovanna I. Subentrò,
in seguito. la casa dei Sansiverino. Un membro di questo casato, Luca. verso
la fine del 1500, aggiunse ai suoi stati anche la Signoria di Bisignano. e fu
investito dal Re Ferrante I d’Aragona col titolo di principe. Questo
periodo è importante nella storia della salina, perché proprio allora, (nel
1501), si stabilirono nella zona gli albanesi, giunti dal loro paese per
aiutare Alfonzo d'Aragona nella conquista delle Calabrie. In questo periodo si
inizio l'estrazione del sale in profondità e le prime gallerie sotterranee
furono puntellate con travi di legno.
Il
passaggio dai privati allo stato della Salina presumibilmente sarà avvenuta
durante l’occupazione francese.
Il
Bellavite:”Mancano poi del tutto notizie particolari sul fatto del
passaggio di proprietà delle saline dai privati al Demanio.
Un
primo ordinamento amministrativo l'ebbe questa salina nel 1811. Prima di
quest'epoca essa era data in affitto dal Governo per determinata somma da
versarsi al Tesoro, ed il sale si vendeva alla salina stessa.
Nel
1811 si pensò a dare alla miniera un ordinamento tecnico per migliorare lo
stato deplorabile in cui era caduta per la barbarie dei tempi passati e per la
nessuna regola d'arte nella sua lavorazione.
Prima
si costruì il fabbricato esterno, di men che modeste apparenze, e si formò
una direzione speciale composta di un direttore, un controllore, due commessi,
vari pesatori, un ingegnere, ed un custode alla porta, affidandone la
sorveglianza alla guardia doganale.”
Nel
1862 ci fu un tentativo di cedere
la salina di Barletta e quella di Lungro ai privati. Infatti venne bandita una
gara alla quale partecipò la sola ditta francese
Erlanger. La Ditta Ali di Trapani, intenzionata a concorrere, fu
impossibilitata a partecipare in quanto la circolare del Ministero era giunta
lo stesso giorno che scadeva il bando d’appalto. Nella circolare si parlava,
però, soltanto della Salina di Barletta. L’accordo tra la ditta francese e
il Ministero venne siglato. Gli Ali, tramite Agostino Burgarella, loro socio,
inviarono delle osservazioni sull’operato del Ministro
sia alla Camera che al Senato, in quanto necessaria la loro
approvazione per la cessione delle Saline. Il Bulgarella sostiene inoltre che
“…quel contratto era in grandissima parte mutato dal progetto già
proposto dal Ministero il 30 maggio alla casa Alì e agli altri concorrenti.
Le differenze fra questo nuovo contratto, di cui lo schema non fu mai
comunicato ai sottoscritti, ed il progetto del 30 maggio, consiste
specialmente in ciò :
Che
il contratto suddetto. oltre le saline di Barletta concedute per anni 35
invece che per 30 anni, concede pure le minire di sale di Altomonte…..”
Il
progetto non venne portato a compimento perché la Camera dei Deputati non
approvò gli atti proposti dal Ministro.
Negli anni successivi vennero realizzati diversi progetti per migliorare e la condizione di lavoro dei minatori e per l’estrazione del sale. Alcune delle opere previste in quei progetti vennero completate mentre altre interrotte. Ciò faceva naturalmente salire i costi di gestione con conseguente diminuzione dei guadagni.
Anno
|
Quantità
delle materie gregge scavate |
Quantità
di sale ricavato in quintali |
Rapporto
del sale ottenuto colle materie gregge scavate |
Spese
relative alla produzione dei sali |
Costo
per ogni quintale di sale |
1871 1872 1873 1874 1875 1876 1877 1878 1879 1880 1881 1882 |
102,381 96,778 92,387 81,045 93,336 167,042 178,373 175,204 178,165 195,604 207,312 216,392 |
57,250 54,378 47,335.38 52,579.38 49,491 67,025 63,163 59,344 56,370 63,925.57 69,228 73,000 |
55,92% 56,11% 50,74% 64,87% 53,02% 40,12% 35,41% 33,87% 31,60% 32,68% 33,40% 33,73% |
152,985.29 154,130.26 156,870.
30 160,609.08 159,929.
30 185,812 . 177,637.89 184,195.46 180,384 . 195,325.88 195,519.45 228,004.20 |
2.672 2.828 3.260 3.010 3.230 2.772 2.812 3.103 3.200 3.055 2.853 3.123 |
Sempre
il Bellavite sulla qualità del salgemma: “ Il sale comune suddetto è di
una particolare purezza, come lo dimostra l'analisi seguente dell'illustrissimo
professore signor Bechi:
|
Acqua Materie
insolubili Solfato
di soda Solfato
di calce Cloruro
di calcio Cloruro
di sodio Cloruro
di magnesio |
0,
021 0,
044 0,
140 0,
006 0,
015 9,
769 0,
005 |
|
|
Totale |
10,000 |
|
Il
sale di questa miniera si consuma in Calabria ed in una piccola parte della
Basilicata; da qualche anno se ne spediscono piccole quantità in Lombardia per
la salagione del formaggio e del burro.”
L’intenzione
del Governo, però, era quella di chiudere la Salina. Infatti l’ing. Foderà, così
relazionava: “….Dimostrato che l’esercizio della miniera in esame, darà
sempre una sensibile passività, anco nel caso che si profondessero le 200 e 300
mila lire necessarie per introdurre tutti i perfezionamenti suggeriti
dall’arte delle miniere; parmi che l’unico partito da adottarsi debba essere
quello di abbandonarla completamente.” E ancora: “che tutta questa
gente abituata al lavoro ed alla sobrietà potrà senza difficoltà gradatamente
sviarsi dall’abitudine presa di non cercar lavoro che nella miniera, ed essere
diretta ed utilizzata sia in lavori stradali che in qualche nuova industria che
dovrebbe impiantarsi nel paese, se occorre con incoraggiamento a premi del Regio
Governo, come, per esempio, la manifattura della lana per le coperte ordinarie
del1”esercito, marina ecc.”
