gius.jpg (15074 bytes)

Consiglio di Stato – sez. IV 30 aprile-7 novembre 2002, n. 6115

Pres. Riccio, Est. Leoni, Ric. Capelli

 

Fatto

 

1. La dottoressa Emilia Capelli, con ricorso in appello notificato il 30 marzo 2001, ha chiesto l'annullamento della sentenza del Tar del Lazio - sezione prima, 10309/00, con accoglimento dell'originario ricorso e conseguente annullamento del decreto presidenziale 21 aprile 1999 di conferimento dell'ufficio direttivo di presidente del tribunale di Piacenza al dottor Giuseppe Boselli.

2. L'appellante, presidente di sezione presso il tribunale di Milano, espone di aver presentato, in data 6 aprile 1998, domanda al Csm al fine di ottenere il conferimento dell'ufficio direttivo di presidente del tribunale di Piacenza e di essere stata proposta all'unanimità per tale incarico dalla quinta commissione per il conferimento degli uffici direttivi in data 15 settembre 1998.

Il plenum del consiglio, nella seduta del 25 novembre 1998, dopo gli interventi di alcuni consiglieri in ordine ad una presunta sottovalutazione del Boselli, si è astenuto dal deliberare su tale proposta e ha adottato una deliberazione di ritorno della pratica in Commissione.

La quinta commissione nella seduta del 12 gennaio 1999 ha presentato al plenum, a parità di voti (tre a tre), oltre alla proposta di nomina della dottoressa Capelli, anche quella del dottor Boselli.

Le motivazioni delle proposte sono state adottate, rispettivamente, in data 13 gennaio 1999 e 16 febbraio 1999, sulla base di una relazione che prospettava una parità fra i due e, quindi, la necessità di ricorrere al criterio residuale dell'anzianità.

L'appellante segnala, inoltre, che non sarebbe stata data rilevanza al fatto che sin dall'aprile 1998 il comitato per le pari opportunità aveva segnalato, con riguardo all'anzianità, che la dottoressa Capelli doveva essere ritenuta virtualmente vincitrice del primo concorso bandito successivamente al conseguimento della laurea, avendo potuto accedere al concorso solo nel 1964, dopo l'eliminazione del divieto di partecipazione per le donne ai concorsi in magistratura.

Nella seduta del 24 marzo 1999 il plenum del Csm, in base al criterio dell'anzianità, ha deliberato di conferire al dottor Boselli l'ufficio direttivo di presidente del tribunale di Piacenza e con decreto presidenziale 21 aprile 1999 tale ufficio è stato conferito al medesimo.

Il Tar del Lazio, adito in I grado dall'attuale appellante per l'annullamento degli atti predetti, ha respinto il ricorso con la sentenza 10309/00 appellata in questa sede.

3. Questi i dedotti motivi di appello:

3.1.Violazione e falsa applicazione dell'articolo 11, comma 2, legge 195/58. Violazione dei principi generali in materia di procedimento amministrativo. Difetto di motivazione. Erroneità dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità, contraddittorietà intrinseca dell'atto, disparità di trattamento, ingiustizia grave e manifesta. Eccesso di potere.

Nell'operato del plenum del Csm si sarebbe verificata una illegittima violazione del regolamento interno dello stesso consiglio che, in coerenza con l'articolo 11, comma 2, legge 195/58, prescrive che per tutte le deliberazioni è posta in votazione per prima la proposta deliberata all'unanimità o a maggioranza dalla commissione, mentre solo se le proposte presentate in commissione sono respinte vengono poste in votazione le proposte presentate in consiglio secondo l'ordine di presentazione (articolo 26,comma 3).

Le ragioni del ritorno della pratica in commissione sarebbero, inoltre, di scarsa consistenza, facendosi genericamente riferimento a necessità di carattere istruttorio (peraltro, ad avviso dell'appellante, non assolte).

Di talché, gli atti impugnati sarebbero illegittimi anche in relazione alle figure sintomatiche del vizio di eccesso di potere.

I vizi degli atti endoprocedimentali, invero, non potrebbero non riflettersi sulle deliberazioni finali del procedimento.

