Associazione nazionale magistrati
Sezione della Corte di cassazione
Documento sul Ddl per la riforma dellordinamento giudiziario
27 marzo 2002
Il disegno di legge delega per la riforma dellordinamento
giudiziario delinea un assetto della magistratura italiana contrario al dettato
costituzionale. Esso è anche in contraddizione con le pressanti esigenze di efficienza
del sistema, sia perché non affronta alcuno dei problemi che al riguardo si pongo, sia
perché le soluzioni che appresta sono spesso controproducenti.
Poiché il disegno di legge si dichiara ispirato allinterno di «restituire la
Cassazione al suo compito connaturale di vertice della magistratura ordinaria», la giunta
della sezione Cassazione dellAnm non può esonerarsi dalla responsabilità di
fornire una propria immediata valutazione su di esso.
A tale proposito, è innanzitutto da osservare che attribuire alla Cassazione la funzione
di vertice della magistratura è erroneo dal punto di vista costituzionale e costituisce
una regressione rispetto alla concezione della Cassazione che si è progressivamente e
positivamente affermata nellultimo mezzo secolo, durante il lungo e faticoso cammino
verso linveramento del dettato costituzionale.
Nellordinamento costituzionale, infatti, la Cassazione rappresenta il vertice del
sistema delle impugnazioni ed è solo in ragione, nellambito e come effetto naturale
di questa sua funzione giurisdizionale, che è ad essa demandato non solo il compito di
assicurare il rispetto del giusto processo, ma anche lo svolgimento della funzione di
nomofilachia, intesa come sintesi delle diverse soluzioni interpretative e come
orientamento verso consapevoli convergenze nellinterpretazione del diritto da parte
degli stessi giudici di merito, con i quali la cassazione si pone in libero e proficuo
rapporto dialogico.
In questo sistema, nel quale ciascun giudice sia esso di legittimità o di merito
è soggetto soltanto alla legge ed è quindi tenuto a non assoggettarsi ad alcunaltra
autorità, esterna o interna allordine giudiziario, il risultato della tendenziale
uniformità (e quindi della prevedibilità e della certezza) nellinterpretazione del
diritto è rimesso soltanto, per un verso, alla collocazione della Cassazione nel sistema
delle impugnazioni e, per altro verso, alla sua autorevolezza culturale e alla
persuasività delle sue sentenze: attribuire alla corte una qualunque posizione di
supremazia ordinamentale o organizzativa, una qualunque capacità di influire sulla
«carriera» dei giudici, un qualunque ruolo incidente sulla loro formazione
professionale, significherebbe creare condizionamenti tali da alterare gravemente il
principio di autonomia e di indipendenza dei giudici di merito.
Soggette al controllo della cassazione sono e debbono rimanere soltanto le sentenze e non
anche i giudici che le hanno emesse.
1. Questo assetto gravemente turbato dalla previsione di una «Scuola della magistratura»
istituita presso la Cassazione, anziché presso il Csm, tanto più che a tale scuola
vengono altresì impropriamente attribuiti compiti di «verifica attitudinale» da valere
«anche ai fini della progressione in carriera». Il disegno di legge prevede infatti che
alla scuola sia preposto un comitato direttivo del quale sono componenti due magistrati
della corte designati dal primo presidente mentre altri tre componenti sono nominati dal
Csm, ma di concerto con il Ministro della giustizia. Il ruolo del Csm nella formazione
professionale viene di fato cancellato: riguardo alla programmazione dellattività
didattica si prevede, infatti, che il Csm possa fare solo proposte, alla stessa stregua
del ministro, del Cnf, di ciascun consiglio giudiziario, del consiglio direttivo della
Corte di cassazione e di ciascun componente del consiglio universitario nazionale.
In tal modo vengono attribuite alla Cassazione funzioni assolutamente estranee al suo
ruolo giurisdizionale e tali da inquinare questultimo, inserendo in esso fattori di
improprio condizionamento sulla giurisdizione di merito (per non parlare del ruolo
illegittimamente riconosciuto al ministero, in un campo che non ha nulla a che fare con le
attribuzioni di cui allarticolo 110 della Costituzione), sia per la capacità di
influire sulla selezione attitudinale ai fini della progressione in carriera, sia per la
formazione professionale in sé considerata.
