Scheda di
osservazioni tecniche sul Testo unificato del disegno di legge recante Modifiche
al codice di procedura civile (versione varata in sede legislativa dalla
Commissione Giustizia della Camera dei Deputati nella seduta del 16 luglio 2003). LANM ha
organizzato un convegno nei giorni 12 e 13 dicembre p.v. a Midas Hotel di Roma al quale
sono invitati tutti i soci. I particolari
per la partecipazione sono reperibili nella home page dellassociazione. 1. Premessa L'Associazione Nazionale Magistrati ha seguito con
attenzione l'evoluzione delle proposte di riforma destinate ad incidere
sull'amministrazione della giustizia civile; ed affiancando, su un piano diverso, l'opera
del Consiglio Superiore della Magistratura che pure, in base alla legge, esprime pareri al
Ministro della Giustizia con riguardo ai temi in questione, si propone di offrire al
legislatore, agli esperti e al pubblico dibattito - insieme alle considerazioni di natura
politico-istituzionale già espresse in un documento generale sui problemi della giustizia
civile - un contributo tecnico di conoscenza e di idee fondato sull'esperienza
dei giudici civili, dei gruppi associativi, degli
Osservatori e delle stesse attività di formazione del CSM, relativamente al Testo
unificato di "Modifiche al codice di procedura civile" risultante
dall'unificazione dei disegni di legge 538, 672, 1508, 2092, 2229, e 2302/C, così come
approvato dalla Commissione Giustizia della Camera in sede legislativa nella seduta del 16
luglio 2003 ed ora allesame della
Commissione Giustizia del Senato con il n.
2430. 2. Le
modifiche del procedimento innanzi al giudice di pace Con riguardo al procedimento innanzi al giudice di pace, lart. 1 innalza a cinquemila euro la competenza del giudice di pace per le cause relative a beni mobili ed a venticinquemila euro quella per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, mentre lart. 24 colma opportunamente la lacuna contenuta nell'art. 319 c.p.c. in ordine alla mancanza di un termine per la costituzione in giudizio, laddove la facoltà di costituirsi in udienza aveva dato origine a serie problematiche interpretative ed organizzative. Le
modifiche della disciplina sulla competenza si muovono nel solco della concezione
tradizionale che guardando al giudice di pace come a una riedizione in forma
ridotta del giudice professionale ha continuato in questi anni ad operare secondo
operazioni di taglio redistributivo, agendo soprattutto sulla leva della competenza per
valore. Ma in questa stessa ottica, sarebbe stato più opportuno da un lato istituire un
tetto massimo unico, senza distinzioni tra controversie comuni e controversie
relative al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli e dei natanti,
dallaltro far cadere entro i limiti della competenza per valore del giudice
di pace - la riserva di competenza del tribunale per le cause relative ai (diritti reali
sui) beni immobili. Continuare ad operare con il criterio della competenza per valore
significa in realtà che il giudice di pace è chiamato a pronunciarsi nelle materie
più diverse (contratti bancari, assicurativi, tutela del consumatore, norme comunitarie
varie), a condizione che il valore resti al di sotto di una certa soglia. Lattribuzione
di nuove competenze civili al giudice di pace dovrebbe essere attuata, invece, facendo
leva soprattutto sulla competenza per materia (con riguardo, ad esempio, alle impugnative
in materia condominiale; di danni nei rapporti tra condomini e di quelli alle cose
cagionati da sinistri stradali, senza limiti di valore; di appalti relativi alla
ristrutturazione di appartamenti). Lattribuzione di settori specifici di contenzioso, connotati da minori
difficoltà di gestione processuale e di decisione delle controversie, non può che
favorire maggiore possibilità di specializzazione, conoscenza più approfondita dei
fenomeni sociali sottostanti ai conflitti, più agevole possibilità di adattamento e di
conformazione del rito oltre che capacità di svolgere in modo più informato e
consapevole le funzioni conciliative demandate al giudice anche nel corso del processo.
Essa, inoltre, è la condizione per potere proficuamente elaborare non solo moduli
semplificati del rito processuale, ma anche per ridisegnare un nuovo ambito di applicazione del
giudizio di equità, viceversa del tutto sacrificato dall'art.
113, secondo comma c.p.c., come modificato dall'art. 1 del decreto legge 8 febbraio 2003,
n. 18 convertito, con modificazioni, nella legge 7 aprile 2003, n. 63. In quest'ottica, le
soluzioni apportate dall'art. 1 del Testo
unificato sono da qualificarsi necessariamente transitorie, in attesa di una migliore e
più organica sistemazione della materia. 3. Le modifiche al regime delle spese processuali Dopo la soppressione di un originario
articolo 5, che prevedeva - con un intervento
di dubbia costituzionalità - una modificazione all'art. 91 c.p.c. tesa a vincolare il
giudice, nella liquidazione delle spese processuali, alla nota spese vistata dal Consiglio
dell'ordine, la disciplina delle spese processuali contenuta negli artt. 92 e 96 c.p.c.
viene condivisibilmente modificata per il tramite degli artt. 3 e 4 del Testo
unificato. Con lart. 3 si introduce lobbligo di indicare in
sentenza i giusti motivi in base ai quali il
giudice abbia ritenuto di compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti,
così innovando al principio giurisprudenziale secondo cui la compensazione totale o
parziale delle spese del giudizio costituisce una facoltà discrezionale del giudice del
merito, sottratta allobbligo di specifica motivazione e suscettibile di sindacato in
sede di legittimità solo quando il giudice, a giustificazione della compensazione, abbia
enunciato motivi illogici od erronei. Si tratta di una modifica più che opportuna, alla
luce del troppo frequente, e a volte sbrigativo e disinvolto ricorso alla compensazione
delle spese processuali. La pur giusta preoccupazione di sottrarre la compensazione delle
spese a scelte arbitrarie e di ridurre per la parte soccombente la speranza di
sottrarsi agli oneri patrimoniali di una tutela giudiziaria che si è inopportunamente
invocata o alla quale si è inopportunamente resistito -
potrebbe tuttavia essere assicurata con una diversa formulazione della norma
la quale facesse salvo il principio giurisprudenziale secondo cui la compensazione
disposta dal giudice non è censurabile quando la motivazione della sentenza e le vicende
processuali facciano comunque emergere ragioni idonee a giustificarla. Sullart. 4 del Testo unificato, vedi infra, par.
5. 4. Le
modifiche dirette a una maggiore semplificazione degli
adempimenti processuali Con gli artt. 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 23 si mira a realizzare una maggiore semplificazione delle forme, ad agevolare gli adempimenti degli uffici giudiziari e dei difensori o a tutelare in modo più puntuale i diritti di difesa. In particolare: *
viene prevista la proroga per il compimento
degli atti processuali svolti fuori udienza che ricadano nella giornata del sabato, e
stabilito che le notificazioni non possono farsi nel periodo vigente l'ora solare prima
delle ore 7 e dopo le ore 20. Nulla, invece - con una evidente lacuna - viene detto
quanto ai tempi di notifica vigente lora legale; * allattore, in base alla modifica dellart.
165 c.p.c., è consentito di costituirsi mediante deposito della sola copia
fotostatica dell'atto di citazione. Disponendo, inoltre, che il termine di dieci giorni per la costituzione dell'attore decorra
dall'ultima delle notifiche ad una pluralità di convenuti, lart. 11 viene incontro alle difficoltà incontrate nella
pratica, laddove l'originale della citazione non viene restituito al notificante prima del
compimento di tutte le notificazioni; *
si prevede che lintimazione al testimone possa avvenire anche attraverso linvio
di copia dellatto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. 4.1. In
particolare, le modifiche in tema di notificazioni e di comunicazioni Lart.
