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COMUNICATO ALLE SEZIONI E ALLE SOTTOSEZIONI

(segue il comunicato del 12 aprile 2002)

  Dopo gli incontri con il Capo dello Stato, con il Presidente della Camera, con la Commissione Giustizia della Camera e con il Ministro della Giustizia, il 12 aprile 2002 la giunta è stata ricevuta dal Presidente del Senato il quale ha innanzitutto annunciato l’intenzione del Presidente della Commissione Giustizia presso quel ramo del Parlamento di disporre l’audizione della GEC non appena sarà iniziata la discussione del disegno di legge del Governo in materia di ordinamento giudiziario, la cui data non è ancora stata fissata.

  Il Presidente del Senato, pur con il riserbo dovuto alla carica istituzionale rivestita, ha comunque mostrato attenzione per le critiche che gli sono state esposte aggiungendo che, a suo giudizio, il testo del d.d.l. deve ritenersi suscettibile di modifiche anche significative ad opera del Parlamento. Ha anche osservato che, in considerazione della complessità e della delicatezza del tema, ritiene che la discussione parlamentare al riguardo richiederà tempi non brevi, adeguati al necessario livello di approfondimento.

 

  In considerazione della particolare pertinenza al dibattito sul d.d.l. di modifica dell’ordinamento giudiziario, si ritiene opportuno informare anche che il 13 aprile 2002, in occasione del convegno organizzato dalla sezione veneta dell’ANM a Verona sul tema “La valutazione del magistrato: solo produttività?”, è intervenuto il Presidente della Commissione Giustizia della Camera on.le Pecorella, invitato insieme con l’on.le Finocchiaro come esponente del mondo politico, il quale ha condotto un’ampia e articolata disamina critica del progetto di legge in questione.

  L’intervento dell’on.le Pecorella, sia per il ruolo istituzionale rivestito sia per la sua appartenenza alla maggioranza che sostiene il Governo presentatore del progetto, merita di essere riferito nei suoi termini essenziali che sono di seguito esposti:

-          ha criticato l’indeterminatezza di numerosi criteri di delega, pur richiamando la necessità di ricorrere allo strumento della legislazione delegata data la pluralità e il tecnicismo degli argomenti trattati;

-          ha affermato che il confronto in atto tra le parti interessate “deve lasciare il segno”;

-          ritiene che l’organo più idoneo a fornire valutazioni sul lavoro e sulla professionalità dei magistrati sia il Consiglio Giudiziario, che potrebbe tener conto, tra l’altro, anche di “osservazioni” dei Consigli degli Ordini forensi;

-          i Consigli Giudiziari potrebbero riflettere la stessa proporzione tra componenti togati e laici presente nel C.S.M., e quindi nella misura di 2/3 di togati e 1/3 di laici;

-          è contrario alla presenza di rappresentanti dei Consigli Regionali nei Consigli Giudiziari, ritiene che per gli avvocati dovrebbe essere prevista quantomeno l’incompatibilità in occasione di pratiche che riguardino magistrati con i quali abbiano avuto rapporti nell’esercizio della professione, e che i componenti togati dovrebbero essere collocati fuori ruolo;

-          si è dichiarato contrario ad affidare la scuola di formazione dei magistrati alla Corte di Cassazione, sia perché la ritiene inadatta sotto il profilo organizzativo, sia perché è contrario all’effetto di omologazione culturale che ne deriverebbe;

-          ritiene che la dimensione ideale per la formazione permanente dei magistrati sia quella distrettuale, e che quindi la soluzione migliore consisterebbe nell’affidare tale compito ai Consigli Giudiziari, con il coordinamento del C.S.M.;

-          ha affermato che la peculiarità delle funzioni di cassazione non significa anche superiorità delle stesse sulle altre, e che comunque il livello della retribuzione dei magistrati deve essere sganciato dal tipo di funzioni giudiziarie svolte;

-          il Ministro della Giustizia non può essere legittimato ad indicare la rosa dei componenti di alcuna commissione di valutazione dei magistrati;

-          l’incompatibilità distrettuale in caso di mutamento delle funzioni dovrebbe essere limitata a pochi casi, come per i magistrati della Corte d’Appello, mentre negli altri casi sarebbe sufficiente la sola incompatibilità circondariale;

-          è necessaria un’accurata verifica di idoneità per il passaggio da una funzione all’altra;

-          in prospettiva pensa alla possibilità di studiare modi di accesso comune a tutte le professioni forensi, prevedendo periodi di pratica comune, con successivi concorsi differenziati per la scelta dello specifico indirizzo.

A seguito di un successivo intervento del presidente della GEC Patrono, che era presente insieme con il vice segretario generale Napolitano, l’on.le Pecorella ha aggiunto che è sua intenzione presentare emendamenti nel corso della trattazione parlamentare del d.d.l. che riflettano il contenuto delle osservazioni esposte.

 

 

                                                                                     Il Presidente