Consiglio di Stato sez. IV 30 aprile-7
novembre 2002, n. 6115 Pres. Riccio, Est. Leoni, Ric. Capelli Fatto 1. La dottoressa Emilia Capelli, con ricorso in appello notificato il
30 marzo 2001, ha chiesto l'annullamento della sentenza del Tar del Lazio - sezione prima,
10309/00, con accoglimento dell'originario ricorso e conseguente annullamento del decreto
presidenziale 21 aprile 1999 di conferimento dell'ufficio direttivo di presidente del
tribunale di Piacenza al dottor Giuseppe Boselli. 2. L'appellante, presidente di sezione presso il tribunale di Milano,
espone di aver presentato, in data 6 aprile 1998, domanda al Csm al fine di ottenere il
conferimento dell'ufficio direttivo di presidente del tribunale di Piacenza e di essere
stata proposta all'unanimità per tale incarico dalla quinta commissione per il
conferimento degli uffici direttivi in data 15 settembre 1998. Il plenum del consiglio, nella seduta del 25 novembre 1998, dopo gli
interventi di alcuni consiglieri in ordine ad una presunta sottovalutazione del Boselli,
si è astenuto dal deliberare su tale proposta e ha adottato una deliberazione di ritorno
della pratica in Commissione. La quinta commissione nella seduta del 12 gennaio 1999 ha presentato
al plenum, a parità di voti (tre a tre), oltre alla proposta di nomina della dottoressa
Capelli, anche quella del dottor Boselli. Le motivazioni delle proposte sono state adottate, rispettivamente,
in data 13 gennaio 1999 e 16 febbraio 1999, sulla base di una relazione che prospettava
una parità fra i due e, quindi, la necessità di ricorrere al criterio residuale
dell'anzianità. L'appellante segnala, inoltre, che non sarebbe stata data rilevanza
al fatto che sin dall'aprile 1998 il comitato per le pari opportunità aveva segnalato,
con riguardo all'anzianità, che la dottoressa Capelli doveva essere ritenuta virtualmente
vincitrice del primo concorso bandito successivamente al conseguimento della laurea,
avendo potuto accedere al concorso solo nel 1964, dopo l'eliminazione del divieto di
partecipazione per le donne ai concorsi in magistratura. Nella seduta del 24 marzo 1999 il plenum del Csm, in base al criterio
dell'anzianità, ha deliberato di conferire al dottor Boselli l'ufficio direttivo di
presidente del tribunale di Piacenza e con decreto presidenziale 21 aprile 1999 tale
ufficio è stato conferito al medesimo. Il Tar del Lazio, adito in I grado dall'attuale appellante per
l'annullamento degli atti predetti, ha respinto il ricorso con la sentenza 10309/00
appellata in questa sede. 3. Questi i dedotti motivi di appello: 3.1.Violazione e falsa applicazione dell'articolo 11, comma 2, legge
195/58. Violazione dei principi generali in materia di procedimento amministrativo.
Difetto di motivazione. Erroneità dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità,
contraddittorietà intrinseca dell'atto, disparità di trattamento, ingiustizia grave e
manifesta. Eccesso di potere. Nell'operato del plenum del Csm si sarebbe verificata una illegittima
violazione del regolamento interno dello stesso consiglio che, in coerenza con l'articolo
11, comma 2, legge 195/58, prescrive che per tutte le deliberazioni è posta in votazione
per prima la proposta deliberata all'unanimità o a maggioranza dalla commissione, mentre
solo se le proposte presentate in commissione sono respinte vengono poste in votazione le
proposte presentate in consiglio secondo l'ordine di presentazione (articolo 26,comma 3). Le ragioni del ritorno della pratica in commissione sarebbero,
inoltre, di scarsa consistenza, facendosi genericamente riferimento a necessità di
carattere istruttorio (peraltro, ad avviso dell'appellante, non assolte). Di talché, gli atti impugnati sarebbero illegittimi anche in
relazione alle figure sintomatiche del vizio di eccesso di potere. I vizi degli atti endoprocedimentali, invero, non potrebbero non
riflettersi sulle deliberazioni finali del procedimento. 3.2. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 5 legge 392/51,
anche alla luce della circolare 13869/94. Erroneità dei presupposti di fatto e di
diritto, illogicità, contraddittorietà intrinseca dell'atto, disparità di trattamento,
difetto di motivazione, ingiustizia grave e manifesta. Eccesso di potere. Con riferimento ai criteri posti dalla circolare 13869/94 del Csm ai
fini del conferimento degli uffici direttivi (attitudini, merito e anzianità,
opportunamente integrati fra loro) l'appellante fa presente di aver svolto per quindici
anni funzioni semi-direttive (quale presidente di sezione del tribunale di Milano)sia nel
settore penale sia in quello civile, mentre il dottor Boselli non avrebbe mai esercitato
tali funzioni. Sarebbe stato, inoltre, eccessivamente enfatizzato il valore
dell'esperienza maturata dal Boselli quale dirigente dell'ufficio documentazione e
automazione presso il tribunale di Parma, non attenendo a funzioni propriamente
giudiziarie, bensì organizzative. Erronea, poi, sarebbe la sostanziale equiparazione dei titoli
posseduti dai due candidati. 3.3. Erroneità e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto,
illogicità, contraddittorietà, disparità di trattamento, ingiustizia grave e manifesta.