Si
proponeva, quindi, la chiusura della salina e la destinazione al altro incarico
degli operai. La salina non venne chiusa perché rappresentava una delle poche
fonti di economia non solo per Lungro ma per la zona intera.
Il
Bellavite: “La coltivazione della miniera di salgemma in Lungro è stata
sempre molto dispendiosa, e rilevanti somme di denaro furono perdute
nell’attuazione di costosi progetti, o non riusciti od abbandonati.
La
predilezione dei calabresi per questo sale da un lato, e considerazioni
d’ordine politico dall’altro, questa miniera costituendo la principale
risorsa di Lungro, decisero sempre l’amministrazione, ad onta del costo del
prodotto, a continuarne l’esercizio.”
Nel
1952 viene smantellato l’impianto di raffinazione, esistente da tempo, e
montato a Margherita di Savoia. Pare che l’impianto, a Margherita, non sia mai
stato messo in funzione.
Tra
alterne vicende si arriva negli anni sessanta. La questione chiusura o no
ritorna alla discussione sia dei Monopoli che del Ministero delle Finanze.
Questa volta la cosa prende una brutta piega, nonostante le manifestazioni di
protesta sia degli operai della miniera che delle popolazioni della zona.
Infatti nel mese di luglio del 1960 la Direzione Generale dei Monopoli di Stato
presentava all’allora Ministro delle Finanze, Sen. Trabucchi, una dettagliata
relazione per la eventuale chiusura della Salina in
quanto antieconomica. Il Consiglio Comunale di Lungro, immediatamente
convocato non appena conosciuta la notizia, approvò un ordine dl giorno in cui
si contestavano le argomentazioni prodotte dai Monopoli e si chiedeva il
mantenimento in vita della Salina. Il gruppo parlamentare calabrese si incontrò
con il Ministro nel gennaio
1961,. Nella riunione si convenne che era necessario, dal punto di vista
sociale, non privare la zona dell’unica fonte stabile di lavoro e soprassedere
su ogni decisione in vista del sopralluogo
che il Ministro avrebbe effettuato presso la Salina.
Il
sopralluogo del Ministro Trabucchi venne effettuato il 28 marzo del 1961. “Il
lungo viaggio in auto del Ministro dalla Stazione di Belvedere Marittimo a
Lungro,attraverso le tormentate valli e le giogaie del1'Appennino calabrese,dove
poté toccare con mano la estrema povertà della zona,lo convinsero a studiare
il problema non solo sotto l'aspetto economico, ma anche sotto l'aspetto sociale
e umano” – si legge in un documento del 14.1.1964, inviato all’allora
Ministro delle Finanze Tremelloni, a firma
PSI –DC – CISL di Lungro. Nello stesso documento si sottolinea che il
Ministro, dopo l’incontro avuto con il personale della salina, autorità
civili e religiose, organizzazioni sindacali, dichiarò che
“1) ….qualsiasi sarebbe stata la decisione
Il
Ministro con decreto del 31 maggio 1961 nominava la commissione di studio
presieduta dal Prof. Angelo Bianchi, docente di Mineralogia all’Università di
Padova nonché Presidente del comitato Geologico Nazionale.
Pochi
giorni prima, il 26, il Presidente del Consiglio, Amintore Fanfani, dichiarava
alla Camera: "Per accrescere la partecipazione pubblica alla sviluppo
industriale della regione calabrese,il Ministro delle Finanze ha impartito
disposizioni affinché la miniera di sale di Lungro venga non solo mantenuta in
servizio,ma sia ammodernata in modo da accrescere le possibilità di vita e di
sviluppo”.
La
Commissione di studio presentò, il 25 giugno 1962, la relazione al Ministro.
Nella relazione si sosteneva il prossimo esaurimento della zona in cui si
estraeva il sale e che sarebbe necessario estendere le ricerche.
La Commissione concludeva : “Non si tratta di risolvere un problema
di carattere tecnico ed economico circoscritto alla miniera di Lungro, ormai
destinata a breve vita, ma di avviare a rapida soluzione un più vasto e
delicato problema di natura sociale e politica, che trascende i limiti dell'
attività mineraria locale ed interessa tutta una zona priva di particolari
risorse agricole e di iniziative industriali”.
In
effetti nella relazione appare chiara l’indicazione di trovare altre vie per
garantire l’occupazione nella zona.
La
relazione Bianchi venne discussa dal Ministro e dai dirigenti dei Monopoli, il
giorno 8 agosto 1962, alla presenza dei deputati calabresi. Nella
riunione si pone la parola fine alla salina e si cercano soluzioni alternative
al problema occupazionale. Il Ministro decide di incentivare iniziative private
o a partecipazione statale disponibili a insediamenti industriali in Lungro
capaci di occupare almeno 350 persone di Lungro e zona.
Nel
documento del 14.1.1964 si legge inoltre: “Dopo tale riunione,a distanza di
molti mesi,veniva pubblicato dalla G.U. il Decreto di stanziamento di £.250
milioni per ammodernare e meccanizzare la miniera di Lungro.
