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I GALLEGGIAMENTI

 

Consiglio di Stato – Sez. IV – 7 maggio-24 ottobre 2002, n. 5960 Pres. Trotta – est. De Lipsis, Ric. Ministero di grazia e giustizia

 

Fatto

 

Con ricorso presentato innanzi al Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino Alto Adige i dottori Chiaro Pietro, Santaniello Bernardetta, Basile Rosario e Claudio Luigi, magistrati con qualifica di Consigliere di Corte d'appello, chiedevano l'accertamento del loro diritto all'allineamento stipendiale con il dottor Antonio Francesco Esposito, uditore giudiziario con funzioni di sostituto procuratore della Repubblica presso la Procura Circondariale di Lecce.

Esponevano i ricorrenti che- pur rivestendo una qualifica superiore e una maggiore anzianità di servizio- avevano un trattamento stipendiale inferiore a quello del dottor Esposito, il quale, avendo prestato servizio come referendario parlamentare al Senato, percepiva un maggiore stipendio

A sostegno del gravame gli interessati invocavano i principi costituzionali della assoluta parità di trattamento economico dei magistrati ordinari a parità di funzioni (articoli 3,36 e 107 della Costituzione) nonché la violazione delle seguenti norme:

a) articolo 4, terzo comma, della legge 869/82, che prevede l'attribuzione ai colleghi con pari o maggiore anzianità di qualifica, dello stipendio eventualmente superiore del collega meno anziano;

b) articolo 1, primo comma, della legge 265/91, che riconosce espressamente l'applicabilità della citata legge 869/82 al personale della magistratura ordinaria.

Si costituiva l'Amministrazione di grazia e fiustizia, che insisteva per la reiezione del ricorso, richiamando, al riguardo, le disposizioni normative che hanno comportato la abrogazione dell'istituto del cosiddetto «galleggiamento» stipendiale per i pubblici dipendenti e negando, comunque, la sussistenza di elementi di illegittimità costituzionale nelle anzidette norme.

L'adito Tar, con ordinanza 35/1993 del 14 aprile 1993, rimetteva alla Corte costituzionale la questione di legittimità dell'articolo 2 , comma 4°, del decreto legge 333/92, convertito nella legge 359/92 e dell'articolo 7, 7° comma del decreto legge 384/92, convertito nella legge 438/92, tutti relativi all'abrogazione delle norme in materia di allineamenti stipendiali.

In pari data lo stesso Trga emetteva la sentenza 118/93, con la quale- pur dando atto della rimessione alla Corte costituzionale della predetta questione- risolveva «come in motivazione» (e, cioè, in senso favorevole ai ricorrenti) «le questioni pregiudiziali».

Impugna tale decisione il Ministero di grazia e giustizia, sostenendone, in via pregiudiziale, la erroneità, per essersi i primi giudici comunque pronunciati su «questioni pregiudiziali», la cui decisione, invece, avrebbe dovuto essere subordinata all'esito della sollevata questione di legittimità costituzionale (non essendo concepibile una soluzione anticipata della causa).

Nel merito, l'appellante amministrazione censura la tesi del Trga, sostenendo che la disciplina posta dalla citata legge 265/91 avrebbe- in parte qua- carattere retroattivo, «in forza del carattere interpretativo delle relative disposizioni».

 

Diritto

 

1) Si può prescindere dall'esame della preliminare censura afferente la dedotta impossibilità dei primi giudici di decidere alcune problematiche, erroneamente definite «preliminari», ma, in effetti, costituenti il reale oggetto dell'odierna controversia e, in quanto tale, demandate- con separata ordinanza- al vaglio della Corte Costituzionale affinché si pronunci sulla prospettata questione di legittimità costituzionale delle norme abrogative del cosiddetto «allineamento» o «galleggiamento» stipendiale, in quanto   l'appello è fondato nel merito.