3.2. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 5 legge 392/51, anche alla luce della circolare 13869/94. Erroneità dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità, contraddittorietà intrinseca dell'atto, disparità di trattamento, difetto di motivazione, ingiustizia grave e manifesta. Eccesso di potere.

Con riferimento ai criteri posti dalla circolare 13869/94 del Csm ai fini del conferimento degli uffici direttivi (attitudini, merito e anzianità, opportunamente integrati fra loro) l'appellante fa presente di aver svolto per quindici anni funzioni semi-direttive (quale presidente di sezione del tribunale di Milano)sia nel settore penale sia in quello civile, mentre il dottor Boselli non avrebbe mai esercitato tali funzioni.

Sarebbe stato, inoltre, eccessivamente enfatizzato il valore dell'esperienza maturata dal Boselli quale dirigente dell'ufficio documentazione e automazione presso il tribunale di Parma, non attenendo a funzioni propriamente giudiziarie, bensì organizzative.

Erronea, poi, sarebbe la sostanziale equiparazione dei titoli posseduti dai due candidati.

3.3. Erroneità e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità, contraddittorietà, disparità di trattamento, ingiustizia grave e manifesta. Irragionevolezza, violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e 51, comma 1, Costituzione. Eccesso di potere. Questione di costituzionalità.

La valutazione comparativa fra la ricorrente e il dottor Boselli sarebbe stata posta in essere senza previa predisposizione di criteri generali a tali fini, fra l'altro considerando equivalenti, ai fini che qui interessano, funzioni di merito e funzioni di legittimità.

Per questo, alla fine, si sarebbe dovuto fare ricorso al criterio residuale dell'anzianità, senza tener conto che la dottoressa Capelli, laureatasi nel 1959, ha potuto accedere al concorso di uditore giudiziario solo nel 1964, essendo stato eliminato solo con la legge 66/1963, il requisito del sesso maschile ai fini della partecipazione al concorso.

Per tale ragione, il Csm avrebbe dovuto ritenere, nella fattispecie, inaffidabile il criterio dell'anzianità.

4. Si è costituito in giudizio il Ministero di grazia e giustizia, eccependo che nell'atto di appello non sarebbero svolti motivi di impugnazione contro la sentenza di primo grado, per errores in procedendo o in iudicando, ma semplicemente riproposte le censure già svolte in I grado.

Inoltre, la sentenza configurerebbe correttamente l'atto di proposta della commissione come un parere obbligatorio ma non vincolante. Esso costituirebbe un atto di natura interlocutoria, spettando il potere decisorio esclusivamente al plenum del Csm.

5. Si è, altresì, costituito in giudizio il dottor Boselli, ribadendo anch'egli la natura di atto endoprocedimentale della proposta della commissione, attenendo ad attività strumentale ed informativa del plenum, cui compete la valutazione e l'apprezzamento discrezionale dei vari candidati, nonché la prevalenza, in presenza di una sostanziale equivalenza fra magistrati, del criterio suppletivo dell'anzianità.

Circa, poi, le valutazioni di merito effettuate sui curricula dei candidati, esse non sarebbero censurabili sul piano della legittimità, essendovi logicità e coerenza fra gli atti impugnati e i loro presupposti.

Infondata sarebbe, poi, la pretesa della ricorrente ad una retrodatazione di carriera tale da farle superare il Boselli.

6. L'appellante ha depositato memoria difensiva, con la quale ha ulteriormente illustrato le proprie ragioni.

7. Il ricorso in appello è stato discusso alla pubblica udienza del 30 aprile 2002.

 

Diritto

 

1. La controversia all'esame del collegio attiene al conferimento dell'incarico direttivo di presidente del tribunale di Piacenza, per il quale il plenum del Csm nella seduta del 24 marzo 1999 ha proposto il dottor Boselli, preferendolo alla odierna appellante.

La nomina del dottor Boselli a presidente del tribunale di Piacenza è stata, quindi, formalizzata con Dpr in data 21 aprile 1999.

