12 Gennaio 2001

Favola d'inverno

C'era una volta una bambina. Così iniziano tutte le favole; c'era una volta una bambina che aveva tanti ma tanti sogni, sognava di diventare grande in fretta, sognava di diventare una brava persona, sognava di aiutare tante altre persone... sognava di essere diversa da com'era, e di diventare migliore, ma soprattutto sperava che gli altri bambini smettessero di prenderla sempre in giro, perchè non era come loro. Ma la bambina non sapeva che spesso i desideri non si realizzano e che gli altri bambini non avrebbero mai smesso di prenderla in giro!

Un giorno la bambina si guardò allo specchio, e con sua grande sorpresa si accorse che finalmente era cresciuta, era diventata più alta, le sue mani erano più grandi, frequentava bambini diversi... ma... non era cambiato molto; i nuovi bambini, che non erano poi veramente bambini, continuavano a parlare male di lei e a prenderla in giro; era brava a scuola e le piaceva la musica, anche se con qualche dubbio in proposito, sapeva soprattutto che la maggior parte delle sue paure erano tutte finte, le immaginava ma non esistevano. Era anche possibile che alcuni dei bambini con cui stava le volessero bene, ma se era così, pensava, nessuno glie lo diceva e lei continuava a sentirsi sola; ormai cresciuta, aveva smesso di sognare che un giorno potesse arrivare qualcuno che la portasse via lontano lontano da quei bambini e non voleva più diventare grande; ma ormai era troppo tardi!

Passò ancora qualche anno e la bambina decise di guardare indietro per rivedere quello che aveva fatto della sua vita, e si accorse che aveva lasciato dietro di se solo una grande desolazione. Lei non voleva essere una delle tante che si perdono nell'ombra, una di quelle che dimentichi appena girato l'angolo, non voleva passare gli anni scolastici, brillando quanto può brillare una candela ormai esaurita; voleva che i suoi genitori fossero fieri di lei, che potessero vivere convinti che lei ce l'avrebbe fatta da sola, ma sapeva che niente di tutto questo era lei; sapeva che aveva troppa paura di volare in alto, sapeva che niente di quello che faceva riusciva a soddisfarla.

Si faceva tante prediche da sola sul coraggio che doveva avere, sulla forza di volontà che doveva portarla lontano, e non smetteva di sognare: sognava di finire la scuola e di trovare un bel lavoro, sognava di avere una sua famiglia da stringere e coccolare, come quella in cui era cresciuta, sognava di avere un'amica a cui confidare quante nuvole aveva visto in cielo, e quante volte aveva sospirato, sognava di vivere una vita bella, semplice, e completa; più passava il tempo, però, più la bambina cominciava a perdere la speranza. Apri gli occhi, si diceva, apri gli occhi e guardati intorno, cosa vedi? E vedeva una ragazza che non piaceva a se stessa, vedeva due occhi tristi e soli, vedeva due mani piccole, sentiva il rumore dei suoi sospiri e avvertiva la paura che la circondava; cosa c'era di bello nella sua vita, cosa faceva di tanto importante per se stessa se poi non credeva nei suoi studi e nelle sue scelte. Si accorse finalmente, un giorno, che qualcosa non andava in lei; che c'era troppo buio attorno a lei, che era sola perchè non apriva gli occhi, e che non poteva aprirli gli occhi, perchè aveva troppa paura di vedere cosa c'era fuori; a mala pena si rendeva conto che niente le dava più gioia, che non provava più piacere nemmeno per le cose che prima le erano sembrate più importanti; la lettura a cui aveva sempre attinto negli anni precedenti aveva smesso di arricchire la sua gioia, e le favole che inventava ogni giorno, per far finta di avere un'altra vita, cominciavano a svanire essendosi quasi esaurita la sua fantasia; avrebbe voluto chiudersi in casa, dormire e niente altro, non vedere più nessuno, non fare più niente; ma anche quello le sembrava terribilmente noioso e aveva anche paura di dirlo a qualcuno che si sentiva tanto male perchè non voleva far preoccupare le persone che le volevano bene, però nello stesso tempo avrebbe voluto che qualcuno le dicesse qualcosa che potesse veramente aiutarla e non sentire più " io non posso aiutarti" o " devi farti forza da sola perchè io non ci sarò sempre". Non sopportava l'idea che potesse restare sola con persone che assomigliavano a quei bambini che una volta la prendevano in giro.

Una cosa però sapeva: che probabilmente tutta questa paura era immotivata e che si immaginava un drago vedendo una lucertola, solo che questo pensiero stava così in fondo alla sua testa che a mala pena riusciva a sentirne la flebile voce in lontananza, senza più forze decise che avrebbe scritto un messaggio per lanciarlo in una bottiglia, casomai qualche folletto l'avesse trovata, avrebbe pensato forse un po' a lei??

Sorse allora un nuovo problema: aveva troppe cose da dire, non sapeva cosa scrivere, le sue emozioni si spintonavano sulla punta delle sue dita e solo alcune trovarono la forza di imprimersi sulle pagine di quell'unico atto di fiducia che la bambina stava scrivendo; tutte le altre rimasero dentro di lei, come un feroce drago che sputa fiamme, bruciando gli occhi della bambina.

Lei, dal canto suo, rimase sulla riva del mare ad aspettare un vento propizio che la portasse via lontano lontano. Ed è ancora lì, pensa, adesso, che la sua bottiglia forse non è arrivata a nessuno e che lei rimarrà lì da sola ad apettare che il sole tramonti di nuovo, pensa che domani si sentirà meglio, forse per un giorno o due e che la prossima volta che le succederà di pensare che odia la sua vita forse dovrebbe darsi una martellata su un dito, pensa che il mare è bellissimo e che sarebbe stupendo essere un'onda del mare e visitare tanti posti e incontrare tanta gente, pensa che dietro di lei c'è una vita che non può più tornare e che deve andare avanti ed ha ancora più paura perchè se la sua vita dovesse continuare a trascinarsi debolmente potrebbe anche stare ancora peggio, e lei non vuole, perchè ama essere felice, ama ridere, ama vedere le persone felici, ama vivere in ogni modo e in ogni luogo possibile.

GaiaRos