Quanto a questultima, deve infatti essere ricordato che la formazione professionale
dei magistrati a differenza di quella che si volge nelle aziende e nelle pubbliche
amministrazioni non può essere rivolta alla conformazione degli stessi e della
loro attività ad un unico modello imposto dallalto o dallesterno e neppure
dalla stessa Cassazione, dal Csm o dalla scuola, ma deve invece essere intesa, oltre che
dallacquisizione delle necessarie capacità tecniche, a suscitare la coscienza dei
termini giuridici e culturali dei problemi nonché dei valori sottesi ad ogni scelta
operativa, al libero confronto ed al reciproco approfondimento tra i diversi orientamenti,
proprio al fine di rendere consapevole lesercizio dellautonomia di ciascun
magistrato, di modo che essa garantita dalla costituzione come diritto fondamentale
dei cittadini possa esprimersi non già in scelte arbitrarie, soggettivistiche o
casuali, ma in scelte libere perché consapevoli e fondate tra le diverse e
ponderate interpretazioni possibili della norma, del fenomeno reale e del proprio stesso
ruolo.
È in questo senso che la funzione della formazione professionale dei magistrati non può
non essere compresa tra quelle che «possono indirettamente incidere sullindipendenza
dei magistrati» e quindi non può non rientrare nelle attribuzioni del Csm. Il pluralismo
culturale ideale che per Costituzione deve connotare tutta lattività consiliare
assume qui una valenza ulteriore e ben più incisiva, in quanto serve ad evitare il
pericolo che la formazione professionale dei magistrati divenga un fattore di
condizionamento degli stessi e di loro induzione al conformismo e alla subalternità.
La tendenza alluniformità e allorientamento delle scelte interpretative
che è in qualche misura sottesa alla funzione nomofilattica si pone quindi
in un proficuo rapporto dialettico rispetto alla funzione della formazione professionale
dei magistrati: unire tali funzioni significherebbe alterare e tradire i caratteri
essenziali delluna e dellaltra, così come avrebbe effetti gravemente
distorsivi collegare la funzione formativa a quella selettiva.
A queste considerazioni deve poi aggiungersi che la Cassazione non sarebbe materialmente
in grado di svolgere tale funzione. La Corte Suprema, infatti, si trova già ora in una
situazione di grande sovraccarico che le rende difficile svolgere le sue funzioni
giurisdizionali a quel livello di efficienza e di qualità che il suo ruolo richiede. Lipotesi
di gravare la corte anche di una funzione così impegnativa e così eterogenea come quella
della formazione professionale, appare, da questo punto di vista, irrealistica. Deve anche
essere rilevato che il 95% circa dei magistrati esercita funzioni giudiziarie di merito.
Affidare il compito di curare la loro formazione professionale a chi invece esercita
funzioni di legittimità appare alquanto irrazionale. Non è qui in questione la presenza
in Cassazione di grandi capacità culturali e didattiche, ma appare ovvio che la
formazione professionale della magistratura è compito che può naturalmente essere meglio
svolto da un organismo, quale il Csm, in cui trovano espressione tutte le differenziate
professionalità e le diverse funzioni che la magistratura comprende.
Infine, non può essere taciuto che nel campo della formazione professionale dei
magistrati il Csm ha raggiunto nellultimo decennio risultati positivi. Anche per
questo motivo, cambiare sistema non avrebbe alcuna giustificazione. Né alcuna
giustificazione sembra ipotizzabile per talune disposizioni di dettaglio contenute nella
delega come quella che vieta la possibilità di seguire più di un corso di
formazione ogni tre anni che mettono chiaramente in luce il carattere improvvisato
e approssimativo dellinnovazione proposta.
2. Il disegno di legge prevede poi la possibilità di un accesso estremamente anticipato
alle funzioni di cassazione a seguito di concorsi per titoli ed esami: si tratta della
mera riproduzione di un sistema che è stato vigente in passato, ha dato pessima prova di
sé e per questo motivo è stato abrogato dal Parlamento.
Non resta quindi che ripetere qui quel che tutte le componenti culturali della
magistratura hanno sostenuto nei decenni trascorsi, trattandosi di rilievi basati sullesperienza
concreta e sulla intima adesione ai valori e ai caratteri fondamentali che devono
connotare listituzione perché sia conforme al dettato costituzionale.
La soppressione del concorso per laccesso anticipato in Cassazione ha rappresentato
ladempimento del principio costituzionale secondo cui i magistrati si distinguono
solo per le funzioni esercitate ed ha eliminato i gravi inconvenienti derivanti dal
concreto funzionamento del sistema che li prevedeva: limpegno del magistrato
concentrato non sul carico di lavoro dellufficio, ma sulla sentenza da valorizzare
quale «titolo»; la trasformazione di questultima da risposta destinata al
cittadino ad esibizione di sapere dottrinario e giurisprudenziale destinato agli
esaminatori; il difetto di garanzie per quanto riguarda loggettività e limparzialità
della valutazione; il sistema di cooptazione fondato sulla gerarchia, inevitabilmente
destinato a premiare il conformismo giurisprudenziale; la tentazione per il magistrato di
rifugiarsi in «nicchie» comunque lontane dalla «prima linea», per coltivare lo studio
teorico e lapprofondimento dei provvedimenti-titolo; la scelta tra le varie funzioni
in vista delle maggiori o minori opportunità da esse fornite per la predisposizione di
tali provvedimenti.