Il Tar del Lazio, prima sezione, con sentenza 10309/00, su ricorso della dottoressa Capelli avverso tali atti, ha respinto il proposto gravame, ritenendo che la natura di parere obbligatorio ma non vincolante della proposta della commissione al plenum non impedisse a quest'ultimo di fare esperire ulteriore istruttoria; che la valutazione dei titoli dei due candidati sia stata sostanzialmente rispettosa dei criteri vigenti in materia di conferimento di incarichi direttivi; che, in carenza di specifiche previsioni di legge o regolamentari, la retrodatazione virtuale di anzianità richiesta dalla dottoressa Capelli in ragione della preesistente limitazione all'accesso in magistratura delle donne non fosse praticabile; che, in presenza di sostanziale parità fra i candidati, legittimo sia stato il ricorso al criterio residuale dell'anzianità.

Ha proposto appello la dottoressa Capelli, evidenziando l'illegittimità del comportamento del plenum del Csm che ha tolto effetto alla primitiva proposta della commissione (che la indicava all'unanimità quale magistrato maggiormente titolato all'incarico), rinviando la pratica per una ulteriore istruttoria, nonché l'illegittimità della equiparazione fra le funzioni semidirettive da lei svolte nel tribunale di Milano per oltre quindici anni e le funzioni svolte dal dottor Boselli quale magistrato di Cassazione e quale dirigente dell'ufficio documentazione ed automazione presso il tribunale di Parma. Inoltre, illegittima sarebbe stata l'applicazione del criterio dell'anzianità senza tener conto che ad uno dei candidati (l'appellante) era stata tolta, per legge incostituzionale, la possibilità di competere con l'altro (l'appellante si è laureata nel 1959, mentre solo con la legge 66/1963 si è provveduto ad eliminare il requisito del sesso maschile ai fini della partecipazione al concorso per uditore giudiziario).

2. Al riguardo, in punto di diritto, il collegio osserva quanto segue.

2.1.Per quanto riguarda il conferimento degli incarichi direttivi ai magistrati ordinari vige il principio della riserva di legge, di cui all'articolo 108, comma 1, della Costituzione, dovendo anche in tale materia essere garantita l'indipendenza dell'ordine giudiziario: è pertanto la legge che deve fissare i criteri generali di valutazione e selezione degli aspiranti agli incarichi direttivi e le conseguenti modalità della nomina (Cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 2715/00).

2.2. Peraltro, dal principio di riserva di legge non discende che i necessari criteri generali di valutazione e selezione degli aspiranti debbano essere così analiticamente e dettagliatamente fissati dal legislatore da rendere meccanicistica e meramente esecutiva la concreta attività di selezione del personale di magistratura da preporre agli uffici direttivi (Cfr. Corte costituzionale 72/1991).

Il principio della riserva di legge deve, quindi, ritenersi rispettato quando il legislatore abbia fissato alcuni criteri generali e precisi per orientare la discrezionalità dell'organo deputato alla selezione e valutazione dei candidati, né con esso è stato ritenuto contrastare il rispetto dovuto alle delibere e alle circolari del Csm, di cui è stato ritenuto costituzionalmente legittimo l'intervento integrativo (ed anche suppletivo) nell'indicazione dei principi specifici per la scelta dei magistrati ritenuti idonei (cfr. Consiglio di Stato,quarta sezione, decisione 2715 citata).

2.3. Le deliberazioni con le quali il Csm conferisce uffici direttivi ai magistrati, ancorché espressione di attività amministrativa ampiamente discrezionale, non si sottraggono al sindacato giurisdizionale, quanto meno sotto il profilo della esistenza dei presupposti e congruità della motivazione, nonché dell'accertamento del nesso logico di consequenzialità fra presupposti e conclusioni (Cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 111/96 e 1872/99), fermo restando che il riscontro di legittimità che il giudice deve svolgere è soltanto quello che può eventualmente emergere da gravi difetti degli atti stessi che possono concretizzare il vizio di eccesso di potere (cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 555/98).

Deve, inoltre, tenersi conto della particolare posizione costituzionale del Csm che comporta che la valutazione del giudice amministrativo si soffermi esclusivamente sui profili sintomatici, senza in alcun modo impingere il merito della scelta discrezionale del Csm ( cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 749/98).