Finora,tuttavia,non
è stato effettuato nulla di concreto e rilevante, anzi le condizioni generali
della miniera,e dal punto di vista produttivo come da quello economico,vanno
peggiorando,dando la chiara sensazione che la si voglia far morire di
consunzione naturale, commettendo ancora una volta un atto di gravissima
ingiustizia ai danni di questa povera Calabria”.
Nel
frattempo i lungresi non stanno ad aspettare passivi. Amministrazione Comunale,
partiti e sindacati continuano la lotta contro la chiusura della Salina cercando
di dimostrare che quanto affermato dai Monopoli non corrisponde a verità.
Vengono presentate dai deputati calabresi diverse interrogazioni parlamentari.
Un ordine del giorno a sostegno delle tesi dei lungresi viene approvato
all’unanimità, il 14 novembre 1965, dal congresso nazionale del PSI.
Il
18 ottobre 1967 i rappresentanti delle sezioni PCI, DC, PSU, CGIL e CISL di
Lungro si riuniscono presso il gabinetto del Sindaco per discutere sulla salina.
Nella riunione si decide di costituire una Commissione Unitaria Pro-Salina
composta da due rappresentanti per partito politico e organizzazione sindacale.
Presidente della commissione viene designato all’unanimità il Sindaco di
Lungro.
La
Commissione organizza, l’11 febbraio 1978 un convegno di studi sul problema
della Salina. Incomincia a farsi strada, anche a Lungro, l’idea di
insediamenti produttivi sostitutivi. Nel documento finale del convegno si legge:
“La richiesta per la creazione in Lungro di un’industria sostitutiva
della Salina è motivata anche dalle conclusioni cui è pervenuta la relazione
Bianchi,…”.
Le
tesi sostenute a Lungro sono riassunte nella lettera che
l’allora Sindaco, Angiolino Bellizzi, invio al Presidente della
Repubblica, a ministri vari, a politici calabresi e dirigenti nazionali dei
partiti sia di sinistra che di centro.
“Lungro
è un paese situato in zona di montagna al centro di una vasta area depressa con
scarsissimi redditi agricoli ed artigianali. Lo stesso è a dirsi di un notevole
numero di paesi che gravitano attorno a Lungro quali Firmo, Acquaformosa,
Altomonte, San Donato Ninea, Saracena, San Sosti, Motafollone, Malvito, Cassano
Jonio, Castrovillari, S. Agata d’Esaro, ecc.
La Salina di Stato ha costituito però per secoli la preminente risorsa
economica di Lungro con effetti positivi su tutti i predetti paesi e, di
riflesso, sull’economia dell’intera provincia di Cosenza.
L’introito annuo da essa derivante, tra salari e pensioni, raggiunge
circa 800 milioni di lire che rappresentano un costante flusso di ricchezza, di
per sé notevole, per un’economia povera come la nostra.
Da un ventennio l’Amministrazione dei Monopoli di Stato ha ripreso a
sostenere, come aveva fatto agli inizi di questo secolo,: a) l’antieconomicità
della Salina di Lungro per gli alti costi di produzione del salgemma ricavato;
b) la passività dell’azienda in quanto le spese di gestione sono superiori
alle entrate; c) il prossimo esaurimento del materiale.
Per
quanto attiene all’asserita antieconomicità da parte dei Monopoli di Stato si
osserva brevemente:
1.
che le maestranze attuali, con un’età media di circa 60 anni, sono
insufficienti sia per l’età che per il numero per una produzione che sia
economica e adeguata alla domanda del prodotto. Infatti l’ultima assunzione
risale al 1958 e da allora il personale passato in stato di quiescenza non è
stato rimpiazzato da nuove leve. Ed oggi per esigenze connesse alla produzione e
di fronte alle continue richieste del minerale, La direzione locale ha dovuto
mobilitare anche parte del personale non addetto alla miniera, trascurando di
conseguenza tutti gli altri servizi di manutenzione e assistenza indispensabili
per garantire la sicurezza degli impianti e delle strutture.
|
Organico
del personale: |
1958 |
n.
307 |
|
|
|
|
1968 |
n.
174 |
|
|
2.
che i metodi di sfruttamento impiegati, particolarmente per il
sollevamento del minerale dalla zona di estrazione all’esterno, non sono
adeguati alla tecnica moderna;
3.
che il materiale per 2/3 viene utilizzato, mentre per 1/3
viene portato a rifiuto perché commisto ad impurità;
4.
che il sale viene venduto, ora, solo in pietra, anziché raffinato, come
avveniva anni addietro per buona parte del minerale estratto. Dal 1952, infatti,
con un futile pretesto, che il Monopolio ancora non ha chiarito, veniva rimosso
l’impianto di raffineria e trasferito ad altra sede ed ivi lasciato inoperoso.
Per quanto attiene alla passività, sarà bene premettere che essa va
intesa in senso relativo e non assoluto. Infatti, di fronte alla produzione di
100 mila quintali di sale all’anno si ricavano 600 milioni (prezzo di vendita
£. 60 al Kg.). Lo stato preleva da questo introito il 70% (420 milioni) mentre
il 30% (180 milioni) resta al Monopolio. Siccome le spese di gestione
dell’azienda salifera ammontano a circa 450 milioni annui, il Monopolio
presenta una passività. Ma di grazia Stato e Monopolio non sono la stessa cosa?