Abrogare quel sistema ha significato inoltre leliminazione, nei rapporti interni
alla magistratura, di spinte al rivalismo e alla competitività, particolarmente improprie
rispetto alla funzione giudiziaria.
Oggi, nella nostra istituzione, svolge di regola un ruolo prioritario lautoselezione
attitudinale e non la corsa ai gradi e agli onori, e ciò non può che volgersi a
beneficio dei cittadini.
Oggi la considerazione dei gradi processuali non più collegata ai gradi della gerarchia o
alle gradazioni della premialità, induce una concezione più «colta» del processo.
Oggi il cittadino sa che lordinamento italiano pone il magistrato che lo deve
giudicare in condizione di esserne sine spe ac metu.
La previsione di questo accesso anticipato e differenziato in Cassazione
determinerebbe effetti distorsivi anche rispetto alla cultura che la cassazione stessa
deve possedere ed esprimere per svolgere adeguatamente il proprio ruolo che pur
prevalentemente legato al controllo di legittimità non è riducibile ad una
attività di elaborazione dogmatico-formalistica, ma richiede di essere costantemente
nutrito da una sensibile e diretta consapevolezza concreta dei fenomeni sociali regolati e
dei problemi da risolvere, che può acquisirsi soltanto attraverso una impegnata e matura
esperienza nella giurisdizione di merito.
Nulla sarebbe più nefasto per la Cassazione, oggi, di misure capaci di isolarla dal resto
della magistratura e di pregiudicare losmosi tra merito e legittimità: la
Cassazione è certo più autorevole da quando lefficacia del suo insegnamento è
affidata alla capacità di ascolto e alla persuasività delle ragioni giuridiche poste a
fondamento delle sue sentenze piuttosto che agli strumenti di induzione al conformismo
collegati ad una impropria posizione di «vertice».
3. È da tempo avvertita lesigenza di un più rigoroso vaglio attitudinale per il
conferimento delle funzioni di legittimità, diretto non giù a creare inutili graduatorie
ma ad accertare la sussistenza, in chi aspira ad esercitare tale funzioni, dello specifico
standard professionale che esse richiedono: ciò può essere raggiunto senza bisogno di
modifiche legislative e di fatto il Csm ha progressivamente ridotto il peso dellanzianità
nella scelta dei magistrati da destinare a tali funzioni. Al fine di apprestare strumenti
operativi più idonei a verificare in concreto il possesso delle specifiche attitudini al
giudizio di legittimità, che non vanno confuse con generiche qualificazioni di maggiore o
minore «bravura», potrebbe anche essere opportuno sperimentare lutilità di una
commissione di esperto alla quali affidare il compito di esprimere una prima valutazione
di massima sui lavori giudiziari e sulle pubblicazioni dei vari candidati, da inserire poi
nel materiale istruttorio che la procedura consiliare è destinata a utilizzare e a
tradurre in specifiche proposte al plenum del Csm.
La «Commissione speciale» prevista dagli articoli da 9 a 11 del disegno di legge non
corrisponde però a questa ragionevole ipotesi. Non vi è neppure bisogno di esprimere le
ragioni del vero e proprio sconcerto determinato dal fatto che i componenti di tale
commissione sono nominati esclusivamente entro una rosa proposta dal ministro: una
previsione di tal genere è sicuramente incostituzionale perché lautonomia del Csm
esclude qualunque intervento condizionante dellesecutivo nei procedimenti
riguardanti lo status dei magistrati. Appare inoltre del tutto improprio che ad una
commissione tecnica formata da esperti esterni sia affidato il compito non già di
valutare tecnicamente il material documentale rilevante (provvedimenti giudiziari e
pubblicazioni) ma di esprimere una valutazione globale e complessiva della
«meritevolezza» dei candidati, tale da fungere quale vera e propria «proposta» al
consiglio. In tal modo, ad un organo tecnico verrebbe sostanzialmente appaltato un
segmento del procedimento e non una incombenza strettamente istruttoria quale quella di
svolgere accertamenti e fornire informazioni e valutazioni di carattere tecnico, con
evidente stravolgimento delle corrette procedure consiliari.
4. È da salutare con soddisfazione lipotesi della istituzione di un «consiglio
giudiziario» della Corte di cassazione, ma il plauso deve limitarsi a ciò, posto che le
modalità di attuazione dellinnovazione appaiono in larga misura criticabili.
Ad iniziare dal nome: non si comprende perché quello istituito presso la cassazione non
debba chiamarsi Consiglio giudiziario, come è nella nostra tradizione e come è per i
consigli giudiziari presso le Corti dappello, e debba invece ricevere la
denominazione di consiglio direttivo, che appare tratta dalla terminologia usata per i
nuovi istituti partecipativi di recente approntati per la magistratura amministrativa.
