Relazione presentata al Convegno PSICOLOGIA ED EMERGENZA
Roma, 28.29 maggio 99.
PROGRAMMA DI ASSISTENZA
PSICOLOGICA PER LEMERGENZA PROFUGHI
di
Claudio LINDA - Psicologo Dir. 2ƒ livello -
Responsabile U.O. Psicologia - DSM - ASL 7 - Ancona.
Questa
relazione riguarda una recente esperienza di assistenza psicologica per
lemergenza profughi nellAzienda U.S.L. 7 di Ancona. Pur essendo stata
la programmazione precipitosa e la realizzazione, come vedremo, molto breve,
lesperienza Ë risultata significativa e utile per impostare ulteriori
interventi in caso di future situazioni di maxiemergenza.
Nel
mese di aprile 99 la Prefettura di Ancona comunicava come imminente larrivo
di profughi kossovari, prevedendo la possibilitý di accoglienza
di 1500 persone nelle Marche, di cui 500 ad Ancona.
Immediatamente
si sono messi in moto vari enti e associazioni per dare il contributo di
loro competenza: il Comune ha messo a disposizione i locali delle ex scuole
non utilizzate, la Croce Rossa, gli Scout, gruppi di volontariato si sono
allertati e le Aziende sanitarie si sono predisposte per i compiti di competenza.
CË da notare che ad Ancona, cittý di 100.000 abitanti, sono
presenti ben quattro Aziende sanitarie, tre ospedaliere e una territoriale.
Pertanto
la nostra Azienda U.S.L. ha messo a punto un piano di assistenza sanitaria,
formulando un pacchetto di possibili interventi in 5 punti: 1) interventi
di igiene e vaccinazioni; 2) assistenza medica di base; 3) emergenza extraospedaliera;
4) ospedalizzazione; 5) assistenza psicologica.
Lorganizzazione
del quinto punto Ë stata assegnata alla nostra Unitý Operativa
di Psicologia, che ha formulato un programma di possibili interventi.
PROGRAMMA
PRELIMINARE
Abbiamo
quindi formulato un pacchetto di attivitý, ovviamente da adattare
alle reali condizioni che si sarebbero presentate. I punti principali erano:
1)Supporto
agli operatori volontari ed istituzionali per elaborare e gestire lemergere
delle emozioni soggettive, in modo da evitare un eccessivo ed incontrollato
coinvolgimento che puÚ incidere negativamente sulla possibilitý
di instaurare relazioni daiuto, favorendo fenomeni di burn-out.
Le
modalitý di intervento consistono nellorganizzazione di gruppi
di auto-aiuto, inizialmente condotti dagli psicologi con possibilitý
in seguito di diventare autogestiti.
2)
Supporto al personale che si occupa dei bambini (educatori e animatori)
per impostare attivitý che permettano di far esprimere individualmente
o in gruppo le emozioni relative agli eventi traumatici. A questo fine
si possono utilizzare attivitý espressive come il disegno, il gioco,
la drammatizzazione, che facilitino lelaborazione dei traumi vissuti.
Il
riferimento sono le linee guida dellU.N.I.C.E.F. per gli interventi con
i bambini traumatizzati.
Si
ipotizza inoltre per i bambini la ripresa dell'attivitý scolastica,
utilizzando le eventuali risorse presenti tra i profughi stessi, tra cui
ci potrebbero essere insegnanti o comunque persone in grado di svolgere
unattivitý educativa. Inoltre si ritiene utile impostare un insegnamento
della lingua italiana.
Inoltre
si pensa tra laltro allintegrazione nei centri estivi gestiti dal comune.
3)
Assistenza diretta ai profughi. finalizzata a fornire strumenti per
lelaborazione della perdita e del lutto, per realizzare il recupero di
importanti aspetti della propria identitý, fortemente messi in discussione
dalla drammaticitý degli eventi subiti. Con interventi individuali
e di gruppo si puÚ aiutare a tollerare linevitabile perdita di
punti di riferimento e a contenere langoscia derivante dallinstabilitý
del presente e lincertezza del futuro.
Specialmente
per questultimo intervento si rivela necessario superare la barriera linguistica,
prevedendo la presenza, possibilmente tra gli stessi profughi, di uno o
pi˜ interpreti, che svolgano anche un ruolo di mediatori culturali.
