9 Aprile 2003

Amare l'America 

e  marciare per la Pace

 di Umberto Eco

(inviato da Samuel)

IL MALE fa male. Non dico cosa nuova se ricordo che la
finalità principale di ogni azione e movimento
terroristico è destabilizzare il campo di coloro che
colpisce. Destabilizzare vuole dire mettere gli altri
in fibrillazione, renderli incapaci di reagire con
calma, farli sospettosi gli uni degli altri. Né il
terrorismo di destra né quello di sinistra sono
riusciti, in fin dei conti, a destabilizzare per
esempio il nostro paese. Per questo sono stati
sconfitti, almeno alla loro prima e più temibile
offensiva. Ma si trattava in fondo di fenomeni
provinciali.

Il terrorismo di Bin Laden (e in ogni caso della vasta
fascia fondamentalista che egli rappresenta) è
evidentemente assai più abile, diffuso, efficiente. È
riuscito a destabilizzare il mondo occidentale, dopo
l'11 settembre, evocando antichi fantasmi di lotta tra
civiltà, guerre di religione, scontro di continenti.
Ma ora sta ottenendo un risultato assai più
soddisfacente: dopo avere approfondito la frattura tra
mondo occidentale e terzo mondo sta ora incoraggiando
profonde fratture all'interno dello stesso mondo
occidentale.

E' inutile che ci facciamo illusioni: si stanno
profilando conflitti (non bellici, ma certo morali e
psicologici) tra America ed Europa, e una serie di
fratture all'interno dell'Europa stessa. Un certo
latente antiamericanismo francese si fa sentire a voce
più alta e (lo avremmo mai immaginato?) in America
torna di moda l'appellativo di mangiatori di rane con
cui un tempo si indicavano i francesi.

Per tenere i nervi a freno occorrerà anzitutto
ricordare che queste fratture non oppongono gli
americani ai tedeschi o gli inglesi ai francesi.
Assistendo alle proteste contro la guerra che stanno
sorgendo su entrambe le sponde dell'Atlantico,
cerchiamo di ricordare che non è vero che "tutti gli
americani vogliono la guerra" e nemmeno che "tutti gli
italiani vogliono la pace". La logica formale ci
insegna che basta che un solo abitante del globo odi
sua madre perché non si possa dire "tutti gli uomini
amano la loro mamma". Si può solo dire "alcuni uomini
amano la loro mamma" e "alcuni" non vuole dire
necessariamente "pochi", può volere dire anche il
novantanove per cento.

Ma anche il novantanove per cento non si traduce come
"tutti" bensì come "alcuni", che appunto vuole dire
non tutti. Pochi sono il casi in cui si può usare il
cosiddetto quantificatore universale "tutti": di
sicuro solo per l'affermazione "tutti gli uomini sono
mortali", perché sino ad oggi, anche i due di cui si
pensa siano resuscitati, Gesù e Lazzaro, a un certo
punto hanno cessato di vivere, e dall'imbuto della
morte sono passati. Quindi le fratture non sono tra i
tutti di una parte e i tutti di un'altra: sono sempre
tra alcuni delle due (o tre, o quattro) parti. Sembra
una pignoleria, ma senza premesse del genere si cade
nel razzismo.

Nel vivo, sanguinoso anche se non ancora sanguinante,
di queste fratture, si odono ogni giorno affermazioni
che diventano fatalmente razziste, del tipo "tutti
coloro che paventano la guerra sono alleati di
Saddam", ma anche "tutti coloro che ritengono talora
indispensabile l'uso della forza sono nazisti".
Vogliamo cercare di ragionare?

Qualche settimana fa un recensore inglese, parlava,
tra l'altro in tono tutto sommato favorevole, del mio
libretto Cinque scritti morali da poco tradotto nel
suo paese. Ma arrivato alla pagina in cui scrivo che
la guerra dovrebbe diventare tabù universale,
commentava sarcasticamente: "Vada a dirlo ai
sopravvissuti di Auschwitz". Sottintendeva cioè che se
tutti avessero avuto in orrore la guerra non ci
sarebbe stata neppure la sconfitta di Hitler e la
salvezza (purtroppo solo di "alcuni") degli ebrei
rinchiusi nei campi di sterminio.