145 c.p.c. viene modificato allo scopo di avvicinare le modalità della notifica ad
associazioni, enti e persone giuridiche a quelle previste per le persone fisiche. La nuova
versione dellart. 145 c.p.c pone fine ai dubbi giurisprudenziali circa la
legittimazione alla ricezione degli atti da parte del portiere dello stabile ove ha sede
la società nonché circa lapplicabilità dellart. 140 c.p.c. alle persone
giuridiche. La formulazione della norma appare tuttavia equivoca, giacché sembrerebbe che
lindicazione della persona fisica cui
spetta la rappresentanza dellente possa avvenire anche nella relata di notifica. La
norma potrebbe essere riformulata, con maggior chiarezza, nei seguenti termini: la
notificazione può anche essere eseguita, a norma degli artt. 138, 139 e 141, alla persona
fisica che rappresenta lente, ove nellatto da notificare ne sia indicata la
qualità (primo comma); se la notificazione non può essere eseguita a
norma dei commi precedenti, la notificazione alla persona fisica che rappresenta lente,
purché indicata nellatto, può essere eseguita anche a norma dellart. 140 (terzo comma); *
gli artt. 285 c.p.c. e 170 c.p.c. vengono modificati con estensione agli atti di
impugnazione ed alle sentenze della regola che consente la notifica mediante consegna di
una sola copia dellatto anche quando il procuratore sia costituito per più parti. E dubbio, tuttavia, che lestensione ex lege agli atti di impugnazione del principio
di sufficienza della consegna di unica copia, nel caso di procuratore costituito per più
parti, possa valere a superare il pregiudiziale problema di ammissibilità generato dalla
comprensione dellidentità della parte contro cui limpugnazione sia diretta; *
viene previsto che le comunicazioni delle ordinanze e delle sentenze ex artt. 133, 134 e 176 c.p.c. possano essere effettuate
anche a mezzo telefax. Si tratta di un apprezzabile ammodernamento del regime formale
delle comunicazioni (e vedi anche, su un analogo piano di ammodernamento la previsione
dellart. 28 relativa alla
possibilità che in caso di espropriazione immobiliare lavviso possa essere inserito
su appositi siti INTERNET), anche se gli articoli che introducono tale ammodernamento non impongono l'indicazione dei relativi recapiti
negli atti di parte e non disciplinano le modalità di documentazione dell'avvenuto invio,
che restano quelle ordinarie. Le norme avrebbero potuto essere meglio formulate
realizzando tra laltro un maggiore allineamento alla disciplina del processo
telematico, e prevedendo che la comunicazione possa avvenire anche per posta elettronica,
nonché prevedendo il supporto cartaceo da conservare agli atti per documentare gli invii; * con lart.
9 viene introdotto il principio
peraltro anticipato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale relativo
alla scissione degli effetti per il notificante ed il destinatario nelle notifiche a mezzo
posta, principio che riguardando, sempre secondo la giurisprudenza costituzionale,
tutte le ipotesi in cui il procedimento non sia sotto il controllo né della parte né
dell'ufficiale giudiziario - deve applicarsi anche alle notifiche all'estero, per cui
sarebbe auspicabile linserimento nellart. 142 c.p.c. di una specifica
indicazione in questo senso; * costituisce frutto di adeguamento alla pronuncia della Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale la notifica a mezzo di "compiuta giacenza" anche la modifica dellart. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890. Nel prevedere una giacenza effettiva di sei mesi, linnovazione introdotta dallart. 71 del disegno di legge rappresenta un indubbio progresso rispetto all'attuazione data alla sentenza della Corte costituzionale dalle Poste Italiane, sulla base di una (irrituale) intesa con il Ministero della Giustizia, che limita a 90 gg. la giacenza; ma non può dirsi che siano pienamente soddisfatte le esigenze postulate dai parametri costituzionali di riferimento, ivi incluso quello di parità di trattamento, dal momento che - nell'analoga ipotesi di irreperibilità a fronte di notifica da parte dell'ufficiale giudiziario - l'atto notificato sarà reperibile "sine die" presso la casa comunale ai sensi e per gli effetti dell'art. 143 c.p.c. Può dunque auspicarsi una disciplina più precisa che consenta senza limiti la rintracciabilità del plico, anche attraverso la previsione (ove sia necessaria la restituzione del plico e l'Ente Poste non sia effettivamente in grado di garantire la custodia "sine die", neppure presso servizi accentrati) di indicazioni sulla busta, da riportare nell'avviso con raccomandata A.R., nei limiti della "privacy". 5. Le modifiche dirette a conseguire effetti
acceleratori e/o deflattivi. In particolare: la disciplina della responsabilità aggravata
e lintroduzione di forme di astreintes Altre
disposizioni del disegno di legge mirano a conseguire effetti acceleratori
e/o deflattivi, anche colpendo la dilazione ingiustificata e labuso del processo.
Vanno in questa direzione: * linserimento (art. 18 del Testo unificato) dellart. 195 bis c.p.c. relativo al termine perentorio per il
deposito delle osservazioni dei consulenti di parte, con scadenza anticipata
rispetto alla data fissata per il deposito della relazione, in modo da impedire la prassi,
normalmente costosa per la durata della lite, di chiamare a chiarimenti il consulente
tecnico dufficio. Il raggiungimento
della finalità della norma (di mantenere entro il sub-procedimento il dibattito tecnico,
acquisendo da subito il riscontro del c.t.u., al fine di evitarne chiamate a chiarimenti)
postula naturalmente che il c.t.u. ostenda anticipatamente ai consulenti tecnici di parte
la propria relazione, che poi potrà integrare od emendare riscontrando le osservazioni
dei tecnici di parte. Lintento acceleratorio, inoltre, potrebbe essere più
adeguatamente realizzato imponendo non solo un controllo del c.t.u. sulle osservazioni dei
consulenti tecnici di parte, ma anche stretti termini perentori per controsservazioni di
questi sullelaborato peritale; altrimenti, non vi saranno argomenti tecnici per
evitare nel prosieguo della causa controdeduzioni e rilievi tecnici alle conclusioni del
c.t.u.; *
lincisiva innovazione dellart. 96 c.p.c. (art. 4 del Testo unificato) che rende la previsione della responsabilità da illecito processuale
norma di carattere ancor più generale. In particolare il nuovo testo, estendendo
la responsabilità aggravata al caso della proposizione di unimpugnazione
manifestamente inammissibile o infondata, fa ritenere che si sia intrapresa la strada di
una valutazione della soccombenza effettuata per gradi, e quindi non soltanto in base allesito
globale della lite. La soluzione porrebbe rimedio, mediante scrupolosa attuazione del
principio di causalità, alle frequenti ipotesi in cui il creditore, conseguito in primo
grado un parziale e magari ridottissimo accoglimento della domanda da lui proposta,
formuli gravame del tutto pretestuosamente, ove limpugnazione sia poi puntualmente
rigettata. Alla possibilità, già prevista, che il giudice proceda alla liquidazione dufficio
del danno, si aggiunge così quella di una
pronuncia (anche) dufficio della istituita sanzione pecuniaria commisurata allentità
delle spese di lite, ed a prescindere dalla concreta
dimostrazione del danno patrimoniale subito.