Ma anche volendo accettare la tesi dell’Amministrazione dei Monopoli
noi chiediamo perché ci si ostina a vendere il nostro salgemma in pietra al
prezzo politico di £. 60, mentre invece il più volte richiesto ripristino
dell’impianto di raffineria consentirebbe di vendere il raffinato allo stesso
prezzo che si pratica per gli altri sali: £. 140 il Kg. O anche qualche cosa in
più, tenendo conto del maggior grado di sapidità e della purezza che fa
preferire il nostro sale ad altri di diversa provenienza ( viene prelevato
direttamente dalle società Doria, Pavesi, Carlo Erba, Robo, ecc..). Ciò
automaticamente farebbe salire l’entità dell’introito di quasi tre volte,
annullando di conseguenza la lamentata passività.
Il terzo punto da considerare è il presunto esaurimento del giacimento
sostenuto dalla direzione Generale dei Monopoli. Anche non volendo tener conto
dello studio geologico condotto nella zona nel 1898 a cura dei tecnici del
Distretto Minerario di Napoli e di quello di Vicenza, i quali ebbero a
dichiarare “…il giacimento di Lungro si estende per oltre un chilometro e si
mantiene con la stessa potenza,
perché non si può ammettere che un profondo lago salato, capace di dare
origine a un così potente banco di sale, sia ristretto a poco più di 150 metri
(tale è infatti il diametro entro cui sono ubicati attualmente i cantieri di
lavorazione); la relazione tecnica del Prof. Bianchi, stilata di recente per
conto dell’Amministrazione dei Monopoli, neppure esclude la possibilità
dell’esistenza di altro minerale, in quanto “si è di fronte
ad un vero e proprio bacino minerario”. A questo punto vale la pena
precisare che la relazione bianchi (su cui massicciamente poggiano le tesi del
Monopolio) non si basa su nuovi sondaggi o su particolari prospezioni, avendo la
Commissione di Studio operato soltanto una visita di appena due ore nella
profondità della miniera senza l’ausilio di apparecchiature di sorta. Ciò
autorizza a pensare che la Commissione stessa è venuta a Lungro con lo scopo
preciso di nascondere la verità a tutto vantaggio di una manovra che
l’Amministrazione Generale dei Monopoli aveva architettato a nostro danno.
Premesso
quanto sopra, bisogna ammettere che si è di fronte ad un piano preordinato di
chiudere la Salina. E ciò a dispetto di ogni considerazione di ordine sociale,
economico ed umano. Questo stato di cose naturalmente incide sulla situazione
generale di Lungro e dei paesi viciniori. Il ventilato pericolo della chiusura
della Salina, che ormai consideriamo imminente dato il concorso di numerose
circostanze volutamente sfavorevoli, ha determinato, e da tempo, una generale
psicosi, con conseguente ristagno della vita economica e paralisi di ogni
iniziativa: l’edilizia è in crisi e così le professioni ed il commercio. Le
classi giovanili abbandonano in massa la zona alimentando, giorno per giorno, il
triste spettacolo dell’emigrazione verso terre straniere; la popolazione è
scesa da 4.780 abitanti del 1958 ad appena 3.172 del 1968 da cui bisogna
detrarre altri 1.000 e più abitanti che risultano residenti ma in effetti si
trovano sparsi nelle più disparate contrade d’Europa.
Anche la scuola ha subito le conseguenze dell’esodo di intere famiglie.
Fin dallo scorso anno si è registrata la soppressione di ben due classi
elementari.
E ciò per quanto riguarda direttamente Lungro. Ma bisogna altresì
tenere conto dei riflessi negativi che una malaugurata chiusura della Salina
avrebbe su tutta la zona che secolarmente ha gravitato attorno all’economia
lungrese. La quale ultima ha rappresentato sempre un punto di attrazione e di
consumo dei più svariati prodotti agricoli.
Dopo tutte queste considerazioni, balza evidente all’occhio di tutti lo
stato di precarietà e di disagio che da parte della cittadinanza si avverte da
più tempo. I giovani in special modo si sentono interessati al problema della
Salina, che per molti di essi potrebbe costituire una promessa di lavoro e di
sistemazione. Il Comitato Unitario Pro-Salina, nell’atto di costituirsi, ha
interpretato le lamentele e le richieste di tutte le categorie cittadine per far
valere i sacrosanti diritti di un’intera popolazione decisa a non vedersi
condannata alla fame. In definitiva si chiede PANE E LAVORO da parte degli
organi governativi, tanto solleciti e tanto ben disposti nei riguardi di altre
zone d’Italia, notoriamente meno depresse e meno sfortunate. Il Comitato
stesso attende atti concreti di buona volontà politica senza
essere costretto a dover ricorrere alle maniere forti che potrebbero derivare
da una insensibilità o indifferenza da parte dello Stato verso una popolazione
che pensa di non avere mai demeritato e alla quale non si può negare
l’indispensabile.”
Qualcuno
non d’accordo con l’operato della Commissione, fa circolare un volantino in
cui si legge:
“Canto
dei Comitati Pro-Salina”
(
sul motivo di Marina, marina)
Salina,
Salina, Salina
Ti voglio al più presto FREGAR…….”