Irragionevolezza, violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e 51, comma 1,
Costituzione. Eccesso di potere. Questione di costituzionalità. La valutazione comparativa fra la ricorrente e il dottor Boselli
sarebbe stata posta in essere senza previa predisposizione di criteri generali a tali
fini, fra l'altro considerando equivalenti, ai fini che qui interessano, funzioni di
merito e funzioni di legittimità. Per questo, alla fine, si sarebbe dovuto fare ricorso al criterio
residuale dell'anzianità, senza tener conto che la dottoressa Capelli, laureatasi nel
1959, ha potuto accedere al concorso di uditore giudiziario solo nel 1964, essendo stato
eliminato solo con la legge 66/1963, il requisito del sesso maschile ai fini della
partecipazione al concorso. Per tale ragione, il Csm avrebbe dovuto ritenere, nella fattispecie,
inaffidabile il criterio dell'anzianità. 4. Si è costituito in giudizio il Ministero di grazia e giustizia,
eccependo che nell'atto di appello non sarebbero svolti motivi di impugnazione contro la
sentenza di primo grado, per errores in procedendo o in iudicando, ma semplicemente
riproposte le censure già svolte in I grado. Inoltre, la sentenza configurerebbe correttamente l'atto di proposta
della commissione come un parere obbligatorio ma non vincolante. Esso costituirebbe un
atto di natura interlocutoria, spettando il potere decisorio esclusivamente al plenum del
Csm. 5. Si è, altresì, costituito in giudizio il dottor Boselli,
ribadendo anch'egli la natura di atto endoprocedimentale della proposta della commissione,
attenendo ad attività strumentale ed informativa del plenum, cui compete la valutazione e
l'apprezzamento discrezionale dei vari candidati, nonché la prevalenza, in presenza di
una sostanziale equivalenza fra magistrati, del criterio suppletivo dell'anzianità. Circa, poi, le valutazioni di merito effettuate sui curricula dei
candidati, esse non sarebbero censurabili sul piano della legittimità, essendovi
logicità e coerenza fra gli atti impugnati e i loro presupposti. Infondata sarebbe, poi, la pretesa della ricorrente ad una
retrodatazione di carriera tale da farle superare il Boselli. 6. L'appellante ha depositato memoria difensiva, con la quale ha
ulteriormente illustrato le proprie ragioni. 7. Il ricorso in appello è stato discusso alla pubblica udienza del
30 aprile 2002. Diritto 1. La controversia all'esame del collegio attiene al conferimento
dell'incarico direttivo di presidente del tribunale di Piacenza, per il quale il plenum
del Csm nella seduta del 24 marzo 1999 ha proposto il dottor Boselli, preferendolo alla
odierna appellante. La nomina del dottor Boselli a presidente del tribunale di Piacenza
è stata, quindi, formalizzata con Dpr in data 21 aprile 1999. Il Tar del Lazio, prima sezione, con sentenza 10309/00, su ricorso
della dottoressa Capelli avverso tali atti, ha respinto il proposto gravame, ritenendo che
la natura di parere obbligatorio ma non vincolante della proposta della commissione al
plenum non impedisse a quest'ultimo di fare esperire ulteriore istruttoria; che la
valutazione dei titoli dei due candidati sia stata sostanzialmente rispettosa dei criteri
vigenti in materia di conferimento di incarichi direttivi; che, in carenza di specifiche
previsioni di legge o regolamentari, la retrodatazione virtuale di anzianità richiesta
dalla dottoressa Capelli in ragione della preesistente limitazione all'accesso in
magistratura delle donne non fosse praticabile; che, in presenza di sostanziale parità
fra i candidati, legittimo sia stato il ricorso al criterio residuale dell'anzianità. Ha proposto appello la dottoressa Capelli, evidenziando
l'illegittimità del comportamento del plenum del Csm che ha tolto effetto alla primitiva
proposta della commissione (che la indicava all'unanimità quale magistrato maggiormente
titolato all'incarico), rinviando la pratica per una ulteriore istruttoria, nonché
l'illegittimità della equiparazione fra le funzioni semidirettive da lei svolte nel
tribunale di Milano per oltre quindici anni e le funzioni svolte dal dottor Boselli quale
magistrato di Cassazione e quale dirigente dell'ufficio documentazione ed automazione