Resta
invece immutata la problematica della
prova della "mala fede o colpa grave", che una giurisprudenza spesso troppo
rigorosa era restia a fondare su un percorso presuntivo. Potrebbe allora opportunamente
inserirsi nel testo la specificazione che l'elemento soggettivo possa essere desunto dal
contegno processuale ex art. 116, secondo comma c.p.c. ovvero, in alternativa, utilizzando
il concetto di "normale prudenza" contenuto altrove nella medesima disposizione. Con riguardo alla previsione che, in caso di
contumacia, la somma a titolo di indennità sia devoluta all'Agenzia delle entrate,
potrebbe più opportunamente prevedersi che le somme in questione vengano ad afferire
direttamente, senza l'intermediazione dell'Agenzia delle entrate, al bilancio della
Giustizia, depauperato attraverso la proposizione di liti temerarie per importi di gran
lunga superiori al "contributo unificato", che copre solo minima parte della
quota oneri riferibile a ciascuna lite. Occorrerebbe poi prevedere unanaloga
disciplina anche nel caso di condanna della parte non contumace nonché considerarsi che,
se fosse il contumace a risultare vittorioso, le spese di lite non vengono liquidate dal
giudice, il quale dichiarerà soltanto l'irripetibilità degli oneri sostenuti dall'altra
parte. In questa ipotesi, non essendo altrimenti possibile il calcolo del triplo, dovrebbe specificarsi che esso va commisurato sulle spese
processuali che, in assenza di contumacia, sarebbero state riconosciute, parametrate a
quelle sostenute dall'altra parte. E apprezzabile, infine, lespressa menzione dei danni non patrimoniali tra quelli risarcibili se derivanti direttamente dalla condotta dellavversario, di talché la previsione viene ad inserirsi tra gli altri casi determinati dalle legge cui fa riferimento lart. 2059 c.c.; *
la previsione dellart. 14 che,
ponendo il divieto di udienze di mero rinvio (un divieto, peraltro, privo di sanzioni)
nega alle parti la
disponibilità dei tempi del processo, in nome del precetto costituzionale di ragionevole
durata. La norma, per come è formulata, sembrerebbe altresì limitare lammissibilità
di riserve di pronuncia da parte del giudice alla sola ipotesi dellesame di nuove
istanze svolte in udienza (anche se, per la verità, lart. 186 c.p.c. non è stato
formalmente modificato), prevedendo ad un tempo termini massimi per il deposito di memorie
difensive attinenti al provvedimento riservato; e forse andrebbe opportunamente chiarito
che lart. 12, laddove fa riferimento
a "repliche", implica in
effetti la concessione di due termini e non di uno solo. La norma potrebbe essere
riformulata, ad esempio, in questo modo: il giudice, ove non ritenga di
provvedere nel corso della medesima udienza, si riserva di decidere con separato
provvedimento, assegnando termini per il
deposito di memorie scritte ed eventuali
repliche, non superiori a venti
giorni se non si concedono repliche e non superiori
a trenta giorni complessivi se sono
concesse repliche"; * la modifica dellart. 282
c.p.c. (art. 21 del Testo unificato) con la quale al fine di rafforzare lefficacia
concreta della decisione, e di superare una grave lacuna del sistema processale, che non
contiene una disciplina generale di strumenti idonei a premere sulla volontà dellobbligato
per indurlo ad uniformarsi al provvedimento giudiziale - si propone di introdurre misure
di coercizione indiretta della prestazione (previsione che peraltro, in sede di
Commissione Giustizia della Camera, è stata fatta cadere con riguardo alle prestazioni
fungibili). Con particolare riferimento ai comportamenti lesivi dei consumatori, la
situazione attuale espone lItalia a sanzioni nei confronti della Unione Europea
giacché, mentre è stata espressamente prevista, in attuazione
di specifiche direttive comunitarie, la possibilità che il giudice inibisca i
comportamenti lesivi dei diritti dei consumatori, non è stato introdotto alcun apposito
strumento per dare concreta attuazione al provvedimento giudiziale. Con riguardo alle previsioni del disegno di legge, sembra tuttavia opportuno rilevare che la rimessione al giudice del potere di fissare il
termine per ladempimento
e di determinare la somma conseguente allinottemperanza è formulata in termini
talmente elastici e discrezionali da incentivare per se stessi leventualità di
impugnazioni, mentre appare del tutto ingiustificata
lesclusione della misura di coercizione
indiretta in materia di lavoro e di locazione di immobili urbani. Relativamente, poi, alle prestazioni infungibili,
proprio perché non eseguibili coattivamente, non si riesce a comprendere il significato
della norma secondo cui gli effetti della pronuncia dipendono dallefficacia
esecutiva della sentenza e durano finché non ne sia iniziata lesecuzione forzata.
Pare opportuno infine ricordare che nella
proposta di disegno di legge delega per la riforma del codice di procedura civile,
presentata nella XIII Legislatura con il n. 7353 e riproducente lo schema del disegno di
legge delega predisposto il 2 gennaio 1996 dalla Commissione Tarzia, è previsto che la
fissazione di una somma per ogni giorno di ritardo nellesecuzione dellobbligo
inadempiuto possa avvenire anche con provvedimento successivo alla sentenza ed anche da
parte del giudice dappello. Sotto altro
profilo, è stata soppressa la modifica, figurante nel testo originario del disegno di
legge, in base alla quale per i crediti liquidati in forza di provvedimenti giudiziali
esecutivi gli interessi si sarebbero resi dovuti in misura doppia rispetto al tasso
legale. Si è probabilmente ritenuto che una simile misura, anziché produrre effetti
deflattivi, potrebbe provocare conseguenze opposte. La soppressione deve peraltro essere
coordinata con la normativa di cui al d. lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, emanato in
attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Non può non rilevarsi, inoltre, come lattuale
disciplina in tema di interessi legali (avendo avuto una vita molto breve loriginaria
previsione della novella che aveva raddoppiato il valore del saggio di interesse legale,
portandolo dal 5% al 10%) sia notoriamente considerata come una delle componenti
patologiche della domanda di giustizia civile e come da più parti al fine di
eliminare tale anomalia sia stata
sollecitata una modifica normativa consistente nello stabilire che il tasso dinteresse
legale al momento della sentenza si adegui ex
post al tasso di mercato verificatosi nel periodo di pendenza della causa. Più in generale, con riguardo agli
interventi diretti a conseguire effetti di accelerazione e di deflazione sarebbe quanto
mai utile lintroduzione di meccanismi
incentivanti perseguiti - anche oltre il limite indicato dallart. 62 del Testo unico per tramite di esenzioni fiscali
prevedendo, ad esempio, la possibilità di detrazione almeno parziale per le spese legali
corrisposte sulle transazioni giudiziali. 5.1. La consulenza tecnica preventiva
ai fini della composizione della lite. Finalità di deflazione dovrebbe avere anche la
consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite introdotta
con lart. 62 del Testo unificato,
volta a consentire - al di fuori delle condizioni previste dal primo comma dell'art. 696
c.p.c. - una vera e propria consulenza, di contenuto valutativo e non meramente
descrittivo, ai fini dell'accertamento e della determinazione "dei crediti derivanti
da mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito."
Se le parti si conciliano, il verbale, in esenzione di imposta e giusta decreto
giudiziale, ottiene efficacia di titolo esecutivo. Si tratta di proposta direttamente ispirata al modello francese:
l'art. 145 NCPC prevede che il giudice in sede di référé (o anche "inaudita altera
parte", salvo contraddittorio successivo) possa concedere l'assunzione di mezzi di
istruzione "in futurum", ogni qualvolta sussista un "motif légitime"
che non deve essere necessariamente - come da giurisprudenza consolidata della Cassazione
- un motivo d'urgenza. Attraverso il "référé préventif" si giunge, ad es.,
alla nomina di consulenti che assistono all'esecuzione di opere edili, risolvono con il
concorso del giudice contrasti tra le parti utilizzando lo schema del "référé
provision", possono relazionare nell'eventuale successivo processo ordinario. La
consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite era stata già
prevista, peraltro, nellart. 22 del disegno di legge n. 1785 presentato nella scorsa
legislatura, con opportuna estensione dellaccertamento anche di diritti reali e dei
conseguenti obblighi di consegna e rilascio, di fare e di non fare.
Il
testo unificato del disegno di legge non si
fa carico di stabilire se la consulenza in tal modo espletata, in caso di mancata
conciliazione, sia idonea a fungere quale strumento probatorio nell'eventuale successivo
giudizio di merito, né di chiarire sempre in caso di mancata conciliazione - quale
sia la sorte delle spese della procedura. Al di là di specifici
settori di contenzioso (quale l'infortunistica stradale), il nuovo strumento potrebbe in
realtà essere del tutto ininfluente dal punto di vista deflattivo. Con maggiore utilità
nellart. 22 del ricordato disegno di legge n. 1785 si precisava che il consulente,
in caso di esito negativo del tentativo di conciliazione, desse atto delle posizioni
assunte dalle parti e della disponibilità a
conciliare in riferimento al contenuto degli accertamenti svolti, e che il giudice del
giudizio di merito susseguente alla consulenza tecnica preventiva, esaminate le risultanze della relazione e le
posizioni assunte dalle parti nel corso del procedimento di istruzione preventiva, nonché
valutato il contenuto della sentenza che chiude il processo dinanzi a lui, potesse pronunciare condanna del soccombente al
risarcimento dei danni a norma dellarticolo 96. 6. Le modifiche delle norme relative alla fase di
trattazione della causa.