4)
Affido minori. Questo punto viene formulato in seguito alle richiesta
del Tribunale per i minorenni di provvedere allaffido dei bambini senza
genitori. Per vari giorni anche i giornali e le TV locali lanciano appelli
alle famiglie per dare la loro disponibilitý ad accogliere in affidamento
i molti bambini orfani in arrivo.
Quindi
il quarto punto, che riguarda prevalentemente gli operatori del consultorio,
comporta anzitutto la valutazione delle famiglie disponibili ed inoltre
la valutazione dei bambini da assegnare in affido per effettuare in tempi
brevi labbinamento, con la conseguente attivitý di sostegno alle
famiglie attravrso colloqui, gruppi e tutti gli interventi necessari con
i bambini, che si prevede siano fortemente traumatizzati.
INTERVENTI
Il
sei maggio Ë arrivato il primo gruppo di profughi in numero di 119,
tra cui 32 bambini di etý inferiore a 14 anni; tutti sono stati
sistemati negli ex edifici scolastici appositamente predisposti.
Per
vari aspetti la situazione si presentava molto diversa da quella attesa.
Anzitutto nessuno conosceva minimamente litaliano e solo qualcuno aveva
una rudimentale conoscenza dellinglese. Infatti, mentre gli albanesi dAlbania
hanno spesso una certa conoscenza della lingua italiana, questo non si
riscontra negli albanesi del Kossovo, che parlano un dialetto albanese
e secondariamente il serbo-croato. PerciÚ nei primi giorni linterprete
assegnato al campo riusciva con grande difficoltý a far fronte ai
problemi di traduzione; inoltre doveva occuparsi prioritariamente di alcune
emergenze sanitarie come la lotta alla pediculosi e alla scabbia che erano
molto diffuse tra i profughi arrivati.
Diversamente
dalle attese non cerano bambini soli, ma tutti i bambini erano arrivati
insieme alle loro famiglie, che rispetto alle nostre sono molto ampie:
ogni famiglia era composta da circa 10 o anche 15 persone; si trattava
quindi di famiglie patriarcali, ognuna delle quali comprendeva vari nuclei,
per cui i bambini avevano per lo meno il supporto dei parenti.
Inoltre
lintenzione dei profughi era quella di poter lasciare lItalia al pi˜
presto per raggiungere conoscenti e parenti in Germania e Svizzera. La
preoccupazione principale era quindi quella di sapere se avrebbero potuto
realizzare questo obiettivo in tempi brevi, pur essendo privi di documenti
di identitý, che erano stati distrutti dalle milizie serbe. Nessuno
quindi sapeva se sarebbero rimasti per molti mesi o per pochi giorni.
In
questa situazione abbiamo dovuto constatare che molti dei nostri punti
programmatici erano inadeguati alle condizioni reali e quindi Ë
stato necessario rivederli. Abbiamo perciÚ deciso che per il momento,
in attesa di sapere se fosse possibile fare programmi a lunga scadenza,
si poteva proporre unattivitý con i bambini.
Quando
Ë stato possibile parlare, ovviamente con la mediazione dellinterprete,
con alcuni rappresentanti dei profughi, che si facevano portavoce con gli
altri, Ë stata accolta favorevolmente la proposta di cominciare
con un programma di attivitý a breve scadenza. Se la permanenza
nel campo profughi si fosse prolungata si sarebbero concordati programmi
a scadenza pi˜ lunga.
Si
Ë deciso con il consenso e l'approvazione dei genitori di effettuare
le attivitý espressive con i bambini appartenenti alla fascia detý
delle scuole elementari e medie, iniziando con i disegni, prima spontanei
e poi a tema, e di impostare anche un insegnamento a livello di gioco di
alcune parole italiane.
Si
Ë quindi rinviata leventuale organizzazione di altri interventi,
come il laboratorio di attivitý espressive (con canto, poesie, animazione,
rappresentazioni teatrali) finalizzato anche alla manifestazione ed elaborazione
dei traumi.
Sono
quindi cominciati gli incontri con i bambini, con la compresenza di quattro
psicologi tirocinanti e di tre profughi adulti interessati, che li conoscevano
in quanto insegnanti o genitori.
Lesperienza
Ë stata molto breve in quanto dopo pochi giorni, nei quali si sono
tenuti due incontri, i profughi hanno saputo che avrebbero potuto raggiungere
i paesi di destinazione (Germania e Svizzera) anche senza documenti, ottenendo
i benefici dellasilo politico.