Ora questo mi pare un ragionamento come minimo
ingiusto. Io posso sostenere (e di fatto sostengo) che
l'omicidio è un crimine inammissibile e non vorrei mai
uccidere qualcuno in vita mia ma, se un tizio armato
di coltello mi entrasse in casa e volesse uccidere me
o uno dei miei cari, farei il possibile per fermarlo
con una sediata sulla testa, e se quello ci rimanesse
secco non proverei il minimo rimorso. Del pari la
guerra è un crimine e il colpevole che ha scatenato la
seconda guerra mondiale si chiamava Hitler: se poi,
una volta che l'ha scatenata, gli alleati si sono
mossi e hanno opposto violenza a violenza, hanno
naturalmente fatto bene perché si trattava di salvare
il mondo dalla barbarie. Ciò non toglie che la seconda
guerra mondiale sia stata una cosa atroce, che è
costata cinquantacinque milioni di vittime, e che
sarebbe stato meglio se Hitler non l'avesse scatenata.

Una forma meno paradossale di obiezione è questa:
"dunque tu ammetti che è stato un bene che gli Stati
Uniti siano intervenuti militarmente per salvare
l'Europa e impedire che il nazismo erigesse campi di
sterminio anche a Liverpool o a Marsiglia?"
Certamente, rispondo, hanno fatto bene, e rimane per
me ricordo indimenticabile l'emozione con cui da
tredicenne sono andato incontro al primo reggimento di
liberatori americani (tra l'altro, un reggimento di
neri) che arrivava nella cittadina in cui ero
sfollato. Mio amico è subito diventato il caporale
Joseph, che mi ha dato i primi cheewing gum e i primi
fumetti con Dick Tracy. Ma a questa obiezione, dopo la
mia risposta, ne segue un'altra: "Dunque hanno fatto
bene gli americani a stroncare sul nascere la
dittatura nazifascista!"

La verità è che non solo gli americani ma anche gli
inglesi e i francesi non hanno affatto stroncato le
due dittature sul nascere. Il fascismo hanno cercato
di contenerlo, di ammansirlo e persino di accettarlo
come mediatore sino agli inizi del 1940 (con qualche
atto dimostrativo come le sanzioni, ma poco di più), e
il nazismo lo hanno lasciato espandersi per alcuni
anni. Gli Stati Uniti sono intervenuti dopo essere
stati attaccati dai Giapponesi a Pearl Harbor e tra
l'altro rischiamo di dimenticarci che sono state
Germania e Italia, dopo il Giappone, a dichiarare
guerra agli Stati Uniti e non viceversa (lo so che ai
più giovani questa può parere una storia grottesca, ma
è andata proprio così).

Gli Stati Uniti hanno atteso a entrare in un conflitto
terribile, malgrado la tensione morale che li spingeva
a farlo, per ragioni di prudenza, perché non si
sentivano abbastanza preparati, e persino perché anche
da loro c'erano dei simpatizzanti (famosi) per il
nazismo, e Roosevelt ha dovuto lavorare di fino per
trascinare il suo popolo in quella vicenda.

Hanno fatto male Francia e Inghilterra ad aspettare,
sperando ancora di arrestare l'espansionismo tedesco,
che Hitler invadesse la Cecoslovacchia? Forse, e molto
si è ironizzato sulle disperate manovre di Chamberlain
per salvare la pace. Questo ci dice che talora si può
peccare per prudenza, ma che si tenta tutto il
possibile pur di salvare la pace, e almeno alla fine è
stato chiaro che era Hitler colui che ha iniziato la
guerra e ne portava dunque tutte le responsabilità.

Trovo quindi ingiusta la prima pagina di quel
quotidiano americano che ha pubblicato la foto del
cimitero dei bravi yankees morti per salvare la
Francia (ed è vero) avvertendo che ora la Francia si
stava dimenticando di quel debito. La Francia, la
Germania e tutti coloro che trovano prematura una
guerra preventiva fatta ora e solo in Iraq non stanno
negando solidarietà agli Stati Uniti nel momento in
cui sono, per così dire, circondati dal terrorismo
internazionale.