Le modifiche agli artt. 180 - 184 c.p.c. che il Testo unificato
intende apportare con gli artt. 14 e 15 si propongono da un lato di conferire maggiore
duttilità alla fase di trattazione della causa, dallaltro di porre un argine a
prassi burocratiche e comportamenti dilatori. La pratica applicazione del rito riformato ha
evidenziato infatti come non di rado l'udienza di prima comparizione sia un momento
processuale sostanzialmente inutile, e come i termini per la proposizione delle eccezioni
processuali e di merito ex art. 180 c.p.c. e per la precisazione e la modificazione delle
domande e delle eccezioni ex art. 183 u.c. c.p.c. siano per lo più utilizzati a meri fini
di dilazione, senza che le parti abbiano reale necessità di svolgere le predette
attività. Di qui, in particolare rendendosi esplicito ciò che in realtà
è già possibile sulla base di uninterpretazione non meccanicistica della
disciplina attuale - la previsione che
se vi sia istanza concorde di tutte le parti costituite il giudice fin dalludienza
ex art. 180 c.p.c. procede allimmediata trattazione della causa a norma dellart.
183 c.p.c., e quella per cui il giudice purché, ovviamente, ne ricorrano le
condizioni possa procedere allammissione dei mezzi di prova sin dalla prima
udienza di trattazione, con recepimento delle migliori prassi interpretative sul punto. Tuttavia, la circostanza che la possibilità di
fusione" tra udienza di prima comparizione e prima udienza di trattazione sia
subordinata all"istanza di tutte le parti costituite", potrebbe pregiudicare in
concreto le finalità di speditezza, con effetti addirittura peggiorativi rispetto al
sistema attuale che, pur in assenza di esplicite previsioni e senza necessità di
richiesta delle parti, già consentiva tale concentrazione, salvo che nel caso di processo
contumaciale. Sarebbe allora opportuno far cadere la condizione della richiesta congiunta
delle parti e prevedere che il giudice, su istanza di una sola di esse, possa invitare
seduta stante l'altra parte a formulare le eccezioni ex art. 180 c.p.c., procedendosi
nella stessa udienza alla trattazione. Assai importante, poi, è la modifica dell'art.
184 c.p.c. in quanto il primo comma della
nuova formulazione, assegnando al giudice un potere di valutazione sulla richiesta di
concessione di termini per deduzioni istruttorie ("..ovvero,
su istanza di parte, può concedere...") e facendo cadere ogni effetto di
automatismo tra richiesta delle parti e concessione dei termini, può avere un
benefico effetto di responsabilizzazione, inducendo le parti a tirar fuori subito le carte
e, nel contempo, responsabilizza anche il giudice nel giudizio relativo alleffettiva
ricorrenza di esigenze istruttorie. Anche per questo, però, è necessario ribadire lestrema
urgenza di creare le condizioni organizzative e strutturali affinché il giudice non solo
voglia, ma possa anche in concreto, con un ruolo gestibile, esercitare efficacemente la funzione direttiva a lui demandata dallart.
175 c.p.c. Occorre infine precisare che la possibilità
di immediata trattazione non sembra aver comportato, sul piano sistematico, la
svalutazione del tentativo di conciliazione e
dellinterrogatorio libero delle parti, e che la modifica volta a riservare
al solo convenuto costituito, che ne faccia richiesta, lassegnazione del termine
perentorio per proporre le eccezioni non rilevabili d'ufficio vale a dirimere contrasti
interpretativi sorti in relazione alla precedente formulazione della norma. Riepilogando, gli artt. 14 e 15 pongono le
basi di un nuovo assetto nel quale, ove sussista laccordo delle parti, ben potrebbe
realizzarsi una verifica della corretta instaurazione del contraddittorio e una
definizione del thema decidendi e probandi in una sola udienza,
con gli indubitabili effetti acceleratori rispetto al sistema attualmente vigente e il
solo risultato negativo - ritenuto dal legislatore, non è dato sapere se consapevolmente,
sacrificio congruo - di non consentire una perfetta organizzazione del ruolo ai fini della
trattazione della causa e della sua possibile conciliazione. Come osservato, un ulteriore
effetto acceleratorio potrebbe inoltre essere realizzato col ritorno alla disciplina
originaria della novella del 90 e lattribuzione nuovamente di poteri
discrezionali del giudice in ordine alla concessione dei termini ex art. 183 ult. comma
c.p.c. Perplessità suscita invece la disposizione dell'art. 17 del Testo unificato che sembra imporre al giudice, in presenza dell'istanza di tutte le parti, la rimessione della causa al collegio per la decisione di questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito, con possibilità di precisazione delle conclusioni fuori udienza entro il termine assegnato dal giudice. Sottrarre infatti al giudice la valutazione circa lidoneità delle questioni pregiudiziali o preliminari a definire la controversia può aprire un varco ad espedienti dilatori o, comunque, ad ingiustificate lungaggini del processo. La possibilità di conclusioni fuori udienza e, quindi, al di fuori della contestualità del contraddittorio, potrebbe inoltre dar adito a fondati dubbi di violazione dell'art. 111 Cost., mentre sul piano pratico, non avendo il termine di venti giorni natura perentoria, leventuale superamento di esso resta privo di sanzione. La norma infine appare imprecisa perché, nel subordinare la rimessione alla richiesta di tutte le parti, non distingue tra parti costituite e parti contumaci. E peraltro doveroso aggiungere che, secondo altre posizioni interpretative, alla dilatazione dei tempi del processo che deriverebbe dalla modifica dellart. 187 c.p.c. si contrapporrebbero correlativi vantaggi sotto il profilo delle garanzie processuali e della certezza insita nella formazione di preclusioni interne al processo. Collegata allart.
184 c.p.c. (e perciò da esaminare in questo paragrafo) è la modifica - tramite lart. 66 del Testo unificato - dellart. 87 disp. att.
c.p.c., con lesclusione della legittimità delle produzioni documentali in udienza,
invece che con rituale deposito in cancelleria. Si tratta di un intervento garantista, che
tutela maggiormente linteresse delle controparti alla conoscenza della
documentazione prodotta aliunde; la
modifica, che nemmeno pregiudica linteresse alla celerità del procedimento, non
porta alcuna conseguenza sulla rilevabilità delleventuale inosservanza dellart.
87 disp. att. c.p.c., nel senso che si continuano ad applicare le regole oggi vigenti 7. Le
modifiche della disciplina in tema di prova
testimoniale Con lart. 70 si persegue lintento di restituire maggior rigore alla disciplina della prova testimoniale, ripristinando il filtro correlato ad una soglia significativa di valore per la prova dei contratti. In effetti la somma di lire cinquemila indicata dall'art. 2721 c. c. ha di fatto perduto ogni significato quale criterio di distinzione ai fini della prova testimoniale (e per presunzioni) del contratto, pur continuandosi a ritenere operativa la ratio della norma volta ad escludere, in linea di massima, la prova orale delle obbligazioni di notevole valore economico, obbligazioni che di solito vengono documentate con atto scritto e in ordine alle quali la genuinità dei testi potrebbe essere compromessa dall'entità degli interessi in gioco. Pur essendo innegabile la tendenza del diritto dei contratti verso un nuovo formalismo, là dove le forme scritte obbligatorie, sovente imposte da cornici normative comunitarie, si risolvono certamente in questioni non solo di validità dell'atto ma anche di prova del rapporto, linnalzamento della soglia a cinquemila Euro può servire a rendere esplicito un limite altrimenti rimesso alle oscillazioni della pratica, un limite in ogni caso superabile in presenza delle condizioni indicate dal secondo comma dellart. 2721 c.c. È facile prevedere,
come effetto della nuova disposizione, lincentivazione della prova per testimoni
relativamente ai contratti di valore non superiore ai cinquemila euro, prova cui le parti
saranno indotte anche per evitare le conseguenze fiscali connesse alluso in giudizio
delle scritture contrattuali. Nella analoga prospettiva di recupero del rigore
della prova testimoniale lart. 20 del
disegno di legge introduce un adeguamento delle sanzioni previste per la mancata
comparizione dei testimoni non dovuta a legittimo impedimento, testimoni che
- in base allart. 103 disp. att. c.p.c., come modificato dallart.