Il volantino proseguiva con la seguente poesia:
“Fra
i Rossi atei e i ligi della chiesa Si
è scatenata una contesa Che
per cantarla ci vuol davvero La
vecchia penna del grande Omero. Cantami,
o Diva dei lungresi Achilli L’ira
funesta che per la salina, cui
gli uni e gli altri con grande zelo stanno
preparando il nero velo. Da
una parte pugnano i comunisti Dall’altra
i preti e i socialisti Mentre
ai fascisti in mente suona Fusse
che f'usse la volta buona". Intanto
il pubblico fa gli scongiuri Toccando
ferro, grattando i muri, Ma
se le cose vanno ancora male Attinge
proprio L’ORIGINALE: I
democristiani e gli alleati Al
Ministero si sono recati? E
i comunisti che non son fessi Al
Ministero ci vanno anch’essi. E
gli uni e gli altri accompagnati Da
senatori e deputati. Poi
ritornati al paesello (Badate
bene ora viene il bello) Tengon
discorsi fanno promesse , per
frastonare le menti….. f'esse. Ma
quando al dunque debbon venire Nulla
di buono ci possono dire; Gli
uni fan fiasco, gli altri lo stesso Il
risultato è l’insuccesso! Ma
per spiegare come e perché, Ecco
la scusa subito c’è. “Son
stati quelli che han rovinato L'ottimo
piano già preparato, Quelli
sono stati che hanno venduto Ciò
che avevano già ottenuto"! “Non
hanno amore per questa terra, Sono
stranieri, facciamoli guerra!" "Quelli
sono rospi di sporco pantano , Che
vadan via stiano lontano.” E
a gara fanno chi riesce prima A
metter queste cose in scelta rima. Per
merito di questi scelti canti, Rischiamo
di soccomber tutti quanti. Per
merito di questi nostri eroi Le
penne ce le rimettiamo noi, Se
i ministri fregandosi le mani . la
Salina la chiudono domani! Per
Carità, per carità, Signori, O
nati a Lungro , o venuti da fuori O
religiosi o atei che siete, Lasciate
l'acque nostre un pò quete! La
salina , se a Dio piace, Vivrà
mill’anni ancora in santa pace. Noi
vi preghiamo di tutto cuore, Fattevi i ca. .ncheri Vostri per favore.” |
L’attività
politica e sindacale per perorare la causa della salina continua. Il Comitato
Pro-Salina organizza uno sciopero a cui aderiscono tutte le categorie dei
lavoratori. Lo sciopero generale viene programmato per il 22 gennaio 1969. Il 21
gennaio, sulla Gazzetta del Sud, Silvio Rotondaro scrive: “Mentre si
susseguono le riunioni del comitato pro-salina e lo sciopero generale proclamato
per domani, il prefetto di Cosenza ha invitato nel suo ufficio il sindaco di
Lungro, insegnante Angiolino Bellizzi. Non si conoscono i termini del colloquio
ma è probabile che il rappresentante del governo abbia dato assicurazione del
suo più vivo interessamento per la questione della salina e gli abbia rivolto
l'invito ad adoperarsi per contenere l'agitazione nei limiti di una civile
protesta. Intanto a Lungro tutto è quasi pronto per la grande manifestazione a
cui parteciperanno tutte le categorie sociali. I motivi della agitazione, oltre
quelli di ordine generale (mancata assunzione di unità in sostituzione di
quelle che vanno in pensione; condizioni igienico -sanitarie in difetto delle
quali si svolge attualmente.”.
La
grossa manifestazione del 22 gennaio non è passata inosservata. Nel marzo dello
stesso anno il Ministro delle Finanze Reale nomina una commissione per
lo studio dei giacimenti di sale e l’eventuale prosecuzione
dell’attività estrattiva. Della Commissione fanno parte il dottor Attilio
Moretti direttore del servizio geologico, il prof. Peretti, del Politecnico di
Torino ed il prof. G. Rossi titolare della cattedra di arte mineraria di
Iglesias.
La
relazione finale della Commissione Moretti, anche se ritenuta dalla popolazione
più positiva, non si discostava di
molto da quella Bianchi. Se da una parte si richiedevano altri sondaggi,
dall’altra traspariva la non convenienza. Ancora manifestazioni e scioperi (16
persone denunciate per blocco stradale) ma oramai
si era capito che la sorte della Salina era segnata. Infatti alla fine si
decide di accettare la proposta avanzata dai Monopoli per la creazione di un
filtrifico ( questa attività, dopo continue riconversioni, ha cessato di
esistere in questi giorni) in sostituzione della Salina
Il
5 agosto 1976 i Monopoli di Stato deliberano la rinuncia alla concessione
mineraria che sarà ratificata dal Ministero dell’Industria l’8 marzo 1978.
I
SALINARI
Tantissimi
visitarono la Salina e molti di essi scrissero. Una cosa in particolare accomuna
quasi tutti gli scritti: il paragone con l’Inferno Dantesco.
Leonardo
Alberti, frate domenicano, intorno al 1525, così descrive la salina “Quindi
un miglio discosto vi sono le miniere di sale, In vero è cosa meravigliosa ad
entrare in quelle lunghe fongie fatte nelle viscere dell'altissimo monte, delle
quali alcune entrano mezzo miglio, et altre uno et più, ove cavano il sale”.
Il
Melograni, nel 1811, sulle condizioni degli operai: “L'altro inconveniente
che si presentò agli occhi miei fu di vedere, che il trasporto del sale
dall'interno della miniera al giorno, si esegue là sulla schiena degli uomini
adulti e de ragazzi. I primi ne portano in ogni viaggio un cantajo in pezzi
solidi attaccati colla fune; i secondi un mezzo cantajo di "sterro"
nei sacchi. È cosa compassionevole l'osservare, una processione di uomini nudi
far l'uffizio di bestie, e serbare marciando una linea sola, onde niuno
s'impacci ed urti insieme nei calli angusti che deve battere, ed
ognuno di essi, oppresso dal peso, ed affannato dal calore soffocante
della miniera, arriva al giorno anelante e coll'anima in bocca”
Giuseppe Samengo così recita: “... Dirupandosi
quindi come per lo pendio di una montagna per una scala di pessima costruzione e
già crollante si discende alla
galleria denominata Fossa Inferiore; la quale è una viva rappresentanza
dell'Inferno Dantesco, siccome questo lo è in parte del mondo fisico e
morale...