Stanno soltanto sostenendo, come molte persone di buon
senso pensano, che un attacco all'Iraq non
sconfiggerebbe il terrorismo ma probabilmente (e
secondo me certamente) lo potenzierebbe, porterebbe
nelle file terroriste molti che ora si trovano in
condizioni di perplessità e prudenza. Pensano che il
terrorismo raccoglie adepti che vivono negli Stati
Uniti e nei paesi Europei, e i loro soldi non sono
depositati nella banche di Bagdad, ma possono riceve
armi, chimiche e no, anche da altri paesi.

Cerchiamo di immaginare che, prima dello sbarco in
Normandia, De Gaulle si fosse incaponito, visto che
aveva le sue truppe nei territori d'oltremare, a
esigere uno sbarco sulla Costa Azzurra. Gli americani
e gli inglesi si sarebbero probabilmente opposti
adducendo numerose ragioni, che nel Tirreno c'erano
ancora a est truppe tedesche col controllo delle coste
italiane almeno nel golfo di Genova, o che sbarcando
al nord si aveva alle spalle l'Inghilterra ed era più
sicuro far transitare truppe da sbarco sulla Manica
che farle navigare per tutto il Mediterraneo. Avremmo
detto che gli Stati Uniti pugnalavano la Francia alle
spalle? No, avrebbero espresso un dissenso strategico
e infatti ritengo che fosse più saggio sbarcare in
Normandia. Avrebbero usato tutto il loro peso per
indurre De Gaulle a non compiere un'operazione sterile
e pericolosa. Tutto qui.

Un'altra obiezione che circola è poi questa, e mi è
stata posta recentemente da un signore molto
importante e benemerito per gli sforzi compiuti da
anni in missioni pacifiche: "Ma Saddam è un feroce
dittatore e il suo popolo soffre sotto il suo
sanguinoso dominio. Non pensiamo ai poveri iracheni?"
Ci pensiamo sì, ma stiamo pensando ai poveri coreani
del Nord, a chi vive sotto il tallone di tanti
dittatori africani o asiatici, a chi si è visto
dominato da dittatorelli di destra sopportati e
nutriti per impedire rivoluzioni di sinistra
nell'America del Sud?

Si è mai pensato di liberare con una guerra preventiva
i poveri cittadini russi, ucraini, estoni o uzbechi
che Stalin mandava nei Gulag? No, perché se si dovesse
far guerra a tutti i dittatori il prezzo, in termini
di sangue e di rischio atomico, sarebbe enorme. E
dunque, come sempre si fa in politica, che è realista
anche quando ispirata a valori ideali, si è
traccheggiato, cercando di ottenere il massimo con
mezzi non cruenti. Scelta vincente, tra l'altro, visto
che le democrazie occidentali alla fine sono riuscite
a eliminare la dittatura sovietica senza lanciare
atomiche. Ci è voluto un poco di tempo, qualcuno nel
frattempo ci ha rimesso le penne, e ci dispiace, ma
abbiamo risparmiato qualche centinaio di milioni di
morti.

Sono poche osservazioni ma sufficienti, spero, a
suggerire che la situazione in cui ci troviamo non
consente, e proprio a causa della sua gravità, tagli
netti, divisioni di campo, condanne del tipo "se la
pensi così sei nostro nemico". Anche questo sarebbe
fondamentalismo. Si possono amare gli Stati Uniti,
come tradizione, come popolo, come cultura, e col
rispetto dovuto a chi si è guadagnato sul campo i
galloni di paese potente del mondo, si può essere
stati colpiti nell'intimo dalla ferita che hanno
subito più di un anno fa, senza per questo esimersi
dall'avvertirli che il loro governo sta compiendo una
scelta sbagliata e deve sentire non il nostro
tradimento, ma il nostro franco dissenso. Altrimenti
quello che sarebbe conculcato sarebbe il diritto al
dissenso. E questo sarebbe proprio il contrario di
quello che hanno insegnato a noi giovani di allora,
dopo anni di dittatura, i liberatori del 1945.

(14 febbraio 2003)