67 del disegno di legge dovranno essere preavvertiti delle conseguenze
sanzionatorie cui possono andare incontro. Sarebbe da auspicare che il complesso di
disposizioni in parola fosse accompagnato da misure organizzative idonee a rendere
effettiva la possibilità, tramite il raccordo con presidi di polizia giudiziaria di cui
si invoca la costituzione a sostegno dell'attività del giudice civile (ai fini ad es.
dellassunzione immediata di informazioni nei procedimenti cautelari e possessori),
di ottenere l'accompagnamento dei testi alla medesima udienza per la quale sono stati
citati. Sembra
poi utile, alla fine del primo comma dellart. 255 c.p.c. (dove è prevista la
condanna dei testimoni alla rifusione delle spese cui la mancata comparizione abbia dato
causa), inserire le parole ove richieste e specificate contestualmente. 8. Le
modifiche dei provvedimenti interinali E
del tutto condivisibile la previsione con la quale lart. 14 del testo unificato,
modificando lart. 189-quater c.p.c.,
ha stabilito che lordinanza acquisti l'efficacia
della sentenza impugnabile sull'oggetto dell'istanza ove la parte intimata non manifesti
entro trenta giorni dalla sua pronuncia in udienza o dalla comunicazione, con ricorso
notificato all'altra parte e depositato in cancelleria, la volontà che sia pronunciata la
sentenza; ma non può non rilevarsi che effetti ben più incisivi si sarebbero ottenuti se
si fosse trasformata lordinanza in un vero e proprio réferé provision,
prevedendone ladozione anche al di fuori del giudizio di merito e, nellambito
di questo, anche prima della chiusura dellistruttoria, nonché facendo cadere ogni
limitazione con riguardo alla tipologia di pronunce ammissibili nellindicata forma,
alla stregua di quanto oggi già previsto per la materia societaria dallart. 19 del
d.lgs. n. 5/2003.
Può dunque proporsi di sopprimere le limitazioni
di applicabilità relative alle sole pronunce di "pagamento di somme ovvero ...
consegna o... rilascio di beni", nonché di sopprimere l'inciso "esaurita
l'istruzione" che - restringendo alla sola fase finale della lite l'adozione
dell'ordinanza - rende oggi del tutto inutile l'istituto, potendo il giudice direttamente
pronunciare sentenza con le forme accelerate di cui all'art. 281 sexies c.p.c. 9. La sospensione dell'esecuzione della sentenza L'art. 21 del Testo unificato modifica la
disciplina dell'art. 283 c.p.c., prevedendo che il giudice di appello, su istanza di
parte, possa sospendere, con cauzione o senza, l'esecuzione provvisoria della sentenza di
primo grado quando ricorrano alternativamente un "gravissimo danno" ovvero
"fondati motivi"; ed analogamente
provvede lart. 65 - modificando lart. 830
del c.p.c. per quanto concerne la sospensione dellesecutorietà del lodo
arbitrale. La formula usata è
indubbiamente più chiara di quella figurante nel testo attuale, ove si parla, più
genericamente, di gravi motivi, espressione che aveva dato luogo a non sopite
discussioni. Sembra
tuttavia incongruo prevedere disgiuntamente i due requisiti del "periculum"
dell'esecuzione e del "fumus" dell'impugnazione. Infatti, anche in presenza di
gravissimo danno, qualora i "motivi" dell'appello appaiano "ictu
oculi" infondati, non si giustificherebbe la sospensione. Pare quindi opportuno
proporre la rettifica del testo dellart.
21 mediante
la sostituzione della disgiuntiva "o" con la congiunzione "e",
eventualmente sostituendo le parole grave danno allespressione gravissimo
danno ove si ritenesse che altrimenti potrebbe risultare pregiudicata lattuazione
del rimedio, in special modo per le cause di non rilevante valore economico (e disponendo
poi analogamente
con riguardo allipotesi di sospensione dellesecutorietà del lodo ex art. 830,
terzo comma c.p.c.).
Ciò
varrà tra laltro a contenere il rischio che possa esser contraddetto lintento
della novella del 1990 di riportare nel giudizio di primo grado il baricentro
del processo, e ad evitare contraddizioni rispetto al rafforzamento della sentenza di
primo grado che si intende attuare con la modifica dellart. 282 c.p.c.
10. Il
giudizio di Cassazione Il disegno di legge si propone di
intervenire anche sulla disciplina relativa al giudizio di cassazione, sia opportunamente
prevedendo che alludienza di discussione le parti prendano la parola dopo le
conclusioni motivate esposte oralmente dal pubblico ministero (art. 25 del Testo unificato), sia introducendo lobbligo
di pubblicazione del dispositivo della sentenza o dellordinanza entro il termine di
trenta giorni dalla deliberazione salvo che il presidente, con
decreto motivato da depositare entro lo stesso termine, ne disponga la proroga per
ulteriori trenta giorni (art. 26 del Testo unificato). Questultima previsione
mira ad evitare tempi lunghi nelle decisioni della Corte di cassazione, rendendo tra laltro
più difficile la possibilità di riconvocazione della camera di consiglio
quando siano maturati ripensamenti; ma si
corre il rischio di ridurre in modo eccessivo lo studio di alcune questioni,
particolarmente delicate e che potrebbero dar
vita a volte anche a svolte giurisprudenziali, per cui si potrebbe ovviare riconoscendo al
Presidente del Collegio il potere di allungare i tempi di deposito del dispositivo sino a
90 giorni. Con le modifiche dellart. 70 c.p.c.
e dellart. 76 ord. giud., introdotte in sede di Commissione Giustizia della Camera (art. 2 del Testo unificato), si è poi inteso
limitare lintervento del pubblico ministero dinanzi alla Corte di cassazione alle sole
cause trattate a sezioni unite ed a quelle in camera di consiglio, alle cause di cui al primo
comma dellart. 70 c.p.c. ed a quelle in cui sia stato parte nei precedenti gradi del
giudizio, salva inoltre la possibilità di intervento negli altri procedimenti al fine di
richiedere che la causa sia assegnata alle sezioni unite. La disposizione, probabilmente
ispirata, almeno in parte, alla finalità di poter
disporre un maggior numero di magistrati da
assegnare alle sezioni civili della Cassazione, da un lato si colloca su una linea tendente a
ridurre progressivamente il potere dazione e dintervento del pubblico
ministero in materia civile, secondo una logica privatistica degli interessi
in gioco, dallaltro sembra non considerare a sufficienza che il giudizio di
cassazione va al di là della pur essenziale funzione di dare una giusta soluzione al
conflitto individuale tra le parti, mirando anche ad assicurare luniforme
interpretazione della legge, e che il pubblico ministero ha appunto il compito di
rappresentare tale interesse pubblico nella dialettica processuale. Come rilevato dalla
Giunta dellANM nel documento del 1° luglio 2003, limitare
la presenza del pubblico ministero alle udienze davanti alle sezioni unite e ai
procedimenti in camera di consiglio, significa non considerare da un lato che la
nomofilachia è compito essenziale di tutta la cassazione e soprattutto delle sue sezioni
semplici, laddove le sezioni unite svolgono al riguardo un ruolo - peraltro
solo eventuale - di sintesi e di scelta nelle ipotesi di contrasti interni alla stessa
Corte o di questioni di rilievo più ampio di quello riconducibile alle competenze della
singola sezione, e dallaltro che una delle richieste formulabili per iscritto
dal pubblico ministero nei procedimenti ex art. 375
c.p.c. , è proprio quella che la causa sia trattata in pubblica udienza, con conseguente
incoerenza della disciplina per cui alludienza pubblica il pubblico ministero che lha
chiesta non potrebbe poi partecipare. 11. Gli interventi sulla disciplina del processo di esecuzione. Buona parte degli interventi relativi al processo
esecutivo, i quali lasciano essenzialmente immutata la preesistente struttura delle
diverse forme procedimentali, mirano talvolta a codificare soluzioni pratiche già
anticipate nella prassi (come del resto accaduto con la lg 302/98); in altri casi a
superare dubbi interpretativi sulla disciplina vigente (si pensi in particolare alla
questione dell'oggetto del pignoramento presso terzi); in altri ancora ad accelerare i
tempi del processo. Ad esempio, la modifica dellart. 492 c.p.c.
attuata dallart. 29 del Testo
unificato mediante lintroduzione dellonere dell'esecutato (debitore o terzo
proprietario ex art. 602 c.p.c.) di rendere la dichiarazione di residenza o l'elezione di
domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione (a pena di
effettuazione presso la cancelleria delle notificazioni e comunicazioni a lui dirette),
consentirebbe di superare uno dei maggiori intralci alla speditezza del procedimento,
determinato dalla frequente necessità di comunicazione di atti al debitore (es. prima
udienza, provvedimenti adottati fuori udienza, udienza di discussione sul progetto di
distribuzione), debitore che, in molti casi, volontariamente si rende non rintracciabile.