Conseguentemente, la motivazione delle delibere del consiglio, di conferimento di uffici direttivi, deve essere tale da consentire di seguire la valutazione comparativa dei candidati rispetto ai vari elementi isolati dal Csm in sede di emanazione delle norme di autodisciplina ed è necessario che le valutazioni compiute siano non soltanto immuni da travisamento dei fatti, ma anche compatibili logicamente con la conclusione finale (cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 404/94).

2.4. Circa, poi, la disciplina dell'iter di formazione delle delibere del consiglio, l'articolo 11, terzo comma, della legge 195/58 dispone che sul conferimento degli uffici direttivi il Consiglio delibera su proposta formulata, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, da una commissione formata da sei dei suoi componenti, di cui quattro eletti dai magistrati e due eletti dal Parlamento.

Nei rapporti fra commissione e plenum, la giurisprudenza si è attestata nel senso che (decisione 404/94 citata) la proposta della prima ha l'ufficio di fornire una prima raccolta di elementi e una loro ordinata disamina, un apporto iniziale di riflessione nel processo di formazione della volontà del Consiglio superiore in sede plenaria, in una materia di particolare importanza. In sostanza, la proposta si atteggia alla stregua di un parere obbligatorio, ma non vincolante. Essa ha l'effetto di costringere il plenum a prendere in esame innanzi tutto, sia pure comparativamente con gli altri, il nominativo proposto, senza tuttavia costituire per la discrezionalità del plenum un limite esterno, la cui inosservanza rilevi immancabilmente come violazione di legge, bensì un limite interno, la cui inosservanza immotivata o illogica dà luogo ad eccesso di potere. Da qui la necessità che le ragioni dell'eventuale contrasto fra la proposta della Commissione e la decisione del plenum siano apprezzabilmente percepibili (cfr. decisione 404 cit).

2.5. In ordine alle modalità di comparazione dei candidati, né le fonti primarie (articoli 192 e 193 regio decreto 12/1941; articoli 5 e 6 legge 392/51) né i criteri definiti dal Csm prescrivono che i candidati debbono essere posti a raffronto in modo analitico, con riferimento a ciascuno dei tre parametri prestabiliti (anzianità, attitudine e merito), ben potendo la comparazione risolversi in un giudizio complessivo unitario, frutto della valutazione integrata dei requisiti sopraindicati (quarta sezione, 1872/99).

Gli atti di conferimento degli incarichi non abbisognano, quindi, di una motivazione particolarmente estesa, essendo all'uopo sufficiente che risulti, anche in maniera sintetica, purché chiara, esplicita e coerente, che l'organo deliberante ha proceduto all'apprezzamento complessivo dei candidati e si è convinto che uno di essi sia da preferire ad altri (Cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 555/98).

Al riguardo, circa la valutazione del servizio svolto è stato ritenuto illegittimo dare un apprezzamento del tutto speciale alla prestazione prevalente od esclusiva esercitata dal magistrato, stante la permanente unicità delle funzioni esplicabili in seno alla magistratura ordinaria, ai sensi dell'articolo 190 dell'ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 12/1941 (cfr. Consiglio di Stato, sezione, 15/1995).

Così pure è stato ritenuto che, ai sensi dell'articolo 199 regio decreto citata il servizio reso dai magistrati presso il Ministero di grazia e giustizia sia parificato ad ogni effetto a quello prestato negli uffici giudiziari, anche ai fini della valutazione attitudinale (cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 674/98).

2.6. In generale, il requisito dell'anzianità non assume un ruolo prevalente su quelli dell'attitudine e del merito, rimanendo un fattore di valutazione concorrente, con pari dignità, con gli altri due. Ne consegue che, ogniqualvolta tale requisito si presenti in misura maggiore in uno degli aspiranti all'ufficio direttivo, deve aversi riguardo, ai fini del suo superamento in sede di procedimento di comparazione dei concorrenti, al possesso nel candidato che non ne sia provvisto in egual misura, di requisiti prevalenti quanto all'attitudine e al merito (cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 111/96; 1872/99).

2.7. In generale, deve ritenersi che la valutazione del requisito attitudinale vada riferita allo specifico ufficio da conferire (cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione 31/1996).

3. Sulla scorta delle osservazioni in diritto che precedono, sembra al collegio che, nel caso in esame, sussistessero tutte le ragioni per giustificare il conferimento al dottor Boselli, fornito di maggiore anzianità rispetto all'appellante, dell'incarico de quo.

