Associazione culturale evaristiana “Madre Beniamina Piredda

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Madre Beniamina Piredda



Note Biografiche sui fondatori
Beniamina Piredda ed Evaristo Madeddu

Beniamina Piredda nasce a Mandas il 5 dicembre 1869. La madre Teresa Ghiani, di famiglia nobile, sposò un suo collega insegnante elementare, Tommaso Piredda. Beniamina fu la loro unica figlia, di salute cagionevole e affetta da tracoma e svariate altre malattie fin dall'età di tre anni. Alla morte della madre, nel 1898, ne ereditò interamente il patrimonio familiare, e alla morte del padre, avvenuta nel 1909, rimase sola e malata, incapace di provvedere a se stessa.
Evaristo Madeddu nasce il 25 novembre 1890 a Villaputzu, piccolo centro del Sarrabus. Penultimo di sette figli Angelina Corona, moglie di seconde nozze di Vincenzo Madeddu, fabbro e prematuramente vedovo. All'età di nove anni fu costretto a lasciare la scuola per assistere la mamma malata, dato che le sue tre sorelle erano morte in tenera età, e ad abbandonare il suo progetto di sacerdozio.

I due si conoscono a Cagliari, e subito decidono di sposarsi per portare avanti un progetto comune di assistenza ai bisognosi. Ricorda Madeddu: "Era una donna già anziana, modestamente vestita di nero, che nascondeva il suo volto pallido sotto la sciarpa. Un giorno ella mi raccontò i suoi dolori: era sola al mondo, figlia unica, aveva perduto i genitori ed era inferma sin dalla nascita, specialmente agli occhi. Mi disse: <se avessi avuto un fratello come lei, quanto bene non si sarebbe potuto fare insieme a gloria di Dio>. Le parlai anche io delle mie aspirazioni deluse e i nostri animi a poco a poco s'intesero..."
Il loro matrimonio è celebrato, con rito civile, il 28  agosto 1911 a cui
segue il rito religioso, il 19 novembre del 1917, formulato con voto reciproco di perpetua castità.
Nel 1925 si stabiliscono a Mandas, dopo aver venduto tutti i loro averi, dove fondano il primo nucleo della Compagnia del Sacro Cuore.
Madre Beniamina, anche chiamata reverenda madre da consorelle e confratelli, si spense l'11 settembre del 1956, a Donigala Fenughedu, consumata dall'età e dalle malattie. Evaristo Madeddu le sopravvisse altri dieci anni, quando il 6 aprile 1966 morì per complicazioni cardiache, a Cagliari.



La Compagnia Evaristiani
Figli e Figlie del Sacro Cuore


All'origine della storia degli Evaristiani incontriamo Evaristo Madeddu, un ragazzo devoto, assiduo frequentatore della chiesa di Villaputzu (CA), ed un appassionato lettore della Sacra Bibbia, che tenta, ma senza esito, di entrare in Seminario o in un Istituto religioso.

A fine maggio, nel 1911, nella continua e appassionata ricerca per scoprire la volontà di Dio incontra, provvidenzialmente, Beniamina Piredda.

Padre Evaristo Madeddu, in una sua lettera, scrive: "È da molto tempo che avevo intenzione che, a gloria di Dio, si fondasse un piccolo Istituto di beneficienza per raccogliere orfani abbandonati, poveri mendicanti ed adoperarmi per il sollievo dei poveri infelici". Volle fondare un Istituto di provvidenza sul tipo di quelli che sorsero nella penisola, l'opera del Cottolengo a Torino, o quella di Bartolo Longo a Pompei. Come hanno incominciato loro, con mezzi limitati, così farà anche lui. L'opera di Evaristo Madeddu sorge nel 1923, dopo aver confidato il suo progetto a Beniamina Piredda, la donna che lo affiancherà come cofondatrice. Una figura speciale contraddistinta, come Evaristo, da un animo fortemente religioso. Entrambi sono tornati dal desiderio di consacrarsi al Signore per aiutare, nel suo nome, i più bisognosi, ma invano aspirano alla vita religiosa.