Qua
una serie non mai interrotta di gallerie deserte, abbandonate, ravvolte in buio
perenne, e ammonticchiate le une sulle altre quanto l'occhio può salire; là un
caos scoriente di sale di ogni forma, d'ogni grandezza buttato accavallato nel
disordine il più bizzarro e il più maestoso; più in là una vastissima aia
tutt'adorna e accesa come sala di teatro in dì di festa; ed archi e stecconati
e piramidi e colonne e pareti intagliate a cesello, nelle quali, come in un
prisma solare si riflettono in mille e diversi colori i raggi riverberati de'
lumi sospesi in ogni viottolo e in ogni chiassetto della gran Miniera; e tutta
questa immensa e confusa congerie di mura, di tetti, di spiragli, di cammini
stivata sparpagliata campata in aria come l'ali immani attaccate al corpo di un
immane augello; e tutto questo bacino irregolare
solcato e risolcato per tutti i versi e in tutte le
guise a scompartimenti, a
gironi, a triangoli, a ghirigori; e per questo andirivieni, e per questi
intralciamenti, Impiegati, Capi e Sotto-Capi, che s'incontrano e s'urtano a
tutt'ore aprendo e rimprocciando una moltitudine rimescolata d'uomini, di
fanciulli, di vecchi e giovani travagliatori che a maniera di un pelago
tempestoso rotto tra innumerevoli scogli or va ora viene ora scorre ora stagna e
sempre spuma e gorgoglia; e il rotolar dei massi che rovesciano lungo il vano
de' precipizi, i colpi di martello de' minatori, il brulicare degli operai, i
lamenti de' feriti, il fruscio delle pedate, il rimbalzo de' pavimenti, il
rimbombo de' sotterranei, e tutte queste voci e tutti questi rumori frequenti,
sonori, animati, ti fremono, ti oscillano dintorno come un sol grido lungo
eguale continuo....... “
Il
Padula: “ Quale scena pietosa! Il sale è portato fuori sulle spalle
di uomini e di ragazzi. I primi ne portano ad ogni viaggio un cantaio attaccato
con funi. I secondi estraggono un mezzo cantaio di sterro dentro i sacchi.
Quella gente, che arriva all'aria aperta con l'anima in bocca, è commovente. La
miniera ha la sventura di non avere avuto uno sviluppo orizzontale, ma uno
sprofondamento a labirinto. Basta dire che vi sono scale a piombo sulle
gallerie.
Il
Bellavite: ” …. ma anche pel' migliorare le condizioni degli operai
trasportatori, i quali ignudi ed ansanti su per piani inclinati e lungo ampie
caverne dovevano portare sul dorso i materiali d'escavo, facendo ricordare i
dannati di Dante… “.
Il
geologo Torquato Taramelli: “ I più instancabili e pazienti come formiche,
salgono e scendono in doppia corrente quel migliaio e mezzo di gradini, nudi,
trafelati, ansanti; e salgono pertanto sul dorso almeno quaranta chilogrammi di
sale. Altri con grande abilità, profittando di un cotal clivaggio mercatissimo
della roccia, ne sfaldano dei grossi parallelepipedi che con grande rumore
cadono sul suolo delle ampie camere di escavo, si rompono in pezzi minori e
danno poi da fare alla categoria dei cernitori. Il materiale meno puro, che però
contiene sempre almeno quattro quinti di sale viene gettato negli sterri e
disperso da un rivoletto presso la bocca della miniera. All'estremità di un
pozzo vidi un argano, ma non funzionava. Il trasporto a spalle è pia economico,
e quella gente non guadagna pia una lira al giorno”
Come
si può desumere dalla lettura delle descrizioni di questi visitatori della
Salina, le condizioni di lavoro erano inumane nonostante, come scrive il Sole,
“fosse invalsa la regola, dietro richiesta degli operai,
dell'alternanza nei lavori più pesanti e si usasse un senso di rispetto per i
salinari anziani, che, dopo parecchi anni di lavoro, venivano impiegati nel
settore della distribuzione. In miniera non esisteva, inoltre, alcuno strumento
meccanico che rendesse meno gravoso il lavoro degli operai e la
"discesa" era incredibile, se si pensa che i minatori dovevano
scendere centinaia e centinaia di gradini per raggiungere i cantieri e poi
risalire più volte al giorno con i sacchi pieni di sale.
I
tagliatori, armati di picconi, cunei e punteruoli, tagliavano le pareti del sale
ad un ritmo infernale, dato che la loro paga era stabilita in rapporto alla
quantità di sale che riuscivano a tagliare. I faticanti prelevavano il sale e
la "barda" e provvedevano a portarlo nei tre depositi dell'Ammendoletta,
della Galleria Nuova e in quelle
della Provvidenza. I facchini erano addetti a trasportare il sale, che poi
sarebbe stato pesato, i maestri, invece, erano in pratica muratori e falegnami e
provvedevano ad innalzare i muri di sostenimento e i gradini e si ingegnavano a
costruire qualunque cosa abbisognasse alla miniera. I caricatori erano addetti a
caricare i sacchi di sale sulle spalle dei faticanti, i luceri provvedevano alla
illuminazione della miniera ed i raccoglitori rastrellavano il sale minuto che
era rimasto nei cantieri.