presso il tribunale di Parma. Inoltre, illegittima sarebbe stata l'applicazione del
criterio dell'anzianità senza tener conto che ad uno dei candidati (l'appellante) era
stata tolta, per legge incostituzionale, la possibilità di competere con l'altro
(l'appellante si è laureata nel 1959, mentre solo con la legge 66/1963 si è provveduto
ad eliminare il requisito del sesso maschile ai fini della partecipazione al concorso per
uditore giudiziario). 2. Al riguardo, in punto di diritto, il collegio osserva quanto
segue. 2.1.Per quanto riguarda il conferimento degli incarichi direttivi ai
magistrati ordinari vige il principio della riserva di legge, di cui all'articolo 108,
comma 1, della Costituzione, dovendo anche in tale materia essere garantita l'indipendenza
dell'ordine giudiziario: è pertanto la legge che deve fissare i criteri generali di
valutazione e selezione degli aspiranti agli incarichi direttivi e le conseguenti
modalità della nomina (Cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 2715/00). 2.2. Peraltro, dal principio di riserva di legge non discende che i
necessari criteri generali di valutazione e selezione degli aspiranti debbano essere così
analiticamente e dettagliatamente fissati dal legislatore da rendere meccanicistica e
meramente esecutiva la concreta attività di selezione del personale di magistratura da
preporre agli uffici direttivi (Cfr. Corte costituzionale 72/1991). Il principio della riserva di legge deve, quindi, ritenersi
rispettato quando il legislatore abbia fissato alcuni criteri generali e precisi per
orientare la discrezionalità dell'organo deputato alla selezione e valutazione dei
candidati, né con esso è stato ritenuto contrastare il rispetto dovuto alle delibere e
alle circolari del Csm, di cui è stato ritenuto costituzionalmente legittimo l'intervento
integrativo (ed anche suppletivo) nell'indicazione dei principi specifici per la scelta
dei magistrati ritenuti idonei (cfr. Consiglio di Stato,quarta sezione, decisione 2715
citata). 2.3. Le deliberazioni con le quali il Csm conferisce uffici direttivi
ai magistrati, ancorché espressione di attività amministrativa ampiamente discrezionale,
non si sottraggono al sindacato giurisdizionale, quanto meno sotto il profilo della
esistenza dei presupposti e congruità della motivazione, nonché dell'accertamento del
nesso logico di consequenzialità fra presupposti e conclusioni (Cfr. Consiglio di Stato,
quarta sezione, 111/96 e 1872/99), fermo restando che il riscontro di legittimità che il
giudice deve svolgere è soltanto quello che può eventualmente emergere da gravi difetti
degli atti stessi che possono concretizzare il vizio di eccesso di potere (cfr. Consiglio
di Stato, quarta sezione, 555/98). Deve, inoltre, tenersi conto della particolare posizione
costituzionale del Csm che comporta che la valutazione del giudice amministrativo si
soffermi esclusivamente sui profili sintomatici, senza in alcun modo impingere il merito
della scelta discrezionale del Csm ( cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 749/98). Conseguentemente, la motivazione delle delibere del consiglio, di
conferimento di uffici direttivi, deve essere tale da consentire di seguire la valutazione
comparativa dei candidati rispetto ai vari elementi isolati dal Csm in sede di emanazione
delle norme di autodisciplina ed è necessario che le valutazioni compiute siano non
soltanto immuni da travisamento dei fatti, ma anche compatibili logicamente con la
conclusione finale (cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 404/94). 2.4. Circa, poi, la disciplina dell'iter di formazione delle delibere
del consiglio, l'articolo 11, terzo comma, della legge 195/58 dispone che sul conferimento
degli uffici direttivi il Consiglio delibera su proposta formulata, di concerto con il
Ministro di grazia e giustizia, da una commissione formata da sei dei suoi componenti, di
cui quattro eletti dai magistrati e due eletti dal Parlamento. Nei rapporti fra commissione e plenum, la giurisprudenza si è
attestata nel senso che (decisione 404/94 citata) la proposta della prima ha l'ufficio di