Non essendo stati accolti per realizzare la loro vocazione decidono che siano loro a far sorgere una nuova Opera, che si adoperi per il bene dell'umanità indigente e sofferente, con l'intento di avvicinare molte anime al Signore.

Evaristo e Beniamina, nella trattoria sita in Corso Vittorio Emanuele in Cagliari (ove il giovane Evaristo presta servizio e Beniamina è ospite fissa) si confidano le loro comuni aspirazioni. Col coraggio di chi sa di interpretare il disegno di Dio decidono di sposarsi. Sono aiutati nella non facile decisione dal confessore, il Canonico mons. Mario Piu, parroco della collegiata di S. Anna.
È un matrimonio tutto particolare, sia per la differenza di età, ma soprattutto per gli scopi per cui è contratto. Con un giuramento solenne si impegnano, in pieno accordo, ad osservare la perpetua castità. Il loro matrimonio avrà unicamente la finalità di sottrarre alla maldicenza la loro unione e di vivere liberamente il comune ideale di vita, facendo del bene ai poveri nel nome del Signore. Con Beniamina Piredda il giovane Evaristo decide di costruire una Comunità religiosa di carità, che possa occupare quegli spazi lasciati liberi dalle grandi Congregazioni religiose storiche.

Si ripropongono di accogliere quei soggetti rifiutati da tutti. Il carisma con cui fondano l'Istituto è quello di svolgere attività assistenziali nel campo dell'infanzia e della gioventù, con scuole materne, elementari e medie, nonchè con apostolato catechistico e spirituale servire i poveri e i trascurati, dando proprio la preferenza agli ultimi della società.

"È importante - dice Padre Evaristo - curare le persone e gli ammalati, ma quello che a me interessa è portare le anime al Signore". Il progetto arriva a realizzazione solo dopo la fine della guerra del 1915/18, dato che Evaristo Madeddu è chiamato a prestare servizio nell'esercito, sul "fronte", al reparto "sanità". Rientrato a Cagliari, con Beniamina prepara un locale dove accogliere un grupo di studenti e lavoratori.

Cominciano a raccogliersi intorno alla coppia, con regolarità, giovani studenti universitari ed operai per leggere le sacre scritture e condividere il proprio cammino di fede.

Con alcuni di questi giovani Evaristo, verso il 1925, comincia a mettere mano al progetto di quell'Opera che da sempre lo attrae. Intanto da Cagliari si è trasferito a Mandas e, con alcuni di questi giovani, si avvia la costituzione della prima Comunità dei Confratelli del Sacro Cuore. Evaristo veste l'abito religioso e assieme a Beniamina si occupano di attività sociali e caritative. Alla Comunità maschile si aggiunge ben presto un ramo femminile, guidato da Beniamina Piredda, che diventa a tutti gli effetti Cofondatrice dell'Opera Evaristiana, apportando un notevole contributo di idee. Insieme ad Evaristo attraversa una vita di totale donazione a Dio e di servizio umile, silenzioso, ma estrememente concreto, per i bimbi più piccoli bisognosi di sostegno e cure materne, che come già accennato, non trovavano accoglienza in altri istituti di carità.

Nel 1924, Beniamina scrive ad Evaristo: "Caro Evaristo, tu non potrai mai nella comunità allevare dei bambini orfani di due o tre anni, ciò non è compito di uomini, occorre che ci sia una donna che faccia le veci della madre defunta. Dividiamo il lavoro: si dedichi un appartamento esclusivamente per me, ove, con l'assistenza di due signorine che vorranno consacrarsi al Signore, avrò cura degli orfanelli, così, con l'aiuto di Dio, con la tua direzione, faremo del bene a tanti poveri bambini e a sette anni, li consegnereno a voi uomini, che ne curerete l'istruzione elementare e l'avviamento ad un mestiere". In questa proposta, fatta davvero con tanta semplicità e spirito di collaborazione, si può ben cogliere la profondità dell'intuizione pedagogica di Beniamina Piredda per l'educazione umana e cristiana dei piccoli bimbi abbandonati.