Invero, deve anzitutto ritenersi che legittimamente il plenum del consiglio abbia rimandato alla commissione, per una ulteriore istruttoria, la originaria proposta riguardante la sola dottoressa Capelli.

Nei rapporti tra Commissione e plenum non è, infatti, concepibile che la prima abbia la potestà di vincolare il secondo, trattandosi di commissione puramente interna, sicché, quando una data categoria d'affari debba essere in definitiva rimessa al plenum, quest'ultimo non potrebbe mai vedere limitati i propri poteri inerenti all'esercizio delle sue attribuzioni costituzionali (cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione 404/94).

D'altro canto, lo scopo della proposta della Commissione è, come si è visto, quello di fornire una prima raccolta di elementi e una loro ordinata disamina, un apporto iniziale di riflessione sul processo di formazione della volontà del Consiglio superiore in sede plenaria. Costituisce, in sostanza, un parere obbligatorio ma non vincolante (vedi decisione 404 cit).

Lo stesso Regolamento interno del Csm, approvato con delibera 16 marzo 1988, all'articolo 22 prevede che la commissione sottoponga al consiglio l'elenco degli aspiranti con le proprie valutazioni e le conseguenti motivate conclusioni, allegando quelle eventualmente dissenzienti.

Valutazioni e conclusioni sono dirette, evidentemente, all'indicazione del candidato preferito e le stesse opinioni dissenzienti non potrebbero chiamarsi tali se non in quanto si contrappongano ad una indicazione approvata dalla maggioranza e giuridicamente imputabile all'intero Collegio (cfr. decisione 404/94 citata).

Del resto, le ragioni della decisione di rinvio della pratica alla commissione, dopo una iniziale proposta unanime di quest'ultima che individuava nella dottoressa Capelli il magistrato più idoneo alle funzioni di cui si discute, emergono con chiarezza dalla discussione del plenum (vedi verbale del 25 novembre 1998, in atti, con particolare riferimento alle osservazioni del dottor Angeli sugli elementi di differenziazione fra i candidati; della dottoressa Cassano, relativamente ad una non compiuta disamina della documentazione del dottor Boselli; del dottor Mattone, relativamente all'inattualità dell'esercizio, da parte del dottor Boselli, di funzioni di merito; della dottoressa Iacopino Cavallari e del dottor Smirne, sempre con riferimento agli elementi di differenziazione fra i candidati).

Quanto, poi, alle censure di violazione della disciplina procedimentale contenuta nel Regolamento dello stesso consiglio che, secondo l'appellante, imporrebbero di prendere in considerazione e votare anzitutto la proposta deliberata all'unanimità, vale considerare, ai fini della loro reiezione, che mentre le norme che regolano l'approvazione dei verbali del Csm contemplano una rigorosa ed articolata procedura, tale da assegnare inequivocabilmente al momento finale dell'approvazione il ruolo di elemento costitutivo del verbale e con esso dell'atto deliberativo verbalizzato, atteso che attraverso lo strumento delle “osservazioni” il verbale in itinere è suscettibile di modifiche non soltanto formali, ma anche di contenuto, tali da impedire il definitivo consolidarsi della volontà collegiale fintanto che il relativo iter procedimentale non si sia definitivamente compiuto (cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 283/96), non altrettanta rigidità procedimentale può contrassegnare l'attività della commissione interna del consiglio, i cui compiti sono strumentali e propedeutici rispetto all'attività deliberativa finale del consiglio.

Non può, invero, ritenersi che, nel momento in cui, a seguito delle osservazioni intervenute, il plenum ha legittimamente deliberato il ritorno della pratica in Commissione, la originaria proposta della stessa avesse raggiunto quei caratteri di definitività che soli potrebbero comportare la sua sottoposizione al protocollo procedimentale sopraricordato.

Si può, quindi, concludere la prima parte della presente decisione affermando che non vi è stata violazione di legge né di procedimento amministrativo, né eccesso di potere, nei sensi denunciati dall'appellante dottoressa Capelli, per il fatto che il plenum del Csm abbia conclusivamente designato per l'incarico un candidato diverso da quello cui era riferita l'originaria proposta della commissione.