fornire una prima raccolta di elementi e una loro ordinata disamina, un apporto iniziale
di riflessione nel processo di formazione della volontà del Consiglio superiore in sede
plenaria, in una materia di particolare importanza. In sostanza, la proposta si atteggia
alla stregua di un parere obbligatorio, ma non vincolante. Essa ha l'effetto di
costringere il plenum a prendere in esame innanzi tutto, sia pure comparativamente con gli
altri, il nominativo proposto, senza tuttavia costituire per la discrezionalità del
plenum un limite esterno, la cui inosservanza rilevi immancabilmente come violazione di
legge, bensì un limite interno, la cui inosservanza immotivata o illogica dà luogo ad
eccesso di potere. Da qui la necessità che le ragioni dell'eventuale contrasto fra la
proposta della Commissione e la decisione del plenum siano apprezzabilmente percepibili
(cfr. decisione 404 cit). 2.5. In ordine alle modalità di comparazione dei candidati, né le
fonti primarie (articoli 192 e 193 regio decreto 12/1941; articoli 5 e 6 legge 392/51) né
i criteri definiti dal Csm prescrivono che i candidati debbono essere posti a raffronto in
modo analitico, con riferimento a ciascuno dei tre parametri prestabiliti (anzianità,
attitudine e merito), ben potendo la comparazione risolversi in un giudizio complessivo
unitario, frutto della valutazione integrata dei requisiti sopraindicati (quarta sezione,
1872/99). Gli atti di conferimento degli incarichi non abbisognano, quindi, di
una motivazione particolarmente estesa, essendo all'uopo sufficiente che risulti, anche in
maniera sintetica, purché chiara, esplicita e coerente, che l'organo deliberante ha
proceduto all'apprezzamento complessivo dei candidati e si è convinto che uno di essi sia
da preferire ad altri (Cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 555/98). Al riguardo, circa la valutazione del servizio svolto è stato
ritenuto illegittimo dare un apprezzamento del tutto speciale alla prestazione prevalente
od esclusiva esercitata dal magistrato, stante la permanente unicità delle funzioni
esplicabili in seno alla magistratura ordinaria, ai sensi dell'articolo 190
dell'ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 12/1941 (cfr. Consiglio di
Stato, sezione, 15/1995). Così pure è stato ritenuto che, ai sensi dell'articolo 199 regio
decreto citata il servizio reso dai magistrati presso il Ministero di grazia e giustizia
sia parificato ad ogni effetto a quello prestato negli uffici giudiziari, anche ai fini
della valutazione attitudinale (cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 674/98). 2.6. In generale, il requisito dell'anzianità non assume un ruolo
prevalente su quelli dell'attitudine e del merito, rimanendo un fattore di valutazione
concorrente, con pari dignità, con gli altri due. Ne consegue che, ogniqualvolta tale
requisito si presenti in misura maggiore in uno degli aspiranti all'ufficio direttivo,
deve aversi riguardo, ai fini del suo superamento in sede di procedimento di comparazione
dei concorrenti, al possesso nel candidato che non ne sia provvisto in egual misura, di
requisiti prevalenti quanto all'attitudine e al merito (cfr. Consiglio di Stato, quarta
sezione, 111/96; 1872/99). 2.7. In generale, deve ritenersi che la valutazione del requisito
attitudinale vada riferita allo specifico ufficio da conferire (cfr. Consiglio di Stato,
quarta sezione 31/1996). 3. Sulla scorta delle osservazioni in diritto che precedono, sembra
al collegio che, nel caso in esame, sussistessero tutte le ragioni per giustificare il
conferimento al dottor Boselli, fornito di maggiore anzianità rispetto all'appellante,
dell'incarico de quo. Invero, deve anzitutto ritenersi che legittimamente il plenum del
consiglio abbia rimandato alla commissione, per una ulteriore istruttoria, la originaria
proposta riguardante la sola dottoressa Capelli. Nei rapporti tra Commissione e plenum non è, infatti, concepibile
che la prima abbia la potestà di vincolare il secondo, trattandosi di commissione
puramente interna, sicché, quando una data categoria d'affari debba essere in definitiva
rimessa al plenum, quest'ultimo non potrebbe mai vedere limitati i propri poteri inerenti