Si ricordi al riguardo che la disciplina della contumacia (e quindi anche lart. 292
c.p.c.) è estranea al processo esecutivo, con la conseguenza che il debitore dovrà
essere personalmente convocato nei casi previsti dalla legge (ancorché non sia assistito
da un difensore). Se la modifica è vista da alcuni come un'esaltazione
del principio del contraddittorio, in quanto diretta a
sollecitare anche un maggiore coinvolgimento del debitore nel processo
esecutivo, sembra tuttavia di poter intravedere una difficile coesistenza della norma col
breve termine - pur raddoppiato a dieci giorni - previsto per l'opposizione agli atti
esecutivi (che finirebbe per ancorarsi ad una conoscenza solamente legale ma in realtà
fittizia degli atti esecutivi), in tutti i casi (numerosi e forse in maggioranza) di
debitori sprovveduti, i quali restano a lungo inerti rispetto all'altrui azione esecutiva
anche perché, magari, consapevoli di non avere argomenti da contrapporre alle ragioni dei
creditori, e nello stesso tempo non in grado di adempiere spontaneamente. Lart. 29 contiene, inoltre, una norma che
recepisce suggerimenti provenienti dalla dottrina e che trovano eco in esperienze
ordinamentali straniere, le quali fanno leva o su strumenti di intervento di carattere
pubblicistico (istanza di indagini pubbliche) oppure, più direttamente, sullimposizione
di un onere di collaborazione in capo al debitore, tenuto, come recita il suddetto art.
29, ad indicare i beni utilmente pignorabili
e i luoghi dove si trovano a pena di sanzioni penali. Lobiettivo è quello di
adeguare gli attuali carenti standards di tutela del credito ai livelli di altri paesi
europei (vedi ad esempio Germania e Francia). E dubbio, però, che la norma possa
avere una effettiva incidenza pratica,
considerata la scarsa efficacia intimidatrice che possono avere le norme penali rispetto
allinteresse del debitore di difesa dei propri beni.
In parte criticabile sembra anche la proposta di cui allart.
30, riguardante la conversione del pignoramento
disciplinata dallart. 495 c.p.c., che ne restringerebbe eccessivamente l'ambito di
applicazione ("prima che sia disposta la vendita
): il lassismo del
passato, infatti, sembra già adesso lontano, dopo che il legislatore, nel 1998, ha
imposto il deposito del quinto a pena di inammissibilità ed escluso espressamente la
possibilità di reiterazione dell'istanza (e dopo che, ormai da tempo, la giurisprudenza
ha escluso l'effetto sospensivo automatico degli atti esecutivi). L'esperienza degli
ultimi anni dimostra che l'istituto svolge un'utile funzione - per gli stessi creditori -
anche quando l'istanza sia proposta dopo il termine prefigurato nella riforma (considerata
altresì, a questo proposito, la ricorrente eventualità di incanti deserti), poiché
l'onere di deposito svolge una sufficiente funzione dissuasiva rispetto a iniziative
puramente dilatorie. Il dato positivo è invece quello di individuare un
termine finale certo per l'ammissibilità della conversione e, soprattutto, di non
incidere sulla posizione dell'aggiudicatario, il quale resta spesso nell'attesa dell'esito
del subprocedimento di conversione (stante la possibilità, per la giurisprudenza
prevalente, che la conversione sia chiesta fino a quando l'aggiudicazione non diventi
definitiva, id est, nella vendita all'incanto, fino alla scadenza del decimo giorno
successivo all'aggiudicazione). Forse basterebbe individuare come termine finale non
quello del provvedimento di autorizzazione della vendita, bensì di apertura dell'incanto
ovvero (nella vendita senza incanto) dell'udienza fissata per la deliberazione sulle
offerte. Degna di rilievo è la trasposizione dellistituto
dellestensione del pignoramento mobiliare, disciplinato dallart. 527 c.p.c.
(di cui si propone labrogazione con lart. 37), a tutte le forme di
espropriazione, mediante la modifica dellart. 499 c.p.c. attuata dallart.
31 del Testo unificato. La nuova norma ha
incidenza soprattutto nel pignoramento presso terzi (vedi lart. 41 che modifica lart. 546 c.p.c.) e costituisce un
naturale corollario dellopzione legislativa contraria alla tesi, avallata dalla
giurisprudenza di legittimità, sul pignoramento illimitato, avente ad oggetto
l'intero importo del credito pignorato, ancorché esorbitante rispetto al credito per cui
si procede. Importante
innovazione è anche quella relativa alla fase distributiva del ricavato, le cui
controversie, ai sensi dellart. 33
del Testo Unificato, dovranno essere risolte con ordinanza del G.E., opponibile ex art.
617 c.p.c.. Peraltro, se da un lato la limitazione dell'intervento ai soli creditori
titolati dovrebbe ridurre l'incidenza delle contestazioni in sede di distribuzione del
ricavato, non può sottacersi la difficile giustificazione sistematica della previsione di
unordinanza e non di una sentenza sottoposta alle impugnazioni ordinarie. Le modifiche dettate dallart. 40 del d.d.l. in
merito alla custodia del bene pignorato recepiscono gli orientamenti di diversi uffici
giudiziari, nel prevedere espressamente che i provvedimenti del G.E. ex art. 560 c.p.c.
sono titoli esecutivi, consentendo in tal modo la liberazione dell'immobile
prima della vendita (uno dei punti di forza della prassi anzidetta, che consente più
favorevoli realizzi in sede di vendita), anziché a cura dello stesso aggiudicatario col
decreto di trasferimento, titolo esecutivo ex art. 586 c.p.c. Quanto alle modifiche introdotte dallart.
46 va in primo luogo rilevato che la previsione
della comparizione dellesperto nominato per la stima dellimmobile pignorato
alludienza ex art. 569 c.p.c. potrebbe inficiare la prassi, seguita da molti
tribunali in una prospettiva di maggiore efficienza delle procedure esecutive immobiliari
(allo scopo in particolare di consentire la pronuncia dellordinanza di vendita già
alla prima udienza fissata per la comparizione delle parti), di far comparire il perito,
immediatamente dopo la nomina, direttamente davanti al giudice per laccettazione
dellincarico (sulla scorta della considerazione che non si tratta di un consulente
tecnico dufficio ma di un ausiliario del
giudice ai sensi dellart. 68 c.p.c.) e di concedere
termine fino a 15 giorni prima delludienza ex art. 569 c.p.c. per il deposito della
perizia in cancelleria e la contestuale trasmissione delle copie, a cura dello stesso perito, a tutte
le parti anche a mezzo telefax o
posta elettronica (per evitare che le parti chiedano la fissazione di altra udienza allo
scopo di poter esaminare lelaborato del perito). Il recepimento nella norma di
questo modus procedendi ridurrebbe di regola ad una sola udienza il numero delle udienze
tra il deposito della documentazione ipocatastale e lincanto con evidente riduzione
dei tempi del processo e razionalizzazione delluso delle risorse. Sul termine di deposito della documentazione ex art. 567
c.p.c., la proposta di modifica di cui allart. 45 del d.d.l. tempera opportunamente il regime,
eccessivamente rigoroso per i creditori, introdotto dalla legge n. 302 del 1998, riguardo
sia alla prorogabilità del termine sia alla non rilevabilità d'ufficio dell'estinzione.
Sotto tale profilo, la riforma si fa sicuramente apprezzare, anche se essa non esclude il
proporsi di difficoltà applicative. In particolare, il debitore può non sollevare
l'eccezione di estinzione ma, nondimeno, la documentazione di rito restare mancante o
insufficiente: in tal caso sembrerebbe doversi tornare al regime prenovantotto e, di
conseguenza, alle situazioni di indefinita quiescenza dei procedimenti esecutivi. Più
opportunamente, anziché escludersi il rilievo ufficioso dell'estinzione, il sistema
potrebbe funzionare nel senso che il giudice dell'esecuzione, prima di provvedere
eventualmente a dichiarare d'ufficio l'estinzione, assegni ai creditori un nuovo termine
per consentire le necessarie integrazioni documentali, che dovrà specificamente indicare. Un giudizio nettamente negativo deve essere espresso con
riguardo alla limitazione della nomina del
custode giudiziario in sostituzione del debitore esecutato nella custodia del bene ai soli
casi di inosservanza degli obblighi incombenti sul custode ai sensi dellart.