Il
campo profughi in poco tempo si Ë svuotato e quindi non Ë
stato possibile procedere con altre attivitý.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Pur
essendo stata incompleta e limitata nel tempo, questa esperienza ci ha
permesso di effettuare le seguenti considerazioni:
1)
In base agli elementi di valutazione in nostro possesso, quali i disegni,
losservazione dei comportamenti ludici (gioco spontaneo e attivitý
con i volontari scout), le interazioni con i familiari e con i nostri operatori,
abbiamo constatato con nostra sorpresa la presenza nei bambini di un buon
equilibrio sul piano emotivo e relazionale.
Anzitutto
i disegni presentavano elementi prevalentemente positivi sia sul piano
formale che contenutistico. In generale si riscontrava lutilizzo di colori
vivaci e ricchezza di particolari. Il contenuto principale dei primi disegni
spontanei era la casa (che come Ë noto Ë molto frequente
nei bambini, ma in questa situazione poteva anche essere in rapporto con
la preoccupazione di avere un punto di riferimento stabile e sicuro, che
al momento era stato perso) e spesso erano presenti elementi decorativi
come fiori o il sole.
Inoltre
nel comportamento si evidenziava spontaneitý, voglia di fare, piacere
nellinteragire con i nostri operatori: per esempio molti si divertivano
a imparare parole italiane, insegnando le corrispondenti parole albanesi.
Quindi
nella nostra valutazione, inevitabilmente poco approfondita, abbiamo visto
bambini sostanzialmente sani dal punto di vista psicologico, molto disponibili
a riprendere una vita normale e a giocare, ridere, disegnare.
Questo
puÚ essere spiegabile con il fatto che si trattava di soggetti che
hanno trovato supporto nelle proprie risorse interiori e, allesterno,
negli adulti di riferimento della famiglia allargata.
Inoltre
appartenevano a famiglie che, pur nella drammaticitý della situazione
che le ha costrette a fuggire dalle loro case, non avevano subito direttamente
quelle gravissime violenze di cui sono stati vittime altri profughi.
In
particolare nella loro cultura la famiglia patriarcale dý un forte
sostegno ai membri in difficoltý anche nelle situazioni di pace;
per esempio se una persona Ë disoccupata il clan familiare provvede
alle sua necessitý materiali con una solidarietý che fornisce
anche supporto sul piano affettivo.
Probabilmente
questa organizzazione sociale permette anche nelle situazioni di emergenza
di poter contare su un forte sostegno, cosa che forse risulta pi˜
difficile nell'organizzazione familiare del mondo occidentale.
2)
Tali considerazioni sono state confermate dal confronto di esperienze avute
con colleghi che hanno partecipato al primo turno della Missione Arcobaleno
nel campo profughi di Valona. I bambini che sono fuggiti con le loro famiglie
e che non hanno subito nÈ assistito a gravi violenze dirette, si
sono rivelati sostanzialmente sani ed equilibrati.
3)
E confermata limportanza della responsabilizzazione e della collaborazione,
nei limiti del possibile, degli utenti; Ë fondamentale non tanto
rispondere ai bisogni, quanto offrire delle opportunitý e valorizzare
le risorse disponibili.
Nel
nostro caso si stavano creando le condizioni per fare una programmazione
delle attivitý insieme ai profughi, sia quelle rivolte ai
bambini sia quelle eventualmente rivolte agli adulti.
4)
Questa esperienza Ë unulteriore conferma del fatto che la programmazione
degli interventi deve essere flessibile, per potersi adeguare alle reali
condizioni, che il pi˜ delle volte non sono prevedibili o sono prevedibili
solo in minima parte. Spesso infatti le emergenze sono caratterizzate dal
fatto che si verificano allimprovviso, senza che ci possa essere una specifica
programmazione preventiva.
5)
Lesperienza ha costituito un forte stimolo per gli operatori a consolidare
la preparazione professionale finalizzata ad affrontare le emergenze in
varie situazioni; Ë stata anche uno stimolo per lAzienda U.S.L.
a consolidare lUnitý di crisi per le maxiemergrnze che richiedono
un intervento sanitario integrando le attivitý mediche con quelle
psicologiche.
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