all'esercizio delle sue attribuzioni costituzionali (cfr. Consiglio di Stato, quarta
sezione 404/94). D'altro canto, lo scopo della proposta della Commissione è, come si
è visto, quello di fornire una prima raccolta di elementi e una loro ordinata disamina,
un apporto iniziale di riflessione sul processo di formazione della volontà del Consiglio
superiore in sede plenaria. Costituisce, in sostanza, un parere obbligatorio ma non
vincolante (vedi decisione 404 cit). Lo stesso Regolamento interno del Csm, approvato con delibera 16
marzo 1988, all'articolo 22 prevede che la commissione sottoponga al consiglio l'elenco
degli aspiranti con le proprie valutazioni e le conseguenti motivate conclusioni,
allegando quelle eventualmente dissenzienti. Valutazioni e conclusioni sono dirette, evidentemente,
all'indicazione del candidato preferito e le stesse opinioni dissenzienti non potrebbero
chiamarsi tali se non in quanto si contrappongano ad una indicazione approvata dalla
maggioranza e giuridicamente imputabile all'intero Collegio (cfr. decisione 404/94
citata). Del resto, le ragioni della decisione di rinvio della pratica alla
commissione, dopo una iniziale proposta unanime di quest'ultima che individuava nella
dottoressa Capelli il magistrato più idoneo alle funzioni di cui si discute, emergono con
chiarezza dalla discussione del plenum (vedi verbale del 25 novembre 1998, in atti, con
particolare riferimento alle osservazioni del dottor Angeli sugli elementi di
differenziazione fra i candidati; della dottoressa Cassano, relativamente ad una non
compiuta disamina della documentazione del dottor Boselli; del dottor Mattone,
relativamente all'inattualità dell'esercizio, da parte del dottor Boselli, di funzioni di
merito; della dottoressa Iacopino Cavallari e del dottor Smirne, sempre con riferimento
agli elementi di differenziazione fra i candidati). Quanto, poi, alle censure di violazione della disciplina
procedimentale contenuta nel Regolamento dello stesso consiglio che, secondo l'appellante,
imporrebbero di prendere in considerazione e votare anzitutto la proposta deliberata
all'unanimità, vale considerare, ai fini della loro reiezione, che mentre le norme che
regolano l'approvazione dei verbali del Csm contemplano una rigorosa ed articolata
procedura, tale da assegnare inequivocabilmente al momento finale dell'approvazione il
ruolo di elemento costitutivo del verbale e con esso dell'atto deliberativo verbalizzato,
atteso che attraverso lo strumento delle osservazioni il verbale in itinere è
suscettibile di modifiche non soltanto formali, ma anche di contenuto, tali da impedire il
definitivo consolidarsi della volontà collegiale fintanto che il relativo iter
procedimentale non si sia definitivamente compiuto (cfr. Consiglio di Stato, quarta
sezione, 283/96), non altrettanta rigidità procedimentale può contrassegnare l'attività
della commissione interna del consiglio, i cui compiti sono strumentali e propedeutici
rispetto all'attività deliberativa finale del consiglio. Non può, invero, ritenersi che, nel momento in cui, a seguito delle
osservazioni intervenute, il plenum ha legittimamente deliberato il ritorno della pratica
in Commissione, la originaria proposta della stessa avesse raggiunto quei caratteri di
definitività che soli potrebbero comportare la sua sottoposizione al protocollo
procedimentale sopraricordato. Si può, quindi, concludere la prima parte della presente decisione
affermando che non vi è stata violazione di legge né di procedimento amministrativo, né
eccesso di potere, nei sensi denunciati dall'appellante dottoressa Capelli, per il fatto
che il plenum del Csm abbia conclusivamente designato per l'incarico un candidato diverso
da quello cui era riferita l'originaria proposta della commissione. 3.1. La seconda parte della controversia è relativa ai dedotti vizi
di violazione di legge e di eccesso di potere per quel che attiene alla valutazione dei
titoli di carriera posseduti dai due candidati, dottori Capelli e Boselli. L'appellante contesta la valutazione attraverso la quale l'organo di
autogoverno è pervenuto in concreto a formulare il proprio avviso, sostenendo