È davvero convinta che sia necessario ricostruire un clima familiare intorno ad essi, e per raggiungere tale scopo è del parere che l'animo femminile sia più adatto di quello maschile.

Quattro le dimensioni individuate su cui operare: famiglia, scuola, formazione e lavoro, che saranno i pilastri della pedagogia evaristiana, consacrandosi senza riserve a Dio, alla Chiesa, ai poveri.

Appare anche abbastanza chiara l'idea di Beniamina Piredda di gettare le basi per una fondazione femminile, che parallelamente al ramo maschile si sviluppi per dare completezza all'Opera Evaristiana. Grande era l'intensità della vita interiore che nutriva costantemente ai piedi dell'Eucaristia e con la recita quotidiana del rosaio e da qui (anche nei giorni bui dell'incomprensione, in cui per decenni fu relegata l'Opera Evaristiana, anche da parte dell'autorità ecclesiastica (tra l'altro viene anche intimato di togliere l'eucarestia dalle loro cappelle e di non fare uso pubblico della divisa che i confratelli avevano assunto) solo dalla familiarità con Gesù vivo e presente nel sacramento, Evaristo e Beniamina ricavavano una fede viva e un vigore per il servizio e per la sua testimonianza che erano necessari per vivere lo spirito dell'opera.

Gesù, Maria, il servizio ai bimbi più poveri abbandonati, erano i punti cardine di una vita di fattiva testimonianza a favore dei bimbi che la Provvidenza le affidava. All'interno di questo progetto condiviso in pieno con Evaristo, Beniamina Piredda ha apportato sempre un notevole contributo di idee e d'azione, attraverso una vita di sacrificio e di totale donazione.

Sul finire del 1926 Beniamina con altre signorine desiderose di consacrersi al Signore e di esprimere una maternità a favore di orfani e poveri, incomincia ad accogliere in una casa bimbi piccolissimi di due/tre anni, per tenerli come in famiglia, circondati di materno affetto. Le case di accoglienza si moltiplicano e la nuova istituzione vive un momento di gran fecondità che culmina nel 1944 con il riconoscimento di "Opera Diocesana" da parte dei vescovi di Cagliari, Ales ed Oristano con il particolare interessamento del vescovo di Oristano mons. Giorgio Maria Delrio, che tra l'altro scrive a Roma una lettera in difesa di Padre Evaristo.

La Compagnia del Sacro Cuore, come venne denominata, è suddivisa nel ramo maschile e in quello femminile della Compagnia delle Figlie del Sacro Cuore, è ufficialmente riconosciuta e abilitata ad operare pubblicamente secondo le proprie finalità all'interno della Chiesa.

Mons. Sebastiano Fraghì, vescovo di Oristano, istituisce l'opera in figura giuridica di pia Associazione con atto di diritto canonico, in Società laicale di uomini viventi in comune sine votis.

Alla morte di Madre Beniamina, Padre Evaristo scrisse: "Sempre sorretta da una fede incrollabile nel Nostro Signore Gesù Cristo, visse per i poveri e i sofferenti. Cieca fisicamente ma vedente nello spirito, diede esempio di preclare virtù e di rassegnazione". Con parole commosse e semplici veniva riassunta l'esperienza singolare di una donna comune del popolo, che seppe consumare la propria esistenza nel servizio di Dio e dei poveri.

Pur essendo illetterata a causa delle sue precarie condizioni di salute, ella non visse tale stato come un trauma, anzi era quasi fiera della sua ignoranza umana che la spingeva a conoscere sempre di più l'autentica sapienza che era il Vangelo, che le insegnava ad amare Dio con semplicità ed umiltà. Questa è la vera sapienza dei santi.
Nel 1966, due settimane dopo la morte di Padre Evaristo (23 aprile)  il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, con decreto proprio, riconosce la "personalità giuridica" dell'associazione laicale "con finalità di religione e di culto"