Il Piccolo – “I Rouges si son fatti da sé”

TRIESTE – Suonano pezzi che si chiamano “Contatto cosmico”,  “Nuvole”, “Il respiro del vento”, ma non fatevi trarre in inganno: non sono i referenti locali di Kitaro o Vollenweider. Mimmo Rossi e i suoi “Rouges” (simpatico calembour, visto che altro non è, dichiaratamente, che la traduzione francese del suo cognome…) suonano il rock, e non transigono. Duri e puri, ache se rifiutano, e giustamente, l’etichetta di metallari. C’è, in effetti, sopra la testa e dietro all’ispirazione di Mimmo, una trentina d’anni, chitarrista extraordinaire, studi classici al Conservatorio prima di diventare a sua volta insegnante alla Scuola 55 di Angelo Baiguera, una presenza dichiarata: quella di Joe Satriani, “axeman” di rara potenza e per anni tutore di un altro mito mondiale della chitarra, Steve Vai. Attorno alle scale del californiano, Rossi e i suoi hanno costruito un intero disco, pur mediandolo con un gusto per la melodia tipicamente europeo, per non dire italiano.

Il cd, autoprodotto e interamente triestino, essendo stato anche registrato localmente, nello studio Bergas Livars, è un momento di sintesi dopo 4 anni di intensa attività concertistica a Trieste e fuori. Per strada i Rouges hanno perso un chitarrista, Massimo De Angelis, ma questo sembra aver stimolato ulteriormente Rossi che, per usare una vecchia battutaccia da rocker, svisa anche fuori dalla copertina, ben assecondato dal basso di Andrea Cova, dalla batteria di Giulio Roselli e dalle tastiere ed effetti di  Aura Mendola. Satriani è sempre lì, si capisce, e non è certo un caso che, come nella migliore tradizione del Maestro, il disco sia interamente strumentale. Resta il fatto che i Rouges dimostrano di averne recepito appieno la lezione e, con l’unico limite di una produzione e di un suono forzatamente spartani (gli studi e le ore di registrazione, si sa, costano…), riescono ad imporsi come un qualcosa di originale e probabilmente inedito, nel panorama di casa nostra. In quasi 50 minuti di musica i patiti della chitarra e non avranno modo di apprezzare delle autentiche chicche di solismo (un titolo tra tanti, la suggestiva “Camini di fata”) alternarsi a pezzi più scatenati o ad autentici equilibrismi sullo strumento.

Scatenato pur senza strafare, con grande gusto per le timbriche che tira fuori dalla sua chitarra artigianale “D.C. TS” (di questi tempi meglio non investigare sulle sigle…), Rossi offre un assaggio gustoso di quello che potrebbero tirar fuori i Rouges con un contratto discografico vero e qualche mezzo economico in più.

Furio Baldassi