Le
condizioni di lavoro erano inumane e gli operai incominciarono a protestare per
salvaguardare la loro salute e i loro interessi. Si sviluppa nei minatori uno
spirito cooperativistico e
liberale. Infatti fondano
l’Associazione dei “Lavorieri Salinari” con lo scopo di soccorrere i
lavoratori che o per salute o per altri motivi avessero bisogno. Socio
dell’Associazione era anche S.Leonardo, loro protettore, a cui ogni mattina
veniva segnata la presenza e la paga giornaliera. Il primo ad essere chiamato
per la riscossione dello stipendio era proprio San Leonardo.
Il
Padula, sicuramente l'osservatore più acuto sulle condizioni e sul carattere
delle popolazioni della provincia, scrive sui salinari di Lungro: “Dicono
arditamente le loro ragioni ai loro superiori. Sono risentiti, frizzanti e
mordaci assai. Amano gli stravizi, non curano la moneta e, nella quindicina che
son pagati, non badano che a spegnere qualche debito e far festa nelle cantine.
Son tutti liberali”.
Nel
1842 venne istituita una “Cassa di Risparmio” per gli operai che prevedeva
aiuti soprattutto in caso di malattia o inabilità al lavoro. L’associazione
durò fino al 1884.
A
Lungro, al contrario della zona, la presenza di un’attività industriale
aveva fatto nascere uno spirito “sindacale”. In Calabria, infatti,
alla metà dell’ottocento, vigeva ancora il sistema feudale. Francesco De
Santis, rifugiatosi in Calabria nel 1849 per sfuggire alle persecuzioni della
polizia borbonica, in una
lezione del 1873 sulla cultura calabrese tenuta nell'Università di Napoli,
descrisse così l’ ambiente: “In Calabria si sente qualche cosa
come di un terreno ancora feudale. Vi sono stato io fuggendo un mandato di
arresto e giungendovi dissi tra me: -Il feudalismo qui è ancora in vigore;…”
In
quel periodo si era aperta una dibattito sull’utilità o meno del lavoro
in Salina per l’economia del
paese.
Giuseppe
Samengo: “ Si è detto che a questo Stabilimento vada Lungro debitrice
della sua agiatezza e del primato che essa gode sopra tutt'i villaggi albanesi,
ed io nol nego. Ma dico ancora che l'agricoltura, che altre volte sforzò questo
suolo a metter fuori i suoi tesori, ora languisce, appunto perché il villico
sedotto dagli eventuali e momentanei vantaggi de' minatori gitta via sui campi
la marea e il badile, ed avvalendosi con un grosso mazzapicchio tra gli orrori
di queste latebre abbandona quella terra che non meritò mai il nome di
matrigna. Il Commercio, a dir vero, però avuto almen riguardo alla posizione
topografica del paese è in uno stato floridissimo come ne fan testimonianza i
suoi numerosi mercanti: i quali senza possedere un becco di un quattrino rizzano
dapprima su per le pubbliche strade una certa specie di frascato o catapecchia,
dove somministrando bubbole, bei bocconi, e squisiti centellini agli avventori,
cavano dallo scotto le spese e qualche zaccherello di vantaggio: poi co'
quattrini facendo quattrini giungono a fornir di merci una bottega, e tu li vedi
di giorno in giorno mettersi sempre più in tono, e spacciarsi tantosto ricchi
sfondolati”
Il
Samengo, pur ammettendo i benefici che il paese traeva dalla Salina, si lamenta
per la scarsa manodopera in agricoltura.
Una
interessante risposta al Samengo, che proponiamo per intero, viene data dal De
Marchis: “Il Governo Francese, che aveva rovesciato con mano ardita tutte
le nostre patrie istituzioni, per surrogare delle nuove, pari a chi rabbercia
novello edifizio coi scrollati ruderi di un antico, plasmava altro piano
amministrativo intorno alla salina. Vi eresse una direzione a parte
rappresentata da un Direttore, un Controloro, due Commessi, vari Pesatori, un
Ingegniere, il Custode alla porta, ed una guardia Doganale stabile sotto il
comando di un tenente incaricato non solo alla sorveglianza della Miniera; ma
ben'anche alla repressione de' Controbandi -Fuvvi stabilito per finanziero
organismo. che il genere si trasportasse nei fondaci di privativa aperti in
varie località della provincia, ed ivi a cura e responsabilità dei Ricevitori
eletti dal Re, si esitava alle Comuni a mezzo dei venditori privilegiati per
conto della reale finanza.
Questo
nuovo sistema organato sotto altre vedute di pubblica economia ravvisasi
mantenuto in vigore, ed influì non poco ad immegliare le condizioni del paese;
poiché Lungro frui sin d' allora
il beneficio di una direzione di 3^ classe; di un regio fondaco di
privivatistica, e l’esser destinato a Capo Circondario , ha dovuto accogliere
nel suo seno buon numero d' impiegati forastieri, i quali concorsero ad
incivilire i nostri antichi costumi.
E
mi cade qui il destro di chiamare a breve esame l' opinione di coloro, i quali
in vece di benedire l’eterna provvidenza per l'impartito dono della
Miniera, senza di cui Lungro lungi di una prospera progressione , sarebbe
rimasto nella primitiva condizione di oscuro Casale , si sforzano a sostenere,
che essa apportò piuttosto male, che bene al Comune, per aver distolto gli
abitanti dall’Agricoltura , proficua sorgente di ogni vera e reale comodità.
La
salina in ciascun anno eroga uno spesato di circa due. ventiduemila, quale somma
si espande per intero nel paese, come benefica rugiada diretta al sollievo della
popolazione, e gli stessi impiegati ivi spendono i loro soldi tanto per
sostentamento personale , che per pigioni di casa , e in altri oggetti di lusso.