560. Questa limitazione pregiudicherebbe le esperienze che hanno prodotto i
risultati più significativi in termini di efficienza e che risultano incentrate proprio
sulla nomina del custode giudiziario tendenzialmente in tutte le procedure esecutive
immobiliari al fine tra laltro di assicurare ai potenziali acquirenti la
possibilità di visitare limmobile, essenziale per avvicinare le vendite giudiziarie
al normale mercato immobiliare ed evitare sia al debitore sia ai creditori il danno della vendita dei beni a prezzi inadeguati a
seguito di aste deserte. Si ritiene quindi necessario, per salvaguardare e diffondere
queste esperienze virtuose, che si articoli la
norma prevedendo che il giudice a) proceda dufficio alla nomina del custode
giudiziario nei casi in cui il debitore non osservi gli obblighi di cui allart. 560
o ostacoli lattività del perito nominato per la stima, non consentendogli laccesso
al bene, e b), previa istanza di un creditore, quando lo ritenga utile al fine di
facilitare la vendita dellimmobile al suo giusto prezzo. Particolare peso, nei termini già da tempo auspicati
dalla dottrina, assume poi la modifica riguardante l'inizio dell'esecuzione per rilascio
di immobili, ex art. 48 del d.d.l. ancorato
alla notifica dell'avviso anziché al concreto accesso, in modo da consentire la più
funzionale esigenza dell'istituto della sospensione dell'esecuzione. Ugualmente condivisibile, oltre che invocata da tempo,
è la modifica allart. 624 c.p.c. in tema appunto di sospensione dell'esecuzione,
laddove è ammessa la sospensione preventiva in sede di opposizione a precetto, mentre
attualmente la Cassazione ritiene necessario e ammissibile il ricorso all'articolo 700
c.p.c. per evitare il pignoramento; in più si aggiunge lulteriore previsione del
rimedio del reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. contro l'ordinanza che provvede
sull'istanza di sospensione, avente natura essenzialmente cautelare. Si attua così un
completo sistema di garanzie nella materia delle sospensione dell'esecuzione, che, oggi,
il rimedio ex art. 617 c.p.c. contro l'ordinanza di concessione o diniego della
sospensione, non è in grado di assicurare. Né si può mettere in dubbio il diverso
ambito di applicazione della sospensiva ex nuovo art. 624 rispetto alla sospensiva da
parte del giudice dellimpugnazione, in quanto il giudice dellopposizione a
precetto non potrà mai sindacare il contenuto del titolo giudiziale, ma tener conto
soltanto di eventuali vicende estintive successive alla formazione del titolo. Un discorso a parte, infine, merita lart.
27 il primo degli articoli del Testo
unificato avente ad oggetto il processo esecutivo mediante il quale viene
modificato lart. 474 c.p.c.. Al riguardo si può osservare che, nonostante il chiaro
intento della modifica, la previsione di titoli esecutivi di formazione stragiudiziale non può essere
considerata, di per sé, un efficace strumento deflattivo, in quanto il suo effetto
immediato consiste nel ribaltare lonere della assunzione della iniziativa
giudiziaria. In ogni caso, lestensione dei titoli esecutivi di formazione
stragiudiziale postula la predisposizione di strumenti idonei a sospendere lefficacia
del titolo, prima dellinizio del processo esecutivo. 12 (segue). La limitazione dell'intervento ai creditori
titolati La limitazione del concorso dei creditori, restando ammissibile ex art. 31 del Testo Unificato il solo intervento dei creditori muniti di titolo esecutivo, risponde alle sollecitazioni di numerosi tendenze dottrinarie e si pone sul versante opposto a quello di chi, in nome della par condicio creditorum, critica il prevalente orientamento giurisprudenziale sulla prova scritta del credito, quale presupposto dell'intervento. Sorgono anche dubbi relativi alla posizione dei creditori ipotecari, mentre, sul piano pratico, mancando nel processo esecutivo una fase di verifica preventiva dei crediti, resterebbero superate le odierne difficoltà interpretative connesse ai necessari momenti - anteriori o alternativi alla fase distributiva - di cognizione dei crediti da parte del G.E. (ad esempio per la riduzione o la conversione del pignoramento), per i quali l'opposizione agli atti esecutivi (contro l'ordinanza del G.E.) finisce per sfociare in questioni di merito (nel nuovo sistema, ogni contestazione sui crediti dovrebbe dar luogo ad opposizione all'esecuzione). Appare altresì corretta la previsione dellart. 38 del d.d.l. secondo cui i creditori muniti di titolo esecutivo, i quali intervengono successivamente al termine menzionato nellart. 525 c.p.c., ma prima del provvedimento di distribuzione, concorrono alla distribuzione della parte della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante, dei creditori privilegiati e di quelli intervenuti in precedenza. 13. Le
modifiche relative alla disciplina del procedimento
dingiunzione
Con
riguardo ai procedimenti dingiunzione, lart. 634 c.p.c. viene modificato
eliminando il requisito dell autenticità degli estratti contabili e, conseguentemente, il requisito della loro bollatura
e vidimatura nelle forme di legge (art. 58 del Testo unificato del ddl). Si
attribuisce in questo modo rilevanza nella fase monitoria a documenti di formazione unilaterale, sprovvisti
di consistenza probatoria nel giudizio di opposizione, venendo meno riguardo ad essi anche
quella peculiare efficacia assicurata dallart. 2710 c.c. nei rapporti tra
imprenditori inerenti allesercizio dellimpresa. Ciò rende ancor più
probabile la proposizione di opposizione da parte del debitore ingiunto, per la maggiore
facilità di muovere contestazioni allasserita prova scritta allegata in sede di
cognizione sommaria; né tale eventualtà viene meno opinando che, pur dopo leliminazione
della parole autentici, debba essere sempre un notaio ad attestare la tenuta
delle scritture. La disposizione, pertanto, non può annoverarsi tra quelle destinate ad
avere effetto deflattivo. 14. Le modifiche alla disciplina dei provvedimenti cautelari. L'art.
60 del Testo unificato - mentre diluisce poco comprensibilmente da 30 a 60 gg. il
termine per l'avvio del giudizio di merito - estende
positivamente anche al procedimento ordinario di cognizione lallentamento della
"strumentalità" tra procedimento cautelare e giudizio di merito già
introdotto, nel campo delle controversie di diritto societario, dal d. lgs. n. 5/2003, con la conseguenza che il procedimento di merito
viene reso facoltativo rispetto alle misure cautelari ex art. 700 c.p.c., a quelle di
carattere nunciatorio o comunque alle misure a contenuto anticipatorio anche in via
atipica. Il giudizio di merito continuerà invece ad essere necessario con riguardo ai
provvedimenti cautelari non anticipatori, quali i sequestri. A differenza degli artt. 23 e 24 del d.lgs. n.