principaliter la propria superiorità rispetto all'appellato nelle categorie di titoli
relativi ad attitudine e merito, suscettibili di considerazione ai fini del conferimento
dell'ufficio direttivo, per avere, a differenza del dottor Boselli, svolto per quindici
anni funzioni semi-direttive, quale Presidente di Sezione del tribunale di Milano, sia nel
settore penale sia nel settore civile. Sostiene, poi, l'erroneità della valutazione effettuata a proposito
dell'esperienza maturata dal dottor Boselli quale dirigente dell'ufficio documentazione e
automazione presso il tribunale di Parma, non attenendo a funzioni propriamente
giudiziarie, bensì organizzative. Erroneamente, poi, sarebbero stati ritenuti equivalenti i titoli
relativi alla produzione scientifica dei due candidati. Ritiene il collegio che anche queste censure siano infondate. Invero, il Csm si è trovato a decidere fra due candidati, di cui
una, la dottoressa Capelli, aveva focalizzato la propria esperienza professionale con
l'assunzione e l'esercizio di funzioni semi- direttive di presidente di sezione e l'altro,
il dottor Boselli, aveva affiancato alle funzioni di giudice di tribunale la direzione
dell'ufficio documentazione e automazione presso il medesimo tribunale e poi assunto e
svolto le funzioni di magistrato di Cassazione. Entrambi, nell'indirizzo scelto, avevano raggiunto elevatissimi gradi
di professionalità. In tale situazione, di ritenuta sostanziale equivalenza,
correttamente il Csm ha fatto prevalere il criterio dell'anzianità. Invero, come ha rilevato il giudice di I grado, la circolare
13531/96, recante la disciplina del conferimento degli uffici direttivi, prevede che nella
valutazione delle capacità attitudinali vengano in rilievo anche il positivo esercizio di
funzioni diverse e le doti organizzative desumibili dall'esercizio di funzioni
dirigenziali, anche in relazione alle concrete iniziative adottate per rendere più
efficiente il lavoro dei magistrati e del personale addetto agli uffici, nonché dalla
validità dei metodi operativi e di gestione degli affari e dei servizi di cui il
candidato abbia dato prova nell'esercizio di funzioni non dirigenziali. In tale ambito si è mosso il Csm nel valorizzare l'esperienza
organizzativa maturata dal dottor Boselli, ritenendola equivalente o comunque comparabile
con quella svolta dalla dottoressa Capelli nell'esercizio di funzioni semi- direttive e,
ad avviso del collegio, non illegittimamente, tenuto conto, sotto il profilo attitudinale
che l'eventuale precedente esercizio di analoghe funzioni rileva quale fattore non
esclusivo, bensì concorrente con altro («l'evidente validità di metodi operativi») ai
fini della valutazione della capacità organizzativa, costituente, a sua volta, uno dei
tre elementi concorrenti alla definizione e valutazione del requisito attitudinale
(assieme al profilo professionale complessivo e al pregresso positivo esercizio di
funzioni di livello pari a quello del posto da ricoprire e di funzioni della stessa o
analoga natura) (cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 31/1996). D'altro canto, come ha rilevato la giurisprudenza (cfr. Consiglio di
Stato, quarta sezione, 749/98), nell'attuale stato della normativa primaria e secondaria
occorre attribuire il giusto peso alla capacità organizzativa, estrinsecantesi anche
nella dimostrazione di doti di aggregazione delle forze dei collaboratori, manifestata
pure nell'espletamento di incarichi direttivi; alla conoscenza delle problematiche
dell'ufficio da ricoprire; alla valorizzazione del pregresso esercizio di funzioni
analoghe, evitando al contempo di restringere le funzioni analoghe a quelle solo
direttive, ma consentendo un prudente giudizio di bilanciamento rientrante nella
insindacabile discrezionalità del consiglio. Nelle vicende relative al conferimento dell'incarico di presidente
del tribunale di Piacenza il Csm si è mosso entro tali confini, comparando analiticamente
i titoli di entrambi i magistrati, nell'esercizio di quella ampia discrezionalità di
merito concessagli dall'ordinamento, giungendo a conclusioni che non soltanto risultano
