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MA CHE FANNO A STRASBURGO?

 

Segnalo agli amici che visitano il sito di Magistratura Indipendente questo documento redatto dal Professor Luigi Ferrari Bravo ed allegato ad una delle tante decisioni di condanna dell’Italia.

Ben lungi dal negare la gravità della situazione della giustizia italiana ritengo di dover segnalare la dissenting opinion del prof. Ferrari Bravo ritenendo che essa offra utili strumenti di riflessione.

Mi astengo, quindi, da ogni commento che lascio ai visitatori.

Chi volesse contribuire alla discussione può far pervenire i suoi commenti a ordent@tin.it.

Per una migliore comprensione del documento ricordo che nelle decisioni della Corte di Giustizia il giudice dissenziente può inserire in calce il proprio parere.

Orazio Dente Gattola

 

 

Corte di giustizia dei diritti dell’uomo
Opinione dissenziente del giudice Luigi Ferrari Bravo
allegata alle 133 sentenze della Corte deliberate il 28 febbraio 2002
(traduzione non ufficiale)

 

Mi dispiace dovermi dissociare dai miei colleghi nelle 133 cause giudicate oggi, ma credo che la misura sia colma e che non si possa più tacere.
In tutte queste cause, la Corte, basandosi sull’arresto Bottazzi c. Italia [GC], n° 34884/97, CEDH 1999-V) proclama che in Italia esiste «una pratica contraria alla Convenzione risultante da un accumulo di infrazioni» all’esigenza che la causa sia intesa in un termine ragionevole. Detto ciò, essa condanna l’Italia per la violazione all’articolo 6 § 1 della Convenzione.
E’ possibile che ciò sia vero, ma bisogna esaminare, caso per caso, quali erano le circostanze della causa, cosa che la Corte, sopraffatta da una valanga di ricorsi italiani, non oramai non fa più.
Questo è forse comprensibile, ma non corretto. Vediamo brevemente il perché.
La mia attenzione è stata attratta, lo confesso, dal fatto che le cause decise oggi provenivano, tutte, dalla stessa circoscrizione mentre in altri posti la disposizione incriminata (l’articolo 6 § 1) non aveva sollevato dei movimenti simili. Bisognava concludere che solo in quel posto la giustizia facesse difetto? Non sembrava così.
Guardando meglio e prendendo per esempio la causa Mario Francesco Palmieri c. Italia (ricorso n° 51022/99), nella misura, ben inteso, nella quale ci si può fare un idea in giudizi così sintetici, si potrà notare che il processo è iniziato ad una data (il 6 dicembre 1994, data della notificazione, suppongo) dopo di che la prima udienza è stata fissata quasi quattro anni più tardi, poi rinviata di qualche mese fino al 4 febbraio 1999 (suppongo all’iniziativa della cancelleria del tribunale) senza che nessuno protesti. In quel momento la causa era stato risolta perché il 15 dicembre 1998, le parti al processo nazionale erano giunte ad una conclusione consensuale! Ma ci volle ancora un po’ di tempo affinché il giudice constati che non vi era più vertenza tra le parti: 15 novembre 1999, fine dell’attività!
Vi è stato un danno per il richiedente? A mio avviso alcuno. Vi è stata un attività tecnica per il processo ? Affatto, salvo forse, qualche riga della citazione (ripetute probabilmente in altre cause). Dove è dunque il pregiudizio morale (!) che il richiedente fa reclamare dal suo avvocato di Strasburgo all’altezza di 25.000.000 di lire italiane (ora 12.700 euro circa) e di 8.850.620 lire italiane di spese (quali?).
La Corte evidentemente non concede tutto quello che il richiedente aveva chiesto, ma tuttavia gli fa un bel regalo di 5.000 euro a titolo di pregiudizio morale e di 1.500 euro per la procedura (quale?) davanti alla Corte stessa. In quali tasche finiranno queste somme, mi piacerebbe molto saperlo. Spero che saranno quelle del richiedente.
La stessa cosa succede, mutatis mutandis per la grande maggioranza dei decreti.
Ma infine cosa dovrebbe fare un legislatore italiano per lavare i suoi peccati? Probabilmente, nei sogni di alcuni giudici della Corte, si dovrebbe arrivare ad un processo civile ultra rapido che si risolvesse in qualche mese, forse senza grado di appello, o senza terzo grado in cassazione. Ma questo solleverebbe molto probabilmente una protesta degli avvocati italiani, ben più grave delle sentenze della Corte. E poi, abbiamo il diritto di imporre all’Italia una visione del processo civile che esiste forse in certi paesi dell’Europa del Nord ma non altrove, paesi nei quali, d’altra parte, il processo è talmente caro che vi si ricorre solamente in cause di grande importanza ? La cosa, a mio avviso, è fortemente dubbiosa.
Penso che la cosa migliore sarebbe di segnalare questa situazione al Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa ai fini di una valutazione politica della situazione. Altrimenti si rischia di lanciarsi in una strada che, mi dispiace dirlo, sembra veramente una strada senza via d’uscita.