5/2003, nulla viene invece previsto in ordine: - alle conseguenze sullefficacia del
provvedimento cautelare dellestinzione del giudizio di merito; - all'esigenza
che il giudice della cautela liquidi in ogni caso le spese, come invece previsto nel
successivo art. 58 del Testo unificato per il giudizio possessorio; - alla regolamentazione dei rapporti tra reclamo
e revoca. Restano poi da definire (a ciò non avendo
provveduto neppure il d.lgs. in materia societaria) gli effetti sostanziali della domanda
cautelare, laddove svincolata dal giudizio di merito. Non appare condivisibile librida disciplina
delineata dallart. 63 per i
procedimenti possessori, consentendo che alla fase sommaria possa seguire una fase a
cognizione ordinaria da definirsi con sentenza, purché ne faccia richiesta - come presumibilmente avverrà in quasi tutti i casi
una delle parti. Ne deriva che l'unico correttivo apportato dal d.d.l. all'evidente
superfetazione di tutela consentita dall'attuale sistema (tutela interdittale, reclamo,
eventuali revoche e modifiche, sentenza impugnabile in via ordinaria) è costituita dalla
previsione di inappellabilità della sentenza; correttivo invero molto blando a fronte
dell'esigenza che la tutela possessoria rappresenti, se le parti la invocano, una semplice
tutela sommaria in vista dell'eventuale lite petitoria. Appare dunque opportuno prevedere
che il procedimento possessorio si esaurisca con l'ordinanza conclusiva della fase
sommaria, reclamabile ex art. 669 terdecies, dopo di che le parti potranno far valer le
loro pretese in sede petitoria. Infine, mentre l'art. 61 del Testo unificato fa chiarezza in ordine al decorso dei termini per il reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., problemi interpretativi potrebbe invece determinare il meccanismo di decorrenza del termine per l'inizio della causa di merito dopo i mutamenti apportati all'art. 669- octies c.p.c., ed in particolare a causa della previsione contenuta nel nuovo sesto comma. Il termine di sessanta giorni decorrerà, ad esempio, dalla comunicazione del provvedimento che ha deciso sul reclamo solo in caso di accoglimento da parte del collegio della domanda cautelare conseguente a revoca dell'ordinanza reiettiva pronunciata dal giudice di prime cure, o anche nel caso in cui il collegio abbia a confermare l'accoglimento dell'istanza già statuito dal giudice designato ? Ove fosse vera la seconda interpretazione, dovrebbe considerarsi l'ipotesi della mancata coincidenza del dies a quo per la decorrenza del termine di 60 giorni nei confronti del ricorrente vincitore ex art. 669- octies c.p.c. e di 10 giorni per il resistente soccombente ex art. 669- terdecies c.p.c., dipendendo tali termini dai momenti delle rispettive comunicazioni dell'ordinanza di accoglimento. D'altra parte, il ricorrente vincitore, cui incombe l'onere di iniziare il giudizio di merito, viene a conoscenza della proposizione del reclamo solo quando gli sono notificati ricorso e decreto nel termine fissato dal presidente del collegio, termine che in alcuni uffici si spinge ben oltre i venti giorni dal deposito del ricorso voluti dall'art. 669- terdecies, comma 4°, c.p.c. e può eccedere persino i sessanta giorni assegnati dall'art. 669 octies c.p.c. 15. La
disciplina intertemporale. Infine, mentre con lart. 69 viene modificato il secondo comma dellart. 274 c.c. in tema
di azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale,
limitandosi il rimedio del reclamo al solo
decreto del tribunale dichiarativo dellinammissibilità dellazione, e nel
contempo introducendosi il ricorso per cassazione contro il decreto con il quale linammissibilità
sia stata dichiarata dalla corte d'appello, l'art. 74 del
Testo unificato stabilisce che le disposizioni in questo previste si applicano, in quanto
compatibili, anche ai procedimenti "esecutivi" in corso alla data di entrata in
vigore. Si tratta di norma intuitiva, in quanto, recando
disciplina processuale, la massima parte delle disposizioni, anche afferenti procedimenti
di cognizione, cautelari, ecc. saranno governate dal principio "tempus regit
actum". Probabilmente la norma si giustifica alla luce del
cenno alla valutazione di compatibilità, atteso che in materia esecutiva può ipotizzarsi
che in fatto risultino inapplicabili norme afferenti fasi successive se fasi precedenti
siano state svolte sotto l'impero della vecchia disciplina. Potrebbe allora suggerirsi, per far salvo quanto
innanzi - specificando che comunque le norme sono in generale di diretta applicabilità -
la seguente formulazione: "Le disposizioni
della presente legge si applicano, in quanto compatibili, ai procedimenti anche esecutivi in corso alla data dell'entrata in vigore".
16. Ulteriori riforme necessarie o utili per il buon funzionamento della giustizia. Anche le modifiche previste nel Testo unificato, per quanto in gran parte di semplice razionalizzazione, possono favorire il recupero di funzionalità della giustizia civile, soprattutto se ai preannunciati interventi limitati e parziali si accompagneranno altre misure in grado di incidere davvero sulle rigidità e sulle lungaggini della disciplina attuale, oltre che sulla qualità della tutela. Fanno parte di tali misure, molte delle quali segnalate da tempo anche in sede associativa: * la semplificazione del regime della procura alle liti; * la liberazione del processo civile e della Corte di cassazione dai regolamenti di giurisdizione e di competenza, dalla sospensione obbligatoria e dalle rimessioni al primo giudice, sostituendo al ricorso per cassazione (avverso lordinanza con la quale sia stata disposta la sospensione del processo) il rimedio del reclamo ex art. 669-terdecies; * la semplificazione della disciplina relativa alla competenza territoriale ed alla prosecuzione del giudizio davanti al giudice dichiarato competente o avente giurisdizione; * lattribuzione al giudice del potere di cancellare dufficio la causa dal ruolo qualora lo parti, dopo alcune udienze di rinvio, intendano ancora concordemente soprassedere alla trattazione; * lintroduzione di meccanismi semplificati di decisione della causa e di redazione della sentenza, con generalizzazione delle modalità previste dallart. 281 sexies c.p.c.; * lestensione del reclamo ex art. 669- terdecies c.p.c. a tutti i provvedimenti sommari o anticipatori non cautelari ma destinati ad incidere sulla situazione sostanziale delle parti; la riforma del sistema delle impugnazioni con la previsione generalizzata dellappello (da non vanificare, poi, con la reintroduzione dei nova) e la modifica del giudizio di cassazione intervenendo sullart. 360, n. 5 c.p.c.; * una disciplina organica ed incisiva per dare finalmente sbocco ai nodi irrisolti del processo di esecuzione tenendo conto in particolare dei mutamenti intervenuti nella qualità della ricchezza, dellesigenza di ulteriore e drastico snellimento dei procedimenti esecutivi, dellurgenza di introdurre nel terzo libro del codice di procedura civile una disciplina generale e compiuta delle tecniche di esecuzione processuale indiretta. Con riguardo al processo di cognizione di primo grado, occorrerebbe poi: * raccogliere il suggerimento, formulato in dottrina, di consentire allattore linstaurazione del processo secondo forme e termini semplificati, con possibilità di chiusura in prima udienza mediante sentenza appellabile ove il convenuto non contesti o riconosca la domanda (o, in ipotesi da predeterminare tassativamente, non compaia), ovvero la controversia concerna soltanto la determinazione del quantum di compensi (di arbitri, avvocati, ausiliari del giudice, liberi professionisti, ecc.), e altrimenti (ove non ricorra nessuna di queste eventualità e/o sia comunque necessaria attività istruttoria) con prosecuzione nelle forme del rito ordinario (o speciale del lavoro) previa ordinanza di mutamento di rito; * prevedere un procedimento non cautelare a cognizione sommaria per la tutela di situazioni tipiche a contenuto non patrimoniale (o prevalentemente non patrimoniale) e cioè di situazioni per le quali lurgenza della tutela appartiene alla sostanza stessa del diritto, non caratterizzandolo occasionalmente ma segnandone lessenza; * introdurre strumenti processuali adeguati alle controversie che coinvolgono la massa dei consumatori, in quanto originate da violazioni commesse nellambito di rapporti standardizzati e uniformi relativi alla produzione di beni e/o alla fornitura di servizi, sulla falsariga elle c.d. azioni di gruppo, da tempo conosciute nei sistemi di common law che consentono di trattare allinterno di un unico procedimento giudiziario una molteplicità di domande o pretese individuali originate da un unico atto illecito (c.d. mass torts) ed estendere gli effetti della decisione (siano essi positivi e negativi) nei confronti di tutti i soggetti coinvolti; *
introdurre una disciplina dei procedimenti camerali che a differenza di quella
prevista nel d.lgs. n. 5/2003 valga a risolvere i problemi di costituzionalizzazione
del rito camerale che nei suoi snodi principali (disciplina delle allegazioni, dei
termini, dellintroduzione della conoscenza nel processo) è tuttora rimesso alla
discrezionalità del giudice. Occorrono, infine misure dirette a far sì che la giurisdizione diventi un tramite effettivo di tutela per tutti, abbienti e meno abbienti; a far crescere accanto e intorno al processo una fitta rete di strumenti capaci di favorire il superamento e la composizione dei conflitti senza necessità di ricorrere al giudice; a fare in modo che ogni giurisdizione si caratterizzi per omogeneità di garanzie sotto il profilo della terzietà ed indipendenza del giudice, e regole processuali capaci di assicurare la pienezza del contraddittorio e leffettività della risposta di giustizia. [1] Nulla di nuovo rispetto al regime attuale sembra peraltro aggiungere lesplicita previsione che le parti, entro i termini fissati dal giudice per le deduzioni istruttorie, possano produrre documenti e indicare mezzi di prova anche non richiesti in precedenza . |