immuni da travisamento dei fatti, ma sono altresì logicamente compatibili con i parametri
di valutazione prestabiliti (anzianità, attitudine e merito). 3.2. L'appellante lamenta, infine, che la valutazione comparativa
sarebbe stata posta in essere senza predisposizione di criteri generali e considerando
equivalenti le funzioni di merito da lei svolte con quelle di legittimità svolte dal
dottor Boselli. Illegittima, poi, sarebbe la sottovalutazione della sua anzianità, dal
momento che ella ha potuto accede al concorso in magistratura solo nel 1964, dopo
l'entrata in vigore della legge 66/1963 che ha eliminato, ai fini della partecipazione, il
requisito del sesso maschile. Da qui l'illegittimità del ricorso, ai fini del
conferimento dell'incarico de quo, al criterio residuale dell'anzianità. Anche tali censure risultano infondate. Invero, sotto il profilo della mancata predisposizione di criteri
generali ai fini della comparazione fra candidati, va rilevato che né le fonti primarie
(articoli 192 e 193 regio decreto 12/1941; articoli 5 e 6 legge 392/51) né i criteri
definiti dal Csm prescrivono che i candidati debbano essere posti a raffronto in modo
analitico, con riferimento a ciascuno dei tre parametri stabiliti, ben potendo la
comparazione risolversi in un giudizio complessivo unitario, frutto della valutazione
integrata dei requisiti sopra indicati, con la conseguenza che ove risulti documentalmente
l'avvenuta presa in esame, per ciascun candidato, dei tratti essenziali e qualificanti dei
rispettivi curricula professionali, nonché la valutazione ponderata degli stessi in
rapporto allo specifico ufficio direttivo oggetto di conferimento (cosa avvenuta nella
fattispecie per entrambi i concorrenti), ben può ritenersi adeguatamente soddisfatto
l'onere di comparazione richiesto dalla normativa richiamata (cfr. Consiglio di Stato,
quarta sezione, 31/1996). Da qui la non necessità della preventiva predisposizione di criteri
di valutazione. Sotto il profilo, poi, della equiparazione effettuata fra le funzioni
di merito svolte dall'appellante quale presidente di sezione e funzioni di legittimità
svolte dal dottor Boselli quale consigliere di Cassazione, la valutazione risulta
pienamente compatibile con l'ordinamento nonchè razionale, stante la permanente unicità
delle funzioni esplicabili in seno alla magistratura ordinaria, ai sensi dell'articolo 190
dell'ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 12/1941 (cfr. Consiglio di
Stato, quarta sezione, 15/1995) e considerato altresì che il criterio attitudinale,
ancorché connesso con le mansioni del posto da ricoprire, non può condurre alla
necessità di precludere la scelta dei candidati allorché privi di specificità
attitudinali estremamente caratterizzate (cfr. stessa decisione). Da ultimo, vanno respinte anche le doglianze relative alla mancata
retrodatazione virtuale dell'anzianità in carriera dell' appellante, in ragione della
preesistente limitazione all'accesso in magistratura delle donne. Invero, ancorché giustificate su un piano storico-sociale, dette
doglianze, in mancanza di un diverso criterio previsto dalla legge o predefinito dal Csm,
non appaiono suffragate da alcun supporto giuridico, come correttamente evidenziato nella
sentenza di I grado. Da qui la conseguente legittimità dell'applicazione, a favore del
dottor Boselli, del residuale criterio dell'anzianità. 4. In conclusione, sulla base delle considerazioni svolte, attesa
l'infondatezza dei dedotti motivi di appello, deve confermarsi la decisione di rigetto del
ricorso in I grado resa dall'impugnata sentenza del tribunale amministrativo. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in Euro 3000
(tremila). PQM Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta,
definitivamente pronunziando sul ricorso, meglio in epigrafe indicato, respinge l'appello
proposto dalla dottoressa Emilia Cappelli e conferma la sentenza 10309/00 del Tar per il
Lazio, sede di Roma, sezione prima. Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese
della presente fase di giudizio che liquida in Euro 3000 (tremila). Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità
amministrativa. |