Per il consiglio giudiziario della Corte di cassazione, tuttavia, lobiezione più
grave è quella che si riferisce alla composizione dellorgano ed in particolare alla
presenza in esso di componenti «laici». Per tale motivazione, che investe in maniera
ancora più pregnante i consigli giudiziari presso le Corti dappello, la relazione
non adduce altra ragione che quella a valenza meramente estetica di una
necessaria «simmetria» con la composizione del Csm, ma tale richiamo è sfornito di
senso giuridico e di una apprezzabile giustificazione razionale.
È infatti in primo luogo da rilevare che la presenza dei laici è prevista dalla
Costituzione solo per il consiglio superiore e non anche per i consigli giudiziari che
pure già esistevano allepoca della costituente; peraltro la Costituzione prevede
analiticamente altre forme di partecipazione di laici allamministrazione della
giustizia, ma non contempla in alcun modo la forma di partecipazione qui ipotizzata, il
che induce a ritenere che tale innovazione, estranea alla previsione costituzionale,
rappresenti una indebita limitazione dellautonomia dellordine giudiziario.
Inoltre, i consigli giudiziari restano, anche nellottica di un loro potenziamento,
organi giuridicamente definibili come ausiliari del Csm. La loro attività e quindi la
loro natura sono più vicine al livello amministrativo che a quello, per così dire, di
«governo» dellistituzione, onde la presenza di una componente nominata da
organismi universitari non avrebbe alcuna ipotizzabile spiegazione o utilità.
Limpropria simmetria perseguita con la previsione in questione non tiene
evidentemente conto della natura e del ruolo costituzionale del Csm e del significato
funzionale della presenza in esso di una rappresentanza cosiddetta laica, volta a creare
un raccordo culturale con il potere legislativo e con la sede più alta della sovranità popolare. La componente
laica del Csm non solo è eletta da una maggioranza qualificata (cosa che, peraltro, con
il sistema elettorale maggioritario tende a perdere di rilevanza) ma lelezione
avviene ad opera della camere riunite e cioè del medesimo organo diverso dalle
singole camere che elegge il Presidente della Repubblica e i giudici
costituzionali.
Nellambito degli organismi ai quali il disegno di legge affida la nomina dei
componenti laici (Cnf, consiglio universitario nazionale e consigli regionali) non esiste
organo ad esse assimilabile. Non si comprende inoltre quale funzione avrebbero i laici
nominati nei consigli giudiziari, che cosa essi dovrebbero rappresentare e nel contesto di
quel funzione dellorgano si collocherebbe il loro apporto. Infine, i laici eletti al
Csm sono messi fuori dagli albi e dal ruolo universitario e di certo ciò non per motivi
di sovraccarico lavorativo: non sembra che si possa ipotizzare altrettanto per i
componenti laici dei consigli, ma è ovvio che la possibilità per un avvocato di
continuare ad esercitare la professione forense mentre partecipa al governo dei magistrati
non può non destare serie perplessità.
5. Nel contesto fino ad ora descritto, la previsione di unindennità generica,
concessa a tutti i magistrati della Cassazione e tale quindi da lasciare irrisolto lo
specifico e reale problema di coloro che risiedono fuori sede, appare uninnovazione
impropria e non rispondente alle esigenze che a questo proposito erano state prospettate.
6- La riforma dellordinamento giudiziario che viene delineata nel disegno di legge
è, nel suo complesso a parte alcuni spunti accoglibili ed altri certamente
positivi contraria al modello di magistratura che si è venuto affermando in questi
decenni grazie allopera di progressiva attuazione del dettato costituzionale da
parte del Parlamento ed alla maturazione, nella magistratura, di una cultura dellautonomia,
dellindipendenza e del ruolo, che ha alimentato il nostro sistema di autogoverno
essendone a usa volta alimentata. Una riforma dellordinamento giudiziario che
intendesse dividere la magistratura, imponendosi ad essa e alla sua cultura ordinamentale,
non avrebbe giustificazione alcuna e determinerebbe una grave frattura nei rapporti tra le
istituzioni dello Stato. Certo, il servizio di giustizia nel paese presenta aspetti di
crisi e zone nelle quali è urgente lintervento riformatore, né la magistratura è
immune da difetti e da colpe. Riteniamo tuttavia che essa non meriti una «controriforma»
che avrebbe come risultato la sua divisione, la riduzione della sua autonomia quale
si esprime nel sistema di autogoverno incentrato sul Csm, - lattribuzione alla
Cassazione di una impropria posizione di supremazia ordinamentale ed il ripristino di un
assetto basato sulle competizioni carrieristiche e quindi contrario al disegno
costituzionale.
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