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PERCHE’ NON HO SCIOPERATO

 

Il programma della giustizia di questo governo e della maggioranza del quale esso era espressione mi era noto da tempo.

Era chiaro sin da prima delle elezioni a molti,me compreso, che esso non era animato dalle migliori intenzioni nei confronti della magistratura.

Io ne ebbi conferma sin dal lontano 27 luglio 2001 quando, cioè, andai ad Ari, un paesino alle falde della Maiella per partecipare ad una manifestazione in ricordo di Emilio Alessandrini nel corso della quale avrei dovuto assieme ad altri colleghi svolgere un intervento sul tema “Sicurezza e cittadini”.

Era presente anche l’allora sottosegretario Taormina.

D’istinto cambiai argomento ed improvvisai un intervento ricordando i tanti colleghi che erano caduti.

Al termine del mio breve intervento prese la parola l’on. Taormina il quale iniziò il suo dire dando atto che vi erano stati sì dei magistrati i quali avevano dato la vita ma che tuttavia…….

Fu un intervento del tutto fuori e sopra le righe, diretto unicamente a “processare” coloro che quel processo avevano fatto e che se ne erano occupati anche in sede di esecuzione della pena e con loro l’intera magistratura.

Il senso era chiaro a tutti, tant’è che al termine di quella requisitoria io e gli altri colleghi rimanemmo in silenzio senza nemmeno un applauso di mera cortesia manifestando in tal modo il nostro dissenso dall’intervento.

Ho ritenuto di dover fare questa premessa per rendere chiaro il mio pensiero a fronte dello sciopero.

Piaccia o no questo governo ha ottenuto l’investitura popolare a seguito di libere elezioni.

Questo è un dato di fatto non discutibile né contestabile.

Tanto premesso occorre dire che lo sfascio della giustizia, il moltiplicarsi di leggi e leggine dirette a rendere il processo penale un vero e proprio percorso ad ostacoli e a svuotare di contenuti quello civile, le leggi o le iniziative punitive nei confronti di noi giudici non sono iniziati con questo governo ma molto prima.

Non è con questo governo che io ho preso a dire che gli unici delinquenti dai quali questo paese doveva guardarsi sono i magistrati.

Questo dobbiamo avere il coraggio di dirlo.

Non dimentichiamo la legge Pinto vera ciliegina sulla torta di una legislazione di chiara impronta punitiva nei confronti dei magistrati come singoli e come corpo sociale venne approvata in “zona Cesarini” da un parlamento  il cui decreto di scioglimento fu firmato (fu un caso?) appena pochi minuti dopo la definitiva approvazione.

Lo sciopero, occorre dirlo, doveva essere proclamato molto prima.

Nulla abbiamo detto o fatto quando la legge Pinto e tante altre (quella sull’art. 513 per menzionarne solo una) venivano approvate con maggioranze bulgare.

Abbiamo limitato la nostra protesta a mugugni o a dissensi espressi nel chiuso di convegni e simili.

Viene spontaneo chiedersi il perché dello sciopero.

Vi erano delle trattative in corso e vi era stato un messaggio del Ministro con nuove proposte.

Non sembri paradossale che lo dica uno che non ha scioperato ma sarebbe stato assai più logico non sedersi proprio a quel tavolo. L’A.N.M. ha deciso di farlo nella sua interezza. Personalmente credevo poco che quelle trattative avrebbero portato ad un qualche risultato. Né mi sembrava possibile ottenere che la maggioranza che sosteneva il governo non presentasse emendamenti che stravolgessero il testo di eventuali accordi.

Da quel tavolo ci si è alzati prima ancora di avere visto le carte dell’avversario e, quindi, stabilito al di là di ogni ragionevole dubbio che la trattativa in atto era solo un bluff.

Avevamo chiesto, noi di M.I., o una sospensione sine die dello sciopero, che non significava necessariamente, una revoca dello stesso, o un rinvio a dopo le elezioni.

Gli altri gruppi associati non hanno voluto accettare né la prima né la seconda delle due ipotesi ed hanno preferito rinviare lo sciopero di pochi giorni ad una data di poco antecedente alle elezioni.

Il termine (appena due settimane) in ogni caso era troppo breve per poter consentire un’utile conclusione delle trattative.

Era chiaro a quel punto che in realtà quello che si voleva era un inasprimento della campagna elettorale.

Si vuole la prova del nove? Le assemblee napoletane,ma non solo quelle a giudicare dal tenore di certe e mail di colleghi, sono state tenute in un clima di aperta irrisione nei confronti del nostro gruppo e di quanti non si pronunciavano apertamente per lo sciopero.

La campagna elettorale non poteva infatti non risentire del clima di tensione che inevitabilmente si è venuto a creare.

A questo si sono sommati il contenuto delle infelici dichiarazioni del Presidente del Consiglio nella sua intervista a Libero e le altre uscite quanto meno improvvide di esponenti della maggioranza che, oggettivamente, hanno portato colleghi sino a quel momento incerti se non contrari ad aderire ad uno strano sciopero portato avanti con modalità quanto meno inconsuete per un’astensione. Diciamocelo chiaramente che così facendo si è offerta, forse, l’occasione a chi non aspettava altro di alzarsi sdegnato da quel tavolo.

Se, come temo, quello che interessava la maggioranza era rompere comunque ed andare al varo di una riforma resa possibile dai numeri e dal tempo disponibile ebbene è ancor più evidente la miopia di chi glielo ha consentito.

Poco mi interessa la guerra delle cifre sulle percentuali delle adesioni.

Chiudo queste poche amare considerazioni citando il titolo di un romanzo tedesco dell’anteguerra: E adesso pover’uomo?

Orazio Dente Gattola