1.1) Con la gravata sentenza parziale il tribunale ha, in sostanza, ritenuto illegittimo il comportamento dell'Amministrazione di grazia e giustizia, che non aveva dato seguito alle numerose istanze degli originari ricorrenti- magistrati ordinari in servizio nel distretto giudiziario di Trento- intese ad ottenere l'allineamento retributivo con lo stipendio di un collega con minore anzianità di servizio, ma in posizione deteriore nel ruolo. Ciò in quanto – secondo il Trga - la disciplina introdotta dalla legge 265/91 ( che, come è noto, ha previsto espressamente per il personale di magistratura l'applicazione del meccanismo dell'allineamento, in precedenza riconosciuto estensibile in via interpretativa), ha carattere innovativo e non esplicherebbe effetti retroattivi, e, quindi, alla fattispecie, non si applicherebbe la disposizione di cui al terzo comma dello stesso articolo 1, secondo cui «nel caso di accesso a carriere di magistratura mediante concorso di primo grado non si applicano i trattamenti di maggior favore eventualmente in godimento, previsti dall'articolo 4, terzo comma, del decreto legge 681/82, convertito, con modificazioni, dalla legge 869/82». Pertanto, ai ricorrenti in primo grado – che sono entrati in magistratura mediante concorso di primo grado- l'allineamento stipendiale non sarebbe precluso dalla menzionata disposizione di legge.

La prospettata tesi non può essere condivisa.

2) Osserva, al riguardo, il collegio che- anche a volere prescindere dalla considerazione che , contrariamente all'assunto dei primi giudici, la disciplina posta della citata legge 265/91 ha, in parte qua, carattere di retroattività, in forza del carattere interpretativo delle relative disposizioni- la questione della possibilità o meno di emettere provvedimenti di allineamento stipendiale risulta, ormai, esaurientemente esaminata dalla giurisprudenza amministrativa (e costituzionale)., anche alla luce della interpretazione della intera normativa in materia, con particolare riferimento all'articolo 2 , comma 4°, del decreto legge 333/92, convertito nella legge 359/92 ed all'articolo 7, 7° comma del decreto legge 384/92, convertito nella legge 438/92, tutti relativi all'abrogazione delle norme in materia di allineamenti stipendiali.

Invero, può ritenersi consolidato il principio, secondo cui- per effetto del combinato disposto dei richiamati articoli- non possono essere più adottati provvedimenti di allineamento stipendiale ancorché aventi effetto per il periodo pregresso, di tal che il diritto degli interessati resta inciso, nonostante che costoro abbiano maturati i requisiti a quel fine richiesti; e neppure possono essere adottate pronunzie giurisdizionali che accertino il relativo diritto, ormai espunto dall'ordinamento (ex plurimis: sezione quarta, 5/1998 e 145/99).

D'altra parte, se è vero che il principio del cosiddetto allineamento stipendiale va inteso come un principio di carattere generale applicabile a tutti gli impiegati dello Stato, è anche vero che esso va interpretato ed applicato in armonia con le restanti norme dell'ordinamento. Più precisamente, come ogni altro principio generale, esso va applicato tenendo conto dei suoi limiti intrinseci ed estrinseci: intendendosi per limiti estrinseci quelli che, pur taciuti dalla sua formulazione letterale, sono tuttavia desumibili dalla ratio legis e sono dunque implicitamente contenuti nella norma che lo istituisce; e per limiti estrinseci quelli contenuti in altre disposizioni che, regolando casi determinati, si pongono come eccezionali rispetto al principio generale.

Orbene, in forza dell'articolo 2, comma 4, del citato decreto legge 333/92, convertito dalla legge 359/92, che ha abrogato le disposizioni che prevedevano l'allineamento stipendiale dei dipendenti pubblici, e dell'articolo 7, comma 7, del menzionato decreto legge 384/92, convertito dalla legge 438/92, che ha stabilito che la predetta disposizione va interpretata nel senso che dalla sua entrata in vigore non possono essere più adottati provvedimenti di allineamento ancorché aventi effetti anteriori all'11 luglio 1992, non v'è dubbio che il divieto di allineamento stipendiale per il personale di Magistratura e per gli avvocati e procuratori dello Stato dispiega effetti tanto nel caso di attribuzione in via amministrativa, quanto per il caso di attribuzione in sede giurisdizionale, e si applica anche ai giudizi relativi a ricorsi antecedenti alle norme sopravvenute (sezione quarta, 958/98).

3) In corretta applicazione dei suesposti principi ed alla luce dei principi ormai consolidati nella subiecta materia, l'appello va accolto e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, va respinta la richiesta degli originari ricorrenti intesa all'accertamento del loro diritto all'allineamento retributivo con lo stipendio di un collega con minore anzianità di servizio, ma in posizione deteriore nel ruolo.

Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione dei convenuti.

 

PQM

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l'effetto, annulla l'impugnata decisione.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.