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Associazione nazionale magistrati
Documento approvato all’unanimità dal Comitato direttivo centrale il 13 luglio 2002

Il Comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati
Ribadisce la posizione unanime della magistratura italiana sulla linea espressa sin dalla assemblea nazionale di Roma del 20 aprile e conclusasi con la piena adesione all’astensione dalle udienze attuata il 20 giugno 2002.
L’impegno della Magistratura associata proseguirà nella realizzazione degli obbiettivi che sin dall’inizio ne hanno guidato l’azione:
Per la difesa dell’autonomia ed indipendenza della magistratura secondo il dettato costituzionale
Per la difesa del ruolo e della funzione che la Costituzione assegna al Csm
Per la tutela della dignità dei magistrati italiani
Per le riforme indispensabili affinché ai cittadini sia resa una giustizia più rapida ed efficace, idonea ad assicurare la effettiva tutela dei diritti e la eguaglianza di tutti dinanzi alla legge
Esprime la certezza che i magistrati eletti al Csm adempiranno al loro ruolo con rigore, scrupolo e serenità in un costruttivo rapporto con tutti gli eletti dal Parlamento.
Con riferimento alle proposte di riforma in tema di Ordinamento giudiziario, la Magistratura associata riconosce la necessità di un intervento riformatore che si caratterizzi per la sua organicità nel rispetto dei valori costituzionali di autonomia e indipendenza della Magistratura. Il contributo di analisi e di proposta dell’Anm, che aveva trovato primi riconoscimenti da parte del relatore, è stato oggetto di un proficuo approfondimento nell’audizione presso la commissione Giustizia del Senato del 25 Giugno u.s. in particolare con riferimento all’abolizione delle qualifiche ed al nuovo sistema di valutazione periodica della professionalità dei magistrati. Rimangono tuttavia rilevanti motivi di dissenso al testo in discussione più volte segnalati e da ultimo sintetizzati in apposito elaborato trasmesso al Presidente della Commissione Giustizia del Senato il 9 luglio 2002; in particolare l’accesso in Cassazione così come previsto, con il sistema del doppio binario, verrebbe a stravolgere il principio di pari dignità di ogni funzione .
Mentre occorre ribadire che deve essere respinta ogni ipotesi di attribuzione alla Corte di un ruolo di vertice gerarchico che verrebbe a ledere le funzioni di autogoverno proprie del Csm
L’Anm ribadisce le preoccupazioni da sempre manifestate sulla lentezza e inadeguatezza del sistema giustizia, temi giustamente cari al Presidente della Repubblica. Ritiene che questo sia il vero terreno dell’impegno prioritario ed urgente, in particolare sotto il profilo del processo civile, del processo penale e degli interventi organizzativi.
La giustizia civile, che ha registrato negli ultimi anni una positiva inversione di tendenza superando la crisi in cui versava, richiede la realizzazione di misure idonee a consolidare i risultati raggiunti. A solo titolo di esempio si ribadisce la necessità di prevedere filtri precontenziosi e conciliativi, di evitare riforme processuali che sviliscano i poteri del giudice nell’acquisizione ed assunzione della prova.
Sul processo penale, dopo i ripetuti interventi settoriali della fine della scorsa legislatura, occorre dotare il sistema di una organicità complessiva, riordinare il sistema delle garanzie, rafforzarlo ove necessario, ma superare gli appesantimenti formali inutili e porsi con forza alla ricerca delle innovazioni necessarie per rendere effettivo il principio della ragionevole durata del processo.
Sul versante strettamente organizzativo non sono più procrastinabili misure di intervento quanto meno su due settori: la costituzione di adeguati «uffici del giudice» (in cui si inseriscano anche qualificate figure professionali di «assistenti») e la revisione delle circoscrizioni giudiziarie mirata esclusivamente alla funzionalità ed all’efficienza della giustizia, senza concessioni a esigenze localistiche. In tal senso il Cdc esprime netto dissenso per il contenuto del Dpef che nelle parti attinenti alla Giustizia non appare contenere anche sotto il profilo degli stanziamenti prospettive sufficienti nelle direzioni suindicate.
Per quanto attiene all’adeguamento del trattamento economico dei magistrati ordinari, nel Dpef appare disatteso l’accordo raggiunto dal Comitato Intermagistrature con i Ministri competenti nel febbraio del 2002 in presenza del Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Cdc sottolinea come appaia preliminarmente necessario provvedere alla perequazione con le retribuzioni dei magistrati amministrativi e contabili ( con ciò affrontando il problema della inadeguatezza del trattamento retributivo dei magistrati all’inizio della carriera) ancor più a seguito dell’approvazione della legge 6 luglio 2002 n. 137 che determina un ulteriore divario nel suddetto trattamento. Appare ancora pericolosa in tale contesto la istituzione di «compensi accessori» collegato all’esercizio di funzioni direttive che rischierebbe di suscitare ingiustificate disparità di trattamento, restaurando una forma anomala di carriera.
Il Cdc rifiuta qualsiasi proposta diretta ad innalzare addirittura fino a 75 anni l’attuale limite di età, già fissato in anni 72, per il pensionamento dei magistrati.
Il Cdc impegna la Giunta ad attuare gli opportuni contatti istituzionali ed a programmare le più efficaci iniziative per il perseguimento degli obbiettivi sopra indicati.