3.1. La seconda parte della controversia è relativa ai dedotti vizi di violazione di legge e di eccesso di potere per quel che attiene alla valutazione dei titoli di carriera posseduti dai due candidati, dottori Capelli e Boselli.

L'appellante contesta la valutazione attraverso la quale l'organo di autogoverno è pervenuto in concreto a formulare il proprio avviso, sostenendo principaliter la propria superiorità rispetto all'appellato nelle categorie di titoli relativi ad attitudine e merito, suscettibili di considerazione ai fini del conferimento dell'ufficio direttivo, per avere, a differenza del dottor Boselli, svolto per quindici anni funzioni semi-direttive, quale Presidente di Sezione del tribunale di Milano, sia nel settore penale sia nel settore civile.

Sostiene, poi, l'erroneità della valutazione effettuata a proposito dell'esperienza maturata dal dottor Boselli quale dirigente dell'ufficio documentazione e automazione presso il tribunale di Parma, non attenendo a funzioni propriamente giudiziarie, bensì organizzative.

Erroneamente, poi, sarebbero stati ritenuti equivalenti i titoli relativi alla produzione scientifica dei due candidati.

Ritiene il collegio che anche queste censure siano infondate.

Invero, il Csm si è trovato a decidere fra due candidati, di cui una, la dottoressa Capelli, aveva focalizzato la propria esperienza professionale con l'assunzione e l'esercizio di funzioni semi- direttive di presidente di sezione e l'altro, il dottor Boselli, aveva affiancato alle funzioni di giudice di tribunale la direzione dell'ufficio documentazione e automazione presso il medesimo tribunale e poi assunto e svolto le funzioni di magistrato di Cassazione.

Entrambi, nell'indirizzo scelto, avevano raggiunto elevatissimi gradi di professionalità.

In tale situazione, di ritenuta sostanziale equivalenza, correttamente il Csm ha fatto prevalere il criterio dell'anzianità.

Invero, come ha rilevato il giudice di I grado, la circolare 13531/96, recante la disciplina del conferimento degli uffici direttivi, prevede che nella valutazione delle capacità attitudinali vengano in rilievo anche il positivo esercizio di funzioni diverse e le doti organizzative desumibili dall'esercizio di funzioni dirigenziali, anche in relazione alle concrete iniziative adottate per rendere più efficiente il lavoro dei magistrati e del personale addetto agli uffici, nonché dalla validità dei metodi operativi e di gestione degli affari e dei servizi di cui il candidato abbia dato prova nell'esercizio di funzioni non dirigenziali.

In tale ambito si è mosso il Csm nel valorizzare l'esperienza organizzativa maturata dal dottor Boselli, ritenendola equivalente o comunque comparabile con quella svolta dalla dottoressa Capelli nell'esercizio di funzioni semi- direttive e, ad avviso del collegio, non illegittimamente, tenuto conto, sotto il profilo attitudinale che l'eventuale precedente esercizio di analoghe funzioni rileva quale fattore non esclusivo, bensì concorrente con altro («l'evidente validità di metodi operativi») ai fini della valutazione della capacità organizzativa, costituente, a sua volta, uno dei tre elementi concorrenti alla definizione e valutazione del requisito attitudinale (assieme al profilo professionale complessivo e al pregresso positivo esercizio di funzioni di livello pari a quello del posto da ricoprire e di funzioni della stessa o analoga natura) (cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 31/1996).

D'altro canto, come ha rilevato la giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 749/98), nell'attuale stato della normativa primaria e secondaria occorre attribuire il giusto peso alla capacità organizzativa, estrinsecantesi anche nella dimostrazione di doti di aggregazione delle forze dei collaboratori, manifestata pure nell'espletamento di incarichi direttivi; alla conoscenza delle problematiche dell'ufficio da ricoprire; alla valorizzazione del pregresso esercizio di funzioni analoghe, evitando al contempo di restringere le funzioni analoghe a quelle solo direttive, ma consentendo un prudente giudizio di bilanciamento rientrante nella insindacabile discrezionalità del consiglio.