Si arroge a tutto ciò il concorso dei vetturali , e corrieri, i quali senza
sosta debbono accederci, onde trasportare il sale nei vari fondaci, e depositi,
circostanza che imprime un gagliardo impulso all'industria commerciale
degl'indigeni, per provvedere il comune di tutto il necessario, e nello
speculare che il contante non sorta dalle loro mani, realizzano l’effetto
della eguaglianza del comodo tra essi.
D'
altronde, Lungro possedeva nei decorsi tempi un angusto territorio non
sufficiente ad offrirgli tutti i mezzi al proprio vivere , e con la divisione
demaniale, se le riuscì di estendere il Patrimonio del Comune; pure le terre
acquistate site nella maggior parte nel centro delle montagne inaccessibili
nell’inverno a causa delle nevi, che ingombrano la contrada, non si prestano a
tutte le migliorie, che ci detta una ben sentita agricoltura. Ciò non pertanto,
se in quelle algide località indarno si tenta la introduzione degli alberi
gentili, mentre il solo abeto, il cerro , ed il faggio, vi germogliano
rigogliosi, non si manca di ritrarre i rimanenti vantaggi, che possa offrire una
limitata semina di grano, germano, e patate, del pari che fruire del pascolo
estivo con pascolo estivo, con le svariate industrie di una estesa pastorizia.
All’opposto
poi, nelle contrade più Orientali verdeggiano le viti, l'ulivo ed il gelso, ed
il ricolto dei succedanci presta al proprietario bastante risorsa, onde farlo
vivere in agiata condizione. L'agricoltura quindi non è trascurata, come a
torto si declama, e se non costituisce pel comune un mezzo primario di pubblica
utilità, il difetto sta riposto
nella strettezza del territorio , nel clima alquanto rigido, e nella qua1ità
dei terreni poco ubertosi.
Ora
se la salina non fosse esistita , oppure esaurita a dischiuderci i suoi tesori,
ed i cittadini astretti solo ad occuparsi alla coltura dei fondi, il Comune ben
lungi dallo slancio progressivo, in cui si ritrova , gemerebbe senza dubbio
nella miseria, ed una pruova di fatto l'offrono a noi i contermini paesi, i
quali vivono o stazionari, o decrescenti nei loro abitanti a malgrado dell'
esteso, e fertile territorio che posseggono, e con cittadini quasi tutti intenti
all'agricoltura. In essi le abbondanti raccolte cadono nelle mani di pochi
proprietarii , e la generalità sempre bisognosa, non vive in quell’agiatezza
che dovrebbe, perché nessun'altra risorsa secondaria vi concorre a mitigare
la squallida inopia.
Non è dunque la ricchezza ristretta nel possesso di pochi, ma l’utile
diffuso nella generalità, che
anima, e seconda l’incremento degli abitanti, ed io preconizzo da ora, che se
la salina continuerà a rendere al R. Tesoro l’attuale prodotto, ed il governo
persisterà nel divisamento di proseguire l'esplotazione del minerale, e dà
compimento all’opera intrapresa del Cunicolo , di cui ho tenuto discorso,
Lungro nello svolgimento di altri cinquant'anni offrirà un aumento di
popolazione, da eccitare la
sorpresa, e l' ammirazione di tutta la Provincia.”
Nel
1901 costituiscono la “Società Operaia Salinaia di Mutuo Soccorso”. La
società gestiva anche uno spaccio ed era fra le più importanti della
provincia.
Nel 1903 scesero in piazza per difendere un loro compagno licenziato. Grazie alle loro lotte riuscirono a far integrare l’operaio e mandare via i dirigenti della Salina. “Ed è, caso raro per l'epoca, e non solo in Calabria, - scrive il Daneo nel 1981 - uno sciopero vittorioso, condotto oltretutto con metodi e forme di lotta "moderni"." Fra gli accusati anche il medico Nicola Irianni, sindaco del paese e consigliere provinciale, che prestava la sua opera presso la Salina, reo di non assistere con cura gli ammalati, di concedere la malattia solo ai suoi protetti e ricattare gli operai bisognosi delle sue cure. Si chiese che l’Irianni venisse allontanato.Non fu così facile in quanto il medico, con tutti i mezzi possibili, cercò di dividere il fronte operario. Nel 1904 fondò, in contrapposizione a quella dei salinari, la “Società di Mutuo Soccorso Skanderbeg” a cui aderirono anche alcuni salinari che prima lo avevano sfiduciato. |
Medaglia coniata dalla Società |
Le protezioni politiche fecero si che la vertenza fosse
allontanata nel tempo per non arrivare poi al alcuna conclusione.
I salinari, quindi, hanno avuto un ruolo importantissimo non solo
per la crescita economica e sociale ma anche culturale di Lungro.
BIBLIOGRAFIA
Giovanni
BELLAVITE: Cenni sulla miniera di salgemma di Lungro – Roma 1894
Giovanni
SOLE: Breve storia della Reale Salina di Lungro - Ed. Brenner Cosenza – 1981
Giuseppe
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Giuseppe
SAMENGO: La real Salina di Lungro – “ Il Calabrese” -Cosenza 30.06.1845
Domenico
DE MARCHIS: Breve cenno monografico-storico del Comune di Lungro- Napoli 1858
Vincenzo
PADULA: Calabria prima e dopo l’unità – Bari 1977
Agostino
Bulgarella: Osservazioni sul progetto di legge relativo alla cessione delle
saline di Barletta e Lungro –
Torino 1862
Torquato
Taramelli: Sul deposito di salgemma di
Lungro nella Calabria Citeriore – 1879
Ottone
Foderà: Infortunio nella Miniera di Lungro – 1879