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Preoccupazioni ass mag minorili

L’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia continua a dichiararsi preoccupata riguardo al progetto di riforma dei Tribunali per i minorenni.
 «Nelle procedure riguardanti i minorenni – hanno spiegato in un comunicato diffuso al congresso dell’Anm, a firma del segretario generale Magda Brienza e del presidente Armando Rossini – non si tratta soltanto di accertare un evento, o fatti storici, e di applicare una norma, ma piuttosto di interpretare comportamenti e situazioni connessi alla funzione genitoriale, alla luce di una pluralità di variabili, ambientali, sociali, fisiche ed educative, che richiedono differenti competenze».
Secondo i giudici minorili, sopprimere la componente privata dei Tribunali per i minorenni significa vanificare la cultura del minore sviluppata negli ultimi decenni del secolo scorso e che sempre più è oggetto dell’attenzione di esperti nelle varie discipline. È proprio la composizione mista del Tribunale che, grazie ai suoi strumenti, garantisce una reale tutela del bambino e dei suoi bisogni sotto il profilo della crescita fisica psicologica ed affettiva. In quanto persona in evoluzione il minore è in continua evoluzione; questo significa che il giudice togato deve necessariamente essere supportato da un esperto qualificato che offra la sua collaborazione in modo continuativo e non occasionale. «Solo un affiancamento continuativo permette al giudice di leggere le trasformazioni nel tempo e di modulare conseguentemente gli interventi a tutela, funzione che una consulenza tecnica d’ufficio, per sua natura e modalità, non permette di assolvere». Il paradosso della riforma proposta dal governo, secondo i giudici minorili, è rappresentata dalla creazione di una sezione specializzata privata degli specialisti. «Del pari è inaccettabile – spiegano ancora – l’ipotizzata separazione delle competenze civili e penali in maniera minorile, assegnando le prime all’istituenda sezione del tribunale ordinario, lasciando le seconde ai tribunali per i minorenni». Nella giustizia minorile, spiegano gli “addetti ai lavori”, il penale e il civile, sono inscindibili e ogni soluzione di segno contrario ridurrebbe l’intervento penali ai profili meramente punitivi e repressivi, che per questo motivi risulterebbero impropri e incompleti.
Ma i giudici minorili non rifiutano una riforma del settore, purchè di riforma organica si parli, di «intervento riformatore di unificazione delle competenze attualmente disperse in capo ad un unico giudice realmente specializzato e presente in modo più diffuso sul territorio».
Non si può buttare all’aria l’esperienza maturata in decenni di attività, ha detto anche Livia Pomodoro, presidente del Tribunale dei minorenni di Milano, «in tanti anni – ha spiegato - il tribunale per i minorenni ha portato alla luce episodi di abusi, maltrattamenti, casi di incuria nei confronti di bambini di tutti i ceti sociali». Sono sicuramente problemi che toccano da vicino i sentimenti, gli affetti, ma bisogna stare attenti anche alla rilevanza che tali fatti hanno nella società civile. Un monito quindi alla Stampa che in certe occasioni enfatizza fatti di cronaca. Vanno invece capiti, secondo la Pomodoro, i problemi che hanno portato «alla deduzione di abolire un istituto come quello del tribunale dei minorenni, che in Italia è in vigore dal 1934, una struttura che è stata attivata in tutto il mondo». Si tratta di capire se sono problemi ordinamentali o di garanzie processuali e di competenze. Perché se sono ordinamentali, non si capisce perché, si è chiesta ancora la Pomodoro, abolire una struttura funzionante dal 1934; se di garanzie processuali si parla, invece, basterebbe applicare la riforma dell’articolo 111 della Costituzione. Si tratta in sostanza di capire quale obiettivo vogliamo raggiungere, ha detto ancora il presidente del Tribunale di Milano.
Nessuno quindi è contrario ad una riforma del settore, a patto che si conoscano perfettamente gli obiettivi da perseguire. L’altro auspicio dei magistrati minorili è che il Parlamento, in sede di discussione della riforma “ascolti” anche loro.(p.a.)