Nelle vicende relative al conferimento dell'incarico di presidente del tribunale di Piacenza il Csm si è mosso entro tali confini, comparando analiticamente i titoli di entrambi i magistrati, nell'esercizio di quella ampia discrezionalità di merito concessagli dall'ordinamento, giungendo a conclusioni che non soltanto risultano immuni da travisamento dei fatti, ma sono altresì logicamente compatibili con i parametri di valutazione prestabiliti (anzianità, attitudine e merito).

3.2. L'appellante lamenta, infine, che la valutazione comparativa sarebbe stata posta in essere senza predisposizione di criteri generali e considerando equivalenti le funzioni di merito da lei svolte con quelle di legittimità svolte dal dottor Boselli. Illegittima, poi, sarebbe la sottovalutazione della sua anzianità, dal momento che ella ha potuto accede al concorso in magistratura solo nel 1964, dopo l'entrata in vigore della legge 66/1963 che ha eliminato, ai fini della partecipazione, il requisito del sesso maschile. Da qui l'illegittimità del ricorso, ai fini del conferimento dell'incarico de quo, al criterio residuale dell'anzianità.

Anche tali censure risultano infondate.

Invero, sotto il profilo della mancata predisposizione di criteri generali ai fini della comparazione fra candidati, va rilevato che né le fonti primarie (articoli 192 e 193 regio decreto 12/1941; articoli 5 e 6 legge 392/51) né i criteri definiti dal Csm prescrivono che i candidati debbano essere posti a raffronto in modo analitico, con riferimento a ciascuno dei tre parametri stabiliti, ben potendo la comparazione risolversi in un giudizio complessivo unitario, frutto della valutazione integrata dei requisiti sopra indicati, con la conseguenza che ove risulti documentalmente l'avvenuta presa in esame, per ciascun candidato, dei tratti essenziali e qualificanti dei rispettivi curricula professionali, nonché la valutazione ponderata degli stessi in rapporto allo specifico ufficio direttivo oggetto di conferimento (cosa avvenuta nella fattispecie per entrambi i concorrenti), ben può ritenersi adeguatamente soddisfatto l'onere di comparazione richiesto dalla normativa richiamata (cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 31/1996).

Da qui la non necessità della preventiva predisposizione di criteri di valutazione.

Sotto il profilo, poi, della equiparazione effettuata fra le funzioni di merito svolte dall'appellante quale presidente di sezione e funzioni di legittimità svolte dal dottor Boselli quale consigliere di Cassazione, la valutazione risulta pienamente compatibile con l'ordinamento nonchè razionale, stante la permanente unicità delle funzioni esplicabili in seno alla magistratura ordinaria, ai sensi dell'articolo 190 dell'ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 12/1941 (cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 15/1995) e considerato altresì che il criterio attitudinale, ancorché connesso con le mansioni del posto da ricoprire, non può condurre alla necessità di precludere la scelta dei candidati allorché privi di specificità attitudinali estremamente caratterizzate (cfr. stessa decisione).

Da ultimo, vanno respinte anche le doglianze relative alla mancata retrodatazione virtuale dell'anzianità in carriera dell' appellante, in ragione della preesistente limitazione all'accesso in magistratura delle donne.

Invero, ancorché giustificate su un piano storico-sociale, dette doglianze, in mancanza di un diverso criterio previsto dalla legge o predefinito dal Csm, non appaiono suffragate da alcun supporto giuridico, come correttamente evidenziato nella sentenza di I grado.

Da qui la conseguente legittimità dell'applicazione, a favore del dottor Boselli, del residuale criterio dell'anzianità.

4. In conclusione, sulla base delle considerazioni svolte, attesa l'infondatezza dei dedotti motivi di appello, deve confermarsi la decisione di rigetto del ricorso in I grado resa dall'impugnata sentenza del tribunale amministrativo.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in Euro 3000 (tremila).

 

PQM

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, definitivamente pronunziando sul ricorso, meglio in epigrafe indicato, respinge l'appello proposto dalla dottoressa Emilia Cappelli e conferma la sentenza 10309/00 del Tar per il Lazio, sede di Roma, sezione prima. Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese della presente fase di giudizio che liquida in Euro 3000 (tremila).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.